Il rapporto fra profondi impulsi europei e impulsi del presente

O.O. 185 – Lo studio dei sintomi storici – 03.11.1918


 

Sommario: Il rapporto fra profondi impulsi europei e impulsi del presente

Effetti delle tre correnti prima ricordate e dell’impulso del Cristo nell’etica, nell’individuo e nell’evoluzione dell’umanità. L’impulso del Cristo in Goethe e in Schiller (Galleria dei quadri). Arianesimo e attanasianesimo. I Celti, re Artù e le logge. La corrente del Gral. Tutto confluisce nella vita sociale moderna. Nell’individualismo, che culmina nella filosofia della libertà, vi è il germe di un giusto socialismo con l’applicazione della fraternità nella vita sociale, della libertà nel pensiero religioso e dell’uguaglianza nella conoscenza.

 

Riallacciandoci alle considerazioni svolte ieri, ricordiamo di aver sostanzialmente indicato come, attraverso i fatti menzionati, il cosiddetto popolo del Cristo sia stato, per così dire, sospinto verso oriente e come sia risultato da altri fatti che, dal centro dell’Europa, in direzione verso occidente, (vedi disegno a pag. 207) si sia sviluppato il vero e proprio popolo della Chiesa, o meglio, i popoli della Chiesa. Ho poi indicato come a questo fatto basilare si ricolleghino le diverse lotte accesesi proprio all’inizio del quinto periodo postatlantico o immediatamente dopo. Ho però anche segnalato che, entro I territori sui quali i popoli della Chiesa si erano formati, per il fatto che l’impulso del Cristo in quell’epoca è stato per così dire attutito nella sua continuità attiva e tramandato invece mediante la tradizione e i documenti scritti, per queste ragioni è avvenuto un identificarsi, una confusione fra il cristianesimo e la Chiesa papale, cioè il papato romano organizzato a stato politico; e come infine si siano impiantate diverse altre Chiese nell’ambito di quella papale. Si può dire le altre Chiese costituitesi presentano certo grandi differenze dalla Chiesa papale, ma che esse però hanno ugualmente molto in comune con la Chiesa romana, in relazione ad aspetti che possono interessarci per quanto ora studiamo. Questi aspetti sono tali che ci fanno apparire la Chiesa protestante di stato persino più simile al cattolicesimo romano, alla Chiesa cattolica di Roma, che non allo stato ecclesiastico cattolico-ortodosso, alla cosiddetta Chiesa di stato russa; per questa infatti l’essere Chiesa di stato non fu mai elemento essenziale, mentre fu sempre determinante il modo come, attraverso il popolo russo, l’impulso del Cristo fu sempre attivo e sempre valido. Ho poi mostrato che, col far discendere l’impulso del Cristo nelle questioni puramente terrene, nella realtà percepibile ai sensi, sia derivata come estrema conseguenza la costituzione dei gesuiti. Ho da ultimo rilevato come sia apparso quanto si può chiamare goetheanismo, quale corrente opposta alla costituzione gesuitica.

 

Ho detto che il goetheanismo tenta di suscitare il movimento opposto e che è qualcosa di simile al cristianesimo russo, vale a dire che esso tende ad innalzare al mondo spirituale quanto è sul piano fisico in modo che, malgrado i legami col piano fisico, l’anima si unisca agli impulsi che sono conservati nel mondo spirituale, impulsi che non debbono esser portati in basso immediatamente nella realtà soggetta ai sensi, come fa il gesuitismo, ma che devono essere portati in basso soltanto a mezzo dell’anima stessa. Goethe, seguendo il suo modo di essere, non si è espresso di frequente a proposito dei suoi intimi pensieri su tale argomento. Se però lo si vuol conoscere a questo proposito, occorre sempre ritornare a quel punto del suo Wilhelm Meister, da me citato anche in altre occasioni, quando il protagonista arriva al castello di un personaggio eminente dove, fra l’altro, gli viene anche mostrata la galleria dei quadri. La scena è descritta in modo da far risultare che la galleria dei quadri rappresenta in sostanza la storia del mondo ed in modo speciale la storia dello sviluppo religioso dell’umanità. Goethe cioè vuol comunicare ed è l’espressione poetica di una grande idea – come Wilhelm Meister sia guidato attraverso una galleria di quadri nella quale è mostrato lo sviluppo religioso dell’umanità. La guida lo conduce fino ad un certo punto, fin quando la storia è giunta alla distruzione di Gerusalemme e qui, com’ egli fa presente alla guida, Wilhelm Meister nota che manca la raffigurazione della vita dell’uomo 190 divino, com’egli lo chiama, di colui che aveva agito in Palestina poco prima della distruzione di Gerusalemme. Wilhelm Meister viene quindi condotto in una seconda sala separata nella quale gli viene mostrato quanto non era esposto nella prima che conteneva appunto l’evoluzione religiosa dell’umanità fino alla distruzione di Gerusalemme, ad esclusione però della vita del Cristo Gesù, dell’uomo divino, come viene chiamato. Nella seconda sala gli viene mostrata la vita del Cristo Gesù fino all’ultima cena, e gli vien quindi spiegato: tutti i diversi impulsi religiosi visti nella prima sala, fino alla distrazione di Gerusalemme, concernono l’uomo in quanto appartenente ad un popolo determinato; si tratta quindi di religioni di popolo, religioni etniche. Quanto si vede nella seconda sala riguarda invece il singolo, parla al singolo individuo, in un certo senso è una sua questione privata; né si può fare altro che riferirla alla individualità del singolo; non può essere religione di popolo perché parla all’uomo come tale.

 

Wilhelm Meister si accorge allora che manca la storia del Cristo Gesù dall’ultima cena fino alla morte ed oltre la morte. Viene quindi condotto in una terza sala, del tutto segreta, e gli viene mostrata anche questa. In pari tempo però gli viene fatto notare che si tratta di questioni così intime che in so-stanza non si avrebbe il diritto di raffigurarle, come invece vien fatto in modo profano per il mondo esterno. Queste cose dovrebbero parlare solo a quanto di più profondamente ultimo vi è nell’uomo.

 

A questo punto si può osservare con ragione che se ancora ai tempi di Goethe la vera storia della passione del Cristo Gesù non doveva esser raffigurata esteriormente, oggi non è più così; da allora siamo passati attraverso diverse altre fasi di evoluzione. Vorrei però aggiungere che tutto l’atteggiamento di Goethe riguardo a questi problemi risulta da quanto ora esposto. Goethe mostra molto chiaramente di voler portare l’impulso del Cristo nell’intimo dell’anima senza mischiarlo con quanto di esteriore si riferisce invece al popolo; in ogni caso non vuole mischiarlo con strutture esterne del piano fisico, ma piuttosto mostra di voler cercare un immediato rapporto fra la singola anima individuale umana e l’impulso del Cristo. Goethe tende a stabilire un rapporto spirituale fra la singola anima umana e l’impulso del Cristo, il che è della massima importanza per la comprensione non soltanto di Goethe, ma anche del goetheanismo. Perché quando si dice, come io ho fatto in questi giorni, che Goethe e tutto il goetheanismo si trovano in sostanza isolati di fronte al mondo della cultura, non si può dire la stessa cosa in rapporto al progredire dell’evoluzione, quando si considerino gli intimi progressi religiosi dell’umanità civile. Da questo punto di vista Goethe stesso rappresenta anche la continuazione di qualcosa d’altro. Comprenderemo meglio come Goethe sia in un certo contrasto con tutto quanto affiora nelle Chiese europee se esamineremo anche un terzo impulso.

 

Questo terzo impulso si trova ancor più verso occidente. Oltre il popolo del Cristo e il popolo della Chiesa, si ha dunque un terzo impulso che anche, in un certo senso, dà ai popoli delle spinte, senza che si possano propriamente chiamare delle ispirazioni. Si può dire che quanto si è andato formando in modo da avere come conseguenza estrema il gesuitismo, l’esercito del comandante supremo Gesù Cristo, ha la sua profonda giustificazione in tutta l’essenza del mondo civile. Non si può comprendere tale essenza se non si risale molto a ritroso nell’evoluzione storica dell’umanità, a qualcosa che ha poi continuato ad agire. E noto dalla storia, e specialmente dalla storia delle religioni, che fra le diverse forme, delle quali in origine si servì il cristianesimo per la sua vittoriosa campagna, se così posso dire, compiuta da oriente verso occidente, vi erano l’arianesimo e l’atanasianismo. Popoli quali i Goti, i Longobardi, in origine persino i Franchi, che nei modi più diversi parteciparono al fenomeno chiamato, sia pure impropriamente, migrazione dei popoli, tutte queste stirpi erano originariamente ariane. Oggi la differenza dogmatica fra i seguaci di Ario e quelli di Atanasio interessa certo poco, ma ha però avuto una notevole importanza e occorre quindi rifarsi ad essa. La differenza dogmatica è che, partendo da una determinata concezione del mondo, in Antiochia, Ario si oppose particolarmente ad Atanasio. Questi era dell’opinione che il Cristo è un Dio come il Dio Padre, e che quindi esisterebbe il Dio Padre e, esattamente della stessa natura ed essenza, anche il Dio Cristo, uguale al Padre dall’eternità per natura ed essenza. Questa concezione è poi passata nel cattolicesimo romano, perché esso infatti ancor oggi si professa della fede di Atanasio. Del cattolicesimo romano si può quindi dire che alla sua base sta la fede che il Figlio sia eterno e della stessa natura ed essenza del Padre.

