Il superamento dell’elemento arimanico

Il figlio dell’uomo


 

La ‘speranza’ di Arimane (o più propriamente il calcolo, in quanto egli in realtà non possiede una vita dell’anima), prima del Mistero del Golgota, era di ereditare sotto l’aspetto karmico l’intero ambito luciferico. Tutto ciò che è luciferico, infatti, sviluppato coerentemente fino a un certo grado, conduce di necessità ad Arimane. L’odio di Lucifero verso Arimane è in sostanza l’odio verso il proprio futuro karmico. Un odio di tal genere è però uno dei legami più forti. Ciò vale non solo per gli esseri spirituali, ma anche per l’umanità e i suoi popoli sulla terra. Anche sulla terra sono per lo più odiati uomini o gruppi di uomini che rendono palese il futuro karmico di altri.

 

Questo legame diventa sempre più stretto, fino a che l’elemento luciferico non trapassi nell’ambito di Arimane e ne venga inghiottito. L’inghiottire tutto ciò che è luciferico, non sarebbe solo la realizzazione del piano di Arimane, ma anche il compimento di ciò cui tende la costituzione del suo essere. Arimane sarebbe infatti solo una specie di macchina spirituale, se non disponesse della facoltà di inghiottire esseri e forze, per sopperire alla mancanza di una vita dell’anima. Che Arimane possa sperimentare una forma di sentire – al fine di colmare il proprio vuoto interiore – gli è dato dalla possibilità di esercitare quell’attività ingoiatrice.

 

Tuttavia, già per il solo fatto della conversione interiore di Lucifero, non solo è stato posto un limite a quest’attività, ma hanno anche cominciato a restringersi i confini entro i quali Arimane può agire. Sempre nuovi esseri luciferici aderiscono al punto di vista di Lucifero, limitando così il campo d’azione di Arimane. È dunque una realtà il fatto che Arimane, sotto l’aspetto cosmico, sia già superato. Sotto l’aspetto terrestre la cosa è diversa. Qui la decisione non spetta agli spiriti luciferici, ma agli uomini, dalla cui libertà dipende se nell’ambito terrestre (ossia fisico-elementare) Arimane possa essere vinto.

 

La vittoria su Arimane non si ottiene però combattendolo direttamente

e neanche cercando di convertirlo nel suo intimo;

l’elemento arimanico non lo si può né domare con la forza, né trasformare interiormente.

Rispetto ad esso, ciò che conta è che gli uomini imparino a riconoscerlo come tale e a non temerlo.

 

Lo sguardo capace di riconoscere coraggiosamente è la spada che tiene a freno Arimane nel mondo esteriore;

il coraggio dell’autoconoscenza è invece la forza che rende impotente il doppio arimanico nel subconscio umano.

Si tratta dunque di non consentire ad Arimane alcun potere sull’anima e di render vani tutti i suoi attacchi,

grazie ad un atteggiamento coraggioso e privo di compromessi

da parte di colui che sappia avvalersi delle armi della conoscenza.

 

Ciò che si richiede è una fermezza incrollabile, e non la volontà di attaccarlo o di rifuggirne.

L’elemento arimanico diviene infatti impotente,

quando non può influenzare l’uomo impaurendolo o corrompendolo.

In questo stato di impotenza egli non riceve più nutrimento

e si ritrae dall’ambito in cui può dispiegare il proprio potere.

Arimane viene vinto se lo si priva del nutrimento.

Nel mondo la sua forza appare strapotente, efficace oltre misura:

ma è solo un’illusione, per acquistare o impaurire gli esseri.

 

È un’illusione oggettiva, un’illusione costruita su fenomeni esteriori reali, ma che si dimostra tale, non appena si imbatta nel coraggio conoscitivo e nella fermezza interiore – ovvero nell’assenza di compromessi, giacché ogni compromesso è conseguenza di mancata fermezza.

