Impulsi religiosi del quinto periodo postatlantico

O.O. 185 – Lo studio dei sintomi storici – 02.11.1918


 

Sommario: Impulsi religiosi del quinto periodo postatlantico

Tre correnti evolutive in ogni singolo: quelle dell’anima senziente e dell’anima cosciente e quella che supera la sfera nazionale. Differenze nel tempo dell’impulso del Cristo. La rivolta contro la Chiesa romana nel secolo XV. Il gesuitismo contrapposto al goetheanismo.

 

Partendo dai più svariati punti di vista, sino ad ora abbiamo cercato di gettare qualche luce sulle particolari caratteristiche dell’epoca nella quale ora ci troviamo, la quinta post-atlantica, che è iniziata al principio del secolo XV e che finirà alla metà del quarto millennio. Fra gli avvenimenti sintomatici della storia della nostra epoca vi sono molte cose strettamente e fortemente collegate agli avvenimenti svoltisi al l’inizio dell’epoca stessa. Per ragioni connesse all’evoluzione dell’umanità intera e che risulteranno nelle prossime conferenze, se ne avremo il tempo, si può dividere questa nostra epoca di civiltà in quinti; noi ci troviamo ora in un punto specialmente importante, in cui si deve decidere del passaggio dal primo al secondo quinto.

 

Poiché in un certo senso io desidero esporre una specie di sguardo generale sugli impulsi religiosi, in quanto essi siano sintomatici del nostro periodo di civiltà postatlantica, sarò costretto ad accennare soltanto ad alcune delle cose che andrò esponendo. Infatti, non appena ci si occupi seriamente dell’evoluzione degli impulsi religiosi umani, occorre tener presenti realtà talmente difficili da esporre, in relazione alla capacità espressiva del linguaggio, che è possibile soltanto accennare con approssimazione alle cose stesse. Di conseguenza sarà necessario cercar di prendere quanto io dirò oggi e domani in modo da vedere un significato anche dietro ed entro le parole usate: e questo non perché io voglia fare il misterioso, ma perché il linguaggio è inadeguato ad esprimere effettivamente la molteplicità degli impulsi reali. Innanzi tutto devo far presente oggi che chi vuol studiare questi problemi dal punto di vista della scienza dello spirito, deve acconsentire a pensare secondo realtà. L’umanità di oggi si è più o meno disabituata dal pensare; non mi riferisco qui naturalmente alla forma di pensiero che costituisce l’orgoglio dell’odierna scienza, ma intendo invece quel pensare che riesce a distinguere con precisione la realtà. Per poter esaminare quanto ora ci proponiamo, devo innanzi tutto far presente che, nell’evoluzione dell’umanità, io ho distinto due correnti. Non so se tutti coloro che hanno seguito queste conferenze, dal modo dell’esposizione, hanno afferrato esattamente ed hanno quindi notato quanto io oggi intenderò far rilevare, affinché non sorgano malintesi nelle considerazioni che seguiranno.

 

In rapporto all’evoluzione dell’umanità postatlantica, ho innanzi tutto fatto rilevare e notare che, se così si può dire, l’umanità stessa è diventata sempre più giovane; vale a dire che, nel primo periodo postatlantico, in quello cosiddetto paleoindiano, gli uomini erano ancora capaci di sviluppo corporeo fino a circa cinquant’anni; in quello paleopersiano fino ad un’età un poco inferiore; e ad un’età ancora un poco inferiore nell’epoca egizio-caldaica. Nell’epoca greco-latina l’umanità era capace di sviluppo soltanto fino a circa i trentacinque anni; ora siamo invece in un’epoca nella quale, in base a quanto il mondo le offre, l’umanità è capace di sviluppo solo fino al ventottesimo anno; se gli uomini vogliono conseguire un ulteriore sviluppo, essi devono prenderne la forza da impulsi spirituali. In avvenire poi l’umanità sarà capace di sviluppo solamente fino all’età di ventun anni, il che avverrà nella sesta epoca di civiltà postatlantica. Continuerà poi così, vale a dire che, sia pure invecchiando, l’umanità diverrà sempre più giovane, almeno nel senso indicato. È questo uno degli spetti dell’evoluzione umana.

 

Occorre stare ben attenti al fatto che l’evoluzione ora descritta riguarda l’umanità intera, l’umanità cioè attraversa questa evoluzione. Voglio indicarla come prima evoluzione, e possiamo quindi dire che, in relazione a questa prima evoluzione, l’umanità è in una fase che interessa gli anni dai ventotto ai ventuno; si tratta cioè degli anni nei quali si sviluppa specialmente l’anima senziente. Siamo quindi in un periodo di sviluppo in cui l’intera umanità — si badi bene, l’umanità intera — sviluppa in modo speciale l’anima senziente. Questo è un primo tipo di evoluzione.

