La configurazione plastica dell’elemento linguistico.

O.O. 279 – Euritmia linguaggio visibile – 02.07.1924


 

Sommario: Ciò che viene configurato nel linguaggio stesso e che passa nel suono dev’essere portato in euritmia alla forma visibile. Esteriormente, viene imitato ciò che è presente nel linguaggio come visibile gesto d’aria. I suoni consonantici interpretano l’elemento plastico. Suoni soffiati e suoni impulsivi. Il suono tremulo e quello ondulatorio. I dittonghi. La vocale raddolcita. L’euritmia esprime il carattere profondo dell’elemento del suono. I, E, U sprizzano fuoco dionisiaco, A, O attraggono serenamente, configurano in senso apollineo.

 

L’euritmia assumerà la sua configurazione artistica interiore solo quando l’euritmista sarà in grado di creare veramente, in tutti i suoi dettagli, partendo dall’essenza dell’elemento linguistico. Per la rappresentazione euritmica è quasi altrettanto necessaria la comprensione interiore dell’elemento dei suoni, dell’elemento linguistico, come lo è la conoscenza dei movimenti che vanno eseguiti. Vedremo oggi come proprio la configurazione plastica dell’elemento linguistico possa esercitare una certa influenza sulla rappresentazione euritmica. Essenziale è veramente sempre l’elemento plastico, configurante, in quanto nella rappresentazione euritmica abbiamo il compito di tradurre realmente in forma visibile, in figura visibile, proprio ciò che altrimenti viene configurato nella lingua stessa, ma non vi compare nella sua configurazione perché si trasforma in suono.

 

Considerando i suoni in relazione all’elemento plastico – prendiamo naturalmente i suoni consonantici che sono quelli che più si adattano a un’interpretazione plastica, perché imitano processi e cose esteriori — in relazione all’elemento plastico, troviamo dunque molti suoni. In primo luogo suoni formati molto chiaramente secondo il modello del suono della f o della s; abbiamo poi suoni chiaramente formati secondo il modello della b, p, d o t. Confrontando tra loro questi due gruppi, si troverà come siano del tutto diversi. Nei suoni della s, f, la corrente d’aria viene semplicemente soffiata dall’interno verso l’esterno. Negli altri suoni d, t, b, p, la corrente d’aria viene dominata interiormente e non soffiata fuori, ma espulsa molto più coscientemente. Cosicché dobbiamo distinguere con chiarezza tra suoni soffiati e suoni impulsivi.

 

Ciò determina una grandissima differenza nell’essenza di questi suoni. I suoni soffiati trasmettono in certo qual modo più o meno passivamente l’interiorità umana al mondo esterno. Utilizzano la corrente espiratoria per liberare in certo qual modo dal corpo l’aria espirata e quindi l’intera forma corporea. Cosicché il suono espirato conta sul fatto che l’aria vada verso l’esterno.

 

Il flusso dell’aria ha sempre assunto la forma del corpo. Questa corrente non si mantiene nel mondo esterno, ma si disperde: così i suoni soffiati hanno sempre il carattere di essere pieni di dedizione, di andare con il mondo esterno. Per quanto riguarda i suoni soffiati, dobbiamo comprendere questa loro caratteristica di andare con il mondo esterno. L’uomo lascia che il mondo esterno faccia di lui quello che vuole, naturalmente non del suo corpo fisico, ma di quella forma corporea che ha trasmesso all’espirazione.

 

Le cose stanno in modo del tutto diverso con i suoni impulsivi. Con tali suoni ci impadroniamo della forma del respiro.

In certo qual modo in questa forma di respiro inseriamo infine il nostro io e diamo al suono il comando di non disperdersi subito quando giunge nel mondo esterno, ma di far sì che la nostra forma permanga per qualche tempo. Cosicché l’uomo diventi quindi, nei confronti del mondo esterno, dominatore dei suoni impulsivi, per cui non possiamo dire: andare con il mondo esterno — ma: far valere l’interiorità.

In tal modo abbiamo caratterizzato i suoni principali, cioè il maggior numero di suoni consonantici. Nei suoni soffiati è veramente, espressa la simpatia per il mondo esterno e in quelli impulsivi la simpatia per se stessi. I suoni soffiati sono altruistici, quelli impulsivi egoistici. Troveremo anche sempre che, quando usiamo i suoni impulsivi, vogliamo disegnare contorni netti in quello che definiamo.

