La natura delle arti

O.O. 271 – Arte e conoscenza dell’arte –28.10.1918


 

Sommario: L’arte e la scienza presentate in due figure femminili. Le relazioni fra danza, senso dell’equilibrio e Spiriti del movimento; fra mimica, senso del movimento e Arcangeli; fra scultura, senso della vita e Archai; fra architettura e Spiriti della forma; fra pittura, intuizione e Serafini; fra musica, ispirazione e Cherubini; fra poesia, immaginazione e Spiriti della volontà. Il ravvivamento della scienza attraverso l’arte.

 

Immaginiamo che una vasta pianura ricoperta di neve si distenda davanti a noi, che in essa vi siano fiumi e laghi ghiacciati, e che anche il vicino tratto di mare sia in gran parte gelato con poderosi e vaganti blocchi di ghiaccio. Qua e là alberelli e cespugli sono tutti ricoperti di neve e di ghiaccioli; è sera, il sole è già tramontato, lasciando dietro di sé l’aureo splendore del rosso tramonto.

Nel paesaggio vi sono due figure di donna. Dal rosso del tramonto appare un messaggero dei mondi superiori, per così dire inviato da là, che si pone davanti alle due donne, tutto intento ad ascoltare quel che le loro labbra pronunciano esprimendo intimi sentimenti, intime esperienze.

Una delle due donne stringe le braccia al corpo, si raggomitola su di sé e dice: «Ho freddo!». L’altra volge lo sguardo alla pianura coperta di neve, all’acqua gelata, agli alberi con i ghiaccioli e, del tutto dimentica delle sensazioni che potrebbe provare a contatto della natura circostante e del freddo, escono dalle sue labbra le parole: «Come qui intorno il paesaggio è meraviglioso!» Nel suo cuore sente il calore fluire, perché scorda tutto ciò che potrebbe sentire per il gelo e per l’influsso fisico. Nel suo intimo è tutta sopraffatta dalla straordinaria bellezza di quel paesaggio.

Il sole cala sempre più. Il rosso del tramonto si scolora, e le due figure di donna si assopiscono dolcemente in un profondo sonno. L’una sprofonda in un sonno che potrebbe diventare per lei quasi una morte: è la donna che prima aveva sentito tanto il freddo nel proprio corpo. L’altra sprofonda in un sonno che si rivela come un effetto della sensazione esistente nelle parole: «Ah, come è bello!». Quella sensazione riscalda le sue membra, conservandole interiormente fresche e vive, anche nel sonno. Quest’ultima figura di donna aveva udito le parole del giovane nato dallo splendore rosso del tramonto: «Tu sei l’arte» e si era addormentata. Aveva portato con sé nel sonno il risultato di tutte le impressioni ricevute dal paesaggio descritto. Al suo sonno si era accompagnato una specie di sogno che però non era veramente tale, ma in un certo senso una realtà, una realtà di un genere tutto speciale; solo nella forma era affine al sogno, ma era la manifestazione di una realtà che l’anima di quella donna non aveva potuto prima intuire facilmente. Quel che sperimentava non era infatti un sogno, soltanto le appariva simile. Quel che sperimentava è da designarsi come immaginazione astrale. Volendo esprimere in parole ciò che sperimentava, non lo si può fare se non con le immagini in cui si esprime la conoscenza immaginativa, perché l’anima della donna in quel momento sapeva che si può parlare solo in forma intima di quel che le era stato detto dal giovane con le parole «Tu sei l’arte», che lo si può fare soltanto rivestendo di parole le esperienze della conoscenza immaginativa. Siano qui perciò rivestite di parole le impressioni della conoscenza immaginativa di quell’anima di donna.

Quando il suo senso interiore si fu destato, ed essa potè cominciare a distinguere qualcosa, si avvide di una strana figura, una figura che era da riguardare in tutt’altro modo da come di solito ci si immagina una figura spirituale con la sola conoscenza fìsica.

Quella figura era povera di tutto quanto poteva ancora ricordare il mondo fisico sensibile. Lo ricordava solo perché mostrava qualcosa di simile a tre cerchi intessuti l’uno nell’altro, a tre cerchi perpendicolari l’uno all’altro, come se uno fosse orizzontale, l’altro verticale e il terzo orientato da destra a sinistra. Quel che fluiva dai cerchi non era qualcosa che ricordasse un’impressione fisico-sensibile, ma piuttosto qualcosa di puramente animico, qualcosa paragonabile soltanto alle sensazioni e i sentimenti dell’anima. Da quella figura fluiva qualcosa che non si potrebbe designare altrimenti che come un’intima tristezza profondamente trattenuta, un dolore per qualcosa. Quando l’anima della donna vide ciò, fu spinta a chiedere: «Quale è dunque il motivo del tuo dolore?».