 

Ho però ricordato un’altra evoluzione la quale consiste nel fatto che l’umanità, nel primo periodo postatlantico, in quello paleoindiano, ha attraversato un’epoca in cui il singolo uomo si sviluppava per mezzo del corpo eterico. Nel secondo periodo postatlantico, in quello paleopersiano, il singolo uomo si sviluppava per mezzo del corpo animico; nell’epoca egizio-caldaica per mezzo dell’anima senziente, in quella greco-latina per mezzo dell’anima razionale, e nell’epoca presente per mezzo dell’anima cosciente. Questa è la seconda evoluzione. Mentre è in corso l’evoluzione che riguarda l’umanità nel suo complesso, avviene anche l’altra che interessa l’uomo singolo nel complesso dell’umanità. Riferendomi ora alla nostra epoca, l’uomo singolo, nel complesso dell’umanità, sviluppa l’anima cosciente.

 

Si potrebbe parlare anche di una terza evoluzione che riguarda lo sviluppo dei singoli popoli della terra. A questo proposito ho fatto presente come un singolo popolo, per esempio quello italiano, si sviluppa in modo che quanto proviene dal popolo rende attiva specialmente l’anima senziente; il popolo francese sviluppa specialmente quanto viene reso attivo dall’anima razionale, mentre, attraverso i popoli di lingua inglese, viene reso attivo in modo particolare quanto sviluppa l’anima cosciente, e così via. È questa la terza evoluzione, e si vede così che i fenomeni sono tutti frammischiati tra loro in modo che, per esempio, non è possibile usare una espressione unica per la nostra epoca.

 

Prima evoluzione:    • L’umanità intera sviluppa l’anima senziente.

Seconda evoluzione:  • L’uomo singolo, entro l’umanità, sviluppa l’anima cosciente.

Terza evoluzione:        • Quella relativa ai popoli.

 

Naturalmente queste tre evoluzioni s’incrociano in ogni uomo e agiscono in ogni anima umana; proprio per questo non si può dire che l’ordinamento del mondo sia semplice. Se si desidera che l’ordinamento del mondo possa venir espresso attraverso i più semplici pensieri, bisogna essere o professore o re di Spagna. E dico questo ricordando la storia di quel re di Spagna che, a chi gli esponeva una concezione del mondo molto più semplice di quella ora da me esposta, ebbe a rispondere che se Dio gli avesse lasciato il compito di ordinare il mondo, egli non lo avrebbe fatto complicato in quella maniera, ma molto più semplice. Allo stesso modo parecchi testi scolastici, o anche diversi libri di divulgazione, sostengono sempre il principio che la verità dev’essere molto semplice. Un tale principio, naturalmente, non viene osservato su una qualsiasi base di realtà, ma soltanto per comodità o, meglio ancora, per la diffusa e generale pigrizia umana. Di fronte alla realtà non si fa veramente nulla con dei semplici schemi nei quali sia possibile inquadrare ogni fenomeno. Per usare una terminologia astronomica, si può senz’altro dire che i concetti nitidi, o addirittura troppo nitidi, oggi in uso e apprezzati alla scienza ufficiale, sono distanti anni-luce dalla vera realtà.

 

Se si desidera capire quanto propriamente giuoca nelle anime umane della quinta epoca di civiltà, occorre tener presente le evoluzioni parziali che interferiscono nell’evoluzione complessiva dell’umanità, perché in effetti tutte e tre, a poco a poco e lentamente, agiscono sulle anime umane. Per afferrare qualcosa dell’evoluzione religiosa della nostra epoca di civiltà, sarà indispensabile tener sempre presente questa triplice evoluzione umana. Effettivamente, dall’inizio del quinto periodo di civiltà postatlantica è stata messa in profondo movimento, insieme con molte altre cose, anche la vita religiosa dell’umanità civile; e si tratta di un profondo movimento, generatore di diverse ondate successive e che oggi è lungi dall’essere terminato, ma che anzi dev’esser capito nella sua profondità se gli uomini vorranno arrivare ad usare realmente la loro anima cosciente. Come ho detto ieri, soltanto se gli uomini arriveranno ad afferrare quanto avviene, saranno in grado di prender parte davvero all’ulteriore evoluzione della umanità sulla terra.

 

All’inizio del secolo XV cominciano a farsi sentire veramente gli impulsi religiosi dell’umanità civile. Ci limiteremo a considerare quelli europei, perché da quelli potremo avere un quadro anche di tutto il resto del mondo. Gli impulsi che allora si fecero sentire, in verità si andavano preparando da tempo; poco o tanto erano in preparazione, nella vita spirituale europea e dell’Asia minore, già dal secolo X, forse ancora dal secolo IX. La preparazione avvenne in modo che nel mondo civile, in maniera del tutto speciale, si verificarono effetti postumi dell’impulso del Cristo. Già abbiamo visto che l’impulso del Cristo continua ad essere attivo nel tempo, ma con questa frase astratta, che esso cioè sia sempre attivo, si è detto ben poco. Occorre anche vedere in che modo l’impulso del Cristo vada differenziandosi, in che maniera, attraverso queste differenziazioni, esso si modifichi nei modi più diversi, per meglio dire, si vada metamorfosando.