 

Prendiamo per esempio una qualsiasi parola tedesca (poiché sappiamo che questa lingua ha una forte plasticità) che inizi con un suono impulsivo: Baum (albero), b.

Noteremo quindi che con un suono impulsivo si vuole sempre disegnare un contorno netto, con un suono soffiato non si vuole dare un contorno netto, ma anzi evitarlo, per esempio: Seil (fune), s, suono soffiato.

Naturalmente se si vuole osservare a fondo la cosa, ci si deve attenere sempre all’essenziale. Certo si possono trovare moltissime parole di cui si può dire che devono esprimere qualcosa dai contorni netti eppure contengono suoni soffiati. Si troverà tuttavia sempre come nella definizione vi sia una tendenza verso qualcosa di confuso, nonostante i contorni netti.

 

Nel tedesco, i suoni soffiati sono: h ch j sch s f w, e naturalmente la v che è uguale a f. I suoni impulsivi sono: d t b p g k m n. Sono tutti suoni impulsivi, suoni per l’atteggiamento animico dell’egoismo, per l’affermazione della propria entità umana che si vuol mantenere fuori nel mondo.

Poi abbiamo un suono caratterizzato in maniera del tutto particolare, che porta a manifestazione il ruotare, la r. È un suono in cui la corrente espiratoria vibra in se stessa; la r è il suono vibrante.

Abbiamo poi un suono grazie al quale dobbiamo diventare dentro di noi, con la lingua, come il mare agitato dal vento, se vogliamo articolarlo nel modo giusto: l. Dobbiamo muovere la lingua a onde come il mare. È il suono ondulatorio l.

 

A che cosa ci servono questi due suoni? Abbiamo bisogno di questi due suoni quando non si tratta semplicemente di voler esprimere una dedizione o un’affermazione, ma di voler esprimere qualcosa che abbia in sé un movimento; nei suoni soffiati e in quelli impulsivi vengono senz’altro espressi il movimento e la forma, non ciò che porti in sé un movimento.

Quando afferriamo la natura della r nella sua interezza abbiamo in essa qualcosa che sta a metà tra la dedizione e l’affermazione di sé. La r è qualcosa che nell’essere animico-spirituale umano suscita una riserva, un atteggiamento riservato. Esprimiamo quindi con la r tutto quello che afferriamo, come afferriamo noi stessi quando prendiamo una decisione, quando ci consigliamo. Il termine raten (consigliare) è una parola che utilizza la r in modo particolarmente caratteristico. Katen – noi giriamo e rivoltiamo ancora il nostro giudizio. Quando ci immedesimiamo nella r, vi è sempre questo girare e rigirare il giudizio, cosicché definiamo con parole che contengono la r quello che troviamo esteriormente simile allo stato d’animo del girare e rigirare il giudizio. È quindi un elemento egoistico che non vuole però dare al mondo esterno quello che produce, perché vi permanga, ma lo vuole conservare ancora in sé.

D’altro canto la l è il suono della riflessione, ma con dedizione. Si preferisce farsi dire qualcosa piuttosto che decidere da sé. Si fa decidere a un altro, si attende, sperimentando interiormente la l.

 

Si tratta ora di rendere visibile in euritmia quel che vive nei suoni grazie alla loro essenza plastica. Quel che risiede nei suoni soffiati lo si esprime muovendo il corpo in modo che i suoni si muovano insieme ad esso, cercando cioè di farsi trasportare dai suoni. Si pronunci una s e ci si muova in modo che il corpo si abbandoni al suono formato con le braccia, al suono. Si formi una s; dapprima con molta calma, poi con grande chiarezza, come se la si volesse seguire con il corpo; nel movimento in avanti assecondiamola con il busto, nel movimento all’indietro andremo all’indietro anche con il busto. Si deve avere la padronanza del corpo intero e farlo ondeggiare dentro il suono. Questo vale anche a proposito della f: ci si abbandoni al suono con il corpo.

 

Immaginiamo di pronunciare un suono impulsivo. Si tratta di nuovo di portare la natura di tale suono nel movimento del corpo. Con il suono impulsivo il corpo non deve agire mediante il movimento, ma assumendo una posizione in modo da mostrare che esso vuole effettivamente fermare, fissare il movimento contenuto nel suono. Si esegua dapprima una b in qualsiasi modo, poi ci si irrigidisca mantenendo la posizione assunta, perché si veda chiaramente che il suono viene trattenuto, irrigidito nel corpo, tanto da sentire l’irrigidimento nei muscoli. Questo irrigidirsi in sé dà il carattere vero al suono impulsivo.