 

Ario si opponeva a questa concezione. Egli era dell’opinione che esistesse un solo Dio superiore, Dio Padre, e che il Dio Figlio, il Cristo, sia pur prima dell’inizio del tempo, fosse stato creato dal Padre. Non sarebbe quindi della stessa natura ed essenza, ma qualche cosa che si è sviluppato dal Dio Padre, che è più vicino all’umanità che il Dio Padre e che quindi costituisce in un certo senso la congiunzione fra il Dio Padre, aleggiante nelle altezze per ora irraggiungibili alle forze di conoscenza umane, e quanto l’uomo trova in se stesso.

 

Per quanto strano appaia, ad una prima impressione, questa sembra esser una differenza dogmatica, ma tale è soltanto per gli uomini di oggi. Non era una pura differenza dogmatica nei primi secoli dell’evoluzione cristiana; allora infatti h cristianesimo ariano, che poggiava ed era costruito interamente sulla base ora esposta, su questo rapporto del Figlio Verso il Padre, questa forma di cristianesimo appariva di Istinto come qualcosa di ovvio agli uomini che ho prima ricordato, ai Goti, ai Longobardi, e a tutti i popoli che smembrarono i dominii di Roma durante e dopo la caduta dell’impero romano. Tutti costoro erano ariani d’istinto. È noto che Ulfila tradusse la Bibbia, e la sua traduzione mostra chiaramente che egli era ariano. I Goti, i Longobardi e gli altri popoli che scesero in Italia erano ariani, e soltanto quando Clodoveo’ si convertì al cristianesimo, anche i Franchi fecero altrettanto. In un certo senso essi accettarono esteriormente la professione di fede di Atanasio, per la quale però non avevano un’intima disposizione perché già prima, nel loro intimo, essi erano ariani. Quando poi il cristianesimo si riunì sotto la bandiera il cui principale alfiere fu Carlo Magno, tutti vennero portati a credere nella professione di fede atanasiana, affinché avvenisse il passaggio alla Chiesa papale di Roma. Una gran parte dei popoli barbari originari, Goti, Longobardi e altri, scomparvero, e quelli che, come popolo, rimasero, furono scacciati e distrutti dagli atanasiani. L’arianesimo vero e proprio sopravvisse in sètte, ma scomparve come religione di popolo, capace di un’azione immediata.

 

A questo punto si pone una domanda, anzi due. La prima è: in sostanza che cosa è l’arianesimo, in confronto alla professione di fede di Atanasio? La seconda domanda è: nel corso dell’evoluzione europea perché l’arianesimo è scomparso, almeno per quanto è esteriormente visibile nei sintomi storici? Si tratta di un’evoluzione straordinariamente interessante. Alla domanda circa la natura dell’arianesimo si può soltanto rispondere che essa è l’ultima espressione, l’ultimo germoglio di quelle concezioni del mondo che, volendo innalzare Io sguardo alla divinità, ancora cercarono di trovare un rapporto fra il mondo esterno percepibile ai sensi e il mondo divino spirituale, che ancora sentirono la necessità di riallacciare il mondo dei sensi a quello superiore divino spirituale. Si può affermare che nell’arianesimo, sia pure in forma più astratta, vive ancora lo stesso impulso del Cristo, attivo nel popolo russo, solo però come impulso e non in forma sacramentale o di culto. Questa forma di impulso cristico doveva esser allontanata appunto per la ragione che essa non era adatta per le popolazioni europee. Fu dunque distrutta dai seguaci di Atanasio per la ragione che essa non era adatta per i popoli d’Europa.

 

Se si vogliono afferrare più da vicino queste cose, occorre pure far attenzione all’originario atteggiamento animico delle popolazioni europee, all’atteggiamento di quelle popolazioni che smembrarono l’impero romano (almeno così si dice anche se non è vero, ma non è questo il momento di rettificare la storia), e delle quali si sa soltanto che si sostituirono all’impero romano. L’atteggiamento animico dei cosiddetti popoli germanici poggia realmente in origine sopra un’altra base. Queste popolazioni provenivano dalle più diverse parti e si mescolarono con l’originaria popolazione europea che si denomina esattamente quando la si chiama popolazione celtica. In alcune popolazioni attuali europee esistono ancora dei residui celtici. Oggi, che si vogliono conservare tutte le vestigia etniche, si tende anche a conservare in un modo o nell’altro ogni elemento celtico, ovunque lo si incontri o si creda d’incontrarlo. Si può però afferrare la struttura dei popoli europei in modo giusto, se si pensa ad una civiltà primordiale europea, una civiltà celtica, nella quale s’inserisco’ no e dalla quale si sviluppano poi le altre civiltà, la germanica, la romana, l’anglosassone, eccetera.

 

La civiltà celtica si è conservata più a lungo con le sue caratteristiche originarie nelle isole britanniche e specialmente nel Galles. Ivi si sono conservate più a lungo anche le sue singolarità. E come verso l’oriente è stato sospinto un certo genere di sentimento religioso, tanto che il popolo russo divenne il popolo del Cristo, così avvenne, attraverso determinati fatti che si possono leggere in ogni libro di storia, e almeno in alcuni di essi, che in occidente si andasse diffondendo, appunto dalle isole britanniche, un certo impulso che al manifestava quale continuazione dell’antica civiltà celtica. La conseguenza fu che in occidente, in definitiva, questo effetto postumo dell’antica civiltà celtica determinò la struttura della vita religiosa, come per l’oriente e per l’Europa centrale essa fu determinata dalle cause di cui ho parlato.

 

Per afferrare questi problemi occorre indagare che popolo fosse in effetto quello dei Celti. Essi si differenziavano in numerose schiatte, ma avevano ugualmente una certa caratteristica comune, vale a dire che nella loro vita animica s’interessavano poco dei rapporti esistenti fra la natura e gli uomini. In un certo senso, davanti all’animo loro, essi ponevano l’uomo come isolato dalla natura, s’interessavano a tutto quanto concerneva gli uomini, ma non al modo in cui l’uomo medesimo è legato alla natura, a come l’uomo è unito alla natura. Mentre per esempio in oriente, dove si sviluppava un modo di vita opposto a quello dei Celti, si sentiva sempre il rapporto dell’uomo con il mondo intero e quindi anche con la natura, si sentiva cioè che l’uomo in un certo senso nasceva dalla natura, come ho detto che era anche per Goethe, le popolazioni celtiche invece avevano uno scarso interesse per il rapporto fra l’uomo e la rimanente natura, la natura cosmica. Per contro esse avevano molto interesse per la convivenza nella comunità sociale, e precisamente in modo che, fra le antiche popolazioni celtiche, la convivenza si estrinsecava in una coesistenza di gente che comandava e di gente che ubbidiva, di capi e di sottomessi. Era cioè essenziale un elemento antidemocratico, aristocratico: questo è qualcosa che, per l’Europa, risale propriamente fino al tempo degli antichi Celti. Allora, l’essenziale era proprio questo elemento aristocratico organizzato.

 

Vi fu dunque, vorrei dire, una certa fioritura di questo elemento celtico, aristocratico e regale. Il re, che era anche il capo che organizzava attorno a sé i capi, suoi subalterni, sorge appunto presso i Celti. Come ultimo di tali capi, che nelle sue intenzioni si basava ancora su antichissimi impulsi, abbiamo nel Galles re Artù con i suoi dodici cavalieri della Tavola rotonda, dei quali si racconta – e il racconto naturalmente non è da prendere alla lettera – che dovessero uccidere mostri e vincere demoni. Il che ci riporta all’antico tempo di una vita in comune con il mondo spirituale.

 

Il modo come si è formata la saga di re Artù, tutte le leggende cristallizzatesi attorno a lui, tutto mostra come i Celti, anche in questa loro ultima espressione, sentissero la forma monarchica. In questo senso esisteva piena comprensione per ogni comando, per quanto veniva disposto mediante ordini, mediante un’organizzazione proveniente dal re.

 

Avvenne ora quanto segue: il Cristo di Ulfila, il Cristo dei Goti, sentito intensamente nel senso dell’arianesimo, era il Cristo di tutti gli uomini, di uomini che in un certo senso si sentivano uguali, di uomini che non sentivano differenze aristocratiche o aristocratizzanti. Era in pari tempo una conseguenza, un’ultima conseguenza di quanto si sentiva in oriente quale collaborazione di ciò che l’uomo sperimentava sulla terra con tutto il cosmo ed anche con la natura. In un certo senso la natura era invece esclusa dall’organizzazione sociale del regno celtico.

