Metamorfosi nell’organismo umano

O.O. 312 – Scienza dello spirito e medicina – 28.03.1920


 

Sommario: Il processo di aromatizzazione nella pianta e il processo olfattivo. Il processo di salificazione nella pianta e il processo gustativo. Metamorfosi nell’organismo umano: olfatto, gusto, vista, pensiero, associazione, digestione, processi escretori nell’intestino e nel rene, processo rappresentativo, processo respiratorio, processo di formazione di sangue e linfa. Il cuore, fattore di sintesi.

 

Le espressioni « corpo eterico », « corpo astrale », che usiamo vorrei dire per abbreviazione, o per semplificare le nostre idee, vanno senz’altro riferite a quanto delle rispettive realtà si imprime negli eventi fisici. Oggi però non si è molto propensi a porre quanto si esprime in fatti fisici in un giusto rapporto con la base spirituale dell’esistenza. Ciò è però assolutamente necessario ai fini di una spiritualizzazione del pensiero medico e delle concezioni mediche. Bisognerà proprio, ad esempio, cominciare a studiare in che modo avvenga la reciproca azione fra quello che chiamiamo il corpo eterico e quello che chiamiamo il corpo fisico. Questa reciproca azione avviene di fatto nell’uomo, e voi lo sapete già; ieri abbiamo descritto uno degli aspetti di tale azione, quando essa risulta disturbata nei confronti delle azioni esercitate dal corpo astrale. Senonché questo giuoco di azioni scambievoli avviene anche nella natura esterna, extraumana.

 

Se questo pensiero viene condotto fino alle ultime conseguenze, si penetra assai a fondo nella connessione esistente tra l’uomo e la natura esterna. Teniamo ben fermo questo punto: intorno a noi esiste l’intera flora, con tutte le sue specie, e noi la percepiamo mediante i nostri sensi. Guardando al mondo esterno e in esso alla flora percepita coi nostri sensi, noi possiamo per lo meno presagire un’azione reciproca tra la flora stessa e tutto ciò che vive anzitutto nell’atmosfera terrestre, ma anche ciò che vive fuori della sfera terrestre, nell’ambito planetario, astrale. Osservando la flora della Terra, possiamo dire che, se abbiamo la superficie terrestre (v. disegno), la flora sembra additarci l’atmosfera, l’ambito astrale, inteso qui nel senso di mondo degli astri, di mondo extraterrestre. Anche prescindendo da considerazioni occultistiche, possiamo presentire che là fuori si attua una viva azione reciproca fra ciò che si palesa nella flora, nella formazione dei fiori e dei frutti, e ciò che vi opera partendo dall’intero universo.

 

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Prescindiamo ora da tutto questo e volgiamo il pensiero alla nostra interiorità. Dobbiamo cercare di aiutarci con un po’ di intuizione; ho già detto che in medicina non si può proprio far a meno dell’intuizione. Distogliamo dunque il pensiero dal mondo esterno e guardiamo alla nostra interiorità: vi troveremo una certa affinità con quel che accade fuori.

 

Dovremo riconoscere che nella flora l’eterico è strettamente congiunto col fisico. Perciò dobbiamo anche presagire una certa affinità fra questo tipo di connessione dell’eterico col fisico nella flora, e il tipo di connessione dell’eterico col fisico nell’uomo stesso.

 

Si tratta di renderci contò di che cosa ci consenta di parlare concretamente dell’affinità dell’eterico con il fisico. A tutta prima si potrà affermare in modo astratto che l’eterico è più vicino all’astrale che al fisico, in quanto l’eterico si apre verso l’alto. Si dovrà però riconoscere che l’eterico ha anche un suo rapporto con il fisico. Dovremo perciò prendere atto di tale duplice affinità, per cui l’eterico sta in rapporto da un lato col fisico e dall’altro con l’astrale, e andare in cerca di qualcosa che ci introduca in quella duplice affinità.

 

Vorrei appunto mostrare nel modo più concreto possibile come si possa penetrare in tale duplice affinità.