 

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Quella figura di natura spirituale disse alla donna: «Ho una precisa ragione per mostrare questo stato d’animo; io discendo infatti da un ceppo altamente spirituale. Come ti appaio, così appaio anche come anima umana. Se tuttavia vuoi scoprire la mia origine, devi salire molto in alto nel regno delle gerarchie. Sono discesa qui da gerarchie superiori dell’esistenza, e gli uomini che sono dall’altro lato della vita, nel mondo fisico dove noi ora non siamo, mi hanno rapito l’ultimo dei miei rampolli; mi hanno rapito l’ultimo che discendeva da me, lo hanno preso per sé e l’hanno incatenato a una specie di rupe, dopo averlo reso quanto più piccolo possibile».

L’anima della donna fu allora spinta a chiedere: «Chi sei tu dunque? Ora posso solo indicare le cose con le parole che mi si presentano alla memoria dalla vita sul piano fisico: come puoi tu farmi comprendere l’essere tuo e l’essere del tuo rampollo che gli uomini hanno incatenato?».

«Laggiù, nel mondo fisico, gli uomini mi designano come un senso, come un piccolissimo senso. Mi designano come un senso che chiamano dell’equilibrio; è però diventato piccolo e consiste di tre cerchi incompleti, saldati all’orecchio. È il mio ultimo rampollo. Gli uomini lo hanno rapito e trasportato nell’altro mondo; gli hanno tolto quel che aveva qui e che lo rendeva libero da ogni lato. Hanno lacerato i tre cerchi e li hanno attaccati saldamente da ogni lato a una base. Qui, come ora mi vedi, io non sono vincolata; mi mostro da ogni lato in cerchi completi. Qui sono chiusa da ogni lato; solo qui puoi vedere la mia vera figura».

Allora l’anima della donna si decise a chiedere: «Come posso aiutarti?».

La figura che aveva aspetto spirituale disse: «Mi puoi aiutare solo unendo la tua anima con la mia e trasferendo in me tutto ciò che gli uomini laggiù nella vita sperimentano grazie al senso dell’equilibrio. Allora tu stessa crescerai in me; allora tu stessa diverrai grande quanto me. Così libererai il tuo senso dell’equilibrio e ti solleverai, spiritualmente libera, oltre il laccio che ti avvince alla terra».

L’anima della donna lo fece: divenne una cosa sola con la figura spirituale. Unendosi ad essa, sentì che aveva qualcosa da eseguire: posò un piede davanti all’altro, tramutò la quiete in movimento, tramutò il movimento in danza e chiuse la danza in una forma.

«Ora mi hai trasformata» disse la figura spirituale «Ora sono diventata come posso divenire solo grazie a te, se ti comporti come ora ti sei comportata. Ora sono diventata una parte di te; sono diventata come gli uomini in questa forma mi possono solo intuire: sono diventata l’arte della danza. Hai potuto liberarmi perché hai voluto rimanere anima e non ti sei unita con la materia fisica. Al tempo stesso, con i tuoi passi, mi hai condotto su alle gerarchie spirituali delle quali faccio parte, agli Spiriti del movimento; mi hai condotto agli Spiriti della forma perché hai conchiuso la danza. Tu mi hai condotto agli Spiriti della forma. Ora però non devi procedere oltre perché, se facessi un solo passo oltre quelli che hai fatto per me, tutto quel che hai fatto diverrebbe inutile. Gli Spiriti della forma sono infatti quelli che nel corso dell’evoluzione della terra tutto produssero. Se penetrassi in ciò che è compito degli Spiriti della forma, distruggeresti tutto quel che ora hai compiuto, cadresti di necessità nella regione che, descrivendo il mondo astrale, vien chiamata della brama ardente da coloro che dànno notizie agli uomini dei regni spirituali. La tua danza spirituale si trasformerebbe in qualcosa che scaturisce da brame selvagge; selvaggia diverrebbe la danza degli uomini, la danza che oggi essi hanno quasi esclusivamente grazie a me, quando danzano. Se però ti attieni a quel che hai fatto ora, nella danza e nel suo concludersi in forma, tu crei un’immagine delle poderose danze eseguite negli spazi del cielo dai pianeti e dal sole per render possibile il mondo fisico sensibile».

