Intime azioni naturali reciproche: relazioni fra agricoltura, frutticoltura e allevamento del bestiame

O.O. 327 – Impulsi scientifico-spirituali per il progresso dell’agricoltura – 15.06.1924


 

Sommario: L’albero nell’economia complessiva della natura. Piante erbacee e cereali. Il cambio. L’odore delle piante basse e l’odore degli alberi. L’essenza della radice. Affinità fra piante e mondo de li insetti. I lombrichi. Il mondo degli uccelli. Nessi reciproci fra boschi, campi e prati. La regolazione del bosco. Affinità interiore fra arbusti e mammiferi. Intimi nessi fra i funghi e il mondo degli animali inferiori. Nessi di reciprocità fra mondo vegetale e mondo animale. Dare e ricevere nell’ambito della natura.

 

Per il tempo che ci rimane a disposizione vorrei ancora aggiungere qualcosa alle osservazioni fatte in merito all’allevamento del bestiame, alla frutticoltura e all’orticoltura.

Naturalmente non avremo molto tempo a disposizione, ma d’altra parte questo aspetto dell’attività agricola non può essere affrontato in una prospettiva feconda se non si cerca di acquistare una comprensione, una visione, delle circostanze che vi si riferiscono. Lo faremo oggi, per passare domani a cenni pratici per l’applicazione.

 

Pregherò di seguirmi in cose che in un certo senso oggi sono piuttosto lontane e che, nonostante fossero un tempo diffuse e oggetto di un’istintiva saggezza agricola, costituiscono quasi totalmente una terra incognita. Oggi si usa molto spesso guardare gli esseri, siano essi minerali, piante o animali (e facendo per ora astrazione dall’uomo), che ci si presentano in natura come se fossero isolati l’uno dall’altro. Si è abituati a guardare oggi una pianta isolatamente, per sé, e passare poi alla specie, essa pure vista isolatamente, poi da questa a un’altra e così via. Tutte vengono elencate, classificate e incasellate secondo genere e specie, ed è tutto quel che se ne deve sapere. Ma la natura procede ben altrimenti; in natura e in genere negli esseri del mondo tutte le cose sono in relazione fra di loro, agiscono reciprocamente le une sulle altre. Oggi, in periodo materialistico, si usa seguire solo l’azione grossolana di una cosa sull’altra; così si osserva se una cosa viene mangiata e digerita da un animale o se il letame dell’animale arriva al campo. Si seguono soltanto queste grossolane azioni reciproche.

 

Oltre a queste azioni grossolane, ci sono però anche scambievoli azioni, provenienti forse da sostanze più sottili: dall’elemento calore, da quello chimico-eterico continuamente operante nell’atmosfera, dall’etere di vita. Se non si considerano queste scambievoli azioni di natura più sottile, non si possono far progressi in certi settori dell’agricoltura. In particolare dobbiamo rivolgere lo sguardo verso azioni reciproche di natura che direi molto intima, quando abbiamo a che fare con la vita che svolgono in comune l’animale e la pianta nell’ambito di un’azienda agricola. Non solo dobbiamo osservare gli animali che evidentemente ci sono più vicini come i bovini, i cavalli, le pecore e così via, ma dobbiamo usare una certa comprensione, ad esempio, per il variopinto mondo degli insetti che circonda il mondo delle piante in un dato periodo dell’anno. Dobbiamo essere capaci di farlo anche nei riguardi del mondo degli uccelli. Di questi ultimi l’attuale umanità non si fa dei giusti concetti, non si rende conto delle conseguenze per l’agricoltura e l’economia forestale che si hanno in certe regioni a seguito dell’allontanarsi di alcune specie di uccelli, a causa delle odierne condizioni di vita. Anche su queste cose deve essere fatta luce per mezzo di un’osservazione scientifico-spirituale, si potrebbe anche dire di un modo di vedere macrocosmico. Per giungere a ulteriori chiarimenti possiamo ora applicare una parte di quel che abbiamo fatto agire su di noi.

