Ostacoli ed aiuti alle forze di Michele al sorgere dell’epoca dell’anima cosciente / 131-133

O.O. 26 – Massime antroposofiche – 14.12.1924


 

Parte seconda – II

 

L’incorporazione dell’anima cosciente produsse in tutta Europa

anche una perturbazione nelle esperienze religiose e di culto.

 

Sul finire del secolo undicesimo e all’inizio del dodicesimo si ha un chiaro avvertimento di questa perturbazione, nel sorgere delle « dimostrazioni dell’esistenza di Dio » (specialmente per opera di Anselmo di Canterbury). La esistenza di Dio doveva venir dimostrata per mezzo di ragioni logiche. Una tale aspirazione poteva nascere soltanto quando si dileguava il modo antico di sperimentare « Dio » con le forze della propria anima, perché non è necessario dimostrare logicamente ciò che così si sperimenta.

 

• Secondo il modo antico, si percepivano animicamente le sostanze, le intelligenze, fin su alla Divinità;

il modo nuovo divenne quello di formarsi intellettualmente dei pensieri sulle « cause prime » dell’universo.

• Per la prima maniera, nella sfera spirituale immediatamente confinante con la sfera terrestre

si avevano avute le forze di Michele le quali, dietro alle forze del pensiero diretto al sensibile,

armavano l’anima di facoltà adatte a percepire le sostanze, le intelligenze dell’universo;

• per la maniera nuova doveva prima venir creato il congiungimento dell’anima con le forze di Michele.

 

Nel campo del culto, da Wicliff in Inghilterra (secolo quattordicesimo) fino a Huss in Boemia,

in vaste sfere dell’esperienza religiosa umana

venne a vacillare una dottrina centrale come quella dell’eucarestia.

 

• Nell’eucarestia l’uomo poteva trovare il suo collegamento col mondo spirituale, apertogli dal Cristo,

perché gli era dato congiungersi col Cristo nella sua entità,

in modo che il fatto dell’unione sensibile fosse al contempo un fatto spirituale.

La coscienza dell’anima razionale o affettiva

era in grado di farsi, una rappresentazione di questa unione

perché, tanto dello spirito quanto della materia, quell’anima aveva ancora idee non disgiunte tra loro;

era così possibile pensare un trapasso dell’una (materia) nell’altro (spirito).

 

Ma idee siffatte non devono essere idee intellettualistiche

che chiedano anche la dimostrazione dell’esistenza di Dio;

devono essere tali da avere ancora qualcosa dell’immaginazione.

Di conseguenza, si sente nella materia lo spirito in essa operante, e nello spirito il tendere verso la materia.

Idee di questo genere hanno dietro di sé le forze cosmiche di Michele.

 

Si pensi soltanto a quanto venne a vacillare in quell’epoca per l’anima umana! Quante cose collegate con le più sacre e intime esperienze! Sorsero delle personalità, come Huss, Wicliff e altri, nei quali l’essere dell’anima cosciente risplendeva nel modo più fulgido, il cui atteggiamento animico era tale da collegarli alle forze di Michele con un’intensità che gli altri uomini avrebbero conseguito solo dopo secoli.

Mosse nel loro cuore dalla voce di Michele, queste persone fecero valere il diritto dell’anima cosciente di spiccare il volo per afferrare i più alti misteri religiosi. Sentirono che l’intellettualità, che andava sorgendo con l’anima cosciente, doveva essere capace di accogliere nella sfera delle sue idee ciò che in epoche passate era stato raggiungibile per mezzo dell’immaginazione.

 

• Di fronte a questo stava il fatto che l’antica condizione dell’anima umana, tramandata storicamente, aveva perduto ogni forza interiore in vastissime sfere. Quelli che la storia chiama i problemi della fede, e di cui si occuparono i grandi concili riformatori nell’epoca iniziale dell’attività dell’anima cosciente, sono tutti connessi con la vita di quelle anime umane che ancora non sentivano in sé l’anima cosciente, ma che anche nella tramandata anima razionale o affettiva non potevano ormai più trovare forza e sicurezza interiore.

