La lotta di Michele contro il peccato originale


 

1. Il rapporto dell’uomo con le Entità delle Gerarchie spirituali

Il 29 settembre il calendario segna: S. Michele Arcangelo. Per la maggior parte degli uomini, questo è un giorno come tutti gli altri. L’uomo moderno ha perso perfino il senso del giorno festivo. La festa gli serve per astenersi dal lavoro e per pranzare meglio del solito. Non così era per gli uomini dei tempi antichi. Il giorno di festa aveva in altri tempi lo scopo di ricordare l’appartenenza dell’umanità ai Mondi Spirituali. Festa significava rammemorare l’esistenza degli Dei; offrir loro preghiere, chiedere la loro protezione. Dalle feste si riceveva un impulso immediato per agire in modo giusto nei giorni dedicati al lavoro.

Poiché per S. Michele la tradizione non spinge l’uomo a fare banchetti e ad astenersi dal lavoro, questo giorno passa del tutto inosservato.

 

Per coloro invece che hanno accolto nei loro cuori la Scienza dello Spirito antroposofica, il giorno di Michele Arcangelo è una delle più grandi feste spirituali e come tale, in ogni parte del mondo dove battono cuori di fedeli discepoli dello Spirito, essa viene ricordata e celebrata.

Gli amici non hanno voluto che in questa nostra riunione pubblica che precede di pochi giorni il 29 settembre, la festa di Michele passasse sotto silenzio. Noi vogliamo oggi ricordare, per preparare lo Spirito alla festa di Michele, il nostro reale e concreto rapporto con gli Esseri delle Gerarchie spirituali.

 

L’uomo non è solo nel mondo. Il legame che lo unisce ai Mondi Spirituali non si spezza mai. Noi, benché viventi nel mondo della realtà fisica, siamo Esseri spirituali in comunione indissolubile e perenne con altri Esseri spirituali.

Ogni uomo è accompagnato dal suo Angelo custode. L’Angelo lo guida e lo ispira; l’Angelo lo conduce per le vie del suo destino.

Ogni notte quando ci addormentiamo, entriamo nei Mondi Spirituali. Là incontriamo il nostro Angelo e ci intratteniamo con Lui con la stessa immediatezza con la quale nel mondo dei sensi parliamo e trattiamo con gli altri uomini. I colloqui notturni con l’Angelo non entrano nella nostra memoria, ma restano tuttavia impressi nel nostro essere e costituiscono la nostra vera e obiettiva volontà. Giorno per giorno il nostro destino si conforma secondo le decisioni che noi stessi abbiamo preso di notte nei Mondi Spirituali in comunione con il nostro Angelo.

 

Gli Angeli sono le guide spirituali dei singoli uomini. Allo stesso modo gli Esseri spirituali che gerarchicamente stanno di un grado sopra gli Angeli, cioè gli Arcangeli, guidano e dirigono i singoli popoli.

Ogni popolo si differenzia dagli altri popoli per il contenuto della sua anima collettiva, per le qualità interiori ed esteriori che lo caratterizzano, per il suo linguaggio, per il suo destino. In tutto ciò si manifesta l’Arcangelo.

Gli Esseri spirituali che stanno al di sopra degli Arcangeli si chiamano, nella terminologia cristiana, Principati.

I Principati sono Esseri spirituali tanto alti che possono coordinare l’attività degli Arcangeli in modo che ogni popolo sia in giusta relazione con gli altri popoli e dia il suo contributo alla complessiva evoluzione dell’umanità nella forma e nell’epoca più convenienti.

 

Ogni grande periodo evolutivo dell’umanità si svolge attraverso sette epoche. Per quanto riguarda la nostra evoluzione postatlantidea, sappiamo che essa abbraccia sette epoche: l’epoca paleoindiana; l’epoca paleopersiana; l’epoca egizia; l’epoca greco-latina; la presente quinta epoca germanica e le due future, la sesta epoca russa e la settima epoca americana.