 

Se si guarda ai movimenti iniziatisi al principio del secolo XV e che oggi ancora agiscono profondamente negli uomini, spesso in modo incosciente e senza che essi nulla ne sappiano, se si considera come tutto ciò sia in rapporto con gli avvenimenti catastrofici del presente, si vede che, a partire dai secoli IX e X, in una regione del mondo civile venne creata la reale possibilità che sorgesse un vero e proprio «popolo del Cristo », quel popolo cioè che, per così dire, accolse la speciale ed intima capacità di portare la rivelazione del Cristo nei secoli futuri. Nel senso più esatto della parola è giusto affermare che in quell’epoca, come preparazione di periodi successivi, un popolo, attraverso gli avvenimenti storici, è stato particolarmente predisposto a divenire il popolo del Cristo. Questo fu reso possibile perché, già nel secolo IX, l’azione continuata dell’impulso del Cristo, in un certo senso, si differenziò in Europa, manifestandosi in modo che determinate anime si dimostrarono capaci di lasciar scorrere in loro l’impulso del Cristo nella sua più immediata manifestazione; questa differenziazione dell’impulso del Cristo venne relegata nell’Europa orientale. Quanto allora avvenne sotto il patriarca Fozio e il papa Nicola I, fu un confinare l’impulso del Cristo, nella sua speciale intensità, verso l’oriente europeo.

 

Si sa che tutto questo portò alle note dispute tendenti a stabilire se lo Spirito Santo provenga dal Padre e dal Figlio, oppure se debba esser altrimenti pensato. Non intendo ora occuparmi di dispute dogmatiche, ma piuttosto di ciò che ha un’azione duratura nel tempo. Sorse così quella differenziazione, quella metamorfosi dell’impulso del Cristo, espressasi nel fatto che gli abitanti dell’oriente europeo conservarono le loro anime aperte all’ininterrotto fluire dell’impulso del Cristo, alla continua presenza dell’alitare del Cristo. Avvenne cioè che questa speciale metamorfosi venne relegata in oriente e che il popolo russo, nel senso più vasto della parola, nell’ambito della civiltà europea, divenne così il popolo del Cristo. È particolarmente importante saper queste cose al giorno d’oggi, né vale obiettare che questa verità appare ben strana in confronto agli avvenimenti attuali. Una tale affermazione però non tiene presente i principi basilari della saggezza spirituale, vale a dire che spesso gli avvenimenti esteriori contrastano in modo addirittura paradossale con l’intima verità dei processi in via di sviluppo. Non importa se in qualche posto del mondo gli avvenimenti esteriori contraddicono l’intima verità di un processo; importa invece riconoscere quali siano i processi interiori, le vere realtà spirituali. Ed esse sono tali che in Europa, già dal secolo IX, un’ondata come quella descritta si riversò verso oriente, e portò alla formazione del popolo del Cristo.

 

Che cosa s’intende quando si afferma che là sorse il popolo del Cristo? S’intende che nell’oriente europeo si è creato un territorio sul quale sempre vissero uomini in immediato rapporto con l’impulso del Cristo, uomini nelle cui anime, in un certo senso, continuamente si trasfonde l’impulso del Cristo. Il Cristo rimane cioè continuamente presente come un’aura interiore che compenetra i pensieri e i sentimenti di quel popolo. È possibile controllare ciò nella storia con tutti i suoi sintomi: si vedrà allora che quanto ho esposto concorda integralmente se si considerano i processi interiori e non i fatti esterni, spesso in contrasto con la realtà. All’inizio della conferenza odierna ho detto d’altronde di che cosa ci saremmo occupati oggi.

 

Di quanto ho detto ora non è forse possibile trovare alcuna prova esteriore più certa e più immediata che nella personalità di Soloviov, il maggior filosofo russo dell’epoca moderna. Malgrado tutte le altre caratteristiche di Soloviov, delle quali ho anche trattato da altri punti di vista, nei suoi scritti si sente come in lui fluisca in modo immediato tutto quanto si potrebbe chiamare ispirazione del Cristo, come nella sua anima l’ispirazione del Cristo agisca così fortemente da fargli pensare che anche tutta la struttura sociale esterna dell’umanità debba esser ordinata in modo che il Cristo sia il re, il re invisibile della comunità umana, che tutto venga permeato dal Cristo, e che ogni singola azione umana, in fondo, avvenga perché l’impulso del Cristo è attivo fin nei muscoli. Il più puro, il più bel rappresentante del popolo del Cristo è il filosofo Soloviov.