L’anima della donna continuò a vivere in quello stato, e le si avvicinò un’altra figura spirituale, diversa però, diversissima da come gli uomini di solito, con la loro conoscenza fisico-sensibile, si rappresentano la figura degli spiriti. Si presentò a lei qualcosa che in effetti era come una figura racchiusa in un piano, una figura che non aveva le tre dimensioni. Quella figura aveva tuttavia qualcosa di assai peculiare.

Sebbene fosse racchiusa in una superficie a due dimensioni, l’anima della donna, nel suo stato immaginativo, era sempre in grado di vederla da due lati: le si presentava in due diversissimi modi, ora da un lato, ora dall’altro.

Di nuovo l’anima della donna domandò alla figura: «Chi sei dunque?» Essa rispose: «Provengo da regioni superiori. Sono discesa fino alla regione che presso di voi si chiama la regione dello spirito e che qui vien chiamata degli Arcangeli. Sono discesa fino a questo gradino. Dovetti discendere per entrare in contatto col regno fisico sensibile della terra. Laggiù gli uomini mi hanno però rapito l’ultimo dei miei rampolli, l’hanno portato via e incatenato nella loro figura fisico-sensibile; ora gli dànno il nome di uno dei loro sensi, lo designano come il senso del movimento, ossia come ciò che vive in loro quando muovono le membra, le parti del loro organismo».

L’anima della donna domandò allora: «Che cosa posso fare per te?»

La figura rispose: «Unisci il tuo essere col mio, affinché il tuo essere trapassi nel mio».

L’anima della donna lo fece, è divenne una cosa sola con quella figura spirituale, penetrò tutta in essa, e di nuovo l’anima della donna si accrebbe e divenne grande e bella. La figura spirituale le disse: ▸ «Ecco, per quello che hai fatto, hai acquistato la possibilità di immergere nelle anime degli uomini sul piano fisico una facoltà, una facoltà che si esplica in uno degli aspetti di ciò con cui il giovane ti ha designato; ora sei infatti diventata quella che si può designare come l’arte mimica, l’arte dell’esprimersi con i gesti della mimica».

Poiché l’anima della donna, essendosi assopita solo poco prima, si ricordava ancora della sua figura terrena, potè infondere alla sua forma tutto quanto ora si trovava in quella figura: divenne l’archetipo dell’artista mimico.

Le disse la figura spirituale: ▸ «Ora però ti è lecito arrivare soltanto fino a un certo punto. Devi appunto riversare nella forma i movimenti che esegui. Nell’istante in cui vi riversassi le tue brame, trasformeresti la forma in smorfia e non ci sarebbe più scampo per il destino della tua arte. Per gli uomini laggiù le cose sono andate in modo che essi hanno immerso le loro brame e le loro passioni nell’espressione mimica; nella mimica è il loro stesso sé ad esprimersi. Tu invece devi permettere che si esprima solo ciò che è privo di ogni egoismo; solo così sarai l’archetipo dell’arte mimica».

L’anima della donna continuò a vivere in quello stato. Ora le si avvicinò un’altra figura spirituale che in sostanza si manifestava solo in una linea, si muoveva solo in una linea. Quando l’anima della donna notò che anche questa figura spirituale che si muoveva in una linea era triste, le chiese: «Che cosa posso fare per te?». La figura rispose: «Io provengo da regioni superiori, da sfere superiori, e sono discesa attraverso i regni delle gerarchie fino al regno che presso di voi è designato dalla scienza dello spirito come la regione degli Spiriti della personalità, di cui gli uomini hanno soltanto un’immagine». Anche questa figura dovette ammettere di aver perduto l’ultimo dei suoi rampolli nel suo contatto con gli uomini e aggiunse: ▸ «Laggiù sulla terra gli uomini chiamano il loro senso vitale, il senso della vita, quello per cui sentono la loro personalità, quello che li pervade come uno stato d’animo istantaneo, come un istantaneo piacere, quello che sentono in loro come l’elemento fortificatore e determinante della loro figura. Gli uomini hanno incatenato questo senso in loro».

«Che cosa posso fare per te?» chiese l’anima della donna, e di nuovo la figura spirituale supplicò: «Tu devi sollevarti al mio proprio essere; devi tralasciare tutta l’egoità che gli uomini hanno in sé, ed elevarti alla mia stessa figura, confluire in me e diventare con me una cosa sola».