Ogni epoca di cultura è profondamente diversa da tutte le altre. Per rendercene conto, basta che pensiamo quali erano le condizioni di vita sulla Terra mille anni fa e quali sono oggi. Il contrasto è così grande che scuote l’anima. Se risaliamo ancora indietro nel tempo, troviamo forme di cultura e condizioni di esistenza che non sono neanche più accessibili alla nostra comprensione. Nell’antica Babilonia, per esempio, ora completamente sepolta sotto le sabbie del deserto, non esistevano i medici; gli ammalati venivano messi davanti alla porta di casa e i passanti poggiavano le mani sulle loro fronti. In tal modo gli infermi ricevevano nuove forze e potevano guarire. Tutto cambia da un’epoca all’altra. Alcuni popoli muoiono, altri sorgono.

Ogni epoca è posta sotto la direzione di un Principato. Perciò la Scienza dello Spirito chiama i Principati: Spiriti delle Epoche.

 

Per il fatto che ci sono sette epoche di cultura postAtlantidea, che abbiamo già nominato, dobbiamo riconoscere nell’evoluzione postatlantidea l’attività di sette Principati, di sette Spiriti delle Epoche. Ogni Principato dura in carica 2160 anni, che è il tempo che impiega il Sole per spostarsi apparentemente da un segno all’altro dell’eclittica.

Il Principato che regge la nostra epoca – dunque la quinta epoca di cultura postAtlantidea alla quale diamo il nome di germanica – ha iniziato la sua attività nel 1413. Perciò la nostra epoca di cultura durerà fino al 3573.

Intorno ad ogni Principato in carica sta la schiera dei suoi collaboratori in subordine, gli Arcangeli, ma sette di questi Arcangeli sono in particolar modo i suoi diretti aiutanti, i suoi ministri. Perciò ogni epoca è retta da un Principato sotto il quale stanno sette Arcangeli. Ognuno di questi sette Arcangeli occupa, a turno, una posizione di priorità. Non agisce soltanto dunque come Spirito del popolo, ma anche come Spirito reggente del tempo e manda gli impulsi del Principato a tutti i popoli.

 

Se dividiamo la durata dell’epoca di cultura (2160 anni) per il numero degli Arcangeli (sette), otteniamo un periodo di tempo di circa 300 anni. Ogni epoca di cultura è divisa in sette tempi di tre secoli. Ognuno di questi sette tempi è posto sotto la direzione di un Arcangelo che si chiama perciò Arcangelo reggente del tempo.

Gli Arcangeli, abbiamo detto, sono sette: Michele, Gabriele, Raffaele, Zaccariele, Anaele, Orifiele e Samaele.

La nostra quinta epoca di cultura, svolgendosi per 2160 anni dal 1413 al 3573, vedrà succedersi ogni tre secoli le reggenze dei sette Arcangeli.

 

Ora domandiamoci: quale dei sette arcangeli è il reggente del nostro tempo? L’Arcangelo reggente del nostro tempo è appunto Michele. La sua reggenza è cominciata nel 1879 e durerà fino al 2188.

Prima di esaminare il significato della reggenza di Michele, poniamoci delle altre domande: perché l’umanità deve essere diretta nella sua evoluzione dalle Entità spirituali dei Mondi Superiori? Perché l’uomo ha bisogno di un Angelo che lo guidi in ogni passo della vita? Che differenza passa tra un uomo e un Angelo? In che cosa consiste la superiorità dell’Angelo?

L’Angelo, a differenza dell’uomo, non è soggetto ad errore, non nutre simpatie o antipatie personali, non s’abbandona alle passioni, non conosce la menzogna, non può volere il male. Da ciò si vede la necessità di una guida per l’uomo, il quale è invece soggetto in massimo grado a ogni possibile errore e si lascia di continuo trascinare dalle sue passioni. Facciamoci ancora una domanda: perché l’uomo è tanto imperfetto e l’Angelo tanto perfetto?

Perché l’uomo ha subito, e l’Angelo non ha subito, l’azione del peccato originale.

 

2. Il peccato originale

L’uomo è dunque un essere peccaminoso. Cerchiamo di comprendere ora il senso di tale fatto. Che cosa significa peccare? Il peccato è la possibilità di mettere i propri pensieri, i propri sentimenti, i propri impulsi volitivi in una posizione contraria a quella stabilita dall’ordinamento del mondo.