Si può veramente dire che esperienze storiche umane quali si manifestarono nei concili di Costanza e di Basilea mostrano, su nel mondo spirituale, il discendere dell’intellettualità che vuol raggiungere gli uomini, e giù, nella sfera terrena, l’anima razionale o affettiva che non corrisponde più all’epoca nuova.

Nel mezzo si librano le forze di Michele che guardano alla loro passata unione col divino-spirituale, e anche giù verso l’umanità; anche questa aveva in passato quel legame, ma ormai doveva inoltrarsi in una sfera nella quale Michele può sì aiutarla, ma dal mondo spirituale, senza però doverla interiormente unire a sé.

 

• In quest’opera di Michele, che è necessaria nell’evoluzione cosmica

ma che nondimeno, in un primo tempo, porta una perturbazione nell’equilibrio del cosmo,

risiedono le cause di ciò che l’umanità dovette sperimentare a quell’epoca, anche in merito alle più sacre verità.

 

Si penetra profondamente nelle caratteristiche di questa epoca se si guarda alla figura del cardinale Nicolò Cusano (si veda in proposito il mio libro I mistici all’alba della vita spirituale dei tempi nuovi). La sua personalità è come una pietra miliare dell’epoca. Egli vorrebbe portare a generale riconoscimento idee che non combattono i mali del mondo fisico per mezzo di tendenze spirituali fantastiche ma che, per mezzo del sano buon senso umano, riconducono sulle giuste vie ciò che si è fuorviato. Si osservi il suo comportamento al concilio di Basilea, e in genere nella sua comunità ecclesiale, e lo si noterà.

Se da un lato il Cusano è così interamente incline al rivolgimento che avviene nell’evoluzione con lo sviluppo dell’anima cosciente, dall’altro lo vediamo manifestare idee che mostrano luminosamente l’influsso delle forze di Michele.

Egli introduce nella sua epoca le buone idee antiche che conducevano il senso dell’anima umana a sviluppare facoltà atte a percepire le sostanze, le intelligenze del cosmo, quando ancora Michele amministrava l’intellettualità cosmica.

 

La « docta ignorantia » della quale egli parla

è una comprensione che sta al di sopra della percezione rivolta al mondo dei sensi,

una comprensione che porta il pensiero al di là dell’intellettualità (del sapere ordinario), in una regione

dove nell’ignoranza ma in una veggenza che è insieme esperienza, si afferra lo spirito.

 

Il Cusano è cioè quella personalità che, sentendo nella propria vita animica per opera di Michele la perturbazione dell’equilibrio cosmico, vuole intuitivamente contribuire quanto più possibile a che tale perturbazione venga indirizzata a vantaggio dell’umanità.

In mezzo a ciò che spiritualmente si manifestava in questo modo viveva segretamente anche dell’altro.

• Singoli individui, aventi il senso e la comprensione per la posizione delle forze di Michele nell’universo, vollero preparare le forze dell’anima loro in modo da trovare coscientemente l’adito alla sfera spirituale, confinante con la sfera terrena, nella quale Michele fa i suoi sforzi a favore dell’umanità.

Essi cercavano di conquistarsi la giustificazione a questa impresa spirituale comportandosi esteriormente nella loro esistenza, sia nella professione, sia altrimenti, in modo che la loro vita non si potesse distinguere da quella degli altri uomini.

 

Per il fatto che compivano con amore ed in modo del tutto normale i loro doveri verso il mondo terreno, essi potevano liberamente rivolgere l’intimo della loro umanità alla sfera spirituale di cui abbiamo parlato. Ciò che essi facevano in questa direzione era affare loro e di quelli coi quali « occultamente » si univano. Riguardo a ciò che si svolgeva nel fisico, il mondo non veniva apparentemente per nulla toccato da questo sforzo spirituale. Eppure tutto questo era necessario per mettere le anime nel voluto contatto col mondo di Michele.

