Il risveglio di Lazzaro, quale segno del nuovo impulso di vita proveniente dallo spirito vitale

Il figlio dell’uomo


 

Se il centro morale del miracolo della guarigione del cieco nato era il nuovo impulso al percepire,

il centro morale del settimo miracolo, quello del risveglio di Lazzaro, è dato dal nuovo impulso alla vita sulla Terra.

 

La malattia di Lazzaro consisteva nel fatto che la fonte di vita in lui si esauriva sempre più,

finché venne a mancare ogni impulso vitale, tanto che anche il respiro cessò.

La morte di Lazzaro era dunque un grado tale di assenza dell’impulso vitale,

che lo stesso respiro ne veniva compromesso.

 

• In Lazzaro avvenne una sorta di dissanguamento eterico: il corpo eterico fuoriuscì a poco a poco,

facendo sì che le forze vitali abbandonassero il corpo fisico.

Questo processo non era una malattia, nel senso che il corpo fisico avesse subito una lesione o un avvelenamento:

esso era del tutto sano. L’intero processo era provocato dal corpo eterico.

 

Infatti nel corpo eterico di Lazzaro era avvenuto un profondo mutamento:

invece di agire verso l’interno, apportando al fisico forze vitali, esso si dirigeva verso l’esterno, fuoriuscendo.

Con ciò esso perse anche la capacità di attingere forze vitali dall’ambiente, dalla natura:

dal sole, dalla luce, dalle piante e dal nutrimento. Da ricettivo divenne effusivo.

 

La dedizione al mondo era ciò che rese il suo corpo eterico irradiante,

ma nel contempo incapace di rimpiazzare, attingendo dall’esterno, ciò che effondeva.

La perdita di forza vitale non veniva rimpiazzata e Lazzaro si consumava lentamente.

• Questo mutamento nel corpo eterico di Lazzaro fu causato

dall’avere la sua anima sviluppato una dedizione al mondo spirituale così intensa, da afferrare anche il corpo eterico.

• Questo processo rappresentava un pericolo,

in quanto non vi era una fonte interna di vita in grado di rimpiazzare ciò che scorreva via.

 

Una fonte di tal genere – per la quale forze di vita affluiscono direttamente dal mondo spirituale – veniva un tempo chiamata la ‘gloria di Dio’ (he dòxa tou Theoù). Con questo termine nella Bibbia – dunque non solo nel Nuovo Testamento, ma anche nell’Antico – si intendeva l’irradiazione diretta della Divinità, manifestata fin sul piano eterico.

La ‘gloria’, la dòxa, che agiva non solo illuminando, ma anche vivificando, fu vista nel Nuovo Testamento come azione propria del Figlio. Infatti il Dio-Figlio insuffla vita in ciò che è creato dal Dio-Padre e manifestato dal Dio-Spirito.

In questo senso la malattia di Lazzaro era “non per la morte, ma per l’azione irradiante (gloria) di Dio, affinché per essa il Dio-Figlio agisca irradiando (venga glorificato)” (Gv 11:4).

 

Il vuoto di forza vitale instauratosi in Lazzaro,

era sorto per essere colmato dalla vita che il Figlio irradiava.

• Questo avvenne nel momento in cui il Cristo Gesù gridò a Lazzaro di uscire dal sepolcro.

• Questa chiamata del Cristo Gesù è al tempo stesso un richiamo alla Terra, alla vita sulla Terra.

 

La chiamata è preceduta da un avvenimento che indica la via per la quale può essere ripristinato il legame con la Terra che si era allentato. E’ la stessa via indicata nella prima parte del Faust di Goethe, quando Faust, udendo il suono delle campane pasquali, pronuncia le significative parole: “Sgorgano le lacrime – la Terra mi ha ripreso”.

Lo sgorgare delle lacrime è segno che, grazie all’impulso pasquale, si è instaurato un nuovo rapporto di fedeltà nei riguardi della Terra. Ciò avviene in quanto l’anima si ricorda della Terra e dei suoi bisogni – essa riceve cioè un nuovo impulso alla vita, non a causa dei beni terreni, ma in seguito alla consapevolezza delle necessità della Terra.

Se infatti le vere ricchezze dell’anima stanno nel mondo spirituale – la Terra ne rimane priva. Appunto il fatto che la Terra è priva di queste ricchezze, può suscitare nell’anima l’impulso a volgersi ad essa. Questo volgersi alla Terra è l’impulso pasquale, il quale può divenire un nuovo impulso di vita per l’anima che in qualche modo abbia sperimentato la realtà delle parole: “Io sono la resurrezione e la vita” (Gv 11:25).

 

Il Cristo Gesù disse queste parole alla sorella di Lazzaro, prima di piangere davanti al sepolcro quale rappresentante dell’umanità – tutti gli astanti infatti piangevano. Poi, quale rappresentante sia dell’umanità, che di Dio, fece risonare la chiamata alla vita.