 

Prima che avvenisse la cosiddetta tentazione luciferica, non sussisteva per l’uomo la possibilità di contrapporre un proprio mondo illusorio ed errato all’obiettivo Mondo Divino-Spirituale. L’uomo non poteva nemmeno esplicare pensiero, sentimento e volontà personali. Invece di vivere come fa ora in queste tre facoltà dell’anima, era completamente immerso nella realtà dell’immaginazione, ispirazione e intuizione. Nell’immaginazione esperimentava il pensiero degli Angeli, nell’ispirazione il sentimento degli Arcangeli e nell’intuizione la volontà dei Principati. Da ciò si comprende che egli non aveva un mondo interiore personale, ma la sua interiorità era come uno specchio che rifletteva obiettivamente la grandezza e la saggezza del cosmo.

Era un essere divino, ma non era libero: era un prodotto della spiritualità.

 

La tentazione luciferica e il susseguente intervento arimanico ebbero come effetto il distacco dell’uomo dalla divinità, il suo isolamento spirituale, il sorgere della sua personalità. L’uomo, una volta subito il peccato originale, non ha più il pensiero dell’Angelo come immaginazione, il sentimento dell’Arcangelo come ispirazione, la volontà del Principato come intuizione, ma può dire:«Io penso; Io sento; Io voglio».

Il pensiero, il sentimento, la volontà, divenuti personali, cominciarono ad agire con tale forza che avrebbero potuto distaccare completamente l’umanità dall’evoluzione divino-spirituale per portarla nella sfera luciferica ed arimanica.

Perciò gli Dei, come potete leggere nella “Scienza occulta” di Rudolf Steiner, decisero di porre dei limiti alla potenza di Lucifero e di Arimane. In altre parole, stabilirono un confine alla espansione egoistica e personale della natura umana. Una bella leggenda spirituale dice che gli Dei dettero all’uomo tre doni affinché egli potesse salvarsi dall’inferno: il dolore, la malattia e la morte.

 

L’uomo può nutrire sentimenti contrari all’ordinamento del cosmo solo fino ad un certo punto. Il dolore lo arresta e gli fa sentire che la sua anima è in opposizione con la realtà. Allo stesso modo, può nutrire pensieri falsi o ingannevoli, ma questi lo fanno ammalare e nella malattia può sentire la sua contraddizione all’universo. La morte infine gli toglie la possibilità di agire in modo egoistico.

 

Ora diciamo con più esattezza: il dolore è un dono per il corpo astrale, la malattia è un dono per il corpo eterico, la morte è un dono per il corpo fisico. Il dolore, la malattia e la morte sono necessari per arrestare l’azione del peccato originale, ma l’uomo non potrebbe evolversi, non potrebbe semplicemente sussistere, se la sua anima fosse immersa continuamente nel dolore, se la malattia di continuo lo divorasse, se il suo corpo fisico obbedisse solo alle leggi della rigidità cadaverica. La Entità spirituali dovettero perciò trovare un rimedio, un correttivo all’azione del dolore, della malattia e della morte. Tale correttivo fu dato dal fatto che ogni arto della natura umana scese nell’arto immediatamente inferiore in modo più profondo di quanto non fosse previsto nel piano divino originario.

 

• Il corpo eterico si immerse nel corpo fisico per combattervi la morte;

• il corpo astrale discese nel corpo eterico per combattervi la malattia;

• l’Io penetrò nel corpo astrale per combattervi il dolore.

Ognuno di questi tre arti – Io, corpo astrale, corpo eterico – deve così adempiere una duplice funzione:

• una secondo la sua propria natura

• e un’altra più pesante, che lo distoglie dalla sua natura, come conseguenza del peccato originale.

Possiamo dire:

• la morte è un dono per il corpo fisico e un aggravio per il corpo eterico;

• la malattia è un dono per il corpo eterico e un aggravio per il corpo astrale;

• il dolore è un dono per il corpo astrale e un aggravio per l’Io.

