Davanti alle porte dell’anima cosciente. Come Michele prepara la sua missione terrena nelle sfere sopraterrene attraverso la vittoria su Lucifero – Massime 124-126

Commento di Lucio Russo


 

Parte prima

Cominceremo adesso una lettera, intitolata: Davanti alle porte dell’anima cosciente, ch’è divisa in tre parti:

• la prima è costituita dalla lettera del 30 novembre 1924 (massime 124/125/126);

• la seconda comprende, sia la lettera del 7 dicembre 1924

(massime 127/128/129/130), sia quella del 14 dicembre 1924 (massime131/132/133);

• la terza è costituita dalla lettera del 21 dicembre 1924 (massime 134/135/136).

 

Affrontiamo dunque la prima parte, dal titolo: Come Michele prepara la sua missione terrena nelle sfere sopraterrene attraverso la vittoria su Lucifero (30 novembre 1924).

Vi avverto che dovrete avere più pazienza del solito, perché Steiner riassume qui due saghe che dovrò necessariamente leggervi.

 

Ma veniamo al dunque: a che cosa stiamo per assistere?

Stiamo per assistere alla nascita dell’anima cosciente (1413).

 

• Sappiamo che dire “anima cosciente” significa dire “scienza”,

giacché questa rappresenta la più pura espressione della sua prima fase di sviluppo (scientifico-naturale);

così come sappiamo che l’evoluzione dell’anima cosciente, cioè a dire dell’anima moderna,

è stata preceduta da quella dell’anima razionale-affettiva, cioè a dire dell’anima medievale.

 

Vedete questo libro? E’ il Sommario di Storia della Filosofia di Guido De Ruggiero (1). Ebbene, scorrendone l’indice, che cosa vediamo? Vediamo che tratta, come di consueto, della “filosofia antica”, della “filosofia medievale” e della “filosofia moderna”, e che il primo capitolo di quella moderna è intitolato: Umanesimo, Riforma, Rinascimento.

 

E’ così, infatti, che si presenta l’anima cosciente, prima di approdare, con Galilei (1564-1642), alla scienza naturale:

• con l’Umanesimo si presenta sulla scena letteraria;

• con la Riforma sulla scena religiosa;

• con il Rinascimento sulla scena artistica.

 

Il Rinascimento è tuttavia caratterizzato da un rigetto dell’aristotelismo e da una reviviscenza del platonismo e della paganità (potete consultare, al riguardo, Misteri pagani nel Rinascimento di Edgar Wind) (2).

Come si sa (e come illustra ad esempio Burckhardt, nel suo celebre La civiltà del Rinascimento in Italia) (3), sia l’Umanesimo che il Rinascimento sono contrassegnati da un ritorno all’antichità classica (in particolare greca) e, in specie il secondo, da una straordinaria fioritura dell’arte. Prosatori, novellieri e rimatori riprendono gli antichi miti, le antiche saghe o le antiche immaginazioni, così come i pittori fanno delle Metamorfosi di Ovidio la loro Bibbia: non però per schietto sentire, ma per emulazione o imitazione.

Osserva appunto Francesco De Sanctis: • “Sono antiche rappresentazioni, messe a nuovo, intonacate, a uso di un pubblico più colto (…) Un piacevole esercizio dell’immaginazione, una ricreazione dello spirito (…) Il mistero è un aborto, è una materia sacra che non dice più nulla alla mente ed al cuore, senza alcuna serietà di motivi, e trasformata da uomini colti in un puro giuoco d’immaginazione; dove angioli e demòni, paradiso e inferno hanno così poca serietà come Apollo e Diana e Plutone” (4).