 

Se osserviamo un albero da frutta, per esempio un pero, un melo o un pruno, vediamo che ogni singolo albero è qualcosa di fondamentalmente diverso da una pianta erbacea, da un cereale. Ci si deve obiettivamente render conto in che consista tale differenza, altrimenti non si giungerà mai a comprendere la funzione della frutta nell’economia della natura. Mi riferisco ora anzitutto alla frutta che cresce sopra un albero.

Osserviamo dunque un albero: che cosa è in realtà nell’economia della natura? Guardandolo con comprensione, possiamo anzitutto considerare come propriamente vegetale in esso soltanto i fini steli, i verdi piccioli, i fiori e i frutti che crescono sull’albero. Tutte queste parti crescono sull’albero allo stesso modo con cui la pianta erbacea cresce dalla terra. Rispetto a quanto cresce sui suoi rami, l’albero è quindi effettivamente un vero e proprio terreno, è terra rialzata e strutturata in maniera un po’ più vivente di quella su cui crescono le erbe e i cereali.

 

Se quindi vogliamo comprendere l’albero dobbiamo dirci che esiste lo spesso tronco, al quale in un certo senso appartengono anche rami e rametti. Su di essi cresce la pianta vera e propria con le sue foglie e i suoi fiori. Questa è la vera pianta, quella cioè che ha messo radice sul tronco e sui rami dell’albero, come lo fa l’erba o il cereale sulla terra stessa. Qui si pone subito una domanda: questa pianta, che potrebbe essere considerata più o meno parassitaria nei riguardi dell’albero, è poi realmente anche radicata su di esso?

Della pianta non possiamo scoprire una vera e propria radice, e se vogliamo rettamente comprendere questa struttura dobbiamo dire che la pianta che cresce sull’albero, che ha sviluppato lassù i suoi fiori, le sue foglie e perfino il proprio stelo, è una pianta che ha perduto le sue radici per essere situata sull’albero. Una pianta non è però completa se manca di radici; occorre una radice, e dobbiamo allora domandarci dove mai siano le radici della pianta.

 

La radice c’è, ma non è osservabile allo sguardo usuale, grossolano. In questo caso la si deve però non solo voler vedere, ma anche saper comprendere. Comprenderla? Che cosa può mai significare? Per poter afferrare il problema con un esempio tratto dalla realtà, immaginiamo che io semini su di un terreno, vicine fra di loro, tante piante erbacce le cui radici si fondano le ime con le altre, in modo che la radice di ognuna si attorcigli attorno a quella delle altre, fino a che tutto diventi un groviglio di radici. Possiamo senz’altro immaginare che tale groviglio non intenda rimanere come qualcosa di irregolare, ma voglia organizzarsi a unità, e che i suoi succhi vengano a scorrere l’uno nell’altro sotto la terra; il groviglio si è dunque organizzato in modo che non si possa distinguere dove comincino e dove finiscano le varie radici. Nascerebbe cioè un’entità radicale comune (si veda il disegno qui di seguito).

 

 

Qualcosa di simile, anche se non sempre esiste inizialmente, ma tale comunque da aiutarci a capire, è ciò che ho disegnato: a metà vi è il terreno e vi colloco tutte le mie pianticelle, sotto la terra crescono e si fondono tutte le radici l’una nell’altra. Ne viene fuori un insieme radicale come uno strato piatto nel quale non si sa dove cominci una radice e dove cominci l’altra. Quel che ho disegnato come un’ipotesi è realmente presente nell’albero: la pianta che cresce sull’albero ha perduto la sua radice, se ne è perfino relativamente staccata, rimanendo per così dire etericamente unita ad essa. Quel che ho disegnato ipoteticamente esiste in realtà dentro l’albero ed è lo strato del cambio, il cambio; possiamo quindi considerare che tutte le radici siano come sostituite dal cambio.

