Il Risorto

Il figlio dell’uomo


 

Il Risorto era un’entità che riuniva in sé l’esperienza del cielo, della vita e del dolore terreni, e delle sfere sotterranee. Queste tre esperienze erano per lui l’equivalente di ciò che nell’uomo sono il sistema nervoso, il sistema ritmico e il sistema metabolico. Tuttavia questi sono in noi ‘sistemi’, ossia comportano un automatismo inconscio, mentre il ‘corpo’ del Risorto consisteva solo di correnti morali coscienti. Il suo corpo non aveva in sé nulla di meccanico, di automatico, in quanto l’elemento arimanico era stato superato.

Esso inoltre non era di natura puramente animica – il che lo avrebbe reso estraneo al campo d’azione delle forze terrestri – in quanto l’elemento luciferico era stato trasformato.

 

Il corpo del Risorto era capace di azioni efficaci, almeno quanto il corpo fisico di un uomo vivente, ed era però ricolmo di vita animico-morale, almeno quanto il corpo spirituale di un defunto nella condizione del devachan. Il corpo di resurrezione è il superamento concreto della contrapposizione tra vita e morte: è morte divenuta vita. Esso reca in sé l“albero della vita’ di cui parla la leggenda del Paradiso, e coloro che mangiano dei suoi frutti, supereranno la contrapposizione tra vita e morte.

 

Per avvicinarsi ad una comprensione del corpo di resurrezione, non vi è altra via che quella di una meditazione costante e profonda. Non è infatti possibile acquisire una conoscenza interiormente chiara e concreta del corpo di resurrezione servendosi di concetti o nessi concettuali, tratti dall’esperienza ‘ordinaria’, propria cioè dell’ambito situato al di qua della soglia della resurrezione. Perciò è necessario intraprendere la via di un approfondimento intimo, che richiederà magari anni, prima di schiudere una comprensione interiore del corpo di resurrezione. Si può, ad esempio, prendere le mosse da una parola, che si trova in un determinato contesto dell’Apocalisse di Giovanni: “Così parla l’Amen, il Testimone fedele e verace, l’inizio della creazione di Dio” (Ap 3:14).

 

Questa frase può, grazie ad un ripetuto approfondimento meditativo, giovare ad una comprensione del corpo di resurrezione, più di molte definizioni concettuali. La frase è particolarmente efficace se fatta gravare sulla parola AMEN. Si può allora partire dal corpo umano di Saturno, costituito interamente di sostanza calorica affine alla volontà, e che rappresenta “l’inizio della creazione di Dio”. Successivamente può divenire oggetto di approfondimento il fatto che solo questo ‘corpo’ saturnio è, sin dai primordi, testimone dell’intera evoluzione cosmica. Infine – dopo averlo considerato in relazione allo spazio e al tempo – si può penetrare nel suo essere, in rapporto alla parola AMEN, che ne è l’espressione.

 

Si tratta di approfondire questa parola, sotto l’aspetto della qualità morale dei suoni. I singoli suoni possono condurre alla conoscenza interiore delle diverse correnti del corpo di resurrezione. Così, ad esempio, il suono della A conduce alla comprensione del ‘capo risorto’, ossia della corrente che sta in relazione con le altezze cosmiche; il suono della M rivela le ‘mani risorte’, ossia la corrente che si effonde nelle ampiezze cosmiche; il suono della E conduce alla vita interiore del corpo di resurrezione e infine il suono della N esprime la forza della negazione del male, del suo opporsi ad esso, quale si è manifestata nella Discesa agli inferi.

 

Le forze espresse dai singoli suoni, agiscono con speciale intensità in determinati momenti della vita e dell’opera del Cristo Gesù. Come la forza della N si manifesta nella Discesa agli inferi, così la forza della E si manifesta nella Passione, e in particolare durante la notte di Getsemani. La forza della M si mostra nelle guarigioni e nei miracoli mentre il momento in cui la forza della A si dà a percepire con maggior chiarezza è quello del Battesimo nel Giordano.

 

La parola AMEN è dunque una sintesi dell’azione del Cristo,

come il corpo di resurrezione è la sintesi dell’evoluzione cosmica.

 

Questo significato dell’AMEN era noto anche agli scrittori dei Vangeli, e Giovanni riassume il proprio con questa parola, con la parola che racchiude il contenuto di tutti quei libri che avrebbero dovuto essere scritti, per rendere testimonianza alle opere del Cristo, ma che non lo furono “poiché il mondo stesso non basterebbe a contenerli” (Gv 21:25).

Di conseguenza nella sintesi di questa parola, è compreso anche quanto è stato detto, come contributo alla cristologia, nelle presenti considerazioni sul Nuovo Testamento.

La prossima ed ultima considerazione sarà invece dedicata all’evento di Pentecoste, che non solo rappresenta il frutto del Nuovo Testamento, ma introduce già negli eventi futuri dell’Apocalisse.