 

Notevole, per quanto ci riguarda, è quest’altra sua affermazione: • “Già cominciava a spuntare una scienza dell’uomo e della natura. L’invenzione della stampa, la scoperta di Copernico, i viaggi di Colombo e di Amerigo Vespucci, gli scritti del Pomponazzi, i Discorsi del Machiavelli, la Riforma, la costruzione solida di grandi Stati, come la Spagna, la Francia, l’Inghilterra, erano fatti colossali che rinnovavano la faccia del mondo. Ma le conseguenze non erano ben chiare; e il mondo moderno, il mondo dell’uomo e della natura, o per dirlo in una parola, la scienza, era ancora come un Sole inviluppato di vapori che non danno via a’ suoi raggi. E i vapori erano il mondo popolare dell’immaginazione, che suppliva alla scienza, riempiendo la terra di miracoli. Ogni specie di soprannaturale era accumulata e ammessa, il miracolo de’ cristiani, il prodigio de’ pagani, gl’incanti de’ maghi e delle fate, le imposture degli astrologi” (5).

 

Ebbene, che cosa rappresenta tutto ciò? E’ presto detto:

un rigurgito o un “colpo di coda” di Lucifero all’alba dell’anima cosciente e della modernità.

 

Cominciamo dunque a leggere.

 

 

L’intervento di Michele nell’evoluzione del mondo e dell’umanità alla fine del secolo diciannovesimo [1879]

appare in una luce speciale se si considera la storia dello spirito nei secoli precedenti.

Al principio del secolo quindicesimo vi è il momento in cui si inizia l’epoca dell’anima cosciente.

Già prima di quel momento si riscontra un completo mutamento nella vita spirituale dell’umanità.

Si può rintracciare come, prima di allora, penetrino ancora dappertutto nella veggenza umana delle immaginazioni.

Certo anche prima singole persone si trovavano di fronte a soli “concetti” nella loro vita animica;

solo che, nella generale disposizione animica della maggioranza degli uomini,

viveva un insieme di immaginazioni e di rappresentazioni che provenivano dal mondo puramente fisico.

Così è per le rappresentazioni dei processi naturali, così anche per quelle del divenire storico.

Ciò che l’osservazione spirituale può trovare in questa direzione viene assolutamente confermato dalle testimonianze esterne.

Ne indicheremo qualcuna. Poco prima del sorgere dell’epoca dell’anima cosciente si prende a scrivere nei modi più diversi

ciò che nei secoli precedenti si era meditato e detto intorno agli eventi storici. Da quest’epoca ci sono state così conservate

saghe e leggende che dànno una fedele immagine di come prima ci si rappresentava la “storia”” (pp. 107-108).

 

 

Notiamo, prima di leggere il riassunto della saga del “buon Gerardo”, di Rudolf von Ems (ca. 1200-1254), queste espressioni: • “Si può rintracciare come, prima di allora (prima cioè dell’inizio dell’epoca dell’anima cosciente), penetrino ancora dappertutto nella veggenza umana delle immaginazioni (…) Nella generale disposizione animica della maggioranza degli uomini, viveva un insieme di immaginazioni e di rappresentazioni che provenivano dal mondo puramente fisico”.

Vedete: “dal mondo puramente fisico”, e non da quello spirituale. Il che vuol dire che Lucifero spingeva gli uomini a farsi delle “immaginazioni” illusorie di quel mondo fisico del quale avrebbero dovuto cominciare invece a farsi, come impone l’anima cosciente, delle “rappresentazioni” realistiche. Ciò dimostra come Lucifero si sforzi sempre di trasportare il passato nel presente, alterando così, in noi, la coscienza dell’uno e dell’altro (nonché quella, s’intende, del futuro).

 

Ed ecco il racconto:

 

 

Il “buon Gerardo” è un ricco mercante di Colonia. Egli intraprende un viaggio d’affari in Russia, Livonia, e Prussia, per comperare pelli di martora. Poi va a Damasco e Ninive per comperare stoffe di seta ed altro.