 

Il cambio non ha l’aspetto di una radice; è lo sfrato formativo che costruisce sempre nuove cellule, che dà origine al continuo accrescimento, così come si sviluppa da una radice sotterranea la pianta erbacea verso l’alto. Così nell’albero, con il suo cambio che rappresenta lo sfrato formativo vero e proprio, capace di generare cellule fresche, vediamo come l’elemento terra si sia realmente estroflesso, abbia raggiunto l’elemento aeriforme, e con ciò stesso debba interiorizzare di più la propria vita, più di quanto non abbia bisogno di farlo la terra che porta in sé la comune radice. Cominciamo così a comprendere l’albero. Lo comprendiamo anzitutto come un essere molto particolare, la cui funzione è quella di tenere separate dalla loro radice Luna dall’altra le piante che gli crescono addosso col loro stelo, i loro fiori e i loro frutti, di tenerle lontane Luna dall’altra e di riunirle soltanto attraverso lo spirito, o meglio attraverso l’elemento eterico.

 

Si deve guardare con questo metodo, con comprensione macrocosmica, alla crescita. Tutto ciò si spinge molto più lontano. Che cosa avviene per il fatto che sorge un albero? Avviene che l’elemento vegetale che cresce sull’albero, che si sviluppa nell’aria e nel calore esterno (si veda il disegno seguente), è qualcosa di diverso dall’altro elemento vegetale che si sviluppa direttamente sul terreno e che pure cresce nell’aria e nel calore formando poi la pianta erbacea. Si fratta di un mondo vegetale diverso che ha rapporti molto intimi con l’astralità circostante, che viene eliminata nell’aria e nel calore, affinché aria e calore possano avere quel grado di mineralità di cui l’uomo e gli animali hanno bisogno. È così che, come ho già detto, guardando le piante che crescono direttamente sul terreno le vediamo circonfuse e avviluppate dall’elemento astrale, ma sull’albero tale astralità è molto più densa, tanto da poter dire che i nostri alberi sono proprio dei centri di raccolta di sostanza astrale.

 

Vorrei dire che in questo settore è in realtà abbastanza facile giungere a uno sviluppo superiore. Per chi voglia tendervi, in questo campo riesce molto facile diventare esoterico. Se non si arriverà proprio alla chiaroveggenza, si potrà arrivare molto facilmente a un “chiaro annusare”, sviluppando per esempio una certa sensibilità olfattiva per i diversi aromi provenienti da piante che crescono direttamente sulla terra, oppure da piantagioni di alberi da frutto, anche quando esse sono ancora in fiore, oppure da boschi. Si arriverà allora ad avvertire la differenza fra un’atmosfera povera di astralità, come abbiamo nelle piante erbacee che crescono direttamente sul suolo, e quella di un mondo vegetale ricco di astralità quale si può avvertire nel naso fiutando ciò che, in così bella maniera, può venir annusato dalle chiome degli alberi. Se ci si abitua a distinguere in questo modo, a specificare, a individualizzare gli odori a seconda che provengano da piante che crescono direttamente sulla terra o da alberi, nel primo caso si sarà sviluppato un olfatto superiore per l’astralità più tenue, e nel secondo caso un olfatto superiore per l’astralità più densa. L’agricoltore può facilmente sviluppare un olfatto superiore. Oggi egli non usa di questo senso come in antico, al tempo della chiaroveggenza istintiva; può diventare però “chiaro-annusante”, come ho detto prima.

 

Se vogliamo renderci conto fino a dove tutto questo ci possa condurre, giungiamo alla domanda: che cosa avviene ora dell’elemento che, per così dire, si contrappone polarmente a ciò che determina la pianta parassitarla crescente sull’albero con la sua astralità attiva nello spazio che attornia l’albero? che cosa avviene per mezzo del cambio? che funzione ha?

 

 

L’albero arricchisce fino a grande distanza l’atmosfera spirituale con l’astralità che ha attorno. Che cosa succede allora a proposito dell’elemento erbaceo che si sviluppa sull’albero? Esso ha in sé una certa vitalità interna, una certa etericità, una certa e forte vitalità. In qualche misura il cambio smorza tale vitalità spostandola verso il basso, in modo che essa diventi più simile al minerale. Ecco dunque l’azione del cambio: mentre in alto, intorno all’albero, si forma una ricca astralità, il cambio opera in modo che all’interno vi sia un elemento eterico più povero di quello che gli è abituale, e si origina così nell’albero una povertà eterica rispetto alla pianta. Si produce un impoverimento eterico, ma poiché nell’albero si crea tale impoverimento a causa del cambio, ne viene una conseguenza anche per la radice: essa diventa ancora più minerale di quanto non lo siano le radici delle piante erbacee.