Nel grido: “Làzare, dèuro éxo” (Lazzaro, vieni fuori), è contenuta la nuova motivazione di vita. In esso si può percepire l’esortazione del grande Guardiano della soglia dell’umanità, che dice all’anima:▸“Tu sei entrata nel mondo spirituale e lo hai sperimentato nella sua ricchezza – ora guarda alla Terra e all’umanità, che sono privi di questi tesori. Ricordati della Terra che è priva di ciò che tu ora possiedi. Vivi sulla Terra, poiché l’umanità terrena e la Terra stessa non possiedono la ricchezza che hai sperimentato nel mondo spirituale. Làzare, dèuro éxo!”.

• Il grido fu udito: il respiro si instaurò nuovamente, Lazzaro si alzò e andò verso gli uomini e la vita degli uomini.

 

 La nuova motivazione cristiana di vita, presente in Lazzaro, è la Parola del Figlio, che agisce fin nel corpo eterico.

• La resurrezione, sperimentata dallo stesso Cristo Gesù, si compì invece nell’ambito del corpo fisico.

• Essa potè compiersi in virtù del fatto che nella morte del Cristo Gesù vi era la presenza attiva del Padre.

 

L’azione del Padre nell’uomo giunge infatti fino al corpo fisico,

mentre l’azione del Figlio si esplica nell’ambito del corpo eterico.

 

Per questo motivo il risveglio di Lazzaro fu qualcosa di essenzialmente diverso dalla resurrezione del Cristo Gesù.

• Con il risveglio di Lazzaro si manifesta nell’uomo la realtà dello spirito vitale (budhi),

• mentre la resurrezione del Cristo Gesù era la realizzazione compiuta dell’uomo-spirito (atma),

che sin dai tempi dell’antico Saturno sta, come germe, alla base del corpo fisico umano.

 

Allo stesso modo, il germe dello spirito vitale è alla base del corpo eterico umano dal periodo dell’antico Sole. Esso è la sorgente del nuovo impulso di vita che può subentrare al posto di quello antico, proveniente dall’epoca del peccato originale. In questo caso si ha un esaurirsi dell’antico impulso (la ‘malattia’ di Lazzaro) e il prorompere di quello nuovo che lo sostituisce (il ‘risveglio’ di Lazzaro).

 

• Sulla via dell’esoterismo cristiano questo processo avviene gradualmente:

il vecchio muore a poco a poco e viene sostituito dal nuovo.

In Lazzaro, invece, il processo avvenne in modo che il vecchio morì in breve tempo

e, dopo una condizione di assenza di vita, fu tutto ad un tratto sostituito dal nuovo.

 

In tal senso il procedimento fu un’eccezione, un’eccezione però che illustrò e rese visibile in maniera esemplare il processo essenziale del decorso ordinario della manifestazione del budhi.

 

L’eccezionalità del risveglio di Lazzaro consistè nella ripetizione, in una nuova forma, dell’antico procedimento dei misteri egizi: di esemplare vi è il fatto che, in futuro, il medesimo processo si svolgerà in un numero sempre maggiore di persone, ma in modo che il morire e il rinascere avverranno di pari passo.

Il simbolo sensibile di questo processo contemporaneo di morte e rinascita è la croce nera con le sette rose, rosse e splendenti.

 

Il movimento spirituale che si sforza di promuovere coscientemente questo processo, è conosciuto, ma anche misconosciuto, sotto il nome di rosicrucianesimo. Il vero rosicrucianesimo non è altro, se non quella corrente che, in tutti i secoli della sua esistenza, ha aspirato ad un rinnovamento dell’impulso alla vita.

Questo rinnovamento comporta

• che l’uomo non viva unicamente per le forze vitali istintive del corpo eterico,

• bensì per le forze vitali, di natura morale-spirituale, dello spirito vitale (budhi).

 

Per questo motivo il vero nucleo del rosicrucianesimo non è una dottrina,

e neanche una tradizione o una comunità umana,

ma un determinato corpo eterico, interamente permeato di spirito vitale.

Questo corpo eterico è immune, dopo la morte, dal dissolvimento.

Perciò è sempre attivo e la ‘tradizione’ rosicruciana si può perpetuare ininterrottamente sulla Terra.

Esso cresce con sempre maggior vigore e l’ambito della sua azione si estende di secolo in secolo.

 

 

• Nel settimo miracolo del Vangelo di Giovanni siamo quindi in presenza di un segno e di una guarigione

connessi con il principio dello spirito vitale (budhi) dell’uomo.

 

La guarigione del cieco nato è invece un segno connesso con il sé spirituale (manas).

La ‘piscina dell’Inviato’ in cui il cieco nato doveva immergersi,

è appunto la sostanza morale-spirituale della connessione della coscienza con il sé spirituale.

 

• Il segno della moltiplicazione dei pani e quello del camminare sulle acque

riguardano due aspetti dell’Io, cioè la sua esperienza diurna e quella notturna.

In essi trovò espressione il percorso dell’Io-Sole, attraverso i sensi diurni e notturni

e fu resa manifesta l’azione nutritiva e rafforzatrice dell’impulso del Cristo nei due ambiti.

 

• Nella guarigione del paralitico si ebbe un processo che, tramite l’Io, risanò il corpo astrale,

quale possibilità interiore del movimento.