 

Così scorre tutta l’evoluzione russa fino ai nostri giorni. Proprio sapendo che il popolo russo è il popolo del Cristo, si potrà comprendere l’odierna evoluzione fino alla sua forma attuale, come anche in seguito esamineremo. Questa, che ha preparato il popolo del Cristo, è una delle metamorfosi, questo è l’impulso del Cristo in una delle sue differenziazioni.

 

La seconda differenziazione dell’impulso del Cristo intervenne perché Roma, che aveva osservato l’effettiva, continua ed attiva metamorfosi del Cristo in oriente, trasformò la signoria spirituale del Cristo nella signoria mondana della Chiesa; Roma stabilì che tutto quanto aveva attinenza col Cristo era avvenuto in un’unica rivelazione, verificatasi all’inizio dell’era volgare, stabilì che esisteva un’unica rivelazione, e che la Chiesa era la depositaria di quella rivelazione, che la Chiesa aveva il compito di amministrarla nel mondo.

 

In tal modo però la rivelazione del Cristo divenne in pari tempo un problema di potenza mondana e fu coinvolta nella amministrazione e nella sovranità della Chiesa. È importante tenerlo presente. In tal modo non si ottenne nulla di meno che staccar via una parte dell’impulso del Cristo. L’impulso completo si trova nel popolo del Cristo che lo tramanda in modo che esso continui ad agire effettivamente nell’immediato presente. La Chiesa di Roma, invece, ha spezzato questa azione continua, ha concentrato l’impulso del Cristo all’inizio della nostra èra, collocando ogni cosa successiva nella tradizione o negli scritti sacri, in modo che tutto ciò potesse continuare ad esser amministrato dalla Chiesa.

 

In tal modo, in un certo senso, presso i popoli sui quali si diffuse l’influenza della Chiesa di Roma, l’impulso del Cristo fu abbassato dalle altezze spirituali, alle quali rimase sempre in oriente, e fu coinvolto in macchinazioni politiche, in quella confusione fra politica e Chiesa che in altro contesto ho già indicato come una caratteristica del medioevo. In Russia invece, malgrado lo zar venisse considerato il papa della Chiesa russa, come vedremo in seguito, quella confusione in realtà non avvenne, fu soltanto un’apparenza esteriore. Tutto ciò nasconde un significativo mistero dell’evoluzione europea. La vera confusione fra questioni di potenza esteriore e questioni di amministrazione ecclesiastica provenne da Roma.

 

La confusione fra questioni di potenza politica e problemi di amministrazione dell’impulso del Cristo da parte della Chiesa era giunta ad una certa crisi a cagione d’intimi motivi di realtà dell’evoluzione storica, appunto all’inizio del quinto periodo postatlantico. Anche in base a quanto abbiamo detto in questi giorni, sappiamo che la quinta epoca postatlantica è quella dell’anima cosciente e che in essa la singola personalità vuol farsi valere in modo particolare, vuol poggiare su se stessa. Di conseguenza, quando albeggia per l’individuo questo poggiare su se stesso, diventa anche particolarmente difficile venire a capo del problema relativo alla personalità del Cristo Gesù. Fino al secolo XV, il medioevo ebbe i suoi dogmi riguardanti il rapporto fra la parte divina spirituale del Cristo e quella umana fisica, dogmi che avevano naturalmente assunto forme diverse. Prima di quel momento, ed in relazione a questo problema, non vi erano state così profonde ed intime lotte animiche, lotte che invece affiorarono nei luoghi in cui si era esteso fino ad allora il cattolicesimo romano, quando l’individuo volle afferrare se stesso e di conseguenza arrivò anche ad esigere una spiegazione in merito alla personalità del Cristo Gesù. In sostanza tutte le dispute di Huss, di Wiclif, di Lutero, di Zwingli, di Calvino: le lotte condotte dagli anabattisti, da Kaspar Schwenkfeld, da Sebastian Franck e da molti altri, girano tutte intorno alla necessità di avere una spiegazione sul problema fondamentale del rapporto fra la natura divina e spirituale del Cristo e quella umana di Gesù. Si trattava sempre di questa domanda. Naturalmente tutto ciò sollevava parecchi altri problemi e molti dubbi di fronte a quella corrente evolutiva nella quale l’impulso continuamente attivo del Cristo era stato attutito al punto da sostenere che esso si fosse verificato soltanto all’inizio dell’èra volgare, per esser poi tramandato solo attraverso l’amministrazione della Chiesa.

Si può quindi dire che tutto quanto venne influenzato da Roma divenne « popolo della Chiesa ».