L’anima della donna lo fece, e notò allora che, sebbene quella figura si estendesse solo su una linea, lei stessa si colmava però di forze in tutte le direzioni, e riempiva interamente la figura che aveva sulla terra e di cui si ricordava; ora le appariva però in un nuovo splendore, in una nuova bellezza. Poi la figura spirituale aggiunse: « Grazie a questa tua azione hai raggiunto qualcosa che ti conferisce un carattere particolare nel campo grandioso che ti è stato assegnato. In questo momento sei diventata qualcosa che per gli uomini laggiù costituisce veramente una possibilità: sei diventata l’archetipo dell’arte plastica, della scultura».

 

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L’anima della donna era diventata l’archetipo della scultura e poteva ora versare nelle anime stesse degli uomini una facoltà, grazie a quanto aveva accolto. Attraverso quello Spirito della personalità era in grado di riversare ciò nelle anime degli uomini; era in grado di farlo come una sua facoltà. Dava così agli uomini sulla terra la fantasia plastica di creare in forme scultoree.

▸ «Tu non devi però fare più nemmeno un passo avanti! Devi restare del tutto entro la forma, perché quel che è in te può esser portato solo agli Spiriti della forma e alla loro regione. Se andassi oltre, opereresti come il regno che muove le passioni umane, non conserveresti una forma nobile, e dalla tua sfera nulla di buono potrebbe veramente manifestarsi. Se invece rimani nella nobile struttura della forma puoi riversare in essa ciò che sarà attuabile solo in un lontano avvenire.

Allora, sebbene gli uomini ancora non abbiano la figura che permetterà loro di poter esplicare in purezza ciò che invece è stato dato loro da tutt’altre potenze, tu potrai mostrare quel che un giorno essi saranno in grado di sperimentare sul futuro pianeta Venere in un lontano avvenire, quando la loro figura sarà diventata del tutto diversa. Così potrai mostrare quanto pura e casta sarà in avvenire la figura umana, rispetto a quella attuale».

E dal mutevole mare di forme della sfera immaginativa apparve qualcosa di simile al modello della Venere di Milo.

▸ «Nel manifestare la forma tu puoi andare solo fino a un certo limite. Nel momento in cui oltrepassi anche solo di poco la forma, in cui annienti la salda personalità che deve tenere unita la forma umana, tu sei al limite di ciò che come opera d’arte è ancora attuabile come bello».

Ancora dall’ondoso e mutevole mare del mondo immaginativo astrale apparve di nuovo una figura. Da essa si vedeva come la forma esteriore fosse portata fino al limite per cui essa dovrebbe rinnegare il nesso con la personalità, per cui la personalità dovrebbe andare perduta, se lo superasse anche solo di poco. E dalle immagini del mondo astrale apparve la figura del Laocoonte.

Le esperienze dell’anima della donna proseguirono ulteriormente nel mondo immaginativo, ed essa giunse a una figura di cui sapeva: ▸ «Laggiù sul piano fisico non esiste; sul piano fisico nulla ne è presente, e io imparo a conoscerla solo adesso. Varie cose sono presenti sul piano fisico che la ricordano da lontano, ma in nessun luogo essa è così completa come lo è qui».

Era una mirabile austera figura, ed essendone richiesta dall’anima della donna, rispose che proveniva da regioni lontane e non solo alte, che però doveva cominciare a operare nella sfera delle gerarchie che si chiama degli Spiriti della forma.

▸ «Gli uomini laggiù» aggiunse quella figura all’anima della donna, «non sono mai riusciti a rendere di me un’immagine, ad attuare qualcosa che corrispondesse interamente a me, perché la mia figura, come esiste qui, non esiste sul piano fisico. Per questo han dovuto frantumarmi, e a seguito della frantumazione ho ormai solo la possibilità, se tu adempi quel che devi, se ti congiungi con me è diventi una cosa sola con me, di conferirti facoltà tali affinché tu possa infondere alle anime degli uomini la facoltà della fantasia. Ma poiché negli uomini essa è frantumata, il tutto può comparire solo qua o là, frantumato in singole forme. Nulla di me può esser chiamato senso umano; perciò gli uomini non poterono incatenarmi. Riuscirono solo a frantumarmi in singoli pezzi. Anche a me essi presero l’ultimo rampollo e lo frantumarono appunto in singoli pezzi».