 

E’ molto interessante analizzare queste cose; infatti con i suoni soffiati si dice in realtà: non vorrei avere nulla a che fare con Lucifero, ciò che è luciferico deve scomparire. Con i suoni impulsivi si dice: voglio fermare Arimane, lo tengo stretto perché andando all’esterno avvelenerebbe tutto. In realtà in questi suoni sono contenuti l’elemento luciferico e quello arimanico.

La r sarà perfetta solo quando si farà il tentativo, compiendo il movimento della r, di muovere in su e in giù il corpo in modo lieve, ma pieno di slancio e di grazia, piegando un po’ le ginocchia, muovendo su e giù la testa.

Si esegue correttamente il movimento della l, muovendo il corpo con slancio avanti e indietro, senza abbandonarsi al movimento, ma mostrando come vi siano due movimenti. Nel suono soffiato si segue il movimento: il corpo partecipa per così dire al movimento del suono. Nel suono ondulatorio il movimento del corpo è autonomo, ritmicamente vivace: in avanti, all’indietro, in avanti, all’indietro, in modo che arrivi sin dentro il corpo fisico (andando alternativamente dal tallone alle dita dei piedi). Lo si eseguirà nel modo giusto immaginando di avere una bacchetta rotonda e di dondolare tenendo tra le dita dei piedi e il tallone la bacchetta che si può spostare un po’ rotolandola. Ci si può esercitare particolarmente bene dondolandosi in avanti fino quasi al punto di cadere e poi fermandosi ed eseguendolo ancora fino quasi a cadere all’indietro e fermandosi. Se si cade davvero non ha importanza, perché così si giunge soltanto al limite ultimo del movimento.

 

In questo modo, a poco a poco tali movimenti diventano familiari e talmente intensi da avere la caduta proprio allo statu nascendi, al momento iniziale, e lo spettatore avrà veramente la sensazione: quale abilità per non cadere! Nel suono della l si dovrebbe proprio far sì che nello spettatore nascesse l’impressione: “però ci vuole molta abilità, altrimenti cadrebbe”.

In tal modo si giunge veramente ad afferrare l’intero carattere interiore dell’elemento linguistico, dei suoni.

 

Ora possiamo proseguire nella conoscenza dell’elemento linguistico cercando di comprendere anche i dittonghi. I dittonghi sono formati dalle loro parti elementari. Facciamo una eu.

Che cosa vi è dentro? Le componenti sono e e u; vi sono contenute entrambe, ma nessuna delle due è giunta al pieno sviluppo. Proviamo ad accennare una e e una u, cercando di trattenere la e nel momento iniziale. Come diverrebbe sviluppandola completamente? Iniziamo come se si dovesse sviluppare completamente, però arrestiamo il movimento a metà della sua formazione, quando non è ancora concluso, e passiamo alla u. Se facessimo la u nella sua completezza, che cosa avremmo? La porteremmo a un movimento di continua unione. Le braccia non si incrociano semplicemente come nella e; il braccio si appoggia e accenna al contatto tendendo a salire fino alla testa: ora si ha una eu. (A un’euritmista: «Può mostrarci ora un esempio: “Ich verkùnde euch grosse Freude!” – vi annuncio una grande gioia oppure: “Furchtet euch nicht!” – non abbiate paura –»).

 

In questo modo abbiamo quindi afferrato l’essenza dei dittonghi. Uniamo tra loro le parti elementari non facendole però sviluppare completamente.

Così si comprende anche ciò che conduce nell’essenza dell’elemento linguistico dei suoni. Nei dittonghi si osserva nel migliore dei modi il passaggio da un suono all’altro. Per quanto riguarda questi passaggi, quando un testo viene euritmizzato nel migliore dei modi? Vi fu un filosofo austriaco che scrisse in età avanzata le opere filosofiche più difficili, ma tali che potrebbero essere facilmente euritmizzate; si tratta di Bartholomeus Carneri. Infatti divenne quasi pazzo leggendo una frase come questa: «Lebe echte Empfindungen» (Vivi sensazioni vere): era davvero spaventosa per lui. Per lui era terribile che una parola finisse con una vocale e la successiva cominciasse con una vocale. Esigeva che ciò non avvenisse mai tra due parole, che si evitasse sempre una finale vocalica e un inizio con vocale. Scrisse persino interi articoli in cui si sforzò di non mettere insieme vocali ma che tra le parole vi fosse un incontro consonantico.