Nel viaggio di ritorno viene colto da una tempesta. Sui lidi stranieri ai quali arriva egli conosce un uomo che tiene prigionieri dei cavalieri inglesi e anche la fidanzata del re d’Inghilterra. Gerardo offre tutte le mercanzie acquistate durante il viaggio e riscatta i prigionieri. Li prende con sé a bordo e si avvia verso la patria. Quando le navi giungono dove le vie verso la patria di Gerardo e verso l’Inghilterra divergono, Gerardo lascia che gli uomini prigionieri ritornino nella loro patria; trattiene invece presso di sé la fidanzata del re nella speranza che questi, il re Guglielmo, venga a riprenderla non appena sappia della sua liberazione e del suo soggiorno attuale. Gerardo ospita nel modo più squisito la sposa reale e le amiche che la accompagnano. La sposa reale vive come una figlia molto amata nella casa del suo liberatore. Ma passa molto tempo senza che il re si presenti a prenderla. Finalmente Gerardo, per assicurare l’avvenire alla sua figliola d’adozione, stabilisce di sposarla a suo figlio, perché si può ormai presumere che Guglielmo sia morto. Già è pronta la festa di nozze per il figlio di Gerardo, quando ad un tratto appare Guglielmo nelle vesti di un pellegrino sconosciuto. Egli aveva errato a lungo per cercare la sua sposa. Ora la ricupera poiché altruisticamente il figlio di Gerardo rinuncia a lei e gliela rende. Gli sposi restano ancora qualche tempo presso Gerardo, poi questi allestisce una nave per portarli in Inghilterra. Non appena i prigionieri liberati da Gerardo, ora reintegrati nella loro dignità, lo possono risalutare in Inghilterra, vogliono eleggere Re lui stesso. Ma egli può rispondere che ha ricondotto i loro sovrani legittimi. Anche i cavalieri avevano ritenuto Guglielmo per morto, e volevano scegliere un altro Re per restaurare l’ordine nel paese, caduto in condizioni caotiche durante le peregrinazioni di Guglielmo. Il mercante di Colonia rifiuta tutte le ricchezze e gli onori che gli vengono offerti, e ritorna a Colonia per continuare a fare il mercante nelle semplici condizioni di prima. La storia viene conclusa così: l’imperatore sassone Ottone 1º fa un viaggio a Colonia per conoscere il “buon Gerardo” perché il possente Imperatore è soggiaciuto alla tentazione di aspettarsi una “ricompensa terrena” per talune azioni da lui compiute. Conoscendo Gerardo egli è condotto dal suo esempio a sentire come un uomo semplice faccia un bene indicibile (donando tutte le sue mercanzie per liberare i prigionieri, restituendo a Guglielmo la sposa del figlio, sacrificandosi per ricondurre la coppia reale in Inghilterra, e così via), senza desiderare nessuna ricompensa terrena, ma lasciando ogni ricompensa nelle mani di Dio. Il protagonista è chiamato dal popolo “il buon Gerardo”, e l’Imperatore sente di aver ricevuto una possente spinta morale-religiosa per il fatto di essere venuto a conoscenza dell’atteggiamento di Gerardo” (pp. 108-109).

 

 

Qui finisce il racconto, e cominciano le osservazioni di Steiner.

 

 

Il racconto, di cui ho dato qui la trama per non accennare a cosa poco conosciuta solo con dei nomi, mostra molto chiaramente

uno dei lati della disposizione animica dell’epoca precedente il sorgere dell’anima cosciente nella evoluzione umana (…)

Osserviamo come nell’epoca dell’anima cosciente il mondo sia diventato, in certo modo, più “chiaro” dinanzi allo sguardo

dell’anima umana, riguardo a ciò che si può afferrare dell’esistenza e del divenire fisici.

Con le sue navi Gerardo viaggia per così dire come in mezzo alla nebbia.

Conosce sempre solo il pezzetto del mondo col quale vuol venire in contatto.

A Colonia non si sa nulla di ciò che avviene in Inghilterra, e si deve andare in cerca per anni di qualcuno che è in Colonia.