 

Per il fatto di essere più mineralizzata, la radice sottrae così al terreno, nell’ambito di ciò che resta nella sfera vitale, una certa porzione della sua etericità. Rende il terreno attorno a sé un po’ più morto di quanto non lo sarebbe attorno a una pianta erbacea. La cosa va tenuta ben presente. Quel che così avviene in natura ha sempre nell’economia della natura un significato intimo e profondo; di conseguenza ci si impone il compito di ricercare l’intimo significato che nell’ambito della natura ha la ricchezza di astralità nell’ambiente circostante l’albero, e la povertà di etericità nella regione delle radici.

 

Se ci guardiamo bene attorno ci rendiamo conto di come avvenga il processo nell’economia della natura. Della ricca astralità che attraversa l’albero vive e si nutre l’insetto nel suo compiuto stadio di metamorfosi, vive l’insetto finito. Invece agisce sulle larve sotto la terra ciò che in seno alla terra diventa più povero di elemento eterico; è un fenomeno che come tale si estende naturalmente a tutto l’albero, seguendo il principio secondo cui l’elemento spirituale agisce sempre sull’intero essere nel modo spiegato ieri a proposito del karma umano. Ammettendo dunque che la terra rimanesse senza alberi, rimarrebbe anche senza insetti. Sono infatti gli alberi che danno agli insetti la possibilità di esistenza. Gli insetti che svolazzano attorno alle parti superiori degli alberi, che lambiscono l’intero bosco, possono esistere solo in virtù di esso; e così pure le loro larve.

 

Abbiamo così uno spunto ulteriore in merito all’intimo nesso esistente fra la natura della radice e il mondo degli animali viventi sotto terra, perché in un certo senso dall’albero traiamo l’insegnamento particolare che ho esposto. Qui diventa evidente. Interessante è che quanto si presenta in modo lampante e significativo a proposito dell’albero, si presenta in diverse sfumature anche nell’intero mondo vegetale; si potrà così dire che in ogni pianta vive qualcosa che vuole diventare albero, che in ogni pianta la radice e ciò che la circonda tende a lasciar partire la propria etericità, che in ogni pianta le parti che crescono verso l’alto tendono ad attrarre e condensare in sé l’astralità, che ogni pianta ha in sé la tendenza a voler diventare albero; per questo si instaura in ogni pianta l’affinità col mondo degli insetti che ho caratterizzato in modo particolare a proposito dell’albero. Questa affinità verso gli insetti si allarga però a un’affinità con l’intero mondo animale. Così le larve degli insetti, che possono vivere sulla terra perché vi si trovano radici di alberi, si trasformano in altre specie animali a loro affini, che conducono Finterò loro ciclo vitale rimanendo più o meno allo stato larvale, specie che poi si emancipano dalla radice degli alberi per vivere nell’ambiente anche di altre radici, comprese quelle delle piante erbacee.

 

È interessante vedere che certi animali viventi nel suolo, pur essendo piuttosto lontani dalla natura delle larve, hanno la capacità di regolare la vitalità eterica del suolo quando questa è eccessiva. Se il suolo diventa troppo vivo, se la sua vitalità diviene ipertrofica, questi animali del sottosuolo provvedono a che il terreno si liberi da tale eccesso; diventano così meravigliose valvole di scarico, regolatori della vitalità terrestre. I simpatici e preziosi animali che hanno per il terreno questa particolare importanza sono i lombrichi. Essi dovrebbero essere studiati in effetti nelle loro relazioni con il suolo, perché sono i meravigliosi animali che lasciano alla terra quel tanto di etericità di cui essa ha bisogno per la crescita delle piante.

 

Sotto la terra abbiamo così i lombrichi e altri animali che ancora ricordano lo stato larvale. Per certi terreni che ne hanno particolare bisogno si dovrebbe addirittura provvedere a un allevamento di lombrichi; ci si accorgerà allora quanto il prosperare di questi animali nel sottosuolo si risolva a favore della vegetazione e attraverso di essa, come vedremo, anche a favore degli animali.