 

Vennero fondate nuove Chiese, nuove sette, tutte di una certa importanza. E non si obietti che anche in Russia vennero fondate delle sette. Proprio quando si usa un unico concetto per indicare fenomeni che sono del tutto diversi in luoghi differenti, proprio allora si guasta l’osservazione della realtà. Se si studiano le sette russe si vede che esse, in realtà, non hanno la più piccola somiglianza con le altre sette sorte nelle regioni sulle quali un tempo esercitava il suo influsso la Chiesa di Roma. Non importa cioè se le cose vengono chiamate con lo stesso nome, ma conta invece il fattore di realtà che pulsa in esse.

 

La vita e le aspirazioni degli uomini intorno all’inizio del secolo XV sono caratterizzate dalla ribellione contro l’unitaria Chiesa cattolica romana che agiva a mezzo di suggestioni subcoscienti, ribellione che si verifica per le ragioni esposte nei giorni scorsi, ed oggi stesso.

 

Come reazione contro l’insorgere dell’individuo appare a questo punto qualcosa d’altro: al romanismo della Chiesa, cioè, viene in aiuto la corrente gesuitica che, nel suo significato originario, era solo possibile all’interno della Chiesa cattolica romana, indipendentemente dal fatto che oggi se ne alteri il significato e dappertutto si parli di gesuitismo. Su che cosa si basa esso infatti? In sostanza il gesuitismo si basa su questo concetto: mentre nel vero popolo del Cristo la rivelazione dell’impulso del Cristo rimane nascosta in una nuvola soprasensibile e non discende nel mondo fisico-sensibile — e Soloviov in un certo senso vuol sollevare il regno terreno al regno di Dio, e non far scendere il regno di Dio in quello terreno — il gesuitismo invece vuol portare proprio il regno Dio in quello terreno e suscitare nelle anime impulsi tali che sul piano fisico il regno di Dio agisca in modo analogo leggi del piano fisico stesso. Il gesuitismo tende cioè ad un regno terreno e vuole ordinarlo in modo che esso appaia come un regno terreno, come il regno del Cristo. E vuole raggiungere questo scopo in primo luogo facendo in modo che i suoi seguaci, vale a dire gli appartenenti all’ordine dei gesuiti, vengano preparati come se fossero una comunità di soldati, un esercito. Il singolo gesuita si sente un soldato dello spirito e sente il Cristo non come il Cristo spirituale che agisce nel mondo con mezzi spirituali, ma piuttosto, e nei suoi pensieri e sentimenti tutto deve tendere a questo scopo, egli sente il Cristo come un re terreno, sente di servire il Cristo come si serve un re terreno, egli lo serve come un soldato serve il suo comandante in capo. Poiché si ha a che fare con cose dello spirito, le direttive della Chiesa sono naturalmente diverse da quelle del solito militarismo del mondo, ma anche in quest’organizzazione spirituale deve penetrare un forte ordinamento militare; tutto viene predisposto affinché il vero cristiano sia un soldato del comandante supremo Gesù. Per parlare oggi da un altro punto di vista di un argomento già altra volta trattato a Karlsruhe, in sostanza questo è appunto lo scopo degli esercizi fatti da ogni gesuita, affinché si formi in lui quella forza poderosa che a lungo è stata coltivata appunto nell’ordine dei gesuiti e che, nelle sue manifestazioni decadenti, ancora agirà nell’epoca caotica nella quale ora entriamo. Le meditazioni prescritte da Ignazio di Loyola, e fedelmente seguite appunto dai gesuiti, tendono proprio a fare del gesuita innanzi tutto un soldato del comandante supremo Gesù Cristo.

 

Voglio dame alcune prove. Fra gli esercizi spirituali che un gesuita deve fare e attraverso i quali egli acquista la sua forza, si prendano per esempio quelli della seconda settimana; questa deve sempre cominciare per il gesuita con un esercizio iniziale che gli faccia avere l’immaginazione del « regno del Cristo ». Egli deve però pensare al regno di Cristo in modo che il Cristo stesso, con la spada, vi compaia alla testa delle sue legioni, pronte alla conquista del mondo. Segue poi una preghiera preparatoria e quindi il primo esercizio, pure di preparazione :

 

«1 – Esso consiste in una rappresentazione visiva del luogo; qui devo vedere con gli occhi della mia forza di rappresentazione le sinagoghe, le città e i luoghi attraversati predicando da Cristo, nostro Signore.

2 – Mi sia fatta la grazia alla quale agogno. Qui devo impetrare la grazia di nostro Signore, affinché io non sia sordo al suo richiamo, ma pronto e solerte ad adempiere la sua santissima volontà ».

 

Segue poi l’altra parte, l’esercizio vero e proprio, perché quelli che ho esposto finora sono soltanto esercizi preparatori. Questa parte consiste anch’essa di alcuni punti: l’anima Vien preparata con molta cura.