 

Non posso ora entrare nei particolari, ma nelle linee generali queste due correnti s’incontrarono in Europa, dapprima fra di loro e poi con una terza. Le prime due correnti s’incontrarono, e in un primo tempo l’arianesimo ebbe il sopravvento; dato però che esso era una conseguenza di quanto univa natura e uomo, non lo capirono quelli che, sia pure come popoli germanici ad essi succeduti, Germani o Franchi, stavano sotto l’influenza di puri elementi celtici; non compresero l’arianesimo, ma compresero soltanto quanto già esisteva nella loro struttura regale. Sorse così la tendenza, ancora attiva nell’antico poema evangelico sassone Heliand, di trasformare il Cristo stesso in un re, in un capo regale, in principe a capo dei suoi soldati. Questa trasposizione del Cristo in un capo di eserciti nacque dall’incomprensione di quanto proveniva dall’oriente e dal desiderio di onorare ciò che si deve onorare sotto l’aspetto di un re, di un re di questo mondo.

 

Si aggiunse poi un terzo elemento, proveniente dal sud, dall’impero romano. Quest’ultimo era già prima infetto da quanto oggi si potrebbe chiamare il principio statale. L’impero romano che non era uno stato, ma un impero, qualcosa che forse oggi si comprende meglio se lo si definisce « formazione simile ad uno stato », l’impero romano, in un certo senso, era molto simile a quanto può risultare dalla organizzazione monarchica, anche se proveniente da altre condizioni; diverso comunque perché i vari territori erano geograficamente distanti e le diverse condizioni producevano una diversa struttura sociale. Da una repubblica si era modificato in un’organizzazione imperiale, ed era però divenuto simile a ciò che presso i Celti, ma colorato poi di germanesimo, si era sviluppato dai diversi regni.

 

Appunto perché tutto vi era basato su di una struttura esistente esteriormente sul piano fisico, il modo di pensare e di sentire di fronte alla vita sociale, proveniente dal sud, dall’impero romano, mai poteva in realtà intimamente legarsi ai vecchi impulsi istintivi provenienti ancora dall’oriente, come era il caso dell’arianesimo. Ma ciò richiedeva qualcosa d’incomprensibile — e mi si scusi il paradosso — ciò richiedeva delle norme di legge. Allo stesso modo come in un regno o in un impero si fanno delle leggi, anche nella Chiesa dei papi si emanarono delle leggi. L’insegnamento di Mio poteva esser afferrato dagli uomini facendo appello a determinati sentimenti, esistenti soprattutto nei popoli dei quali ho parlato; queste affinità si trovavano certo in ogni uomo. Il contenuto della professione di fede attanasiana parla invece ben poco alla comprensione e ai sentimenti umani, e per essere introdotto in una comunità di popolo occorre che venga decretato, deve diventare una legge; come si fanno leggi per le cose del mondo, si dovette ricorrere ad una legge anche per la professione di fede attanasiana. E così avvenne infatti: una cosa del tutto incomprensibile e straordinaria, l’uguaglianza cioè del Figlio con il Padre, entrambi esistenti dalla

 

eternità, uguali nella loro divinità, tutto ciò venne concepito, anche in seguito, in modo da arrivar a dire: non occorre capirlo, basta crederlo, è appunto qualche cosa che richiede un precetto. La fede attanasiana fu adottata con una sanzione. E per il fatto di esser stata pronunziata, per il fatto di esser stata decretata, quella fede entrò anche a far parte di un’organizzazione politica chiesastica. L’arianesimo parlava all’uomo singolo, all’individuo, né era possibile inserirlo in una organizzazione chiesastica o adottarlo per legge. Il procedere per decreti e per leggi derivava dai documenti dei quali ho già parlato in precedenza.

Quanto proveniva dal sud, dalla corrente attanasiana, con la sua tendenza a fissarsi in precetti, si univa all’istinto verso un’organizzazione alla cui testa si trovava un capo con i suoi dodici sottocapi.

Nell’Europa centrale tutto ciò si è frammischiato. Nell’Europa occidentale britannica, ed in seguito anche in America, rimase invece qualcosa dell’antica disposizione, quale si rinviene nell’elemento principesco ed aristocratico attorno al quale la società si organizza, e che porta la spiritualità nella società medesima. Che si pensasse d’inserire lo spirito nella società, lo si rileva pure dalla saga di Artù, quando viene raccontato che i cavalieri della Tavola rotonda dovevano combattere e vincere i mostri e i demoni. Lo spirituale agisce in tutto ciò ed in modo da poter esser coltivato soltanto se non si ricorre ai precetti, ma se lo si rende simile a natura, se lo si organizza. Avvenne così che, mentre nell’Europa centrale si sviluppava il popolo della Chiesa, verso occidente, e con più precisione nei popoli di lingua inglese, si formò quanto può essere denominato il popolo delle logge, o meglio i popoli delle logge, per usare una terza denominazione adatta a questa corrente (vedi disegno); in essa già originariamente si aveva la tendenza a formare delle società ed a suscitare in seno ad esse il senso dell’organizzazione. In definitiva l’organizzazione ha valore soltanto se viene attuata con mezzi spirituali, senza che altri li notino, altrimenti bisogna ricorrere ai precetti di legge. Nell’Europa centrale si ricorse ai precetti; in quello che invece si andava formando nella popolazione di lingua inglese come continuazione della civiltà celtica, si cercò di arrivare al dominio a mezzo delle logge. Sorse così il popolo delle logge, anzi i popoli delle logge che in sostanza mostrano la caratteristica di non voler organizzare l’intera umanità, ma di riunirla in società, in ordini. La tendenza a riunire in ordini è la continuazione di quanto si riallaccia alla saga di re Artù. Nella vita storica le cose sono sempre frammiste, e non è possibile afferrare il corso della evoluzione se si crede che ogni fatto successivo derivi in via diretta da quelli precedenti; nell’evoluzione invece le cose sono frammiste. Appare quindi un fatto notevole che, in rapporto alla capacità di rappresentazione umana, in rapporto a tutto quanto agisce nell’animo umano, il principio e il modo di essere delle logge — che ha poi prodotto una scimmiottatura caricaturale nella massoneria — è intimamente affine al gesuitismo. Malgrado il gesuitismo sia nemico acerrimo delle logge, come è ben noto, riguardo al modo di pensare le due correnti hanno grandi affinità. Certamente in Ignazio di Loyola, per creare la sua grandiosa opera, sono stati attivi anche gli elementi di sangue celtico che scorrevano nelle sue vene.

 

Riepilogando dunque, in oriente è sorto il popolo del Cristo, quello che risente del continuo e duraturo impulso del Cristo. Per un europeo orientale è naturalissimo che, per tutta la vita, scorra nella sua anima di continuo l’impulso del Cristo. Per il popolo della Chiesa dell’Europa centrale tutto ciò si è smorzato o paralizzato in quanto l’impulso del Cristo è stato situato, una volta per sempre, all’inizio dell’èra volgare; a tale impulso venne poi collegata l’emanazione di norme, di precetti statali, nonché quanto deriva dalla tradizione e dai principi. In occidente, nel sistema delle logge, l’impulso del Cristo era addirittura problematico, del tutto problematico, e risultò quindi ancora più paralizzato. Dalle forme di pensiero risalenti originariamente all’impulso delle logge, che a sua volta deriva dai Celti e ne è l’ultima propaggine, derivò, con il teismo, il cosiddetto illuminismo. Risulta perciò straordinariamente interessante seguire come sia grande la differenza fra il modo di comportarsi nei confronti dell’impulso del Cristo di un appartenente ad un popolo medioeuropeo della Chiesa o invece di un appartenente al mondo britannico. Prego però di non applicare quanto esposto ai singoli individui, perché naturalmente anche in Inghilterra si è diffuso l’impulso della Chiesa. Occorre considerare le cose nella loro realtà, e osservare quindi quegli uomini che sono in rapporto con l’impulso proveniente dalle logge, come ora ho accennato, impulso che è pure penetrato nella vita pubblica di tutto l’occidente. Da tutto ciò si è poi sviluppato un altro rapporto verso il Cristo.

 

Ci si può chiedere in che rapporto stia l’appartenente al popolo del Cristo con il Cristo medesimo. Egli sa che sperimentando giustamente se stesso nella sua anima, egli trova l’impulso del Cristo, perché tale impulso è nella sua anima e agisce sempre in essa. L’appartenente al popolo della Chiesa invece, come S. Agostino che, nei suoi anni di maturità, si chiedeva: come trovo il Cristo?, risponde: « Lo trovo come me lo presenta la Chiesa : essa mi dice chi è il Cristo; dalla Chiesa io posso apprenderlo perché essa, grazie alla sua tradizione, ha conservato quanto è stato detto all’inizio intorno al Cristo ». Infine, chi veramente appartiene al popolo delle logge si occupa del Cristo in tutt’altro modo: né come lo fa il popolo della Chiesa, né come quello del Cristo, ma dice invece: certo, la storia parla di un Cristo una volta esistito. È però razionale accettare un tale Cristo? Come si giustifica razionalmente l’influenza del Cristo nella storia? Questa è in sostanza la cristologia dell’illuminismo, di quella torrente che pretende che il Cristo sia giustificabile di fronte alla ragione.