Di nuovo l’anima della donna si congiunse con quell’entità spirituale, senza temere il sacrificio di essere lei stessa per un istante frantumata. Poi quella figura le disse: ▸ «Ora che lo hai fatto, sei di nuovo divenuta un particolare di quel tutto a cui eri stata designata, sei divenuta l’archetipo dell’architettura.

Potrai dare agli uomini il modello della fantasia architettonica se riverserai nelle anime umane quel che ora hai conseguito. Potrai però dare solo una fantasia architettonica che mostri loro in singoli particolari ciò che rende possibile erigere edifìci che si presentino come qualcosa che si effonde dall’alto verso il basso, come avviene nelle piramidi. Tu darai agli uomini la facoltà di raffigurare solo un’immagine di quel che sono io, se insegnerai loro a usare l’architettura al fine di erigere un tempio dello spirito e non di servire qualche fine terreno, se insegnerai che l’architettura ha questo carattere già nella sua forma esterna».

Come prima la piramide era apparsa da quell’ondeggiante mare astrale, ora apparve il tempio greco.

Apparve poi un’altra forma da quell’ondeggiante mare astrale, una forma che non si diffondeva dall’alto verso il basso, ma che tendeva verso l’alto riducendosi: una terza forma nella quale doveva esser frantumata la fantasia architettonica. Apparve il duomo gotico.

 

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L’anima della donna si addentrò ulteriormente nel mondo immaginativo, e le si avvicinò un’altra figura, ancora più strana e singolare delle precedenti. Del tutto strana e singolare. Da lei fluiva qualcosa di simile all’amore che scalda, e insieme qualcosa che può raggelare.

«Chi sei tu?» chiese l’anima della donna. ▸ «Laggiù ricevo un giusto nome soltanto da coloro che sul piano fisico narrano agli uomini del mondo spirituale. Solo loro sanno usare giustamente il mio nome, perché io mi chiamo intuizione. Mi chiamo intuizione e provengo da un regno lontano. Ho iniziato il mio cammino nel mondo da un regno lontano e sono discesa dal regno dei Serafini».

La figura dell’intuizione era un’entità di natura serafica. Di nuovo l’anima della donna disse: «Che cosa vuoi che faccia?»

▸ «Tu devi unirti a me; devi osare di congiungerti a me! Potrai così accendere nell’anima degli uomini sulla terra una facoltà che è anch’essa una parte della loro fantasia creatrice; grazie ad essa tu diverrai un particolare entro il tutto cui il giovane ti ha designato».

L’anima della donna si decise a quest’azione. Divenne così qualcosa che in sostanza, anche per la sua forma esteriore, era ben lontana e ben estranea rispetto alla figura fisica esteriore umana, qualcosa che avrebbe potuto comprendere solo chi guarda in profondità nell’anima dell’uomo. Ciò in cui l’anima della donna si era ora trasformata era soltanto paragonabile a qualcosa di animico, mentre prima quell’anima portava ancora in sé qualcosa di eterico.

Disse la figura spirituale serafica che portava il nome di intuizione: ▸ «Poiché lo hai fatto, ora puoi dare agli uomini la facoltà della fantasia pittorica. Sei così diventata l’archetipo della pittura e sarai in grado di accendere negli uomini una facoltà. La donerai a uno dei sensi, l’occhio, che ha in sé qualcosa che non viene toccato dall’egoità umana come attività pensante, ha in sé però il pensare sintetico del mondo esterno: tu potrai donar loro questo senso, in quanto porti in te la fantasia pittorica. Questo senso sarà in grado di riconoscere, in ciò che di norma è senza vita e senz’anima, l’entità dell’anima che traspare attraverso la superficie.

 

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Tutto il colore e la forma, che di solito appaiono agli uomini alla superficie delle cose, saranno ora pervasi di anima grazie alla tua facoltà; essi tratteranno l’arte pittorica in modo che attraverso la forma sia l’anima a parlare, che attraverso il colore non sia solo il colore sensibile a parlare; attraverso il colore, che gli uomini incanteranno sulla superficie, sarà l’interiorità del colore a parlare, così come tutto ciò che proviene da me tende dall’intimo verso l’esterno.

Tu sarai in grado di dare agli uomini una facoltà per cui riusciranno, grazie alla loro luce animica, a introdurre persino nella natura inanimata (che di solito appare solo in colori e forme senz’anima) quel che è il movimento animico. Tu donerai loro qualcosa per cui potranno trasformare il movimento in quiete, per cui potranno trattenere nel mondo fisico ciò che è mutevole. Insegnerai loro a trattenere il colore rapidamente sfuggente su cui guizza il sole nascente, a trattenere i colori che vivono nella natura inanimata!».

