La funzione della sostanza proteica nel corpo umano e l’albuminuria

O.O. 27 – Elementi fondamentali per un ampliamento dell’arte medica – IX

 

La sostanza proteica è quella sostanza dell’organismo vivente che può venir trasformata dalle forze formatrici dello stesso nei modi più svariati, in modo che quanto risulta dalla trasformazione della sostanza proteica appaia nelle forme dei singoli organi e dell’intero organismo. Per poter essere impiegata in tale maniera, la sostanza proteica deve avere la proprietà di abbandonare ogni forma risultante dalla natura delle sue particelle materiali, nell’istante in cui viene sollecitata dall’organismo a mettersi al servizio di una forma da esso richiesta.

 

Si vede da questo che nella sostanza proteica si disgregano le forze che derivano dalla natura dell’idrogeno, dell’ossigeno, dell’azoto e del carbonio, e dalle loro reciproche affinità. I legami inorganici divengono inattivi, e le forze formatrici organiche cominciano ad agire nella scomposizione delle proteine.

 

Le forze formatrici sono legate al corpo eterico. La sostanza proteica è continuamente in procinto o di essere accolta nell’attività del corpo eterico, o di sfuggire ad esso. La sostanza proteica, al di fuori dell’organismo a cui apparteneva, assume la tendenza a divenire una sostanza composta che si adegua alle forze inorganiche dell’idrogeno, dell’ossigeno, dell’azoto e del carbonio. La sostanza proteica che rimane a costituire l’organismo vivente si oppone a questa tendenza, e si subordina alle forze formatrici del corpo eterico.

 

L’uomo introduce la sostanza proteica con gli alimenti. La sostanza proteica immessa dall’esterno viene scomposta dalla pepsina del succo gastrico sino ai peptoni, che sono sostanze proteiche solubili. Questa trasformazione viene proseguita dal succo pancreatico.

 

Allo stato in cui vengono introdotte come alimenti, le proteine sono a tutta prima sostanze estranee per l’organisino umano. Esse contengono le azioni postume dei processi cui eterici di quell’essere vivente a cm appartenevano. Queste devono essere completamente allontanate. La sostanza proteica deve venir inserita nell’attività eterica dell’organismo umano.

 

Nel corso del processo di digestione dell’uomo si riscontrano due qualità di sostanze proteiche. All’inizio del processo la sostanza proteica è qualcosa di estraneo all’organismo. Alla fine del processo è divenuta sostanza propria dell’organismo. Tra queste due condizioni ve ne è una intermedia in cui l’alimento proteico introdotto non si è ancora spogliato completamente delle precedenti attività eteriche, e non ha ancora accolto quelle nuove. A questo punto esso è diventato quasi inorganico, e si trova sotto l’influsso esclusivo del corpo fisico umano. Questo, che nella sua forma è un risultato dell’organizzazione dell’io, è portatore di azioni dinamiche inorganiche. Esso agisce perciò nel senso di uccidere la sostanza vivente. Tutto ciò che entra nell’àmbito dell’organizzazione dell’io, va incontro alla morte. Per questo l’organizzazione dell’io compenetra il corpo fisico di sostanze puramente inorganiche. Queste non hanno nell’organismo fisico umano la medesima azione che hanno nella natura inanimata al di fuori dell’uomo; agiscono tuttavia in senso inorganico, cioè uccidendo. Questa azione annientatrice viene esercitata sulle proteine in quel tratto di sistema digerente in cui agisce la tripsina, che è un componente del succo pancreatico.

 

Che nell’attività della tripsina siano in giuoco delle forze inorganiche, può essere anche rilevato dal fatto che questa sostanza sviluppa la sua azione in ambiente alcalino.

 

Sino all’incontro con la tripsina del succo pancreatico, la sostanza proteica alimentare vive una vita estranea, in conformità all’organismo dal quale proviene. Incontrandosi con la tripsina, la sostanza proteica diviene inanimata. Si può dire che solo per un istante essa rimane priva di vita nell’organismo umano. Allora essa viene accolta nel corpo fisico secondo la natura dell’organizzazione dell’io. Questa deve avere ora la forza di trasferire la sostanza proteica così trasformata nell’àmbito del corpo eterico umano. La sostanza proteica che è stata introdotta come alimento diventa così materiale per l’edificazione dell’organismo umano. Le azioni eteriche estranee, di cui prima era compenetrata, abbandonano l’organismo.

 

Per digerire in modo sano la sostanza proteica, è dunque necessario che l’uomo abbia un’organizzazione dell’io talmente forte da essere in grado di trasferire nell’àmbito del corpo eterico tutte le proteine che occorrono all’organismo umano. Se ciò non si verifica, si ha un’attività sovrabbondante del corpo eterico. Questo non riceve per la sua attività una quantità sufficiente di sostanza proteica preparata dall’organizzazione dell’io. La conseguenza è che l’attività normalmente rivolta alla vitalizzazione della sostanza proteica, accolta dall’organizzazione dell’io, si impossessa della sostanza proteica che contiene ancora in sé attività eteriche estranee. L’uomo viene così ad avere nel suo corpo eterico un insieme di attività che non vi sono conformi. Queste devono venir eliminate per una via irregolare. Si ha una eliminazione patologica.

 

Questa eliminazione patologica si verifica nell’albuminuria. Viene eliminata della sostanza proteica che avrebbe dovuto essere accolta nell’àmbito del corpo eterico. Si tratta di quella sostanza proteica che, a causa della debolezza dell’organizzazione dell’io, non ha potuto assumere lo stato intermedio in cui è quasi sostanza inanimata.

 

Le forze che nell’uomo provocano l’escrezione sono legate al campo di attività del corpo astrale. Per il fatto che il corpo astrale, nella albuminuria, è costretto ad esercitare un’attività per cui non è predisposto, la sua attività viene depressa in corrispondenza di quelle sedi dell’organismo umano alle quali dovrebbe normalmente essere rivolta. Ciò avviene in corrispondenza degli epiteli renali. La lesione degli epiteli renali è un sintomo della deviazione dell’attività del corpo astrale che normalmente è rivolta verso di essi.

 

Dalla considerazione di questi rapporti si può dedurre dove debba inserirsi il procedimento terapeutico nei casi di albuminuria. Bisogna potenziare la forza dell’organizzazione dell’io nel pancreas perché essa è troppo debole.