 

Analogamente esiste un’affinità fra certi animali e l’insetto giunto alla sua metamorfosi completa, e quindi in grado di volare. Si tratta del mondo degli uccelli. Notoriamente fra gli uccelli e gli insetti è avvenuto qualcosa di meraviglioso nel corso dell’evoluzione terrestre. E il caso di descrivere nel modo più immaginativo possibile che cosa successe. Gli insetti si sono detti un bel giorno: non ci sentiamo abbastanza forti per elaborare in modo giusto l’astralità che pullula attorno agli alberi; vogliamo perciò sfruttare per noi la tendenza a diventare albero che hanno altre piante e andiamo a lambire queste ultime, lasciando in sostanza a voi uccelli l’astralità che circonda gli alberi. In natura si è così instaurata una vera e propria divisione del lavoro fra il mondo degli uccelli da un lato e quello delle farfalle dall’altro; in tal modo ambedue meravigliosamente collaborano affinché l’astralità, sulla superficie della terra e nell’aria, venga condotta in modo giusto dove è necessaria. Se il mondo degli animali volatili venisse a mancare, l’astralità non svolgerebbe più il suo giusto compito e si assisterebbe a una specie di deterioramento della vegetazione. Sono fenomeni connessi fra di loro: gli animali volatili da un lato, e quanto cresce dalla terra verso l’aria dall’altro. In conclusione uno non è pensabile senza l’altro. Per questo motivo in agricoltura si dovrebbe avere anche l’occhio rivolto a un’equilibrata presenza di insetti e uccelli; l’agricoltore dovrebbe avere nozioni sul come si favorisca la vita degli uccelli e degli insetti, perché in natura tutto è collegato. È il caso di insistervi.

 

Sono aspetti importanti per la comprensione di questa materia, e dobbiamo quindi porceli chiaramente dinanzi. Possiamo dire che la giusta astralizzazione dell’aria viene prodotta dallo svolazzante mondo degli insetti; essa si pone in un rapporto di reciprocità con il bosco, che dirige tale astralità in modo giusto, proprio come nel nostro corpo il sangue viene giustamente diretto ad opera di determinate forze. Nel caso si abbia a che fare con una regione priva di boschi, l’azione del bosco su una vasta zona circostante (si tratta di azioni a vastissimo raggio) deve essere sostituita a questo fine ricorrendo a mezzi del tutto diversi; si deve comprendere che per quanto cresce sulla terra vigono tutt’altre leggi se abbiamo una regione dove boschi, campi e pascoli si alternano, oppure una regione poverissima di boschi.

 

Esistono certe regioni della terra nelle quali si vede subito chi sono state fomite di vegetazione boscosa senza che l’uomo vi abbia concorso minimamente, perché in certe cose la natura è molto più saggia dell’uomo; possiamo ammettere che nelle regioni in cui il bosco si è formato spontaneamente per via naturale, nelle aziende agricole ivi esistenti sia favorita la crescita della vegetazione legata a erbe e culmi. Si dovrebbe allora avere il buon senso di non eliminare da queste regioni il bosco, ma anzi di curarlo bene. D’altra parte, siccome la terra può subire trasformazioni in seguito a ogni sorta di influssi climatici e cosmici, ci si dovrebbe far premura, quando si nota un impoverimento della forza vegetativa, di estendere la superficie boschiva nelle vicinanze, e non ci si dovrebbe mettere a fare ogni sorta di esperimenti soltanto sui campi e per i campi. Se invece si osserva che le piante coltivate abbondano troppo in vegetazione e sono povere di forze legate al seme, si dovrà allora certamente provvedere a disboscare singole superfici, a ridurre il bosco. L’agricoltura ha anche il compito di regolare la presenza boschiva nelle regioni destinate al rimboschimento; è in sostanza tenuta a riconoscere la vasta portata di questi fenomeni, partendo da un punto di vista conforme allo spirito.