Supponiamo di percorrere un viale di tigli fioriti e cerchiamo di renderci ben conto di come veniamo compenetrati dal profumo dei tigli in fiore. Ci si rende conto che un certo processo sta svolgendosi tra le terminazioni nervose degli organi olfattivi e il profumo dei fiori di tiglio. Se si presta attenzione al processo di percezione del profumo, ci si avvede di una specie di apertura della nostra interiorità, capace di odorare, verso il profumo dei fiori di tiglio. Avviene dunque un processo che contrappone un elemento interno a un fattore esterno e, per effetto della loro affinità, i due elementi agiscono in qualche modo l’uno sull’altro. Nella percezione olfattiva si interiorizza, per così dire, ciò che si disperde all’esterno nel profumo di quei fiori, e che è senza dubbio dovuto a un’azione reciproca della flora e dell’ambiente extraterrestre, a un’apertura della flora verso l’ambiente che circonda la Terra. Poiché si verifica una percezione, si tratta certamente di qualcosa che agisce interiormente dal corpo eterico sul corpo astrale; se quest’ultimo non venisse coinvolto, non vi sarebbe percezione, e si tratterebbe di un processo puramente vitale. Il processo stesso della percezione olfattiva testimonia della compartecipazione del corpo astrale. Ciò che ci svela l’affinità col mondo esterno d mostra in pari tempo che l’insorgenza di quell’odore dolciastro emanato dai fiori di tiglio è in qualche modo affine, però in, senso polarmente opposto, a ciò che avviene nell’organo dell’olfatto. In effetti nell’odore dolciastro emanato dai fiori di tiglio si, manifesta l’azione reciproca fra l’eterico vegetale e l’astrale che lo circonda riempiendo lo spazio universale. Mediante il processo olfattivo noi partecipiamo all’affinità della flora e dell’astrale extraterrestre.

 

Prendiamo ora il caso di un sapore qualunque: per fare un esempio affine al precedente, prendiamo il sapore della liquirizia o quello dolce dell’uva. Abbiamo a che fare con un processo che si svolge nell’organo del gusto, invece che nell’organo dell’olfatto. È nota l’affinità tra l’organo del gusto e quello dell’olfatto; è quindi facile rendersi conto di quanto i due processi del gustare e dell’odorare debbano essere vicini, anche nei riguardi dei processi della natura esterna. Occorre però tener presente che la percezione gustativa avviene molto più all’interno dell’organismo che la percezione olfattiva. Quest’ultima ha luogo più alla superficie: l’dorato partecipa ai processi extraumani che si svolgono nello spazio. Questo non avviene, nel caso del gusto. Col gusto si evidenziano piuttosto certe qualità insite nelle sostanze e intimamente collegate con esse. L’interno delle cose, cioè delle piante nel caso particolare, si conosce meglio col gusto che con l’olfatto. Basta aiutarsi con un po’ d’intuizione per riconoscere che, gustando tutto quanto si trova nella pianta, si coglie la manifestazione di quanto nella pianta è connesso col processo di solidificazione, con i processi interni di solidificazione della pianta. L’organismo vegetale si oppone però alla solidificazione e ce lo manifesta nel fatto di diventare odoroso. Per tutti questi fatti non si potrà dubitare che il processo gustativo è connesso con i rapporti fra eterico e fisico.

 

Ora consideriamo insieme l’olfatto e il gusto. Indirizzando i sensi dell’olfatto e del gusto verso la flora, si vive realmente entro i rapporti che l’eterico ha da un lato con l’astrale, e dall’altro con il fisico. Quando ci rivolgiamo con attenzione all’olfatto e al gusto noi penetriamo veramente nell’eterico, o meglio nella sua impronta. Nell’olfatto e nel gusto dell’uomo si ha in fondo una manifestazione sul piano fisico dei rapporti fra l’eterico e l’astrale o il fisico. Nell’indagare i processi dell’olfatto e del gusto et troviamo noi stessi in certo senso alla superficie dell’essere umano.