Non si trattava di « società segrete » in un senso cattivo qualsiasi, non di qualcosa che cerca il segreto perché teme la luce del giorno. Si trattava piuttosto di un’unione di persone che in tale unione si convincevano che chi era con loro aveva una giusta coscienza della missione di Michele. Quelli che così lavoravano non parlavano del loro lavoro davanti a chi, per incomprensione, non avrebbe potuto far altro che disturbare il loro compito. Tale loro compito consisteva innanzi tutto nell’agire in correnti spirituali che non si svolgevano entro la vita terrena, ma nel mondo spirituale ad essa adiacente, in correnti che però proiettavano i loro impulsi nella vita terrena.

Con ciò abbiamo indicato il lavoro spirituale di uomini che stanno nel mondo fisico, ma che cooperano con esseri del mondo spirituale, con esseri che non entrano essi stessi nel mondo fisico e non vi si incarnano. Si tratta di quegli uomini che nel mondo — in modo molto poco conforme ai fatti — si chiamano i « rosicruciani ».

 

Il vero rosicrucianesimo sta assolutamente nella linea d’azione della missione di Michele.

Esso aiutò a preparare sulla terra il lavoro spirituale che Michele voleva preparare per un’epoca posteriore.

Si misura che cosa poteva avvenire per questo mezzo, se si fa attenzione a quanto segue.

 

• Le difficoltà caratterizzate, anzi l’impossibilità di Michele di agire nelle anime umane,

dipendono dal fatto che egli stesso, col suo essere,

non vuol venire in alcun modo in contatto con la presente vita fisica terrena.

Egli vuol restare nell’ambito dei nessi di forze che esistevano in passato per spiriti della sua specie e per uomini.

Qualsiasi contatto con l’attuale vita terrena fisica, con la quale l’uomo deve invece venire in contatto,

non potrebbe apparire a Michele che una contaminazione della sua entità.

 

Ora, nella vita umana abituale, lo sperimentare spirituale dell’anima ha i suoi effetti sulla vita terrena fisica, e questa reagisce su quello. Un reagire che si esprime specialmente nell’atteggiamento dell’uomo e nell’orientamento verso un dato obiettivo terreno. Tali azioni e reazioni avvengono generalmente — non sempre — soprattutto nelle persone che si dànno alla vita pubblica.

Furono perciò veramente assai grandi gli ostacoli che l’opera di Michele trovò in alcuni riformatori.

I rosicruciani superarono questo genere di difficoltà, separando totalmente la loro vita esteriore, con i suoi doveri terreni, dal lavoro che facevano con Michele.

 

Quando Michele, con i suoi impulsi, si incontrava con ciò che un rosicruciano preparava per lui nella sua anima,

egli non si trovava in alcun modo esposto al pericolo di imbattersi in elementi terreni.

Per la disposizione d’anima che si era appositamente creata,

questi elementi venivano appunto tenuti lontani da quanto legava il rosicruciano a Michele.

La vera volontà rosicruciana costituì così per Michele

la via, che si trovava nell’àmbito terreno, per la sua futura missione sulla terra.

 

(Segue la parte terza)

131Nell’incipiente epoca dell’anima cosciente l’intellettualità emancipata nell’uomo si vuole occupare delle verità del culto e della confessione religiosa. La vita dell’anima umana deve perciò sperimentare delle incertezze. Si vuole dimostrare con la logica un’essenzialità che era stata prima sperimentata animicamente.  Si vogliono comprendere con l’argomentazione logicaanzi configurare a norma di quest’ultimai contenuti cultuali che devono essere colti in immaginazioni.

132Tutto ciò è legato al fatto che Michele vuole evitare in qualsiasi maniera ogni contatto col presente mondo terreno in cui l’uomo deve invece entrare, e al fatto che Michele deve tuttavia continuare ad accompagnare nell’uomo l’intellettualità cosmica che egli ha amministrata nel passato. Così sorge per opera delle forze di Michele una perturbazione dell’equilibrio cosmico, necessaria al processo dell’evoluzione del mondo.

133La sua missione è agevolata a Michele dal fatto che certe personalità i veri rosicrucianidispongono la loro vita terrena esteriore in modo che essa non influisca per nulla sulla vita interiore della loro anima. Così essi possono educare nella loro interiorità forze per cui cooperano nella spiritualità con Michele, senza che questi corra il rischio di venir impigliato nei presenti eventi terreni; cosa che gli sarebbe impossibile.