Tutto ciò si è rivelato un fatto di portata cosmica nell’avvenimento spirituale connesso con il Mistero del Golgota e che nella tradizione è chiamato la ‘Discesa agli inferi del Cristo Gesù’.

 

• Come il dolore della Croce ebbe per conseguenza la trasformazione interiore di Lucifero,

• così il tipo di morte sperimentato dal Cristo Gesù ebbe per conseguenza lo svelarsi del segreto di Arimane.

 

Ci fu per così dire uno smascheramento, la potenza di Arimane calò la maschera di fronte al mondo spirituale e agli uomini aventi con questo un giusto rapporto. Ciò avvenne in quanto il Cristo Gesù morì in modo diverso da come muoiono normalmente gli uomini. Quando un uomo muore, gli si presenta, per la durata di circa tre giorni, il quadro della vita trascorsa. Durante questo periodo egli ha la visione della propria vita, che gli nasconde quella dell’abisso, del regno di Arimane nelle sfere sotterranee.

 

• Come, prima della nascita, la bontà divina preserva l’uomo dalla vista del regno luciferico,

• così al momento della morte la stessa bontà lo preserva dalla vista del regno di Arimane.

• Come, prima della nascita, viene allontanata la tentazione luciferica di permanere nel mondo spirituale,

grazie alla visione del quadro karmico della vita che attende l’uomo sulla terra,

• così l’anima umana viene preservata dallo sgomento e confusione

che produrrebbe in lei la visione del mondo arimanico,

grazie al fatto che le si frappone, come un velo, il quadro della vita trascorsa.

Nella morte del Cristo Gesù avvenne però

che Egli rinunciò alla visione del quadro della propria vita per donarlo all’umanità.

 

• Esso divenne il contenuto di ciò che gli Apostoli avrebbero ‘ricordato’ nella luce delle fiamme pentecostali, e fu quindi contemplato, sotto angoli visuali diversi, dagli autori dei Vangeli, che ne trassero la materia per i loro racconti.

Normalmente il quadro della vita trascorsa viene affidato, dall’uomo che lo ha contemplato, agli dèi – Angeli, Arcangeli, Archai; il quadro della vita del Cristo Gesù non fu invece affidato agli dèi, ma agli uomini, dapprima agli ‘Apostoli’, ai ‘servitori e testimoni della parola’ e agli ‘iniziati’. Da allora esso divenne il comune bene karmico dell’umanità: è il ‘quinto Vangelo’ non scritto sulla carta, ma ‘inscritto’ nell’aura della Terra.

 

Un giorno, al momento della morte della Terra, all’umanità intera si presenterà la visione di questo quadro ed essa sarà l’inizio del ‘Giudizio universale’. Il Cristo Gesù, quale rappresentante dell’umanità, donò dunque a questa il quadro della propria vita, che le illustrava la via verso lo spirito. In tal modo Egli rinunciò al velo che nasconde le sfere dell’interno della Terra, ossia l’’inferno’.

Viene riferito dai Vangeli che, nell’istante della sua morte, il velo del tempio si squarciò: ciò è espressione del fatto che un nuovo equilibrio karmico si è instaurato tra il bene e il male. Con la rimozione del velo dell’inferno, fu rimosso anche quello del ‘Sancta Sanctorum’.

 

La conseguenza del nuovo rapporto karmico è la seguente: se il mistero del bene si è reso accessibile alla conoscenza umana, e lo stesso è avvenuto per il mistero del male, il bene ne ha un vantaggio, il male uno svantaggio. Questa è infatti la differenza fondamentale tra il bene e il male:

il bene, quando viene conosciuto, si accresce,

il male invece, se conosciuto, diminuisce, poiché viene smascherato.

 

• Il rinunciare da parte del Cristo Gesù al ‘velo dell’inferno’ e l’immergersi con il proprio essere nella tenebra delle profondità terrestri, anziché contemplare il quadro della vita, furono un supremo atto di coraggio. Questa immersione rappresenta un evento che la parola umana non è in grado di caratterizzare in modo adeguato.