 

Tutto nell’universo ha un limite. Perciò anche l’Io, il corpo astrale, il corpo eterico, sono disposti a sobbarcarsi questo sovrappiù di attività, imposta loro come conseguenza del peccato originale e contraria alla loro natura, solo fino ad un certo punto. Essi tendono di continuo a ritornare alla loro natura originaria, a manifestare il loro vero essere. Perciò nell’essere umano avviene il grande fenomeno dell’alternanza tra la vita e la morte, tra la veglia e il sonno, tra il ricordo e l’oblio.

 

Il corpo eterico è immerso nel corpo fisico per poterlo mantenere in vita, per impedire che esso sia un puro cadavere. Se vogliamo esprimerci con concetti umani, possiamo dire che non sopporta volentieri questo rattrappimento. Ad un certo momento esce dal corpo fisico e si espande per tutto l’universo solare, conforme alla sua natura che è, come luce, quella dell’irradiamento. L’istante del distacco del corpo eterico dal corpo fisico è segnato dalla morte.

Il corpo astrale è immerso nel corpo eterico per porlo al riparo, almeno fino ad un certo punto, dalle forze della malattia. Anche per il corpo astrale si può dire che esso non fa di buon grado questo servizio. Tende a sfuggire dalle strettoie e lo fa effettivamente durante il sonno. Di notte il corpo astrale esce dal corpo eterico e si diffonde tra le stelle, secondo la sua natura originaria. Così acquista nuove forze che porta nel corpo eterico.

L’arto dell’Io è immerso nel corpo astrale. Qui trova un mondo di dolore contro il quale deve di continuo combattere.

 

Per esperienza diretta e personale, fatta da ogni singolo uomo, possiamo affermare che questa continua lotta contro il dolore riesce di duro peso all’Io. L’Io vorrebbe manifestare la sua vera natura di Entità spirituale, ma non lo può; deve vivere nell’astralità e combattere le dolorose passioni, cercando di vincerle e di eliminarle. Anche l’Io si libera ritmicamente da questa attività troppo pesante in un arto inferiore e cerca il riposo, cioè l’oblio. L’oblio significa il distacco dell’Io dal corpo astrale. L’Io vive dunque tra il ricordo e l’oblio. Teniamo presente che soltanto nell’oblio può manifestare la sua vera natura spirituale.

 

Abbiamo finora considerato le conseguenze obiettive del peccato originale. Vogliamo ora invece esaminare il lato soggettivo della cosa. L’uomo non si rende conto del disordine portato dal peccato originale nei suoi arti, ma esperimenta il pensiero, il sentimento e la volontà in modo personale. Egli può dire: «Io penso; Io sento; Io voglio».

Con ciò ogni essere umano si sente un ente separato da tutti gli altri. Da questo sentimento di separazione personale nasce l’odio. Ma non solo l’odio; nasce anche la menzogna. Per il fatto che gli altri esseri non partecipano alla mia vita interiore, poso mentire, posso nascondere o camuffare la mia natura.

Ogni uomo ha un proprio mondo interiore e per il fatto che questo mondo è costituito in gran parte di impulsi egoistici, di simpatie e antipatie personali, di gioie e dolori particolari, di ideali propri, gli uomini non possono più comprendersi tra di loro.

 

Osserviamo un soldato che cammina per le vie della nostra città. Egli volge su ogni cosa uno sguardo indifferente e distratto. La nostra città ci è cara, la conosciamo in ogni sua pietra, in ogni suo aspetto; la sua sorte ci sta a cuore come la nostra stessa sorte; ma chi può comprenderci? Ogni nostro giusto sdegno per l’ingiustizia subita, appare agli occhi dello straniero una manifestazione di isterismo. Questo straniero si occupa maggiormente dell’orologio del campanile del suo paese e dei successi della sua squadra calcistica prediletta. Non possiamo fargliene un rimprovero, perché noi stessi siamo fatti così. La sorte della nostra città ci sta a cuore, è vero, ma se il Fiume Giallo straripa e uccide diecimila persone restiamo del tutto indifferenti. Non possiamo esigere comprensione dagli altri, se noi stessi siamo senza comprensione per gli altri.