 

Per capire ora di che cosa si tratti bisogna aver ben chiaro che si può giungere in ogni momento a Dio, anche senza avere l’impulso del Cristo. Anche nel caso di non essere del tutto nella norma – l’ateo infatti è un uomo che anche fisicamente ha in sé qualcosa di ammalato – si arriva a Dio per la via della speculazione, della mistica, o per qualsiasi altra via. Si arriva comunque a supporre un Dio nel mondo. E questa è appunto la fede originaria del teismo, dell’illuminismo. Si arriva così per via diretta alla fede illuministica che esista un Dio.

 

In seguito però, in coloro che provengono dal popolo delle logge, si tratta di considerare razionale il supporre, accanto a Dio in generale, anche il Cristo. Si potrebbero scegliere diverse personalità che a questo proposito siano caratteristiche. Io ho scelto Herbert Cherbuiy, morto nel 1648, proprio nell’anno della pace di Westfalia. Egli cercò di arrivare a trovare razionalmente l’impulso del Cristo. Ad un vero rappresentante del popolo russo, per esempio, non potrebbe nemmeno venir in mente di trovare razionalmente l’impulso del Cristo. Per lui sarebbe come volergli richiedere di dimostrare razionalmente la presenza della testa, appoggiata sopra le due spalle. Come si ha la testa, allo stesso modo si ha l’impulso del Cristo. Persone come Cherbury invece richiedono cose del tutto diverse e si domandano: è razionale supporre anche l’esistenza di un Cristo, accanto a quella di Dio, alla quale conduce comunque una riflessione illuministica? Per prima cosa occorre studiare razionalmente gli uomini per trovare una vera giustificazione a tutto ciò.

 

Certo si può obiettare che, naturalmente, non tutti gli appartenenti al popolo delle logge si comportano in questo modo: certamente non lo fanno. In chiari concetti lo fanno soltanto i filosofi; tutti gli altri non pensano molto, ma nei loro istinti, nei loro sentimenti, nelle loro deduzioni subcoscienti si comportano in tal maniera tutti coloro che, in un modo qualsiasi, sono in rapporto con l’impulso del popolo delle logge. L’uomo del quale parlo, per esempio, si chiedeva: vediamo in primo luogo che cosa hanno in comune le singole religioni. Già questo è un trucco dell’illuminismo; non volendo arrivare alla spiritualità, almeno per quanto riguarda l’impulso del Cristo, ma soltanto ad un’astratta divinità teistica, ci si chiede: è connaturale all’uomo lo scoprire questa o quella cosa? Cherbuiy, che molto aveva viaggiato, cercava innanzi tutto di sapere che cosa avessero in comune le diverse religioni.

Egli trovò parecchio di comune, e cercò quindi di riunire in cinque proposizioni quanto aveva trovato di comune nelle religioni. Dobbiamo considerare tali proposizioni molto attentamente, perché ciò è veramente importante.

 

La prima proposizione dice:    • Vi è un Dio.

Poiché istintivamente i diversi popoli delle più diverse religioni sono pervenuti

a riconoscere un Dio, egli trova naturale di affermare che vi è un Dio.

La seconda proposizione è ugualmente una comune caratteristica delle religioni:    • Dio richiede adorazione.

La terza:     • L’adorazione deve consistere di virtù e di devozione.

La quarta:  • Bisogna pentirsi dei peccati, ed espiarli.

La quinta:  • Nell’aldilà vi è una giustizia che premia e che punisce.

 

Come si vede in tutto ciò non vi è nulla che si riferisca d un qualsiasi impulso del Cristo. In pari tempo però si ritrova, in queste cinque proposizioni, il risultato al quale perviene costruendo soltanto con gli impulsi religiosi, con gli impulsi delle logge. Questa concezione andò sempre più formandosi come illuminismo. Troviamo sempre, anche in Hobbes, in Locke e in altri, il tentativo di chiedersi: certo, si hanno delle tradizioni a proposito di Gesù Cristo, ma è ragionevole accettare un simile Gesù Cristo? In definitiva si adattano ad affermare: se si esamina quanto è contenuto nei Vangeli e quanto vien tramandato sul Cristo Gesù, si vede che tutto concorda in sostanza con le proposizioni fondamentali e comuni di tutte le religioni. Si ha quindi l’impressione come se il Cristo avesse voluto riassumere quanto tutte le religioni hanno di comune, come se fosse esistita una personalità illuminata da Dio (questo è possibile più o meno pensarlo) che avesse insegnato il meglio, tratto dalle diverse religioni. Tutto ciò venne considerato razionale, e singoli individui, per esempio Tyndal, vissuto dal 1657 al 1733, scrisse un libro, Il cristianesimo è vecchio come la creazione, libro molto importante per conoscere l’essenza dell’illuminismo, a sua volta in seguito appiattito dal voltairismo. A Tyndal premeva di mostrare che, in sostanza, tutti gli uomini, gli uomini migliori, sempre furono cristiani e che il Cristo ha appunto riassunto soltanto il meglio delle religioni.

 

Si vede così che il Cristo viene abbassato al livello di uno che insegna. Sia che lo si chiami messia, o maestro, o come altrimenti si voglia, egli diviene uno che insegna. Cristo diviene un maestro. Non si bada tanto all’avvento del Cristo, bensì al fatto che egli è esistito, che egli ha insegnato un certo contenuto religioso, per altro la parte migliore e universale del contenuto religioso di tutta l’umanità.

 

Quanto ora ho mostrato può naturalmente assumere le più svariate sfumature, ma resta il tono fondamentale: il Cristo è maestro. Se ora consideriamo i tipi caratteristici del popolo del Cristo, del popolo della Chiesa e del popolo delle logge, tipi che naturalmente vanno sfumandosi nei modi più diversi, se cerchiamo la realtà dietro ciò che molto spesso è apparenza, possiamo dire, per il popolo del Cristo: Cristo è lo spirito; in sostanza cioè egli non ha nulla a che fare con un qualsiasi ordinamento sul piano fisico. Esiste soltanto il mistero che egli una volta sia stato presente in una figura umana. Per il popolo della Chiesa possiamo dire: Cristo è il re. L’espressione potrà venire sfumata più o meno, ma resta: Cristo è il re. Essa continua a vivere pure nel popolo delle logge, ma si modifica per divenire: Cristo è il maestro.

 

Occorre porsi davanti agli occhi queste sfumature della coscienza europea, perché esse vivono profondamente non soltanto nei singoli individui, ma anche in tutto quanto si è evoluto animicamente in Europa nel quinto periodo post-atlantico ed anche in parecchi degli sviluppi sociali. Sono le principali gradazioni dell’impulso del Cristo. Vi sarebbe ancora molto da dire su questi argomenti, ma oggi ne ho fatto soltanto uno schizzo a causa della ristrettezza del tempo.

 

Ed ora rifacciamoci alle tre forme di evoluzione dell’umanità ieri ricordate. L’umanità intera cioè si evolve in modo che essa vive ora nell’anima senziente, come fra il ventottesimo e il ventunesimo anno. Ogni singolo individuo si sviluppa invece in modo che ora, nel quinto periodo di civiltà postatlantica, l’umanità porta ad espressione l’anima cosciente. Vi è poi una terza evoluzione, entro le anime di popolo, evoluzione della quale ho parlato ieri. Quest’ultima evoluzione è appunto in relazione con le anime dei popoli. Da un lato si hanno gli avvenimenti storici, a loro volta attivi, e dall’altro le anime dei popoli con le loro sfumature religiose. Questa cooperazione fa sì che il popolo del Cristo si sviluppi con l’impulso: Cristo è lo spirito, il popolo della Chiesa con l’impulso : Cristo è il re, e il popolo delle logge con l’impulso: Cristo è il maestro. Tutto ciò dipende dalle sfumature dei diversi popoli e costituisce la terza evoluzione (vedi disegno).

 

Naturalmente, nell’evoluzione complessiva esteriore, ognuna delle tre evoluzioni confluisce nell’altra. Nella realtà una agisce sull’altra, per mezzo delle altre, ognuna confluisce nell’altra. E se ora per esempio ci chiediamo: chi fa parte del popolo delle logge? chi partecipa a questa forma di teismo del popolo risulta allora in modo strano che un tipico rappresentante del teismo illuministico è Hamack di Berlino! Egli ne è infatti un rappresentante molto più puro di qualsiasi altro che possa trovarsi al di là della Manica. Nella vita moderna tutto si mescola, ma se si vogliono afferrare i fenomeni seguendoli fino alle loro origini, non bisogna certo fermarsi alle esteriorità, ma occorre invece aver ben chiari i rapporti descritti e sapere che la terza corrente evolutiva, quella legata ai popoli, si frammischia a quanto ora ho esposto.