 

Possiamo quindi dire che il mondo dei vermi e delle larve vive in reciprocità di azione con il calcare della terra, vale a dire con l’elemento minerale, mentre invece il mondo degli insetti e degli uccelli che volano e svolazzano è in relazione di reciprocità con l’astrale. I lombrichi e le larve che sono sottoterra sono infine in rapporto reciproco con l’elemento minerale, particolarmente col calcio; ne risulta che l’eterico viene giustamente sviato, come ho spiegato un paio di giorni fa partendo da un altro punto di vista. Il calcare ha questo compito, e lo svolge con la collaborazione e la reciproca azione delle larve e degli insetti.

 

Portando più avanti nei particolari quel che ho detto, si sfocia in altre cose che non mi azzarderei a citare con tanta sicurezza, ma che in passato furono praticate in modo assolutamente corretto grazie al sentimento basato su di una chiaroveggenza istintiva. Questa è andata perduta, e oggi l’intelletto ha perso tutti gli istinti, li ha eliminati. La colpa del materialismo è di avere reso gli uomini troppo saccenti e intelligenti. Quando erano meno intellettualizzati erano anche meno saccenti, ma molto più saggi e, partendo dal sentimento, sapevano trattare i problemi in un modo che dobbiamo riacquistare coscientemente, ricorrendo a qualcosa che non è saccenteria (L’antroposofia non è saccenteria perché tende piuttosto verso la saggezza); dobbiamo riavvicinarci così in tutte le cose alla saggezza che però non consiste nell’astratta serie di parole: l’uomo è composto di corpo fisico, corpo eterico, e così via; possiamo imparare a memoria tali parole come una ricetta tratta da un libro di culinaria, ma non è questo che importa; occorre invece introdurre realmente dappertutto la conoscenza di queste cose, imparare a vederle dentro ogni cosa e, specialmente se si diventa chiaroveggenti nel modo che ho indicato, distinguere davvero le cose della natura e vederle come sono in realtà.

 

Si vedrà allora che il mondo degli uccelli diventa dannoso quando non sia affiancato dal bosco di conifere, grazie al quale si trasforma in vantaggio quel che gli uccelli sono in grado di operare. Così il nostro sguardo diventa più perspicace e scopre ancora un’altra affinità. Una volta riconosciuta l’interessante affinità fra uccelli e boschi di conifere, se ne scopre un’altra che ci si impone nettamente anche se a tutta prima è assai sottile, non meno della precedente, pur potendo diventare anche grossolana. I mammiferi hanno infatti un’intima affinità con tutto ciò che non arriva a diventare albero e che non rimane pianticella, vale a dire con gli arbusti, quale per esempio il nocciòlo; si farà quindi bene a piantare nella campagna piante arbustive per migliorare nell’azienda le condizioni di vita dei mammiferi. Gli arbusti agiscono favorevolmente con la sola loro presenza, perché tutto in natura è in reciproco rapporto.

 

Si deve andare anche oltre. Gli animali non sono stolti quanto l’uomo: osservano ben presto l’esistenza di tale affinità. Quando si accorgono di amare gli arbusti di un amore innato, li mangiano anche volentieri; ne cominciano a mangiare quel tanto che basta per ottenere un magnifico effetto equilibratore sul resto del foraggio. Seguendo così le intime affinità presenti in natura si esercita anche l’occhio per ciò che è dannoso.

 

Come il bosco di conifere è in intima relazione con gli uccelli e come gli arbusti lo sono con i mammiferi, così il mondo dei funghi è in intima relazione col mondo animale inferiore, con i batteri e con simili animali, con i parassiti dannosi. I parassiti dannosi sono connessi col mondo dei funghi e si sviluppano dove i funghi sono disseminati. Sorgono così caratteristiche malattie delle piante e altri danni grossolani relativi alle piante stesse. Se in una adeguata vicinanza dell’azienda agricola arriviamo però ad avere non solo boschi ma anche terreni umidi, la loro presenza sarà particolarmente efficace, perché costituiscono un buon terreno per i funghi. Bisognerebbe avere cura che il terreno sia ricco di funghi. Si osserverà un fenomeno straordinario, e cioè che quando nelle vicinanze di un’azienda agricola vi sia un terreno umido anche piccolo, purché ricco di funghi, data la loro affinità con batteri e altri animali parassiti, essi trattengono questi ultimi dall’insediarsi altrove nel resto dell’azienda; hanno infatti maggiore affinità con loro di quanta non ne abbiano le altre piante. Oltre a quanto ho detto a proposito della lotta contro i parassiti delle piante, vi è dunque anche questa grande possibilità di tenere lontano dalla fattoria i piccoli animali parassiti, le piccole bestie dannose, riservando spazi per acquitrini e stagni.