 

In un solo campo l’umanità può oggi ancora ritrovarsi e andare d’accordo: quello della matematica, del pensiero concepito senza l’intrusione di simpatie e antipatie personali.

In queste parole c’è un senso: «Io penso che Annibale sia stato un grande generale»; ma non c’è senso in quest’altra: «Io penso che due più due fanno quattro». Nella matematica non c’è affatto bisogno che faccia sentire la mia opinione personale.

 

Da ciò vediamo che c’è una parte dell’essere umano la quale è restata immune dall’azione del peccato originale. Nella Bibbia sta scritto che nel Paradiso terrestre si elevavano due alberi: l’albero della Conoscenza e l’albero della Vita. Soggiacendo alla tentazione luciferica, i nostri progenitori hanno gustato il frutto dell’albero della Conoscenza, ma non hanno avuto il tempo di porre la mano anche sul frutto dell’albero della Vita. Sono stati cacciati dal Paradiso prima che riuscissero a farlo.

Che interpretazione spirituale dobbiamo dare a quest’immagine della Bibbia? La Scienza dello Spirito antroposofica ci insegna che ci sono quattro eteri (i quattro fiumi dell’Eden): l’etere del Calore, l’etere della Luce, l’etere del Suono, l’etere della Vita. Ebbene, gli Dei hanno preservato l’etere della Vita dall’influenza luciferica ed arimanica. Ciò si manifesta nel fatto che l’uomo può pensare in modo obiettivo, non personale. Nel mondo dei pensieri può manifestarsi in modo obiettivo la realtà della materia e la realtà dello Spirito. L’uomo può dire: «Io penso, ma il mio pensiero è la verace immagine del mondo».

Così può essere ottenuto dentro l’anima umana una specie di pareggio con le forze del peccato originale.

 

3. La lotta di Michele contro Arimane

L’Essere spirituale che ha lottato strenuamente in più tempi contro il peccato originale, nel cosmo e dentro l’uomo, è l’Arcangelo Michele. Michele naturalmente comprende la necessità cosmica del peccato originale, sa che la tentazione luciferica e l’intervento arimanico fanno parte del grande piano evolutivo stabilito dagli Dei per l’umanità, ma vuole anche creare il pareggio cosmico con le forze del male. L’umanità è entrata nel peccato originale, ma deve uscirne fuori con nuove forze. A questo scopo lotta Michele. Contro l’Arcangelo stanno Lucifero e Arimane che vorrebbero mantenere l’umanità nel peccato originale per tutto il seguito della sua evoluzione.

 

Poniamoci una domanda: «A che punto siamo ora, nel nostro tempo, per quanto riguarda la lotta di Michele contro le forze del peccato originale?» Siamo a un punto critico, e cerchiamo di comprendere questo fatto.

Poco meno di venti secoli fa ha avuto luogo il Mistero del Golgota. Il sacrificio del Cristo sulla croce ristabilisce il pareggio nell’evoluzione umana, violentemente turbata e abbassata in seguito al peccato originale. Il Dottor Steiner dice: «L’umanità è caduta senza colpa ed è stata riscattata senza merito».

Dopo il Mistero del Golgota l’umanità può risalire la china verso lo Spirito. Perché? Perché il Cristo Risorto ha posto nel corpo fisico umano quella sua forza che si chiama “resurrezione della carne”. Dopo il Mistero del Golgota, il corpo fisico, per essere salvato dalla morte, non ha più bisogno dell’intervento del corpo eterico, ma in esso stesso riposa il germe della vita eterna. Questo germe, che si svilupperà appieno nel più lontano futuro, è stato posto dal Cristo. Così il corpo eterico è divenuto libero di risalire alla sua origine; non ha più bisogno di lottare contro la morte, perché il Cristo ha vinto la morte. Ma in tal modo diventano successivamente liberi anche il corpo astrale e l’Io.

Il Mistero del Golgota ha dato a tutti gli arti la possibilità di risalire alla loro spiritualità originaria. Lo sforzo dell’uomo coopera a questa ascesa. Senza il sacrificio del Cristo, ogni sforzo umano sarebbe stato vano, perché solo il Cristo ha spezzato i vincoli che legavano l’attività del corpo eterico.