 

Dato che anche le altre correnti evolutive sono pure presenti, si ha sempre la reazione, in questo caso l’insorgere dell’anima cosciente contro quanto è inerente al popolo, come risulta nei luoghi più diversi. Direi quasi che un tale insorgere si ha partendo da diversi centri; tale aspetto ha pure il goetheanismo che in sostanza nulla avrebbe in comune con quanto ora ho descritto, ma che, considerato da altri punti di vista, ha molto a che fare con tutto. Infatti, assai presto, si sviluppala corrente del Graal che fluisce parallelamente a quella che ho descritto come la corrente di Artù. Tale corrente è esattamente l’opposto di quella di re Artù. Nella corrente del Graal chi vuole visitare il tempio del Graal deve percorrere strade intransitabili per una lunghezza di sessanta miglia, perché il tempio è molto nascosto, ed ivi nulla si apprende se non si chiede – in breve, tutta l’atmosfera del Graal consiste nel creare un’unione fra l’intimo dell’anima umana, dove si desta l’anima cosciente, e i mondi spirituali. Se così posso esprimermi, si cerca di guidare ad arte il mondo dei sensi verso l’alto, verso il mondo dello spirito, mentre nel popolo del Cristo si cerca di arrivare a ciò in modo istintivo. Se ora vogliamo seguire, sotto forma di disegno, queste speciali interferenze degli impulsi religiosi europei, possiamo dire: da un lato abbiamo un impulso, oggi ancora istintivo e informe, allo stato di germe, che vive nel popolo del Cristo (a destra nel disegno); ivi scendono spiriti che, se diventano filosofi, come un Soloviov, considerano del tutto ovvio e naturale ‘un tale impulso del Cristo.

 

L’Europa centrale non è però in grado, per le sue condizioni etnografiche ed etniche, di accogliere quell’impulso come esso è, e ciò deve quindi esser fatto ad arte. Avviene così che, con la corrente del Graal, s’inserisce attivamente in Europa qualcosa che, per così dire, come la curva di un vortice, (in bianco nel disegno) entra in gioco ed agisce.

 

 

Tale corrente s’irradia in tutta Europa, ma appunto in quanto è corrente del Graal non può esser limitata dalle barriere di singoli popoli. In questa atmosfera del Graal viveva Goethe, sia pure nelle forze più profonde della sua coscienza. Se si cerca l’atmosfera del Graal, la si ritrova dappertutto. In un certo senso Goethe non è quindi isolato, ma in tal modo si riallaccia a qualcosa che esisteva prima. Egli non aveva nulla a che fare con Lutero, o coi mistici tedeschi, o con quant’altro lo aveva preceduto; tutto ciò agisce più o meno su di lui in modo da farlo divenire un cittadino del mondo. Quello che Invece lo porta a distinguere tre gradini nello sviluppo religioso: il gradino delle religioni di popolo, il gradino della religione dei saggi, come viene mostrato al singolo individuo nella seconda sala, ed infine la religione più personale che parla solo intimamente all’anima nella terza sala e che contiene i misteri della morte e della resurrezione, quello che lo porta in tal modo ad innalzare ad altezze spirituali l’elemento religioso attivo nel mondo dei sensi, invece di rivolgerlo in basso al modo dei gesuiti, quello che così fa agire Goethe è l’atmosfera del Graal. E per quanto paradossale ciò possa sembrare, un’atmosfera da Graal si ritrova in quanto è russo; in quanto è russo vi è senz’altro un’atmosfera da Graal. Appunto in quest’atmosfera invincibile del Graal, esistente nel mondo russo, per quanto paradossale ciò possa sembrare, sta l’avvenire del popolo russo per la sesta epoca di civiltà postatlantica, della quale ho così spesso parlato.

 

Questi sono gli aspetti che occorre considerare, se si esamina un lato della questione. Se guardiamo ora l’altro lato, vi troviamo che l’impulso del Cristo non viene accolto né come vien fatto in oriente, in un certo senso come un invasamento, né come qualcosa di sopravvivente nella tradizione e negli scritti, ma piuttosto come qualcosa di razionale. Questo almeno è quanto appare attraverso l’insieme delle logge, e precisamente in tutte le loro diverse ramificazioni e continuazioni. Nel disegno lo indico con un tratteggio diverso. In occidente questo impulso risulta pervaso dalla politica ed è l’estrema espressione della Tavola rotonda, di tutto quanto è rappresentato da re Artù. Come l’impulso del Cristo proprio dei Russi si propaga quale corrente del Graal, s’irradia in tutti i migliori uomini dell’occidente, anche l’altro impulso, quello di re Artù, si estende e scorre in tutti gli appartenenti al popolo della Chiesa assumendo la colorazione del gesuitismo. E non si obietti che il gesuitismo è nemico acerrimo delle logge; si può esser nemici anche di qualcosa che abbia le stesse forme di pensiero. Infatti è avvenuto, è storicamente provato, non soltanto che i gesuiti si sono insinuati in tutte le logge e che loro alte gerarchie sono in rapporto con alti gradi delle logge, ma anche il fatto che ambedue, sebbene presso popoli diversi, derivano dallo stesso ceppo, sia pure se l’uno si è sviluppato verso il papato e l’altro verso la libertà, il razionalismo e l’illuminismo.

 

Tutto ciò dà pure una sorta d’immagine di quanto vorrei chiamare l’agire dell’evoluzione dell’anima cosciente. Prima infatti ho descritto i tre stadi di passaggio da oriente a occidente basati su quanto ha attinenza coi popoli, con l’elemento etnico. Che ora, nelle diverse reciproche azioni, vengano assunte forme come quelle che conducono in occidente all’illuminismo, avviene perché la corrente evolutiva dell’anima cosciente vive nell’uomo singolo, nell’individuo. Abbiamo poi la terza corrente, comune a tutta l’umanità, per effetto della quale tutti gli uomini si trovano nel medesimo stadio evolutivo e divengono anzi sempre più giovani; oggi essi sono al livello dell’anima senziente, dai ventotto ai ventun anni. Questa evoluzione riguarda tutta l’umanità. Se parliamo quindi della prima corrente, quella etnica, in base alla quale si formano le religioni di popolo e cioè la religione del Cristo, la religione delle Chiese, la religione delle logge, allora ci collochiamo dal punto di vista dell’evoluzione dei popoli, quella che io di solito suddivido dicendo: popolo italiano — anima senziente, popolo francese — anima razionale, e così via. Se invece ci riferiamo all’anima cosciente che si evolve in ogni singolo uomo dall’inizio del quinto periodo postatlantico, allora abbiamo principalmente quanto fluisce in tal modo nel campo religioso. Ma partendo da questa evoluzione al ha pure l’azione comune con l’altra che si ha in tutti gli uomini, cioè con l’evoluzione dell’anima senziente, parallela a quella dell’anima di coscienza, ma molto meno cosciente di essa.

 

Si studi un uomo come Goethe, e si vedrà che, a volte magari attraverso impulsi nel subcosciente, ma nello stesso tempo con molta coscienza, egli si dà la sua direzione religiosa; si giungerà così all’attività dell’anima cosciente. Nell’umanità moderna, accanto a questo, si ha pure un altro elemento che agisce molto fortemente negli istinti, negli impulsi incoscienti di questa moderna umanità, e che è intimamente collegata con l’evoluzione dell’anima senziente. Ciò può esser chiamata l’evoluzione verso il socialismo, ora all’inizio del suo corso, ma che, in un certo senso, troverà il suo compimento in base a quanto ho accennato. Come ho anche detto, certamente gli impulsi verranno sempre dati dall’anima cosciente, ma che il socialismo sia la missione del quinto periodo postatlantico e che esso debba giungere ad un compimento nel quarto millennio, ciò dipende, per tutta l’umanità, dal fatto che essa si trova nell’età dell’anima senziente, dal ventottesimo al ventunesimo anno. Benché nel corpo sociale esistano diversi partiti, sempre però partiti entro la corrente sociale, il socialismo non è un partito; il socialismo come tale non è un partito, ma qualcosa che di necessità si andrà formando nella umanità nel corso della quinta epoca di civiltà postatlantica; e quando quest’epoca si chiuderà, almeno per quanto riguarda il mondo civile, esisteranno nell’uomo, come essenziali, gli istinti per il socialismo.