Dal mare ondeggiante del mondo immaginativo emerse ora un’immagine che rappresentava la pittura di paesaggio. Emerse poi una seconda immagine che rappresentava qualcos’altro; e la figura spirituale la illustrò dicendo: ▸ «Grazie alla facoltà che donerai agli uomini, tu insegnerai loro a trattenere ciò che nella vita umana si svolge e si sperimenta in un tempo breve o lungo, in un minuto, in un’ora o in secoli, ciò che si concentra tutto in un breve istante. Anche quando passato e futuro si incontrano possentemente, anche quando le due correnti di passato e futuro si incrociano, tu darai agli uomini questa facoltà e insegnerai loro come passato e futuro siano da trattenersi nel loro incontro, facendoli confluire simmetricamente nel centro, in quiete assoluta».

E dal mondo ondeggiante delle immaginazioni affiorò l’immagine del Cenacolo di Leonardo da Vinci.

▸ «Avrai però anche difficoltà. Avrai le maggiori difficoltà quando lascerai applicare dagli uomini la tua facoltà a ciò in cui esiste già movimento e anima, in cui essi hanno già inserito il movimento e l’anima del piano fisico. Lì inciamperai con facilità. Quello sarà il limite in cui le immagini dell’archetipo che tu sei potranno ancora essere chiamate arte, quello sarà il pericolo».

E dal mare ondeggiante del mondo immaginativo emerse il ritratto.

L’anima della donna visse ulteriormente nel mondo immaginativo, e un’altra figura le si avvicinò, anch’essa estranea e dissimile da tutto quanto si trova nel mondo fisico; una figura che anch’essa è da chiamarsi celeste, con la quale nulla è paragonabile sul piano fisico. L’anima della donna chiese: «Chi sei tu?» e quella figura disse: «Laggiù sul globo terrestre ho un nome che viene usato correttamente solo da chi trasmette agli uomini notizie del mondo spirituale; mi chiamano ispirazione. Provengo da un regno lontano, ma dovetti prima dimorare nella regione che, quando si parla del mondo spirituale, viene designata come regione dei Cherubini».

Una figura del regno dei Cherubini si era staccata dal mondo immaginativo e, dopo che l’anima della donna le ebbe chiesto che cosa potesse e dovesse fare per lei, essa rispose: «Devi trasformarti in me, devi diventare una cosa sola con me».

Malgrado il pericolo che vi era legato, l’anima della donna si effuse nell’essere di quella figura cherubinica, divenendo così ancora più dissimile da tutto quanto di fisico vi è sul globo terrestre. Se delle figure precedenti si poteva ancora dire che sulla terra esiste per lo meno per esse un’analogia, quella figura cherubinica deve invece essere designata come qualcosa che porta in sé un’entità del tutto estranea a quanto esiste sulla terra; con nulla essa era paragonabile.

L’anima stessa della donna divenne del tutto dissimile da ogni cosa terrena; si trasformò in modo che si vedeva che era passata al mondo spirituale; con tutto il suo essere era parte del regno spirituale che non può esser trovato in quello sensibile.

▸ «Poiché lo hai fatto, potrai infondere nelle anime degli uomini una facoltà. Quando passerà nelle anime degli uomini sulla terra, essa vivrà nelle loro anime come fantasia musicale. Nulla potranno trovare gli uomini (tanto estranea sei diventata con la tua facoltà alla sfera terrestre), nulla potranno prender da fuori per potervi imprimere ciò che l’anima stessa sente sotto il tuo influsso ispirato.

 