 

Si ottiene veramente molto per l’agricoltura ripartendo in modo giusto bosco, piantagioni frutticole, arbusti e stagni con la loro naturale ricchezza di funghi, anche se si debba per questo ridurre un poco l’area complessiva del terreno messo a coltura. In ogni caso non è affatto economico sfruttare il terreno al punto che scompaia tutto quanto ho nominato, con il pretesto puramente speculativo di una maggiore superficie coltivabile. Quel che vi si può coltivare in più è dannoso in misura molto maggiore di quel che può dare la superficie tolta alle altre attività. In un esercizio tanto legato alla natura come una fattoria non è possibile trovarsi bene senza vedere in una giusta prospettiva i nessi che mette in opera la natura stessa e le azioni reciproche in seno all’economia naturale.

 

Dopo quel che abbiamo visto è ora il momento di aggiungere anche gli aspetti che ci pongono dinanzi all’anima i nessi reciproci fra il mondo vegetale e quello animale. Che cosa è veramente un animale? che cosa è il mondo delle piante?

Quando si parla di piante ci si deve riferire di più all’insieme del mondo vegetale, ma che cosa è in realtà un animale? che cosa è il mondo delle piante? Che tutti questi nessi debbano venir esplorati è perché soltanto comprendendoli si può anche capire qualcosa del foraggio per gli animali. Si può foraggiare in modo corretto soltanto operando con la giusta comprensione del rapporto fra pianta e animale. Che cosa sono dunque gli animali?

Gli animali possiamo certo osservarli, sezionarli, ottenerne lo scheletro, ammirarne le forme, e comunque studiarli nel modo che ho detto. Si studiano anche i muscoli, le trame dei nervi, ma con questo nulla si arriva a sapere di che cosa gli animali siano nell’intera economia della natura. Lo si può sapere soltanto rivolgendo lo sguardo a ciò con cui l’animale sta in diretto, reciproco e intimo rapporto riguardo al mondo circostante. Avviene in effetti che l’animale elabori direttamente nel proprio sistema neuro-sensoriale e in parte del sistema respiratorio quel che nell’ambiente passa attraverso l’aria e il calore. In quanto essere a sé stante, l’animale è sostanzialmente un elaboratore diretto dell’aria e del calore per mezzo del suo sistema neurosensoriale.

 

Volendo disegnare l’animale schematicamente (si veda il disegno che segue), lo vediamo quale essere a sé stante che vive direttamente nell’aria e nel calore rispetto a tutto quanto vi è nella periferia circostante, e a tutto quanto vi è nel suo sistema neuro-sensoriale e in parte del suo sistema respiratorio. L’animale ha un rapporto diretto con l’aria e il calore; si può dire che il suo sistema osseo sia costruito in realtà dal calore, in quanto le azioni della luna e del sole sono trasmesse specialmente nel calore. Il sistema muscolare dell’animale viene invece formato dall’aria, e attraverso l’aria vi operano pure le forze del sole e della luna.

Invece l’animale non è in grado di elaborare così direttamente ciò che proviene dall’elemento terra e dall’elemento acqua. L’animale non è in grado di elaborarlo in modo così diretto e deve accoglierlo all’interno del suo organismo; deve avere un tubo digerente che dall’esterno lo conduca all’interno e lo elabori nell’interiorità, quale è diventato grazie ad aria e calore, per mezzo del sistema del ricambio e di parte del sistema respiratorio. Il sistema respiratorio passa poi nel sistema del ricambio.