 

Oggi però, se si vuole finalmente fecondare la scienza reale mediante la scienza dello spirito, occorre superare davvero un misticismo astratto e pervenire a una comprensione concreta dello spirituale. A che serve che la gente dica di continuo che occorre afferrare il divino nell’uomo, quando per « divino » si intende tutt’al più qualcosa di astratto? Considerazioni di tal genere diventeranno fruttuose solo quando sapremo affrontare i fenomeni concreti, considerando in modo concreto l’interiorizzazione di certi processi esterni. Ad esempio, nell’odorare e nel gustare noi consideriamo effettivamente l’eterico che vive all’esterno, ma che è affine all’uomo: esso poi si interiorizza, e in questo processo sensoriale (forse il più grossolano di tutti) noi possiamo scorgere direttamente un’interiorizzazione di processi esterni. Nella nostra epoca è veramente molto importante il superare le enunciazioni astratte o mistiche.

 

Ci renderemo conto che in natura tutto è in continua trasformazione verso qualcosa d’altro: ogni processo della natura ha la tendenza a sfociare in un altro processo, a metamorfosarsi in un processo diverso. Prendiamo ora quel che ho appena detto: l’olfatto è situato più alla superficie (vedi il disegno seguente), il gusto è situato più all’interno dell’uomo, entrambi però sono qui riferiti alla flora, alle piante. Ambedue i processi sensoriali hanno luogo nell’eterico, e l’eterico o si apre verso l’astrale, o si solidifica nel fisico.

 

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Va cioè verso l’esterno, verso i processi di volatilizzazione e di aromatizzazione propri della flora, oppure verso quelli che si sottraggono all’aromatizzazione nel gusto, interiorizzando così tutto quanto nel mondo esterno porta alla solidificazione. Ciò che è esterno e ciò che è interno confluiscono in certo modo, quando fermiamo l’attenzione sull’olfatto e sul gusto.

 

In natura però un processo trapassa sempre in un altro. Proviamo a concentrare la nostra attenzione su questo aspetto aromatico della flora, sui processi grazie ai quali essa si sottrae in certo senso alla solidificazione, cercando di spingere oltre i suoi limiti la condizione vegetale: sui processi nei quali la pianta emana, per così dire, la propria spiritualità nell’atmosfera, in modo die l’atmosfera accolga in sé ancora qualcosa della condizione vegetale, appunto nella sostanza aromatica. Nel profumo che si espande all’esterno sono in certo qual modo ancora presenti i fantasmi delle piante. Che cosa avviene in realtà là fuori quando la pianta emana i suoi fantasmi odorosi, evitando che tutto diventi pianta solida, quando dal fiore essa emana ancora qualcosa che vuole sì diventar fiore, che però si sottrae a tale destino per conservarsi invece allo stato volatile? Questo non è altro che un processo di combustione tenuto a freno. Se immaginiamo la prosecuzione (in forma mutata) del processo di aromatizzazione, ci avvediamo che in fondo esso è una combustione trattenuta.

 

Contemplando nel mondo vegetale da un lato la combustione, dall’altro l’aromatizzazione, riconosciamo in esse la metamorfosi di un’unità comune. Vorrei dire che nell’aromatizzazione si presenta, a un altro livello, la combustione.

 

Osserviamo ora, della pianta, quello che suscita la sensazione gustativa: è qualcosa che sta più addentro nella pianta stessa, qualcosa che non la induce a spingere verso l’ambiente esterno, quasi come un fantasma, la propria forza formativa, ma che al contrario gliela fa trattenere, per usarla ai fini della sua formazione interna. Accompagnando questa formazione interna col gusto, perveniamo al medesimo processo che sta al di sotto della solidificazione della pianta, al processo che rappresenta, a quest’altro livello, una metamorfosi della salificazione (naturalmente della pianta poiché è della flora che stiamo parlando – v. il disegno).

 

Nella pianta ci si presenta proprio una strana metamorfosi. Verso l’alto abbiamo l’aromatizzazione, cioè un processo di combustione trattenuto, ma che può addirittura sfiorare i processi di combustione: infatti i processi della fioritura sono semplicemente processi di combustione che si instaurano a quel livello. Verso il basso si ha la solidificazione, la salificazione: quel che nella pianta si gusta è una salificazione trattenuta. Quando poi il sale entra a far parte della pianta, sì che in essa lo ritroviamo sotto forma di sali vegetali, questi sali sono qualcosa che ha oltrepassato (entro la pianta stessa) la natura vegetale, qualcosa in cui la pianta ha racchiuso nella propria natura il suo fantasma, la sua ombra.