 

Lucifero ed Arimane non possono naturalmente fare nulla contro l’azione cosmica del Cristo, perciò lottano nell’anima dell’uomo, per impedire che l’uomo inizi la sua collaborazione personale con le forze del Cristo. Michele invece vuol essere la guida dell’umanità verso il Cristo.

Il campo di battaglia tra Michele e Arimane è dentro l’uomo il pensiero. O per essere più esatti, la parte del pensiero che posa sull’etere della Vita, la parte del pensiero che non conduce soltanto alla conoscenza, al “rispecchiamento” della realtà, ma allo stesso essere della realtà. L’uomo non possiede ancora l’interezza del pensiero; egli usa soltanto il cosiddetto pensiero concettuale che non è che l’ombra della realtà. Dice il Dottor Steiner nelle “Leitsatze”: ▸«L’anima umana sviluppa all’inizio dell’epoca dell’anima cosciente soltanto in misura ristretta le sue forze intellettuali».

 

L’uomo non possiede ancora il pensiero vivente. Questo pensiero vivo non ha subito mai l’azione del peccato originale. Non essendo caduto dalla sua natura, non ha avuto nemmeno bisogno di essere redento. Nel pensiero vivente non troviamo dunque il peccato originale, ma non troviamo nemmeno le forze redentrici del Cristo. Sorge perciò per Arimane la possibilità di impossessarsene.

Il pensiero vivente, il pensiero immerso nell’etere della Vita, non ha subito l’azione del peccato originale, perché è stato custodito cosmicamente da Michele che ha impedito ad Arimane di carpirlo. Ma nel quarto secolo il pensiero da cosmico è divenuto personale. Il pensiero non si trova più ora nel cosmo sotto la custodia di Michele; il pensiero è ora disceso nelle anime umane ed è divenuto un bene personale dell’uomo. Ciò ha aperto una larga breccia all’attacco arimanico. Arimane può dirsi: «Io non sono riuscito ad impossessarmi del pensiero vivente nel cosmo, perché esso era custodito da Michele. Michele è stato più forte di me e mi ha vinto. Ora però custode del pensiero diventa l’uomo che è assai più debole di Michele; inoltre nel pensiero vivente l’uomo non trova l’aiuto del Cristo, perché l’etere della Vita non essendo caduto nel peccato originale, non è stato nemmeno redento».

 

Nell’epoca dell’anima cosciente, nell’epoca in cui cioè il pensiero viene legato alle forze della vita, Arimane sferra nelle anime umane il suo attacco generale. Ciò si manifesta nel materialismo e nel pensiero che porta sempre più l’impronta delle simpatie e antipatie personali.

Abbiamo però detto che nel 1879 Michele ha assunto la reggenza del tempo. In altre parole ciò significa che Michele, avendo vinto Arimane nel cosmo, s’accinge ora a impegnarlo anche nelle coscienze umane. Egli guarda con preoccupazione e con ansia a questa lotta imminente, non perché dubiti delle sue forze, ma perché non può essere d’aiuto all’uomo, se l’uomo liberamente non accetta questo aiuto.

Tutto dipende dall’uomo. Michele e Arimane vogliono entrambi che l’organo del pensiero diventi il cuore. Arimane vuole rendere il pensiero così personale come oggi è il sentimento; ciò rescinderebbe per sempre l’umanità dai Mondi Spirituali. Michele vuole invece che attraverso il cuore penetri nel pensiero la sua forza cosmica originaria: l’ispirazione.

 

4. L’umanità al bivio

Abbiamo detto che viviamo in un’epoca critica. L’umanità è al bivio. L’uomo può schierarsi tanto dalla parte di Arimane, quanto dalla parte di Michele.

Si mette dalla parte di Arimane colui che pensa o con i vuoti schemi concettuali della logica o con l’intrusione della simpatia e antipatia personale.