Soltanto quando il destino porta nel luogo adatto, si ha notizia della vita e dei possedimenti di un uomo come quello che vive

là dove Gerardo approda nel suo viaggio di ritorno. Il colpo d’occhio sulle condizioni del mondo che abbiamo oggi sta a quello

di allora, come il dominare un vasto paesaggio illuminato dal sole, di fronte al brancolare nella nebbia fitta” (pp. 109-110).

 

 

Vedete, nell’epoca dell’anima cosciente il mondo diventa “in certo modo, più “chiaro”” (le rappresentazioni “chiare e distinte” di Cartesio) proprio perché si diradano pian piano le nebbie delle immaginazioni luciferiche, ancora presenti, ad esempio (per quanto riguarda l’Italia), nell’Orlando innamorato del Boiardo (1441-1494) o nell’Orlando furioso dell’Ariosto (1474-1533).

• Tali nebbie, tuttavia, non sono a tutt’oggi scomparse (non essendo scomparso Lucifero) e affliggono in vario modo la nostra esistenza.

Si tratta di fantasie o immaginazioni, più o meno incoscienti, che alterano la nostra coscienza ordinaria, e per ciò stesso il nostro rapporto con la realtà quotidiana (un vecchio romanzo di Ottiero Ottieri era significativamente intitolato: L’irrealtà quotidiana) (6).

Fatto sta che la nascita della modernità e della scienza galileiana (ch’è oggi caduta, tradendo Galilei, dalla “padella” luciferica nella “brace” arimanica), avrebbero dovuto comportare (e in parte hanno comportato) un processo, diciamo così, di “de-luciferizzazione”.

 

• Sintomatico, al riguardo, è stato il conflitto tra la Chiesa e Galilei, che aveva il grave torto, agli occhi della prima, di

basare la sua conoscenza sull’osservazione e sul pensiero, e non sull’autorità di Aristotele, della Tradizione o della Bibbia.

• Ma per quale ragione Galilei non si basava più (al pari di Copernico o di Keplero) su tali autorità?

Per la semplice ragione ch’era cambiata l’anima, e per ciò stesso il modo di pensare, sentire e volere

(osserva Steiner: “Ho ripetuto sovente che quella che oggi chiamiamo storia non è che una fable convenue, perché in questa astratta narrazione di avvenimenti e in questa ricerca esteriore di cause ed effetti nei processi storici, non si tiene conto delle trasformazioni e delle metamorfosi della vita animica umana”) (7).

 

L’ho detto e lo ripeto: lo spirito che animava ieri tali ricercatori è lo stesso che anima oggi la scienza dello spirito,

tant’è ch’è impossibile capire l’essenza di questa se non si capisce l’essenza di quella.

 

Lucifero cerca dunque di ostacolare la nascita dell’anima cosciente,

patrocinando, ovunque può, un ri-nascimento dell’antichità classica,

ma non riesce a impedire il nascimento della scienza naturale:

ossia di un fatto allora assolutamente nuovo,

come assolutamente nuovo è oggi il nascimento della scienza spirituale

(ostacolata non solo da Lucifero, ma anche da Arimane).

 

Considerate solo questo:

• ci sono state epoche in cui l’umanità ha usufruito istintivamente dell’“immaginazione”

(lo dimostra ad esempio il fatto che, in greco, theōrêin e theōría significano, rispettivamente, “contemplare” e “visione”);

• mai c’è stata invece un’epoca in cui abbia usufruito della “coscienza immaginativa”,

giacché questa ha unicamente a che fare col suo presente e col suo futuro.

 

“Questi – dice appunto Steiner – sono i tre gradini che l’umanità ha in parte passato, e che in parte dovrà ancora percorrere. Nell’Atlantide gli uomini ancora vivevano in una specie di stato di coscienza di sogno, ma era una coscienza chiaroveggente. Più tardi essi conquistarono gradatamente l’autocoscienza, la coscienza oggettiva esteriore, ma in cambio dovettero rinunziare all’antica facoltà ottusa di chiaroveggenza; e finalmente, nell’avvenire, l’uomo avrà una coscienza chiaroveggente collegata all’autocoscienza.