 

Ora si può riconoscere la « ragione » di un farmaco, ora si comincia in un certo senso a far luce nella flora, perché si impara a guardare in profondità nei processi che si vanno svolgendo. Debbo sempre sottolineare che è essenziale la capacità di osservare i fenomeni concretamente e in profondità.

 

Proseguendo, basta ora ricordare quanto segue. Per motivi, diciamo, di superiore opportunità, vorrei ricollegare la mia esposizione con le opinioni oggi correnti, affinché possiate gettare un ponte fra i risultati dell’indagine spirituale e i contenuti della scienza esteriore. Certo potrei anche caratterizzare la mia esposizione in modo più specificatamente scientifico-spirituale, ma desidero collegarmi alle usuali concezioni scientifiche contemporanee. Oggi il fisiologo parla dei fatti che ha davanti a sé e dei quali lo scienziato dello spirito non necessariamente deve prendere atto, in quanto egli non ha bisogno di procedere con criteri anatomici, nel Senso ritenuto valido dalla scienza; Tuttavia, riallacciamoci pure alle concezioni correnti. Non abbiamo bisogno di accettare gli eccessi della mentalità anatomica degli altri, tuttavia dobbiamo tener conto del fatto che quegli eccessi sono avvenuti e che hanno dato certi loro risultati. Quegli eccessi avranno fine solo quando la scienza naturale sarà stata fecondata almeno in parte dalla scienza dello spirito. Proviamo dunque a esaminare i fatti. Dalla scienza dello spirito risulterà chiara l’affinità, la stretta relazione fra il processo che si Svolge nell’occhio e quelli che hanno luogo nell’olfatto e specialmente nel gusto, per quanto riguarda la distribuzione del nervo gustativo nel resto della sostanza organica e la distribuzione del nervo ottico nell’occhio. L’affinità è tale che non si può quasi fare a meno, caratterizzando la natura del processo visivo, di cercare delle analogie con il processo gustativo. Naturalmente al termine della distribuzione del nervo del gusto non si trova Qualcosa di analogo alla ingegnosa struttura dell’occhio, situato davanti alla distribuzione del nervo ottico nella retina: perciò il processo visivo è qualcosa di ben differente. Però il processo visivo die in certo modo ha inizio dietro l’ingegnosa struttura dell’occhio fisico è intrinsecamente molto affine al processo gustativo. Vorrei dire che nell’atto di vedere noi attuiamo un gustare trasformato perché, situata per così dire davanti al processo organico sensoriale (analogo al gusto), nell’apparato visivo c’è la mirabile struttura dell’occhio fisico, con tutti i suoi effetti.

 

Riguardo a ognuno dei sensi dobbiamo naturalmente distinguere fra quel che il nostro organismo porta incontro al mondo esterno e quel che il mondo esterno offre al nostro organismo. Dobbiamo dunque osservare i processi che hanno luogo dall’interno per il fatto che il sangue affluisce all’occhio, che cioè l’organismo agisce entro l’occhio.

 

La cosa è ancora più evidente in certi animali che, oltre ai nostri organi, possiedono anche il pettine e il processo falciforme, cioè degli organi irrorati dal sangue: in tal modo l’ego viene spinto maggiormente nel globo oculare, mentre nell’uomo l’ego si ritira, lasciando interiormente libero il globo oculare. Ma, attraverso il sangue che irrora l’occhio, l’organizzazione intera opera nel processo sensoriale. Nel processo visivo è in qualche modo presente il processo gustativo, sia pure trasformato; perciò possiamo chiamare la vista un gusto trasformato. In certo qual modo si può dunque dire che, al di sopra del gusto e dell’olfatto, sta la vista, come gusto metamorfosato (v. il disegno precedente).