 

Pensiamo ora che tutto quanto ho detto agisce contemporaneamente nel quinto periodo di civiltà postatlantica. Tutte le cose descritte agiscono assieme, e vi agisce pure quanto si trova, come essenza, nelle profondità incoscienti, vale a dire la tendenza a trovare, per la fine del quarto millennio, la giusta struttura socialistica per tutto il mondo. Da un punto di vista più profondo non ci si può quindi davvero meravigliare che il socialismo determini delle crisi, a volte anche molto gravi, se si riflette da quali profondità subcoscienti esso riceva i suoi impulsi, se si riflette come tutto ribolle con forza e come sia ancora molto lontano il momento in cui il socialismo giungerà a navigare nelle sue giuste acque. Per ora esso rumoreggia piuttosto nell’umana natura — neppur si può dire nelle anime umane — ed in primo luogo nei temperamenti umani. E si escogitano teorie appunto per quanto si agita nei temperamenti umani. Quando non siano la espressione di ciò che esiste nella profonda realtà, come è il caso per la scienza dello spirito, tali teorie, siano esse di Bakunin, di Marx, di Lassalle o di altri ancora, sono sempre la stessa cosa: maschere, ornamenti, cose comunque che l’uomo si fabbrica superficialmente stando al di sopra della realtà. Le realtà invece si vedono soltanto quando si guardi così profondamente nell’evoluzione dell’umanità, come noi abbiamo cercato di fare in queste conferenze.

 

Anche ciò che oggi avviene esteriormente è soltanto una tumultuosa preparazione di quanto realmente è in attesa, non si può dire nelle anime, ma nei temperamenti. Tutti siete socialisti, anche se spesso non sapete quanto fortemente lo siate, perché tutto è nei temperamenti, nel subcosciente. Soltanto sapendolo si riesce a superare quel nebuloso e ridicolo cercare verso la conoscenza di sé stessi che guarda nell’intimo dell’uomo… e voglio ora astenermi dal dire quale vuota astrazione priva di vita vi si ritrovi. L’uomo è un essere complicato, ma lo si conosce soltanto se si arriva a conoscere tutto il mondo: quest’è la cosa che si deve sempre tener presente.

 

Consideriamo ora il mondo e l’umanità da questo punto di vista, come essi si siano evoluti nel quinto periodo di civiltà postatlantico, e diciamoci: in oriente abbiamo il popolo del Cristo col suo essenziale impulso: il Cristo è spirito. Vive nella natura di questo popolo di portare nel mondo con forza Istintiva, con potenza elementare, come necessità storica, ciò che, attraverso la mentalità del resto dell’Europa, ha potuto accadere soltanto come una prefigurazione. Al popolo russo come tale è conferita la missione di cercar di plasmare la essenza del Graal, come sistema religioso, fino al sesto periodo di civiltà postatlantica, in modo che esso possa poi divenire un fermento di civiltà per tutta la terra. Nessuna meraviglia che questo impulso s’incroci con gli altri impulsi esistenti, e se questi ultimi assumano forme strane.

 

Che cosa sono gli altri impulsi? Sono: il Cristo è re, il Cristo è maestro. I Russi non arrivano quasi a capire «Il Cristo è maestro» perché l’anima russa, come ho già accennato, davvero non afferra che cosa possa significare insegnare il Cristianesimo, non comprende che non lo si sperimenti come qualcosa ch’è nell’anima. Ora, è forse l’anima russa più congeniale con «Il Cristo è re»? A questo proposito vediamo lo scontro fra due tendenze che meno di tutte le altre al mondo avevano qualcosa di comune, lo scontro cioè dell’impulso « Cristo è spirito » con lo zarismo, vale a dire con la caricatura orientale del principio d’introdurre una signoria terrena nel campo religioso. « Cristo è re e lo zar è il suo rappresentante » è un accoppiamento fra un principio occidentale, che si manifesta nello zarismo, e ciò che con esso non ha assolutamente nulla a che fare; quello che cioè vive nel sentimento dei Russi, attraverso l’anima di popolo russa.

 

È appunto caratteristico della realtà fisica esteriore che debbano scontrarsi e adattarsi esteriormente proprio le cose che interiormente meno hanno qualcosa in comune. Lo zarismo e l’anima russa furono sempre estranei, nulla ebbero mai in comune. Chi comprende l’essere dei Russi, specialmente dal punto di vista religioso, troverà del tutto naturale, necessario, e avvenuto al momento opportuno che si siano voluti deporre gli zar. Pensiamo ora che la frase « Cristo è spirito » significa qualcosa di molto intimo, qualcosa ch’è dei tutto legato con la più nobile civiltà dell’anima cosciente e che si scontra, mentre il socialismo si agita, con quanto vive nell’anima senziente, come ho appunto esposto. Nessuna meraviglia che la diffusione del socialismo nella parte orientale dell’Europa assuma delle forme del tutto incomprensibili: un inorganico intrecciarsi d’impulsi provenienti dalla civiltà dell’anima cosciente e anche da quella dell’anima senziente. Molto di quanto avviene nella realtà esteriore diverrà chiaro e comprensibile se terremo davanti agli occhi questi intimi rapporti. È certamente necessario per l’umanità attuale e per la sua evoluzione futura che essa non passi oltre trascurando, per comodità o per pigrizia, quanto fa veramente parte del suo essere, vale a dire l’aver comprensione per le situazioni nelle quali ora ci troviamo. Ma non lo si è capito, non lo si è voluto capire. Per questa ragione è sopravvenuto questo caos europeo, ora legato anche con l’America, per questo l’attuale spaventosa catastrofe. Né si uscirà da questa catastrofe fino a quando gli uomini non mostreranno l’intenzione di comprendersi come essi sono, proprio come essi sono nell’attuale momento evolutivo, nell’epoca presente. Queste cose appunto occorre riconoscere.

 

Per questa ragione è per me così importante che si riconosca che quel ch’io penso come movimento antroposofico deve essere realmente legato alla conoscenza dei grandi impulsi evolutivi dell’umanità, deve esser riallacciato a quanto la nostra epoca richiede ora direttamente dagli uomini. Naturalmente è poi causa di gran dolore vedere come il tempo presente sia poco disposto ad afferrare e riconoscere la concezione antroposofica del mondo, proprio da questo punto di vista.

 

Da un punto di vista generale desidero ora completare quanto ho detto in queste conferenze in relazione alla Filosofia della libertà: a questo proposito si vedrà dunque che tutto quanto va sorgendo come socialismo è un fenomeno del tutto speciale fondato nella natura umana e che sempre più afferrerà l’umanità. Le reazioni contrarie oggi esistenti appaiono semplicemente terribili a chi compenetri la realtà delle cose. A chi guardi in tal modo diviene allora chiaro che l’impulso ancora molto confuso e che si fa valere con tanto strepito, cioè quanto si diffonde quale socialismo sopra tutta la terra col suo carattere internazionale, è fecondo per l’avvenire. Invece la costituzione di ogni più minuscolo staterello nazionale, come ora si vuol attuare, è in contrasto con l’evo-lozione dell’umanità. L’affermare che ad ogni singola nazione debba corrispondere un singolo stato è un pauroso puntellamento che si tenta in senso contrario all’evoluzione del quinto periodo di civiltà postatlantica. Non è certo dato sapere a che cosa condurrà tutto ciò, ma un tale principio viene per altro affermato.

 

Quest’ultima tendenza è in pari tempo impregnata di quanto ci riporta al principio di re Artù: è cioè del tutto impregnata dei principi di organizzazione. La tendenza opposta quella del Graal che, come ho già esposto, è intimamente legata ai principi di Goethe. La tendenza del Graal infatti si basa sempre sull’individuo, in campo etico, in campo scientifico, sempre punta sull’ individuo e soprattutto considera l’individuo nella sua evoluzione; non quindi gruppi, che oggi non hanno più significato e che devono esser eliminati dal mondo appunto per mezzo dell’elemento socialistico internazionale; perché questa è la giusta tendenza dell’evoluzione.

 

Dai miei primi scritti su Goethe ed anche dal mio libro La concezione goethiana del mondo si può vedere come io abbia tratto l’individualismo dalla concezione stessa di Goethe; in essi si può anche vedere che tale individualismo è una conseguenza naturale del goetheanismo. Si può quindi dire che nell’ individualismo goethiano, che può solo culminare in una filosofia della libertà, si ha proprio quanto necessariamente deve tendere a ciò che si sta formando come socialismo. Si riconoscono quindi due mète verso le quali l’umanità tende nel quinto periodo di civiltà postatlantica, una è l’individualismo e l’altra il socialismo. Queste cose vanno però rettamente intese, e la loro giusta comprensione è di necessità legata al fatto di acquisire un’idea di che cosa debba aggiungersi al socialismo affinché esso possa realmente muoversi in direzione dell’evoluzione umana. I socialisti di oggi non hanno ancora alcuna idea di ciò cui necessariamente dovrà collegarsi il vero socialismo che soltanto nel terzo millennio giungerà ad una certa conclusione, se esso si svilupperà giustamente. Si tratta innanzi tutto della necessità che il socialismo si evolva con il giusto senso per l’essere complessivo dell’uomo, vale a dire per la sua parte corporea, animica e spirituale. Le sfumature verranno poi date dai diversi impulsi religiosi etnici; essi contribuiranno affinché l’uomo sia considerato nella sua tripartizione in corpo, anima e spirito. L’oriente russo contribuirà affinché sia compreso lo spirito, l’occidente farà in modo che venga capito il corpo e la zona intermedia curerà affinché venga compresa l’anima; e naturalmente le tre tendenze si compenetreranno, perché nulla va collocato in schemi o categorie, ma piuttosto in tutto ciò dovrà svilupparsi il vero principio, il vero impulso del socialismo.