 

Se si euritmizza in modo che le vocali urtino le une contro le altre, oppure anche che le vocali incontrino consonanti tra due parole, si dovranno eseguire sempre movimenti veramente leggeri e delicati nel passaggio dall’una all’altra. Si faranno però movimenti decisi, quando una parola termina con una consonante e la successiva inizia di nuovo con una consonante. È importante vederle una volta in euritmia, affinché si comprenda veramente che cosa significhi quando si incontrano tra loro suoni dal carattere diverso. Lo si può studiare nel migliore dei modi con i dittonghi, poiché il dittongo può essere prodotto soltanto in modo da prendere il primo suono nella prima metà, il secondo suono nella seconda metà.

 

Formiamo ora un ei secondo questa legge. Se vogliamo formare una ei, prendiamo per prima cosa gli elementi di per sé, quindi e i. Cerchiamo ora di non formare completamente la e, ma di tenerla sollevata e, dopo averla tenuta sollevata, di passare subito al gesto finale della i. Così abbiamo una ei, per esempio: «Mein Leib ist meiner Seele Schrein» (Il mio corpo è Io scrigno della mia anima). (All’euritmista: «Avrà delle difficoltà a mantenersi eretta. Lo faccia prendendo già in consideratone in questo caso: suono impulsivosuono impulsivosuono ondulatoriosuono impulsivosuono soffiatosuono impulsivosuono impulsivosuono vibrantesuono soffiatosuono ondulatoriosuono soffiatosuono vibrantesuono impulsivo, e vi inserisca correttamente la ei»).

Vediamo così come la cosa sia mossa e vivificata. Ma le cose esigono di essere realmente studiate.

 

Vediamo ora come agisca la ei quando viene messa in evidenza. (Viene eseguito: «Weiden neigen weit und breit» — I salici si inclinano a perdita d’occhio). Si può immaginare che vada espresso in un linguaggio paradigmatico il fatto che i salici si inclinano a perdita d’occhio. Allora w suono soffiato, d suono impulsivo, n suono impulsivo, n suono impulsivo, g suono impulsivo, n suono impulsivo, w suono soffiato, t suono impulsivo, n suono impulsivo, d suono impulsivo, b suono impulsivo, r suono vibrante, t suono impulsivo.

Cerchiamo di inserirvi tutto quello che vi è contenuto e osserviamo (ora da spettatori) come si manifesta continuamente questo caratteristico suono di ei: «Weiden neigen weit und breit». Talvolta sembra che potrebbe esservi ancora più vivacità, anche con euritmisti famosi, se venisse preso in considerazione l’intero carattere del linguaggio e dei suoni.

Possiamo prendere ancora un dittongo: au. Questo è ancora un dittongo nel quale possiamo semplicemente far passare la prima parte nella seconda (All’euritmista: «Cerchi di fermare la a alla sua comparsa, quindi nella prima parte, e di passarla alla u. Caccia una a in avanti; ora però deve fare una deviamone, prima di terminare verso la u. Passi immediatamente dalla a alla u, allora ottiene au».)

Ma questo, nonostante la au sia corretta, resterà sempre una lettera dell’alfabeto non caratteristica se si effettuerà semplicemente il passaggio. Non risalta con forza. Se invece si giunge al punto di iniziare la a con un braccio e poi, iniziando la a, si porta l’altro braccio ad un contatto, formando la u con il corpo e toccando semplicemente il corpo, allora si ha una vera au. La u non è solo questa (braccia appoggiate): se sto semplicemente in piedi e tocco il mio corpo con il braccio sinistro andando lentamente verso il basso, anche così ho eseguito una u. Si esegua per esempio in euritmia: «Laut baut rauh» (Suono costruisce aspro). Senza badare al significato, proviamo ad eseguire queste tre parole una dopo l’altra.

 

Si deve studiare tutto questo. Naturalmente si può fare la au nei modi più diversi, anche in modo da avere bisogno soltanto di un contatto con il corpo (braccio destro in a, braccio sinistro sul petto). Bisogna tentare anche di penetrare nello spirito di queste cose.