 

Tanto al processo del gusto, quanto a quello della vista corrisponde dunque qualcosa di esterno che coopera con qualcosa di interno. Il processo si deve in certo modo trasformare verso l’alto: il processo della vista è una metamorfosi del processo del gusto. Però deve esistere anche una trasformazione del processo del gusto verso il basso, verso l’interno del corpo. Nel processo visivo noi tendiamo piuttosto verso il mondo esterno; l’occhio è solamente situato nella cavità orbitaria, ma si apre subito verso l’esterno, è esso stesso un organo molto superficiale, e il processo visivo è proprio organizzato verso il mondo esterno. Nella direzione opposta dobbiamo ora raffigurarci una trasformazione del processo gustativo verso il basso, verso l’interno dell’organismo. Giungiamo qui, in certo modo, al polo opposto del processo visivo, giungiamo al processo che entro l’organismo corrisponde a quello della vista, a qualcosa che getterà molta luce sulle considerazioni seguenti. Che cosa d si manifesta infatti, se seguiamo verso il basso la trasformazione del processo gustativo? Troviamo qui la digestione: e a una reale comprensione del processo digestivo si perverrà solo contrapponendolo al processo visivo. Come da un lato la vista è una prosecuzione trasformata del gusto, così anche la digestione è un prolungamento trasformato del gusto. Dunque la digestione deve venir considerata nella sua contrapposizione polare rispetto alla vista. Quest’ultima, interamente esteriorizzata, ci porta a riconoscerla come il processo che, verso il mondo esterno, corrisponde alla digestione, mentre la digestione ne è il corrispettivo interiorizzato. D’altra parte; scopriamo come il processo digestivo debba essere concepito affine al processo gustativo. Non si possono comprendere le intime attività dell’organismo umano localizzate nel processo digestivo, se non rappresentandoci l’intero processo digestivo in questo modo: la buona digestione dipende dalla capacità di saper gustare in certo modo con tutto l’apparato digerente, mentre la cattiva digestione dipende dall’incapacità di gustare con tutto l’apparato digerente.

 

Il processo finora considerato si suddivide dunque in gusto e olfatto. Da un lato abbiamo a che fare, nel gusto, con un processo fondato piuttosto sull’azione reciproca dell’eterico e del fisico, e dall’altro lato, nell’olfatto, con un processo fondato piuttosto sulla relazione fra eterico e astrale. In un’analoga suddivisione ci si presenta la prosecuzione del gusto all’interno dell’organismo; infatti da un lato la digestione tende verso le escrezioni intestinali, le escrezioni fecali, mentre dall’altro lato abbiamo le escrezioni urinarie attraverso i reni. Si ha un’esatta corrispondenza nella parte inferiore e in quella superiore dell’organismo umano. Ci si presentano dunque esattamente due contrapposizioni polari, quando avviene la suddivisione fra gusto e olfatto, e quando avviene la suddivisione fra la normale digestione, e ciò che si separa da essa per fondarsi sull’attività renale, più interiorizzata.

 

Ci si presenta qui la possibilità di considerare quel che accade all’interno dell’organismo delimitato dalla pelle, come il risultato della interiorizzazione di qualcosa di esterno. Con tutto quello che noi portiamo avanti verso l’alto andiamo verso il mondo esterno: qui l’uomo si apre verso l’esterno. Ora dobbiamo continuare il ragionamento nel modo seguente: nella vita animica, nell’attività del pensiero, della rappresentazione, collegata all’organismo non in senso materialistico, ma nel senso che conoscete da queste mie conferenze, ha luogo una trasformazione dell’attività visiva diretta verso certi organi interni (v. disegno precedente). Gli organi che stanno alla base delle rappresentazioni, cioè gli organi all’interno del capo umano, vanno concepiti come organi visivi trasformati in una certa direzione. Per rendersi conto che la maggior parte delle rappresentazioni della vita di pensiero sono semplicemente prosecuzioni delle rappresentazioni visive, basta tener presente la vita psichica di chi è nato cieco o sordo. Nell’attività di pensiero si ha una prosecuzione verso l’interno dell’attività visiva. Possiamo perfino riconoscere che si illumina così la strana reciprocità d’azione fra l’anatomia del capo, del cervello, e la stessa attività di pensiero. Fra parentesi, anche questo potrebbe essere un bel campo di studio in medicina. È ad esempio molto singolare che, volendo esaminare a fondo la connessione fra il pensare sintetico e l’organizzazione del cervello, si pervenga a certe strutture simili a una trasformazione del nervo olfattivo. Si potrebbe dire che il pensiero analitico, visto interiormente, ha una sua controimmagine molto simile nell’attività visiva. Invece la sintesi delle impressioni visive, l’associazione delle rappresentazioni, considerate interiormente dal punto di vista organico, è molto simile all’olfatto. Tutto ciò si esprime davvero in modo molto notevole nella struttura anatomica del cervello. Per questa via ci siamo dunque avvicinati alla rappresentazione, all’attività del pensiero.