 

Che cosa è in sostanza il socialismo? Il vero impulso del socialismo consiste nel fatto che gli uomini, come ho già accennato, davvero arrivino a realizzare, nella struttura sociale esteriore, la fraternità nel senso più ampio della parola. Naturalmente la fraternità vera non ha nulla a che fare con l’uguaglianza. Si prenda infatti la fraternità in una famiglia: se uno dei fratelli ha sette anni e un altro è appena nato, è chiaro che non si può parlare di uguaglianza. La fraternità deve innanzi tutto esser compresa, e questo è appunto tutto ciò che deve esser realizzato sul piano fisico: in luogo dell’attuale sistema statale dovrebbero esservi delle organizzazioni sparse su tutta la terra, compenetrate di fraternità. Per contro, dall’organizzazione esteriore dello stato e da tutte le altre organizzazioni simili allo stato deve esser separato tutto quanto riguarda le Chiese e la religione, che a loro volta devono diventare questioni di pertinenza dell’anima. Tutto ciò deve svilupparsi in una convivenza completamente libera di anime. Parallelamente all’evoluzione del socialismo dovrà esservi la più assoluta libertà di pensiero in relazione a tutte le questioni religiose.

 

Fino ad ora il socialismo, nella sua forma socialdemocratica, ha buttato lì questo concetto soltanto affermando che la religione è una questione privata. Ma esso resta fedele alla affermazione press’a poco come un toro infuriato è fedele alla fraternità verso qualcuno che sta caricando. Il socialismo non ha la minima comprensione per tutto ciò, perché, nella sua forma attuale, è esso medesimo una religione, vien condotto In modo del tutto affine a quello di una setta ed appare enormemente intollerante. Parallela al socialismo deve quindi realmente rifiorire la vita religiosa dell’umanità costruita in modo da, essa sia una libera questione d’anime collaboranti fra di loro sulla terra. Pensiamo ora a quanto in questo campo si è lavorato in senso contrario all’evoluzione. In un primo tempo si deve sempre lavorare in senso contrario affinché poi, come reazione, si lavori per qualche tempo nel senso dell’evoluzione; sopravviene quindi una nuova spinta in senso opposto e così via. Esaminando i principi generali della storia, ho già detto che ogni cosa esiste per poi morire. Si pensi soltanto quanto si è lavorato in senso opposto a questo procedere parallelo della libertà di pensiero in campo religioso e della fraterna vita sociale esteriore, al punto che, quando si tratta di stati, esso avviene solamente entro la comunità statale. Se il socialismo arriverà ad affermarsi, la vita religiosa non dovrà avere nessuna funzione nell’organizzazione statale, ma esser attiva soltanto nelle anime degli uomini viventi nella collettività, in pienissima indipendenza da qualsiasi organizzazione. Quanto si è fatto in senso contrario, invece! A lato del « Cristo è spirito » si è posta la terribile organizzazione chiesastica dello zarismo; Cristo è il re », ed ecco la riunione fra papato e convinzioni religiose, non soltanto nel senso che la Chiesa cattolica romana si sia costituita in impero politico, ma anche perché essa ha trovato la maniera, specialmente negli ultimi secoli e per via indiretta attraverso il gesuitismo, d’introdursi negli altri stati per contribuire ad organizzarli e per impregnarli del suo spirito. Oppure si pensi come si è sviluppato il luteranesimo. Certo Lutero ha preso le mosse dagli impulsi ai quali ho fatto cenno in altre conferenze, ed egli è tale spirito da potersi collegare da un lato al quarto e dall’altro al quinto periodo di civiltà: ha cioè un impulso adatto al suo tempo. Egli dunque appare, ma che avviene poi? Accade che quanto Lutero ha voluto in campo religioso si unisce agli interessi dei prìncipi delle diverse corti tedesche. Un principe funge da sinodo, da vescovo, eccetera: anche qui cioè si unisce quanto non avrebbe mai dovuto unirsi. Oppure si ha il compenetrarsi del principio di stato permeante l’organizzazione statale esteriore con il principio religioso cattolico, come è avvenuto in Austria, in quel l’Austria oggi in procinto di sfasciarsi; e proprio a tale commistione, in sostanza, vanno fatte risalire tutte le disgrazie austriache. Sotto altre egide, e specialmente sotto l’egida del goetheanismo, sarebbe stato possibilissimo mettere ordine in Austria.

 

Tutto ciò da un lato; dall’altro, in occidente, nei paesi di lingua inglese, si ha dappertutto la compenetrazione fra logge e aristocrazia. Questa è la caratteristica, e l’organizzazione statale in occidente — Francia e Italia ne sono molto infette non è comprensibile senza tener presente l’interferenza delle logge, proprio come nell’Europa centrale occorre tener presente l’interferenza dei gesuiti e di altro.

 

Riassumendo quindi, in relazione a quanto deve svolgersi in parallelo col socialismo, molto si è fatto in senso contrario, e ciò è da tener presente.

 

Un altro elemento che deve svolgersi parallelamente alla evoluzione verso il socialismo lo si ha nel campo della vita spirituale, ed è appunto l’emancipazione di ogni aspirazione verso lo spirito, che dev’essere indipendente dall’organizzazione statale. È indispensabile la completa rimozione di ogni accasermamento della scienza e di tutto quanto è collegato alla scienza. Quelle caserme della scienza sparse in tutto il mondo e che vengono chiamate università sono appunto le cose che maggiormente sono in contrasto con quanto vuol evolversi nel quinto periodo di civiltà postatlantica.

 

Come la libertà deve penetrare nel campo della religione, anche in quello della conoscenza deve sorgere la possibilità che tutti possano procedere in maniera uguale, che ogni singolo possa aver la sua parte nel progresso dell’umanità. Se il movimento socialistico si svilupperà in modo sano, non dovranno più esservi privilegi, patenti o monopoli in un qualsiasi campo della conoscenza. Poiché oggi siamo ancor molto lontani da quanto intendo dire con ciò, non è necessario che lo mostri ora, da un qualsiasi punto di vista, come sia possibile far cessare l’accasermamento della scienza e come sia possibile far partecipare ogni singolo all’evoluzione, avviata in questa direzione. Tutto ciò sarà in relazione con altri profondi impulsi che si svilupperanno nel campo dell’educazione ed anche in tutti i rapporti da uomo a uomo. Dovrà realizzarsi che ogni monopolio ed ogni privilegio oggi esistente per il possesso delle conoscenze dello spirito sparisca; resterà soltanto la possibilità che l’uomo riesca ad attivare il contenuto della vita spirituale in tutte le direzioni e in tutti i settori, nella misura che ad ogni singolo sarà connaturata ed in quel modo più o meno forte in cui ognuno sarà capace di portarlo ad espressione. In un’epoca in cui si tende sempre più, da parte delle università, a monopolizzare interi settori, come per esempio quello della medicina, e in cui si vogliono organizzare i più svariati altri campi, in una tal epoca non mi pare necessario diffondermi in particolari a proposito di uguaglianza spirituale; naturalmente ne siamo ancora ben lontani, e la maggior parte degli uomini avrà tempo di attendere fino alla prossima incarnazione se desidera sviluppare una completa comprensione per quanto si può dire in relazione a questo terzo punto. Ciò non toglie però che qualcosa si possa cominciare a fare dappertutto.

 

Se si vuol esser partecipi dei problemi dell’umanità moderna e del nostro tempo, è solo possibile farlo tenendo presenti quali siano gli impulsi oggi attivi, segnatamente il socialismo, e metterlo in relazione con quanto d’altro deve realizzarsi parallelamente; la libertà cioè del pensiero religioso e l’uguaglianza nel campo della conoscenza. Come esiste il detto che la morte rende tutti uguali, altrettanto la conoscenza deve farsi uguale per tutti gli uomini, perché nell’avvenire essa introdurrà nel mondo soprasensibile, nel quale anche la morte ci introduce. Come non è possibile monopolizzare o avere privilegi nella morte, altrettanto poco lo si può fare, in realtà, con la conoscenza. Se lo si tenta ugualmente, non si ottengono dei veri portatori della conoscenza, ma appunto soltanto coloro che sono divenuti gli odierni cosiddetti portatori della conoscenza. Naturalmente non ci si riferisce all’uno o all’altro singolo, ma a quanto ha importanza per la nostra epoca, vale a dire la struttura sociale dell’epoca. Specialmente i nostri tempi, che ebbero la ventura di vivere il lento decadimento della borghesia, hanno mostrato quanto divenga sempre più inefficace opporsi a quanto procede, essenzialmente, in senso contrario all’evoluzione. Il papato va decisamente contro l’evoluzione. Quando, nel decennio 1870-80, il vecchio cattolicesimo si oppose alla dichiarazione del dogma dell’infallibilità, a questo coronamento della monarchia papale, incontrò grandi difficoltà e ancor oggi ha la vita difficile, mentre esso potrebbe render dei buoni servigi appunto in relazione al suo opporsi contro il principio monarchico papale.