 

Schierarsi coscientemente con Michele è assai più difficile. Abbiamo detto in precedenza che l’Io umano è sottoposto all’alternanza del ricordo e dell’oblio. Nel ricordo è avvolto dalle passioni dell’anima; nell’oblio ritrova se stesso. Chi vuole cooperare con Michele deve saper innalzare il suo Io al di sopra dell’astralità torbida e corrotta: deve, in altre parole, saper realizzare un oblio cosciente del suo mondo interiore.

Dice il Dottor Steiner nelle già citate “Leitsatze”: «Michele viene facilitato nella sua missione, se alcuni uomini – i veri rosacrociani – indirizzano la loro vita terrestre esteriore in modo che essa non influisca per niente sulla vita interiore dell’anima».

 

Queste parole, così semplici nel loro suono, sono estremamente dense di significato. Per la maggior parte degli uomini, il contenuto interiore non è che il riflesso della vita quotidiana. Le gioie, i dolori, le simpatie, le antipatie, gli stessi ideali, le stesse speranze e aspirazioni degli uomini sono tolte dall’ambiente nel quale essi vivono. L’esistenza dell’uomo oscilla tra la vita esteriore e la vita interiore. Durante l’attività esteriore l’uomo indirizza i suoi pensieri nel modo più materialistico possibile, durante il raccoglimento interiore cova i suoi sentimenti personali, le simpatie, i suoi amori, i suoi odi, sospira sulle sue delusioni e accarezza i suoi ideali.

Verso questo modo di vivere Michele rivolge uno sguardo pieno di rimprovero. Egli vuole che i suoi uomini, i rosacrociani, gli antroposofi vivano in modo diverso.

 

Chi vuole seguire l’appello di Michele, chi vuole schierarsi a suo fianco nella prossima lotta decisiva, deve, almeno per qualche momento del giorno, sgomberare la sua anima da ogni riflesso del mondo esteriore, spogliarla di tutte le simpatie e antipatie personali, di tutti i desideri, di tutte le passioni, di tutti gli egoismi. Avverrà allora che dal profondo dell’anima sorgerà non più il pensiero concettuale arimanico colorito di tutte le passioni personali, ma il pensiero vivente, che, secondo la sua natura, opera come ispirazione. E nel pensiero vivente, nel pensiero ispirato ci sarà Michele.

 

Il pensiero vivente è nello stesso tempo personale e cosmico, è nello stesso tempo concetto e ispirazione. In esso l’uomo è libero, ma inserito armonicamente nell’universo.

Con questo pensiero l’uomo può trovare il Cristo, può vedere nella natura non più le leggi arimaniche della materia, ma l’opera degli Dei.

Con questo pensiero vivente può comprendere la realtà spirituale.

 

Tutta l’antroposofia è un’ispirazione di Michele.

L’antroposofia non si trova nei cicli di conferenze e nei libri del Dottor Steiner. Si trova nelle nostre stesse anime.

Perciò il Dottore dice:

▸«Riconosce l’antroposofia soltanto colui che in essa trova ciò che vi è spinto a ricercare dal suo sentimento».

Riconosce l’antroposofia dunque soltanto colui che la trae dal suo stesso essere.

Nei libri del Dottore l’antroposofia trova l’eco, o meglio, la risonanza delle sue stesse ispirazioni.

 

Da ciò si vede che l’antroposofia è un movimento spirituale che parte da Michele. L’antroposofìa è sorta nell’epoca di Michele e durerà per tutta l’epoca di Michele. Michele ha vinto Arimane nel cosmo. Gli uomini di Michele, cioè gli antroposofì, vogliono vincerlo anche nelle coscienze, nel pensiero personale. Gli antroposofi sono coloro che si sono schierati con Michele, perché sanno che Michele li condurrà al Cristo.

La festa di Michele è perciò anche la festa propria dell’antroposofia. Nel giorno di Michele vogliamo ricordarci che l’antroposofia è un’ispirazione dello Spirito del tempo, che l’antroposofia è un’arma di battaglia contro il materialismo arimanico e contro la seduzione luciferica.

La festa di Michele è però anche la festa del grande avvenire umano. Il giorno di Michele ci ricorda che siamo stati riscattati dal peccato originale e che perciò siamo liberi di procedere verso l’avvenire.