• Così l’uomo passa da un’antica, ottusa chiaroveggenza,

• attraverso una coscienza oggettiva non chiaroveggente,

• per risalire poi ad una chiaroveggenza autocosciente (8).

 

Domanda: Non mi è facile pensare che la grande arte del Rinascimento sia stata patrocinata da Lucifero, cioè da un ostacolatore.

Risposta: Con ciò che ho detto, non ho inteso ridurre l’intero Rinascimento a un impulso di Lucifero, ma mettere soltanto in luce alcune manifestazioni di quello che ho chiamato un suo rigurgito o ”colpo di coda”. Le grandi creazioni dell’epoca, dirà più avanti Steiner, sono dovute, sì, a Michele, ma “esse sono ancora un rinnovamento dell’essenza dell’anima razionale o affettiva”, e “non ancora l’azione delle nuove forze animiche”.

Tieni conto, comunque, che definire luciferico un qualcosa o un qualcuno (ad esempio, come fa Steiner, papa Alessandro VI o Cesare Borgia), altro non significa che operare una diagnosi; e sai forse di qualcuno che, sentitosi definire dal proprio medico, che so, un “cardiopatico”, si sia offeso, e abbia magari replicato: “Cardiopatico sarà lei!”?

Ti sia chiaro, in altre parole, che una diagnosi, quale fatto puramente conoscitivo, non equivale a un “Vade retro satana!”, a un anatema o a una condanna pudibonda e moralistica.

Sappiamo che Lucifero è lo spirito della bellezza e della seduzione? Bene, godiamo allora la bellezza ed evitiamo la seduzione; sappiamo che Arimane è lo spirito della tecnica? Bene, utilizziamo allora cellulari e computer ed evitiamo di diventarne schiavi.

 

Ho detto “godiamo la bellezza”, ma anche qui dovremmo fare attenzione. Senti che cosa dice infatti Steiner:

“Si deve essere consapevoli che se come uomini ci si dedicasse solo al bello, si coltiverebbero in sé le forze che conducono all’elemento luciferico (…) Il puro bello, adoperato da Lucifero per abbagliare e incatenare gli uomini, li svincolerebbe dall’evoluzione della Terra, non li terrebbe in accordo con questa (…) In Grecia (è noto con quale entusiasmo ho parlato spesso da questa sede della civiltà greca) si poteva ancora dedicarsi unilateralmente alla bellezza, perché allora l’umanità non era stata ancora coinvolta nell’evoluzione discendente della Terra, per lo meno non in Grecia. Da allora però l’uomo non può più concedersi il lusso di coltivare solo il bello: sarebbe una fuga dalla realtà. Egli deve coraggiosamente confrontarsi con la lotta reale tra bello e brutto, deve poter sentire le dissonanze e le consonanze nel mondo, deve poter partecipare alla lotta fra di esse” (9).

 

Fatto sta che la nostra è una via della conoscenza e della libertà, e quindi

• una via in cui c’è posto per tutto, ma in cui tutto deve stare al suo posto.

Perché ciò sia possibile è però necessario che stia anzitutto al suo posto l’Io,

ch’è appunto il principio o il signore dell’ordine e dell’armonia.