 

A che cosa si perviene ora, andando invece alla ricerca del processo interiore? Nella rappresentazione si ha il processo che nell’attività visiva è rivolto verso l’esterno e che si riflette verso l’interno nell’attività del pensiero. Si cerca per così dire di invertire il processo visivo, dirigendolo verso l’organismo. Esattamente contrapposto sarà lo sforzo di non dirigere ora il processo verso l’interno, bensì verso l’esterno. Si tratta del processo digestivo il quale si prolunga nel processo escretivo (v. il dis. precedente); questo diventa la controimmagine dell’attività di rappresentazione. Si presenta così dà un differente punto di vista quel che un paio di giorni fa ho descritto valendomi dell’anatomia comparata: avevo indicato che la struttura anatomica dell’intestino umano, e soprattutto la comparsa della flora intestinale, mettono in evidenza l’intima affinità fra le cosiddette facoltà spirituali dell’uomo e il suo processo escretivo, più o meno regolato. Adesso stiamo scoprendo le medesime correlazioni da un altro lato. Verso l’interno si verifica una prosecuzione dell’attività visiva nell’attività di pensiero, e verso l’esterno una prosecuzione del processo digestivo in quello escretivo. Torniamo ora alle osservazioni precedenti sulla aromatizzazione, considerata come una combustione trattenuta, e sulla solidificazione della pianta, considerata come una salificazione a sua volta trattenuta. Constateremo di avere gettato luce su quel che accade nell’interno dell’uomo, ma dovremo renderci chiaro conto che avviene un’inversione. In alto nel disegno vi è un’inversione della vista, verso l’interiorizzazione; mentre in basso vi è un’inversione nel senso della esteriorizzazione. Perciò in alto dovremo riconoscere un’affinità dèi rispettivi processi con la salificazione, in basso invece un’affinità con la combustione, col fuoco. Per venire in aiuto alla parte inferiore dell’uomo sarà quindi opportuno dirigere verso di essa le forze adatte a provocare nelle piante l’aromatizzazione e il processo di combustione trattenuto. Per venire invece in aiuto ai processi dell’uomo superiore, si dirigeranno verso di esso le forze che nella pianta sono destinate a trattenere o a interiorizzare il processo salino. Tratteremo più avanti degli aspetti particolari.

 

Come vedete, tutto ciò che è esterno può ricomparire in tutto ciò che è interno: e quanto più procediamo all’interno dell’uomo, tanto più dobbiamo ricercarvi l’esterno. Nei processi propri degli organi digestivi umani, e soprattutto nei reni, dobbiamo cercare qualcosa che è strettamente affine ai processi di aromatizzazione e di combustione, che rappresentano il polo opposto. D’altra parte, nei processi dell’organizzazione umana che partono dal polmone e vanno verso l’alto, verso la laringe e il capo, dobbiamo ricercare l’intima affinità con la tendenza alla salificazione propria della pianta e anche della natura umana. Si può dunque dire: conoscendo i diversi modi in cui le piante accumulano in sé il sale, è sufficiente ricercarne il corrispettivo nella natura umana. Oggi abbiamo tracciato le linee generali di una tale ricerca; nelle conferenze successive entreremo nei particolari.

Vedete qui caratterizzata, in linea di principio, l’intera fitoterapia, vedete su che cosa è fondata. Vorrei dire che così si scorge già profondamente tutto il processo reale che si svolge nella sua azione reciproca fra l’interno e l’esterno; si scorgono anche già alcuni aspetti particolari. Prendiamo ad esempio gli odori che hanno già anche una tendenza al sapore, sì che, masticando una data pianta, prima se ne percepisce l’odore caratteristico che però è in fondo una sintesi di odore e sapore, come nel caso della melissa o dell’edera terrestre. In questi odori troviamo anche un inizio di salificazione, una mescolanza di salificazione e aromatizzazione. Questo fatto sta ad indicarci che gli organi che mostrano affinità per piante come la melissa devono essere situati piuttosto verso l’esterno, verso il petto; invece gli organi affini alle piante fortemente aromatiche, come ad esempio il tiglio o la rosa, devono essere sinuati più versò l’addome, o comunque nella parte inferiore dell’organismo umano.