 

«1 – Mi pongo davanti agli occhi un re terreno, scelto da Dio nostro Signore, al quale tutti i prìncipi e tutti i cristiani debbono venerazione ed obbedienza ».

Chi fa l’esercizio deve però avere tutto ciò così chiaro davanti agli occhi, come fosse un’immagine dei sensi, con la medesima intensità.

 

«2 – Osservo come questo re si rivolge a tutti i suoi e dice: E mia volontà sottomettere tutto il paese degli infedeli. Chi mi vuol seguire, a tale scopo deve accontentarsi del mio stesso cibo, delle medesime mie bevande e degli stessi miei vestimenti. E così egli dovrà faticare quanto me durante il giorno e vegliare di notte, per poter in seguito prender parte con me alla vittoria, come ha preso parte alle fatiche».

Ciò rafforza la volontà perché le immagini sensibili penetrano immediatamente nella volontà stessa, la infiammano, la spiritualizzano.

 

«3 – Io rifletto sopra la risposta che i buoni sudditi devono dare a un re talmente magnanimo e clemente, e di conseguenza anche a come dovrebbe essere trattato chi non dovesse accettare la richiesta di un tal re, vale a dire esser biasimato da tutti ed esser considerato un cattivo soldato ».

Questo deve esser ben chiaro al gesuita: se egli non diventa un buon soldato, un guerriero di un tal comandante, egli sarà considerato un uomo indegno in tutto il mondo.

 

Segue poi la seconda parte della seconda settimana.

« La seconda parte di questo esercizio consiste nell’adattare il paragone sopra citato del re terreno a Cristo nostro Signore, come esposto nei tre punti indicati:

1 – Se già consideriamo degno di attenzione un tale appello del re terreno ai suoi sudditi, tanto più sarà degno di attenzione Cristo nostro Signore, re eterno, e dinanzi a lui tutto il mondo, quand’egli chiami a raccolta tutti insieme e ognuno singolarmente per dire: è mia volontà sottomettere tutto il mondo e tutti i nemici per entrare così nella magnificenza del Padre mio. Chi vuol venire a tale scopo con me, deve con me faticare per potermi quindi seguire nella magnificenza come mi seguì nei disagi.

2 – Io ritengo che tutti quelli che possiedono giudizio e intelligenza si offriranno interamente per queste fatiche.

3 – Chi risulta animato dal desiderio di manifestare una abnegazione ancor maggiore e di volersi distinguere al servizio del suo re eterno, Signore supremo, si offrirà non soltanto per le fatiche richieste, ma combatterà anche la propria corporeità e il proprio amore per la carne e per il mondo; porterà cioè offerte di maggior valore e di maggior peso, e dirà: Signore eterno di tutte le cose, con la tua protezione e il tuo aiuto, io sacrifico me stesso alla tua infinita bontà ed in presenza della tua madre gloriosa e di tutti i santi della corte celeste, io affermo e desidero essere mia ponderata decisione, in quanto ciò possa risultare a tua maggior lode e servizio, di imitarti e di sopportare ogni ingiustizia, ogni ingiuria e ogni miseria, sia materiale e sia spirituale, quando la tua santa maestà vorrà scegliermi e chiamarmi a una tale vita e a un tale stato.

 

Quest’esercizio vien fatto due volte al giorno, e cioè la mattina appena alzati e un’ora prima del pasto di mezzogiorno o di quello della sera. Per la seconda settimana, e anche per le successive, sarà molto consigliabile di leggere ogni tanto brani dai libri dei seguaci di Cristo, o dai Vangeli, o dalla vita dei santi ».

 

Quando in essa agiscono queste immaginazioni, bisogna sapere come diventa la volontà, questa volontà soldatesca, ma spirituale, che fa del Cristo Gesù il comandante supremo! Qui si parla di « corte celeste che va servita in ogni forma di sottomissione e sudditanza ». A questi esercizi che, partendo dall’immaginazione, addestrano specialmente la volontà è unito pure qualcosa che agisce molto fortemente quando venga ripetutamente immesso nella volontà. Vien raccomandato di ripetere giornalmente gli esercizi fondamentali, ora esposti, anche nelle settimane successive, possibilmente nella medesima forma, prima della meditazione scelta per il giorno. Per esempio nel quarto giorno si avrà la preghiera preparatoria come il solito, e quindi un primo esercizio.

 

« 1 – Esso presenta l’evento storico così: il Cristo che chiama e vuol riunire tutti sotto la sua bandiera, e dall’altra parte Lucifero che chiama sotto la sua ».

Occorre figurarsi con precisione la bandiera e vedere i due eserciti che portano avanti le due bandiere, la bandiera di Lucifero e quella del Cristo.

« 2 – Rappresentazione visiva del luogo; qui si veda una pianura nei pressi di Gerusalemme dove si trova Cristo nostro Signore come supremo ed unico comandante dei buoni; un’altra pianura nei pressi di Babilonia, dove appaia Lucifero come capo dei nemici ».