Nulla vi è di più sconvolgente di ciò che vissero gli esseri del mondo spirituale, allorché, guardando alla Terra, videro il Cristo Gesù sottrarsi al loro sguardo per scomparire nella tenebra degl’inferi. Un’indescrivibile stato di attesa subentrò nel mondo spirituale, il mondo delle Gerarchie rimase in silenzio e attonito nell’attesa della massima vittoria oppure della massima catastrofe. Solo un pensiero, solo una domanda occupava in quel giorno l’intero mondo delle Gerarchie: ritornerà? Riaffiorerà dall’abisso?

 

Ogni parola umana è incapace di ridare anche solo un tenue riflesso del giubilo cosmico che riempì i cieli, quando il Risorto apparve dall’oscurità degli abissi nel crepuscolo della vita terrestre. In quel momento nelle sfere celesti fu celebrata la Pasqua cosmica, la quale resta per tutti i tempi come archetipo e modello di ogni festa umana sulla terra.

 

Con questo evento fu mostrato sul piano storico-cosmico che Arimane, anche nel suo stesso ambito,

non ha alcun potere su quel coraggio conoscitivo di cui Cristo è portatore e dispensatore

alle anime di coloro che si congiungono interiormente a Lui e alla sua opera.

 

D’altra parte fu creata e percorsa la via alla conoscenza dei segreti dell’interno della Terra: da allora il segreto arimanico delle profondità della Terra è accessibile.

L’interno della Terra non solo divenne conoscibile, ma anche permeabile alle forze dell’impulso del Cristo. Il ‘giardiniere’ apparso alla donna divenuta chiaroveggente per il dolore, non era tale solo nel suo modo di vedere, ma lo era realmente, nel senso più profondo. Egli conseguì il potere di rendere fecondo il suolo terrestre anche per i frutti del bene.

Da allora i più grandi iniziati dell’umanità divennero anch’essi ‘giardinieri’, in quanto operanti per il bene dell’umanità, non solo direttamente, ma anche per il tramite del suolo terrestre e della natura.

 

La ‘Discesa agli inferi’ del Cristo Gesù fu l’atto del superamento di Arimane – non nel senso di una supremazia di potenza, che in questo caso non è in questione, ma nel senso della dimostrazione dell’effettivo potere di Arimane di fronte alla coscienza desta e priva di compromessi. Dopo questo passaggio del Cristo, è divenuto palese che l’opera di Arimane nel mondo non ha speranze, se solo gli uomini sono disposti a riconoscerne la natura e a contrapporvisi.

 

Un simile atteggiamento si instaurerà nel futuro in quegli esseri che non saranno soggiaciuti ad Arimane e in conseguenza di ciò Arimane stesso sarà ‘legato’. Egli non avrà più appigli per la sua attività e diverrà pertanto inerte, passivo. Anche l’attività della sua coscienza non avrà più alcuno stimolo ad esplicarsi, e cadrà quindi, nel corso della futura esistenza di Venere, in una sorta di sonno. Con ciò il destino di Arimane non si sarà ancora esaurito. Quel suo ‘addormentarsi’ può tuttavia essere considerato, dal punto di vista del problema che qui ci riguarda, come la tappa finale della lotta dell’umanità contro di lui.

Arimane entra così nell’ambito del karma che si compie in lui: colui che pensava di condurre la coscienza umana ad uno stato di sonno spirituale e la cui opera si fondava sulla speranza che gli uomini non si sarebbero destati, cade ora egli stesso in uno stato di sonno, durante il quale avvengono in lui cose che rappresentano il contrappasso karmico di ciò che egli aveva di mira in quegli esseri che soccombevano a lui nel sonno della coscienza.

 

• Con la Discesa agli inferi e la Resurrezione, il destino di Arimane è già segnato: il principe di questo mondo è vinto.