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Essi stessi dovranno accenderlo in modo nuovo mediante un senso che di solito conoscono in tutt’altro modo; dovranno dare una forma nuova al senso del suono; dovranno scoprire nella propria anima il suono musicale e trarre la loro creazione dalla propria anima, come da altezze celesti! Quando gli uomini creeranno così, dalla loro stessa anima fluirà qualcosa che sarà come un riflesso umano di tutto ciò che dalla natura esterna può fluire e scaturire solo imperfettamente. Come un riflesso fluirà dall’anima umana il mormorio della sorgente, il sibilare del vento, il rimbombo del tuono; dall’anima umana non ne scaturirà una copia, ma qualcosa che, come una sorella, si contrappone naturalmente a tutte le magnificenze della natura, fluenti per così dire da ignote profondità spirituali. In tal modo gli uomini saranno in grado di creare qualcosa che arricchisce la terra, qualcosa che senza la tua facoltà non esisterebbe, e che sulla terra è come un germe per l’avvenire. Tu darai loro la facoltà di esprimere ciò che vive nell’anima loro, ciò che mai potrebbe venir espresso, se dovessero fare assegnamento solo su quel che hanno ora, sul pensiero, sul concetto. Per tutti i sentimenti che incenerirebbero il concetto e che si congelerebbero se facessero assegnamento sul concetto, per tutti i sentimenti per cui il concetto sarebbe troppo astratto, tu darai loro la possibilità di alitare alla periferia della terra, sulle ali del canto e della canzone, l’intima essenza dell’anima, di imprimere sulla terra qualcosa che altrimenti non ci sarebbe.

Tutti i complicati possenti sentimenti, tutti i sentimenti che vivono nell’anima umana stessa come un mondo possente, che altrimenti non potrebbero mai essere sperimentati nel mondo esterno in questa forma, e che si potrebbero sperimentare solo se con l’anima si attraversasse la storia del mondo e gli spazi del cielo, tutti quei regni che nel mondo esterno non possono essere sperimentati (perché allora dovrebbero anche confluirvi tutte le controcorrenti che dovrebbero risalire i secoli e i millenni, volendo sapere quel che gli uomini sperimentano qua e altrove), tutto questo gli uomini potranno radunare grazie alla tua facoltà e riversarlo in qualcosa che avranno creato con le loro sinfonie musicali».

L’anima della donna comprese come dalle altezze spirituali del mondo si riceva quella che è designata come ispirazione, e come vada espressa dalla comune anima umana; comprese che ciò può essere espresso solo se viene riversato in suoni. Ora l’anima della donna sapeva che cosa lo scienziato dello spirito è in grado di esporre quando descrive il mondo stesso dell’ispirazione, come ciò debba esser reso sul piano fisico con i mezzi fisici di espressione, e come debba essere non soltanto un’immagine, ma presentarsi direttamente agli uomini; questo può essere offerto soltanto dall’opera d’arte musicale. L’anima della donna comprese che nell’opera d’arte musicale poteva esser rappresentato ad esempio il poderoso evento di Urano che un tempo accese il proprio sentimento al fuoco dell’amore di Gea; comprese che grazie alla musica si poteva esprimere che cosa era avvenuto quando Crono volle illuminare l’entità spirituale viva in lui con la luce di Zeus. Tali profonde esperienze ebbe l’anima della donna al contatto con quell’entità cherubinica.

Di nuovo l’anima della donna si immerse in quello che si chiama mondo immaginativo, e le si avvicinò un’altra figura, anch’essa ben distante da tutto quanto esiste sulla terra. Quando l’anima delia donna le chiese: «Chi sei tu?» la figura spirituale rispose: ▸ «Usano correttamente il mio nome soltanto coloro che già nel mondo fisico comunicano i fatti spirituali grazie alla scienza dello spirito, perché io sono l’immaginazione e provengo da un regno lontano. Da quel regno lontano sono entrata nella regione delle gerarchie che si chiama degli Spiriti della volontà».

«Che cosa posso fare per te?» chiese di nuovo l’anima della donna.

Anche questa figura pretese che l’anima della donna unisse la propria entità con la figura degli Spiriti della volontà, e ancora una volta l’anima della donna divenne ben dissimile dalla sua figura ordinaria: divenne una figura del tutto animica.

▸ «Poiché lo hai fatto, sei ora in grado di ispirare nell’anima degli uomini la facoltà che sul globo terrestre essi sperimentano come fantasia poetica. Tu sei diventata l’archetipo della fantasia poetica, e grazie a te gli uomini saranno in grado di esprimere nel loro linguaggio qualcosa che mai potrebbero esprimere attenendosi soltanto al mondo esterno per riprodurre solo le cose che esistono nel mondo fisico. Tu darai agli uomini la facoltà di esprimere grazie alla tua fantasia tutto ciò che muove la loro volontà e che non potrebbe venir espresso in altra forma; non potrebbe fluire dall’anima umana con i mezzi terrestri d’espressione. Tu darai agli uomini la facoltà di esprimere tutto ciò.