 

• Nella guarigione del figlio del funzionario regio, anch’essa attuata tramite l’Io, avvenne invece

un’azione risanatrice sul corpo eterico, quale principio per cui l’ereditarietà agisce nel corpo fisico.

 

• Il segno della trasformazione dell’acqua in vino rappresentò infine

l’effetto dell’impulso del Cristo sul sangue, quale veicolo fisico dell’Io.

 

 

I sette miracoli e segni del Vangelo di Giovanni rappresentano le tappe dell’azione risanatrice del Cristo Gesù.

Tutti i discorsi e i fatti fino al dodicesimo capitolo di questo Vangelo, sono subordinati a questi sette avvenimenti.

Tuttavia l’azione guaritrice del Cristo Gesù non si esaurisce con i sette miracoli.

Infatti ai sette miracoli seguì l’ottavo: quello della Resurrezione del Cristo Gesù

dopo la morte in croce sul Golgota.

 

Questo miracolo – e i gradi della Passione che vi sono connessi -, quale terzo momento della rivelazione del Cristo, successivo a quelli della parola e dei segni, saranno argomento delle prossime considerazioni.

 

L’ottavo miracolo – propriamente lo stesso Mistero del Golgota

è per così dire il Sole dal quale dipartono i sette raggi dei segni e delle guarigioni precedenti.

• Sebbene il Mistero del Golgota sia posteriore nel tempo ai sette miracoli, ne è tuttavia la sorgente e la causa.

 

Esso sta alla base di tutte le guarigioni precedenti e conferisce loro il senso e la portata universalmente umana.

Le sette guarigioni assumono tale portata solo in virtù del Mistero del Golgota,

senza il quale rimarrebbero fenomeni individuali, non riguardanti l’umanità nel suo insieme.

• Con il Mistero del Golgota esse divennero ‘segni’,

indicativi delle conseguenze universali che esso avrebbe avuto per l’umanità.

 

Questo ha dato loro il valore di segni premonitori del risanamento graduale dell’umanità, in virtù del quale le singole infermità vengono guarite, riguardo alla loro sostanza morale, nello stesso modo prefigurato sintomaticamente nei sette miracoli.

 

L’umanità è malata e bisognosa di guarigione,

come lo erano gli uomini guariti dal Cristo diciannove secoli or sono.

 

In futuro accadrà così

• che sempre più uomini riceveranno un nuovo impulso di vita;

• che molti ‘ciechi nati’ acquisteranno la vista;

• che una gran quantità di uomini della quinta epoca di cultura riceverà impressioni morali dell’azione del Cristo;

• che dodici gruppi di persone sperimenteranno l’incontro con la Sua entità, quale ‘Io sono’;

• che molti in attesa di guarigione morale dalla sorgente angelica, la otterranno;

• che, infine, in molti casi verrà risanata la malattia della famiglia e del matrimonio.

 

Che cosa occorre, affinché tutto ciò accada? Che cosa è richiesto all’umanità, affinché essa adempia le condizioni per le quali sono possibili simili guarigioni?

 

Nei racconti evangelici si può trovare per ogni guarigione il presupposto morale-spirituale su cui si fonda.

Quello però che accomuna tutte le guarigioni possibili per l’umanità è:

• che l’umanità da un lato riconosca il fallimento di tutte le proprie forze e propri mezzi,

• ma che dall’altro cerchi con ogni sua forza di superare le contrarietà – e in tal modo

conservi un atteggiamento di fiduciosa attesa dell’intervento soccorritore del mondo spirituale.

 

Infatti lo sforzo libero da illusioni, congiunto all’attesa devota, costituisce l’elemento morale-spirituale che rende possibile l’intervento del mondo spirituale. Come l’aria è necessaria per respirare, parimenti l’unione di un attivo atteggiamento di conversione [aktive Bulìestimmung] con quello di fiduciosa attesa è come l’aria che rende possibile l’azione miracolosa. Per contro, autocompiacimento e soddisfazione per le proprie imprese, sono forze che si oppongono a quest’azione, come l’acqua al fuoco.

 

• La prima cosa richiesta all’umanità nel suo destino, è dunque

che essa riconosca il proprio fallimento in tutti i campi rilevanti dal punto di vista morale-spirituale.

L’aurora dei futuri eventi spirituali non si annuncerà con un aumento di gioia e di soddisfazione.

Sarà il rossore della vergogna, del senso elementare di vergogna,

il segno con cui si annuncerà ciò che sta per arrivare.

 

Gli uomini si vergogneranno delle loro prestazioni ed anche del loro fallimento,

e quelli che si vergogneranno di più, saranno ancora i migliori.

Tale è la preparazione per lo stato d’animo richiesto, affinché l’umanità possa essere aiutata dal mondo spirituale.

 

L’esperienza grande e solenne riservata all’umanità, potrà da questa essere vissuta,

solo se prima sarà passata attraverso la prova di un’autoconoscenza maturata sulle vie del destino.

Tale autoconoscenza è il presupposto essenziale

affinché avvengano azioni risanatrici come quelle descritte nel Vangelo di Giovanni.