 

 

Esso elabora terra e acqua con una parte del suo sistema respiratorio e una parte del suo sistema del ricambio. Se dunque l’animale ha da elaborare terra e acqua, deve già esistere grazie al calore e all’aria. Esso vive dunque così nell’ambito dell’elemento terra e dell’elemento acqua. Naturalmente l’elaborazione di cui si tratta si riferisce più ai sistemi di forze che non all’aspetto sostanziale. Ora chiediamoci: che cosa è una pianta?

La pianta ha invece un rapporto diretto con gli elementi terra e acqua, così come l’animale lo ha con gli elementi aria e calore; la pianta accoglie così direttamente in sé, grazie a una specie di processo respiratorio e a qualcosa che è lontanamente affine a un sistema dei sensi, tutto ciò che è terra e acqua, mentre l’animale accoglie in sé direttamente il calore e l’aria. La pianta vive dunque in modo diretto nella terra e nell’acqua.

 

Ora si potrà dire che si deve anche proseguire, dopo aver visto che la pianta vive in diretto rapporto con terra e acqua così come l’animale vive con aria e calore. La pianta dovrebbe cioè elaborare nell’interno del suo organismo l’aria e il calore, così come fa l’animale per terra e acqua.

Questo però non avviene. Per arrivare a verità spirituali non è lecito partire da ciò che si sa e procedere poi con analogie. Al contrario di quanto fa l’animale quando accoglie ed elabora in sé gli elementi terra e acqua, la pianta non accoglie dunque l’aria e il calore, ma li elimina sperimentando il calore e l’aria in comunione con il terreno. Quindi il calore e l’aria non penetrano al suo interno, o per lo meno non la compenetrano molto, ma si espandono; vengono eliminati invece di essere assorbiti.

È importante questo processo di eliminazione. Dal punto di vista organico la pianta è in tutti i sensi un animale a rovescio, un’inversione completa. L’importanza che ha presso l’animale l’assunzione del nutrimento diventa per la pianta importanza dell’eliminazione di aria e calore. La pianta vive eliminando aria e calore nello stesso senso in cui l’animale vive assumendo cibo. L’aspetto virginale della pianta consiste proprio nel non avere la brama di accogliere qualcosa attraverso la propria entità, ma nel dare ciò che l’animale accoglie dal mondo, nel vivere dando. La pianta dà, vive grazie alla possibilità di dare.

 

Tenendo presente questo dare e ricevere arriveremo a conoscere la grande importanza che avevano queste cose nell’antica conoscenza istintiva. La massima che qui esprimo traendola dall’osservazione antroposofica: nell’economia della natura la pianta dà e l’animale riceve, era un tempo comunissima nell’istintiva visione chiaroveggente dei processi naturali, e parecchio se ne è conservato in seguito presso uomini sensibili per queste cose. Ancora in Goethe troviamo spesso ripetuta questa massima: «In natura tutto vive attraverso il prendere e il dare». La si trova nelle opere di Goethe, basta sfogliarle. Egli non l’ha più compresa giustamente, ma l’ha accolta da antichi usi e tradizioni, avendo il sentimento che con questa frase si indicavano processi veri della natura. Chi è venuto dopo non ne ha capito più nulla, come nulla ha capito di che cosa intendesse Goethe quando parlava di un dare e di un ricevere. Anche per la respirazione Goethe parla di un ricevere e di un dare, in quanto la respirazione stessa è in azione reciproca col ricambio. Questo termine è stato a volte usato da lui in modo chiaro e a volte oscuro.

 

Abbiamo dunque visto che i boschi, i frutteti e gli arbusti sono in certo modo dei regolatori tendenti a configurare giustamente la crescita delle piante al di sopra del suolo, mentre sotto terra fungono allo stesso modo da regolatori le larve, gli animali inferiori, i diversi vermi in associazione col calcare. Questa è la prospettiva da cui si deve considerare il rapporto fra campi, frutteti e allevamento del bestiame; ed è una prospettiva che deve venir messa in pratica. Nell’ultima conferenza che ancora ci resta cercheremo di spingerci in questo senso tanto avanti che il nuovo circolo di ricerche scientifiche possa elaborare ulteriormente tali problemi.