Ora stanno i due eserciti di fronte uno all’altro, con la bandiera di Lucifero e la bandiera di Cristo.

« 3 – Io prego di ottenere quanto desidero, e precisamente invoco di conoscere gli inganni del capo malvagio; chiedo inoltre aiuto per potermene preservare e per conoscere la vera vita che viene mostrata dal supremo e vero comandante, nonché la grazia di imitarlo ».

 

Viene ora la prima parte dell’esercizio vero e proprio: la bandiera di Lucifero; chi fa l’esercizio deve cioè indirizzare lo sguardo spirituale dell’immaginazione all’esercito che si trova sotto la bandiera di Lucifero.

«1 – Mi immagino di vedere il condottiero di tutti i nemici sulla vasta pianura davanti a Babilonia, seduto sopra un alto trono di fuoco e di fumo, con la sua spaventevole ed orrenda figura.

2 – Si consideri com’egli riunisca innumerevoli spiriti cattivi per inviarli poi, uno in una città e uno in un’altra, per tutta la terra e senza trascurare nessun paese, nessun gruppo e nessuna persona singola ».

Questi incarichi devono esser immaginati nei particolari e in concreto.

«3 – Si rifletta al discorso che egli tiene loro e a come li solleciti affinché essi gettino reti e catene, vale a dire perché tentino gli uomini, in primo luogo attraverso il desiderio per la ricchezza, come fa egli medesimo presso il maggior numero di persone, in modo che essi arrivino con facilità ai vani onori del mondo e quindi ad uno sfrenato orgoglio.

In primo luogo quindi si hanno le ricchezze, in secondo luogo gli onori ed in terzo luogo l’orgoglio; con questi tre gradi Lucifero induce a tutti gli altri vizi ».

 

Seconda parte. La bandiera di Cristo.

«In modo analogo ci si rappresenti sul campo opposto il supremo e vero condottiero, Cristo, nostro Signore.

1 – Si osservi come, sopra una vasta pianura nei pressi di Gerusalemme, prenda posto su un semplice seggio Cristo, nostro Signore, bello ed amabile.

2 – Si osservi come il Signore di tutto il mondo scelga tante persone, apostoli, discepoli e così via, per inviarli su tutta la terra affinché essi spargano il seme del suo santo insegnamento fra gli uomini di tutti i ceti e di tutte le condizioni.

3 – Si rifletta al discorso tenuto da Cristo nostro Signore a tutti i suoi servitori ed amici che egli invia per tale missione, a come egli raccomandi loro di cercar di aiutare tutti gli uomini spingendoli in primo luogo alla massima povertà in ispirito, affinché, se la sua divina maestà lo ordinasse e li dovesse prescegliere, essi fossero anche pronti alla povertà effettiva; in secondo luogo affinché tutti siano pronti a ricevere ingiurie e ad essere disprezzati perché da queste due prove, dal subire la povertà e il disprezzo, deriva l’umiltà.

 

Si hanno cioè tre gradini: in primo luogo la povertà contro la ricchezza, in secondo luogo gli insulti e il disprezzo contrapposto agli onori del mondo, ed in terzo luogo l’umiltà in confronto all’orgoglio; sulla base di queste tre qualità, gli inviati del Cristo devono guidare gli uomini a tutte le rimanenti virtù ».

 

Gli esercizi vengono fatti in tal modo. La loro essenza consiste in quanto ho già accennato: un regno mondano cioè, da organizzarsi appunto come un regno terreno, ma da pensare come l’esercito del Cristo Gesù. Il gesuitismo è appunto la più conseguente, la migliore e la meglio organizzata espressione di quanto ho indicato come seconda corrente, l’impulso cioè del popolo della Chiesa. In sostanza si troverà che l’impulso del popolo della Chiesa consiste appunto nel far discendere quell’unica rivelazione, avvenuta una volta per tutte a Gerusalemme, in un regno di questo mondo. Perché infatti tutti gli esercizi tendono a far sì che chi li esegue elegga se stesso a soldato della schiera di Cristo, che egli si senta un vero soldato di Cristo. Questo era anche il significato dischiusosi ad Ignazio di Loyola attraverso una rivelazione di natura speciale, dopo che egli aveva compiuto le più diverse imprese come soldato e dopo che, attraverso meditazioni, mentre era infermo per le ferite riportate, fu condotto — non voglio dire da quale potenza — a trasformare nell’animo suo gli impulsi militari, prima attivi in lui, nell’impulso ad essere un soldato di Cristo, un soldato di Gesù. È uno dei più interessanti fenomeni della storia, che un soldato particolarmente coraggioso venga ferito e, a seguito di meditazioni, si trasformi da soldato in senso comune in soldato dello spirito.