Facciamo ora una o per penetrare proprio nella continua trasformazione interiore dei suoni nell’ambito del linguaggio. Con un salto eseguiamo una specie di movimento della o, oppure anche spezziamo, strappiamo il movimento della o. Questo strappare il movimento della o va fatto in modo molto aggraziato, e poi si salti. Si salti ancora mentre si spezza il movimento della o, allora si avrà una o nettissima, bella.

 

Passiamo ora alla a. Si facciano una a e una e: la a con le gambe, in modo da eseguirla dal davanti al dietro, poi spostando indietro un piede, si esegua la e con le braccia; in questo modo si ha la a.

Vi è ancora la u. Quindi una u, in cui si pongano in maniera caratteristica le mani luna contro l’altra con le palme rovesciate, la u e la i, dove dobbiamo dunque aver dentro contemporaneamente la u e la i. La u e nei piedi, la i nasce dal fatto che il movimento delle braccia in qualche modo si camuffa da i. Si deve notare che invece di fare una i, tendendo le braccia, si fa sorgere la i sfiorando tra loro i dorsi delle mani, allora è una u.

 

(A un’euritmista: «Esegua questo esempio affinché possiamo vedere come diventi bello quando la ii nasce in questo modo»),

 

Prtife dich, Schùler        Ùbe mit Mùhe.

(Esaminali, scolaro, esercitati con fatica)

 

Per noi deve diventare un motto: «Prtife dich, Schùler, ùbe mit Mùhe».

Giungiamo in tal modo all’essenza di quei suoni dei quali sentiamo che consistono precisamente di elementi.

 

Osservando i dittonghi, si troverà sempre qualcosa che non va semplicemente guardato in un modo qualsiasi, ma che richiede uno sguardo d’insieme oppure che vi si guardi dentro, qualcosa in cui dev’essere legato o separato un elemento dall’altro; vi si deve sempre trovare dentro questo.

In euritmia è meraviglioso come proprio i movimenti assolutamente chiari di una a o di una i, nei dittonghi diventino un movimento realmente fluido, in cui vi sono sfumature. L’euritmia è in grado di esprimere proprio il carattere profondo dei suoni, dell’elemento del linguaggio. Perciò in euritmia risalta anche il carattere dei suoni.

 

Chiedo ora la collaborazione di due euritmisti: il primo farà i e u in sequenza; restano ancora a e o per il secondo euritmista. Mi spiego meglio: il primo fa una i, il secondo una a, il primo una e, il secondo una o, il primo una u. Facciamo così affinché il carattere dei suoni venga espresso molto chiaramente.

Osserviamo ora quel che si svolge dinanzi a noi (I: i, II: a). Mentre fa una i, il primo entra nella forma; mentre fa una a, il secondo configura la forma dall’esterno. Mentre fa la i, il primo sprizza fuoco, sprizza fuoco verso l’esterno — si può farlo con una mano. Quando il secondo fa una a, attrae nuvole o vento dall’esterno.

 

 

Ora si vede come calore, fuoco risiedano nella e, come la forma risieda nella o. Da una parte abbiamo l’irradiare, dall’altra dare una forma morbida. Nel primo abbiamo il puro Dioniso, le vocali dionisiache, nel secondo il puro Apollo, le vocali apollinee. Ciò emerge chiaramente facendo le cose in modo corretto. Cosicché avviene in effetti che, avendo una poesia in cui prevalgano le o o le a, una poesia figurativa, calma, si tratta di una poesia apollinea. Se si ha una prevalenza di i, u ed e, vi è dentro il fuoco: si tratta di una poesia dionisiaca.

 

Si può davvero esprimere molto tra le righe; se si dice al primo di fare una i o una e, e al secondo di fare una a o una o, in realtà gli si è detto: «Sei un prediletto di Dioniso» – oppure: «Sei un prediletto di Apollo». Servizio sacrificale di Dioniso – Servizio sacrificale di Apollo.

 

Quando ci si familiarizza così, proprio grazie all’euritmia, si può estrarre in modo mirabile il carattere di ciò di cui è capace il linguaggio, e penetrare completamente nell’elemento umano.

 

Suoni soffiati: h eh j sch s f w andare con il mondo esterno

Suoni impulsivi: d t b p g k m n far valere l’interiorità

Suono vibrante: r

Suono ondulatorio: l