Sulle ali del tuo ritmo, del tuo metro, e grazie a tutto quanto potrai donar loro, gli uomini esprimeranno qualcosa per cui il linguaggio ordinario sarebbe uno strumento di gran lunga troppo grossolano. Darai loro la possibilità di esprimere ciò che altrimenti non potrebbe venir espresso».

Nell’immagine della lirica emerse tutto ciò che attraverso i secoli, di generazione in generazione, era stato compiuto e aveva ispirato intere generazioni.

▸ «Tu potrai anche riassumere in te ciò che mai potrebbe venir rappresentato con un evento fisico esteriore. Tuoi messaggeri saranno gli aedi, i poeti di tutti i tempi. Essi condenseranno nell’epica tutto quanto si svolge fra gli uomini. La forma che la volontà assume quando le passioni tumultuano l’una contro l’altra, ciò che gli uomini non riuscirebbero mai ad esaurire sulla terra nel mondo fisico, tu lo presenterai magicamente con i tuoi mezzi su una scena sulla quale mostrerai loro come il cozzare delle passioni produca la morte dell’uno e la vittoria dell’altro. Darai all’uomo la facoltà dell’arte drammatica».

E in quel momento l’anima della donna notò in se stessa un’esperienza interiore, un’esperienza che si può solo designare con l’espressione che sulla terra viene usata per indicare il risveglio.

Grazie a che cosa si risvegliò? Si risvegliò perché vide in un’immagine riflessa ciò che sulla terra non esiste. Lei stessa era divenuta sostanzialmente una con l’immaginazione. La poesia che vive sulla terra è un riflesso dell’immaginazione. L’anima della donna vide il riflesso dell’immaginazione nell’arte poetica, e grazie a questo si destò. A seguito del risveglio aveva sì dovuto abbandonare il regno spirituale che è simile al sogno, ma almeno era giunta a qualcosa che è simile, sebbene solo come un morto riflesso, all’elemento spiritualmente vivo dell’immaginazione spirituale. Per questo si era destata.

Quando fu desta si rese conto che la notte era passata. Rivide attorno a sé il paesaggio ricoperto di neve, la spiaggia con le montagne di ghiaccio nel mare, e i ghiaccioli sugli alberi. Destandosi vide giacere accanto a sé l’altra donna, quasi irrigidita per il gelo sofferto e non interiormente scaldata da quanto invece lei aveva ricevuto con l’espressione: «Oh, che bello!» di fronte al paesaggio innevato. L’anima della donna, che aveva sperimentato tutto ciò durante la notte, si avvide che l’altra donna, quasi intirizzita perché nulla aveva potuto sperimentare del mondo spirituale, era la scienza umana. Si prese cura di lei, cercando di trasmetterle una parte del suo calore. La protesse e la curò; l’altra donna si scaldò sotto l’impressione di quanto l’anima della prima le aveva trasmesso, sotto l’impressione di quelle esperienze notturne.

Lontano ad oriente saliva l’aurora nel paesaggio. Il sole si annunziava. L’aurora si faceva sempre più rossa. L’anima della donna che aveva avuto quelle esperienze notturne, ora che era desta potè notare e ascoltare quel che i figli degli uomini dicono sulla terra quando presagiscono e sperimentano ciò che può esser sperimentato nel mondo immaginativo.

Dal coro dei figli degli uomini udì tutto quanto i migliori facevano risuonare, quasi in un presagio, narrando ciò di cui essi stessi nulla sapevano per immaginazione, ma che dai profondi sostrati della loro anima facevano fluire come una forza direttiva per tutta l’umanità; udì la voce di un poeta che un giorno aveva presagito tutta la grandezza che l’anima umana sperimenta nel mondo immaginativo. Ora comprese di dover diventare la salvatrice di una scienza semi-assiderata; comprese di doverla scaldare e pervadere con tutto quanto era lei stessa, e anzitutto con l’arte che era lei stessa, di dover comunicare alla scienza semiassiderata quel che portava in sé come ricordo del sogno notturno. Si avvide che, quasi con la velocità del vento, ciò che è semi-congelato può rivivere, purché la scienza accolga come conoscenza quel che le viene comunicato.

Di nuovo contemplò l’aurora che divenne per lei un simbolo di quella che era stata la causa del suo risveglio, un simbolo della sua immaginazione. E comprese quel che il poeta, quasi in un presagio, tanto saggiamente aveva detto. Quel che udì in virtù di un nuovo spirito le si fece incontro dalla sfera terrestre:

Solo attraverso l’aurora del bello tu pervieni al paese della conoscenza!

 

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