 

Nei luoghi dove l’impulso del Cristo venne attutito nella sua azione continuativa, che invece gli fu propria in seno al popolo del Cristo, in quelle zone divenne naturale che quella gesuitica dovesse essere l’impronta esteriore dell’impulso del Cristo. Ci si può ora chiedere: non esiste forse un atteggiamento opposto a quello del gesuitismo? All’uopo dovrebbe sorgere qualche cosa sul territorio del popolo della Chiesa, dovrebbe sorgere dalle diverse reazioni, dalle correnti di Lutero, di Zwingli, di Calvino, di Schwenkfeld, degli anabattisti; da tutto questo caos, pur così frantumato, dovrebbe risultare qualcosa che non sia soltanto sulla linea del gesuitismo – perché infatti il gesuitismo è l’estrema espressione, ma parecchie altre cose sono sulla sua medesima linea – bensì dovrebbe risultare qualcosa che sia diametralmente opposto al gesuitismo, qualcosa che, in un certo senso, voglia svincolarsi dallo spirito del popolo della Chiesa, mentre il gesuitismo vuol invece penetrare sempre più profondamente nella essenza di esso. Il gesuitismo vuol trasformare l’impulso del Cristo in una signoria puramente terrena, vuol fondare uno stato terreno che sia però in pari tempo lo stato dei gesuiti e che venga governato come si conviene da chi si è fatto soldato del generalissimo Cristo. Quale potrebbe esser la corrente opposta?

 

Si avrebbe la corrente opposta se si, cercasse di non abbassare quanto è in alto, ma di elevare verso il mondo spirituale quanto è in basso. Nel vero popolo del Cristo tutto ciò è una specie di disposizione naturale, e si manifestò in Soloviov, anche se spesso come un balbettio. Nelle regioni abitate dal vero e proprio popolo della Chiesa vi è però una corrente diametralmente opposta al gesuitismo, una corrente che non vuol mescolare nulla di spirituale nei rapporti esteriori di governo, ma che piuttosto vuole che l’impulso del Cristo agisca sempre nelle anime, e soltanto per via indiretta, attraverso le anime, sul mondo esterno. Poiché oggi molte cose vorrebbero inserirsi in questo modo, un tale impulso apparirebbe nell’ambito del popolo della Chiesa, ma vorrebbe però sempre guidare l’evoluzione in modo che l’impulso spirituale del Cristo agisca soltanto nelle anime, rimanendo in certo senso esoterico, beninteso esoterico nel modo migliore e più nobile. Mentre il gesuitismo vuol trasformare tutto in un regno di questo mondo, questa corrente considererebbe tutto quanto ha a che fare con lo stato come qualcosa che di necessità deve esistere sul piano fìsico, ma che riunisce gli uomini affinché essi possano elevare le loro anime ai mondi superiori. Questa diametrale contrapposizione, questa polarità al gesuitismo è il goetheanismo. Quest’ultimo vuole esattamente l’opposto di quanto vuole il gesuitismo. Il goetheanismo può esser compreso da un altro punto di vista, quando lo si consideri in questa polare contrapposizione al gesuitismo. Da qui deriva l’eterna inimicizia che il gesuitismo ha giurato e sempre più giurerà al goetheanismo. Le due correnti non possono esistere assieme. Ognuna conosce molto bene l’altra; il gesuitismo conosce Goethe molto bene: il padre gesuita Baumgartner ha scritto il miglior libro su Goethe, naturalmente da un punto di vista gesuitico. Quanto è stato scritto sopra Goethe da vari professori tedeschi o dall’inglese Lewes sono tutte cose imperfette in confronto a quanto fu scritto dal padre gesuita Baumgartner nei suoi tre volumi su Goethe; egli sa infatti perché scrive! Tutto quanto egli vede in Goethe rende acuto il suo sguardo di avversario; egli non scrive come un professore tedesco con la sua mediocre comprensione di borghese, oppure come l’inglese Lewes che descrive sì un uomo nato a Francoforte nel 1749, che ha dovuto attraversare le stesse esperienze vissute da Goethe, ma che non è il vero Goethe. Il gesuita Baumgartner racconta invece sulla base di quanto gli si è trasfuso nella volontà in seguito alle sue meditazioni.

 

E così il goetheanismo, che dovrà agire nell’avvenire, si congiunge a questo punto con qualcosa che è cominciato immediatamente dopo l’inizio del secolo XV e che, con la riforma, ha condotto al gesuitismo.

 

Domani parleremo ancora della terza corrente.

Oggi ho quindi accennato al popolo del Cristo, al popolo della Chiesa e alla terza corrente che vi s’inserisce; ho accennato alle reciproche interferenze per giungere, attraverso i sintomi, ad un’intima comprensione dell’evoluzione religiosa moderna. Domani ne parleremo ancora.