 

Abbiamo detto che in seguito al peccato originale l’Io, il corpo astrale e il corpo eterico sono stati caricati di grandi pesi e che hanno dovuto svolgere un’attività supplementare. Gli arti dell’essere umano senza loro colpa sono passati attraverso una dura prova. Il Cristo Gesù però, con il suo sacrificio, li ha liberati: essi da ora in poi possono risalire alla loro altezza originaria, portando seco il frutto della loro attività nelle sfere inferiori.

Con ciò nel cosmo, attraverso la discesa dell’umanità nel peccato originale e la redenzione per opera del Cristo, è sorta una nuova sostanza dell’Io, una nuova astralità, un nuovo etere. Le stesse basi del cosmo sono rinnovate.

L’uomo avrà in futuro

• un Io che sarà nello stesso tempo individuale e cosmico;

• un corpo astrale che gli darà nello stesso tempo il pensiero e l’immaginazione;

• un corpo eterico che sarà portatore nello stesso tempo del sentimento e dell’ispirazione;

• un corpo fisico che sarà nello stesso tempo lo strumento della volontà e dell’intuizione.

 

L’uomo avrà un pensiero, un sentimento e una volontà strettamente personali, ma queste sue facoltà saranno in perfetta armonia con l’ordinamento divino del mondo. Nel cosmo entrerà con ciò un elemento nuovo, sconosciuto alle Gerarchie Spirituali: la libertà.

Per mezzo della libertà, l’uomo diventerà il carpentiere dei cieli e costituirà un nuovo universo, la Gerusalemme celeste, meta dell’evoluzione umana.

 

Il peccato originale ci ha dato la libertà. Il Cristo ci ha dato l’avvenire.

Arimane ci toglie la libertà, Lucifero ci nega l’avvenire.

Entrambi vogliono mantenerci in perpetuo nella schiavitù del peccato originale.

 

Volgiamo uno sguardo sul mondo. L’umanità è schiava delle più oscure ideologie e delle più mostruose tirannie; l’umanità non ha avvenire, non ha dinanzi a sé che la prospettiva di guerre sempre ricorrenti, senza scopo e senza risultato. Tutto ciò è l’immagine storica del peccato originale. Non ci sarebbe alcuna speranza per l’umanità, senza la certezza che Michele si prepara alla lotta e che ha già inviato in Terra i suoi uomini.

Michele combatterà per dare all’essere umano la libertà e per condurlo verso il Cristo, cioè verso il progresso, verso l’avvenire.

 

Nel tempo in cui i nemici dell’uomo gioiscono per il loro provvisorio trionfo, nel tempo in cui il mondo è maggiormente prostrato sotto il peso del materialismo e accecato dalle più caotiche allucinazioni, noi vogliamo celebrare la festa di Michele con cuori pieni di speranza e di fede nel destino spirituale e nella meta celeste dell’umanità. In un mondo schiavo e disperato, in un tempo oscuro e calamitoso, noi vogliamo assumere un sacro impegno interiore: per quanto deboli possono essere le nostre forze, anche noi vogliamo partecipare alla prossima gigantesca battaglia di Michele contro Arimane, anche noi, senza paura dei sacrifici che ci attendono, vogliamo combattere fin da ora per la libertà e per l’avvenire dell’umanità.

 

Lo possiamo fare in un solo modo: studiare l’antroposofia, custodendo il grande tesoro spirituale che ci è stato affidato dal nostro amato Maestro Rudolf Steiner. O cari amici, non crediate che con ciò io voglia fare propaganda per l’antroposofia. Non ha senso fare propaganda per l’antroposofia. Nessuna suggestione esteriore può far accogliere l’antroposofia a chi non la senta fluire dalle profondità del suo essere. Ma appunto per ciò dobbiamo sgomberare la nostra anima da tutto ciò che vi ha messo dentro il mondo, e allora vi sentiremo fluire liberamente l’antroposofia, l’ispirazione di Michele. Chi studia l’antroposofia diventa un soldato di Michele che, senza passioni e senza egoismi, combatte non per un’idea, non per una setta, ma per il libero avvenire di tutta l’umanità.

 

Trieste, 19 giugno 1947