 

Se ora guardiamo indietro a quanto ho detto, troveremo che attualmente, sul piano fisico esteriore, vi è qualcosa che a rigore dovrebbe invece essere interiore e appartenere alle anime e alla parte spirituale dell’uomo, mentre sul piano esteriore fisico vuole giungere ad espressione la fraternità in sé e per sé. Sul piano fisico si è imposto qualcosa che provvede ad organizzarlo ma che non fa parte del piano fisico. Certo, quando gli uomini sono sul piano fisico, anche questo qualcosa è parte del piano fisico e vive quindi nelle anime, ma non gli spetta di organizzare la gente sul piano fisico. Per esempio, sul piano fisico le religioni devono esser assolutamente e soltanto comunità di anime e non organizzate esteriormente; le scuole come tali devono esser organizzate in modo completamente diverso e prima di tutto non dovrebbero esser scuole di stato, e così via. Tutto ciò deve esprimersi partendo dalla libertà di pensiero, partendo dall’individualità dell’essere umano. Per il fatto che nella realtà le cose penetrano l’una nell’altra, può avvenire che oggi per esempio il socialismo, sotto molti aspetti, possa esser il contrario di ciò che ho indicato come suo principio essenziale e fondamentale. Oggi esso è tirannico, tende alla potenza, possibilmente lo vorrebbe assorbire anche tutto il resto. Nel suo intimo invece il socialismo rappresenta in realtà la lotta contro il principe usurpatore di questo mondo che appare quando si vuol organizzare esteriormente, secondo principi di stato, l’impulso del Cristo o la spiritualità, quando non si affida la organizzazione esteriore alla pura fraternità sociale.

 

Se si parla delle più importanti ed essenziali questioni del presente, si toccano problemi che oggi l’umanità considera scomodi, è però necessario che questi problemi vengano riconosciuti e penetrati. Soltanto afferrandoli chiaramente si potrà uscire dalla catastrofe attuale, e proprio questo io sento di dover continuamente ripetere. Sarà possibile collaborare alla vera evoluzione dell’umanità soltanto se ci si renderà consci degli impulsi che possono esser trovati nel modo da noi qui esaminato.

 

Parlando una settimana fa della mia Filosofia della libertà ho cercato di mostrare come io, per il mio agire, sia in sostanza riuscito a farmi allontanare dappertutto. Si pensi da quanti posti io fui allontanato. Posso ora ben dire che anche col goetheanismo mi considero respinto dalle più diverse parti, dappertutto dove ho cercato, in questi ultimi difficili anni, di richiamare l’attenzione dell’umanità sopra di esso. Goetheanismo non è soltanto quanto si può dire su Goethe, ma può anche esistere se ci si pone la domanda: Qual è la miglior cosa da fare in un angolo qualsiasi del mondo, proprio ora, quando tutti i popoli della terra si accapigliano? Anche per questo io mi sentii dovunque respinto. Non lo dico per pessimismo, perché da questo punto di vista conosco troppo bene come il karma vien formato. Non lo dico neppure nel senso che domani non rifarei esattamente le stesse cose fatte ieri solo che ne avessi l’opportunità; devo dirlo piuttosto perché a volte è necessario portare qualcosa a Conoscenza degli uomini, perché soltanto guardando alla realtà l’umanità potrà arrivare di per se stessa a trovare gli impulsi adatti all’epoca attuale.

 

O deve proprio accadere che gli uomini non arrivino a trovare la via alla luce col rendere attivo in loro quanto si trova nei loro cuori e nel più profondo delle loro anime? deve forse ciò avvenire attraverso una costrizione esterna? deve prima tutto crollare affinché gli uomini comincino a pensare? non ci si deve forse porre questa domanda ogni giorno, tutti i giorni di nuovo? Io non chiedo che ognuno di noi faccia una cosa o l’altra, perché so bene quanto poco si possa fare al presente; è però necessario avere della comprensione e non sempre giudizi falsi e passività, bisogna sforzarsi di scrutare entro le cose, come esse sono in realtà.

 

Mi ha fatto una strana impressione un’osservazione che ho letto stamane. Leggevo sulla Frankfurter Zeitung dunque in un giornale tedesco, un articolo di uno scrittore che avevo conosciuto, anche bene, una ventina d’anni fa e col quale avevo avuto occasione di discutere su molte cose. Non lo vedo più da allora; è uno scrittore anche di teatro, e le sue opere sono state rappresentate: si chiama Paul Ernst e a suo tempo lo conoscevo bene. Leggevo dunque oggi un suo breve articolo sul « coraggio morale », e una frase mi ha colpito — è certo bene che oggi si scrivano frasi del genere, ma esse ci fanno però chiedere se era davvero necessario che avvenisse quanto è accaduto perché fossero possibili tali frasi. Scrive dunque un tedesco, un rappresentante della cultura tedesca: si è sempre pensato in Germania che i Tedeschi siano odiati, ma io vorrei sapere — così egli scrive — chi, in tutto il mondo, veramente odia lo spirito tedesco? E a questo punto egli ricorda che negli ultimi anni proprio i Tedeschi hanno odiato lo spirito tedesco più di tutti gli altri. Esiste Infatti un vero intimo odio appunto contro il goetheanismo. Non lo dico per esercitare una qualsiasi critica e neppure per fare in un modo qualsiasi delle concessioni a Wilson – proprio a questo non sono uso. Si risente però una dolorosa Impressione quando le cose avvengono per costrizione, mentre esse possono esser di giovamento soltanto quando siano opera di uomini liberi. Perché infatti è già oggi necessario che, sulla base di liberi pensieri, si realizzino quelle cose che devono essere punti d’appoggio per la libertà. Non insisterò mai abbastanza sul fatto che non esprimo questi concetti per suscitare del pessimismo, ma per parlare alle anime e ai cuori, affinché chi mi ascolta possa a sua volta parlare ad altre anime e ad altri cuori per cercar di suscitare della comprensione, affinché sorga del giudizio. Infatti negli ultimi tempi il giudizio è andato sempre peggiorando ed è rimasto offuscato in tutto il mondo dal culto per l’autorità. Si direbbe che in tutta la terra oggi siano tutti felici di adorare un professore come fosse un idolo, che oggi il mondo sia felice di non esser obbligato a pensare… Non è una virtù o un difetto nazionale, ma qualcosa che ora è nel mondo e che deve esser combattuto facendo in modo che gli uomini cerchino di acquisire le basi per un giudizio. Non si arriva però ad un giudizio se ci s’intesta ad emettere opinioni e pareri in ogni circostanza. Occorre invece la volontà di penetrare nella realtà. A questo proposito anche in altre occasioni ho detto che, attraverso le particolari condizioni di questi ultimi tempi, gli uomini che spesso oggi occupano posizioni di guida vi arrivano mediante una selezione dei peggiori, e di questo occorre rendersi conto. Non basta aggrapparsi a degli slogans come democrazia, socialismo, eccetera; occorre invece arrivare a scorgere le realtà celate dietro le parole.

 

Queste cose sgorgano dall’anima e giungono alle labbra in questi momenti in cui si vede chiaramente che anche i pochi che oggi si senton scossi, tuttavia lo sono sotto l’imperio della costrizione, vi giungono per costrizione. Per questo bisogna ripetere: oggi tutto dipende dal giudizio e dalla comprensione. A proposito di evoluzione dei popoli però, si giunge alla comprensione se ci si pongono davanti agli occhi questi profondi nessi. Bisogna avere il coraggio di dirsi che sono incompetenti tutte le scienze sociali quando interloquiscono a proposito di organizzazione sociale, senza conoscere quanto qui è stato esposto. Bisogna avere questo coraggio, e di questo coraggio, oggi necessario, ho voluto parlare una volta.

 

Oggi ho parlato molto a lungo, ma mi sembrava importante mostrare alcuni profondi impulsi europei in immediato rapporto con gli impulsi del presente.

 

Al giorno d’oggi è difficile sapere se l’indomani si potrà essere ancora nello stesso posto, perché oggi di necessità si vien spinti da un luogo all’altro. Potrà essere per un tempo più o meno lungo, ma qualunque cosa avvenga, anche se io dovessi presto partire, non sarà questa l’ultima conferenza che io tengo qui, e farò quindi in modo di riparlare in questo luogo.