 

Nell’uomo superiore, nell’ambito della regione dell’olfatto e del gusto (considerati nei loro organi), si trova inserito un altro processo, un processo vitale importante per l’uomo in un senso più profondo: il processo respiratorio (vedi disegno precedente). Ora possiamo anche cercare il processo polarmente opposto a quello respiratorio. Dev’essere quello che si separa dal processo digestivo in quanto questo diventa processo escretivo, venendo a Costituire la polarità opposta al processo organico della rappresentazione. Deve qui separarsi un processo ancona organicamente vicino a quello digestivo, così come la respirazione è vicina alle funzioni dell’olfatto e del gusto. Si tratta di tutto quello che si svolge nella linfa, nel sangue, e nella formazione del sangue, cioè ciò che dalla digestione viene spinto verso l’interno, negli organi come le linfoghiandole e così via, cioè in tutti gli organi che partecipano alla formazione del sangue. Vediamo dunque due processi polari, l’uno separatosi dalla digestione e l’altro dai processi sensoriali rivolti all’esterno: il respiro, che sta per così dire dietro i processi sensoriali, e il processo di formazione del sangue e della linfa, che sta « davanti » alla digestione, in quanto quest’ultima porta all’escrezione. È singolare: considerando le cose in questo modo noi ci addentriamo nell’uomo intero partendo dalla processualità, mentre di solito si considera l’uomo partendo dagli organi. Qui cerchiamo di comprendere l’uomo partendo dalla processualità e dalle connessioni dell’uomo col mondo extraumano; in effetti troviamo delle connessioni che ci danno realmente un’immagine dell’attività eterica complessiva nell’uomo. Oggi qui abbiamo di fatto studiato l’azione delle forze eteriche nell’uomo. Quei due processi, il respiratorio e quello della formazione del sangue, tornano ad incontrarsi, e il loro incontro ha luogo nel cuore. Tutto il mondo esterno, in quanto comprende anche l’esterno dell’uomo stesso, ci appare dunque come una dualità che nel cuore umano si scontra e ivi tende a una specie di equilibrio.

 

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Possiamo così arrivare a un’immagine singolare, all’immagine del cuore umano con la sua interiorizzazione, con la sua sintesi di tutto quello che agisce su di noi esternamente, lungo tutta la periferia del corpo. Nel mondo esterno si presenta in una realtà per così dire analizzata, o dispersa in tutte le direzioni, tutto quello che si riunisce nel cuore (vedi il disegno seguente). Arriviamo così a un pensiero importante, che si potrebbe formulare così: guardando fuori, verso il mondo, scorgiamo l’intero mondo circostante e ci possiamo chiedere: che cosa esiste in esso, che cosa opera da esso su di me? dove trovo in me qualcosa che sia affine e omogeneo al mondo esterno?

 

Lo trovo guardando dentro il mio cuore! In esso vi è come il cielo capovolto, vi è esattamente l’opposto di fuori. Mentre nella periferia (v. disegno) vi è per così dire il punto dilatato all’infinito, nel cuore umano vi è la periferia concentrata, si ritrova il mondo intero. Volendo usare un’immagine grossolana, si potrebbe semplicemente dire: ci si raffiguri l’uomo in cima a una montagna mentre guarda da ogni parte e scorge la vasta cerchia del mondo. Immaginatevi ora un piccolissimo nanetto nel cuore umano, cercando di farvi un’idea di che cosa esso scorga lì dentro: vi scorge raccolta, sintetizzata, la completa immagine del mondo, però capovolta. Questa potrà anche essere una rappresentazione immaginosa, ima specie di immaginazione; tuttavia essa può anche agire, se accolta nel modo giusto, come un’immagine regolatrice, come un principio regolatore. Può aiutarci a sintetizzare nel modo giusto proprio i singoli risultati della conoscenza.

 

Ho creato così le basi per le considerazioni specifiche che svolgerò in seguito, e anche le basi per poter rispondere in particolare agli svariati interrogativi che mi sono stati proposti.