 

Tieni infine presente ciò che dice qui Steiner:

“Rispetto alla vita storica dell’umanità immettiamo realtà nel nostro modo di pensare, se nei singoli periodi storici siamo in grado di percepire l’azione o il moto delle forze luciferiche e arimaniche. Sentiamo così con precisione l’operare luciferico nel periodo storico che va da Sant’Agostino sino alla fine del medioevo, sino al secolo quindicesimo all’inizio dell’epoca moderna (…) Se ora passiamo all’epoca moderna, se dirigiamo lo sguardo al mondo meccanico-fisico (…) vi vediamo con chiarezza dominare la sfera arimanica. Con questo non si asserisce senz’altro che il periodo da Agostino a Galileo sia stato luciferico e che quello da Galileo a noi sia arimanico. Sarebbe a sua volta un giudizio arimanico, un’interpretazione intellettualistica. Volendo arrivare da una simile interpretazione a un’altra vivente, a una conoscenza partecipante dell’esistenza nella quale siamo inseriti, dovremo esprimerci diversamente. Dovremo dire: nel periodo da Agostino a Galileo l’uomo si dovette difendere dalla forza luciferica per conservare il suo equilibrio. Nell’epoca moderna, per tendere all’equilibrio, deve difendersi da Arimane” (10).

 

Torniamo a noi. Abbiamo detto che

il confondere o mescolare tra loro immaginazioni e rappresentazioni è fonte di patologia.

• Che cos’è un’immaginazione? È un’idea riflessa dal corpo eterico;

• e che cos’è una rappresentazione? È un’idea riflessa dal corpo fisico:

proprio da quel corpo sul quale fa leva, nella sua prima fase di sviluppo, l’anima cosciente.

(Considerando che la dimensione fisica è quella spaziale, non meraviglierà che l’avvento dell’anima cosciente sia accompagnato da quello delle “grandi scoperte geografiche” e, nelle arti figurative, da quello della prospettiva.)

 

Pensate, per dirne una, al cosiddetto e celeberrimo “complesso di Edipo”.

E’ una rappresentazione o un’immaginazione? E’ un’immaginazione.

Freud l’ha però presa per una rappresentazione,

e ha così creduto che illustrasse e veicolasse l’insano desiderio di accoppiarsi con la madre naturale.

Se l’avesse presa, invece, per una immaginazione, non l’avrebbe riferita alla vita materiale, bensì a quella spirituale,

e avrebbe così realizzato che simboleggia e veicola il sano desiderio di riunirsi (quali Io) alla madre spirituale:

ossia, alla propria vera anima (alla Sophia).

 

(Chi intenda approfondire il significato spirituale della figura di Edipo e il suo rapporto con quella di Giuda Iscariota, consulti, di Steiner: Il Vangelo di Giovanni in relazione con gli altri tre e specialmente col Vangelo di Luca (11° conferenza) e L’Oriente alla luce dell’Occidente – I figli di Lucifero e i fratelli di Cristo [11]. Per darvi almeno un’idea dell’enormità dell’abbaglio freudiano, vi leggo, del primo, solo queste righe:

“Per il fatto di avere in sé il corpo eterico e il corpo astrale, l’uomo ha in sé l’elemento materno. Egli ha per così dire, oltre alla madre esteriore che è sul piano fisico, l’elemento materno, la madre, dentro di sé; e oltre al padre che è nel mondo fisico, egli ha in sé l’elemento paterno, il padre [il corpo fisico e l’ego] […] Se l’uomo non riesce ad armonizzare padre e madre dentro di sé, il disaccordo fra quei due elementi si trasmette dall’uomo al piano fisico e ne risultano dei disastri” [12].)

Come vedete, confondere le immaginazioni con le rappresentazioni (ch’è come “prendere lucciole per lanterne”) significa alterare e deformare, sia la vita spirituale, sia la vita materiale.

 

Quale compito si è dunque assunto la scienza? Quello appunto di operare una netta distinzione tra le une e le altre (e com’è una fortuna, lo ripeto, che sia stata un tempo capace di allontanare da sé le influenze di Lucifero, così è una disgrazia che sia oggi incapace di allontanare da sé quelle di Arimane).

Dunque:

• mondo fisico inorganico, mondo delle spente rappresentazioni;

• mondo eterico organico, mondo delle vive immaginazioni;

• mondo animico, mondo delle ispirazioni;

• mondo spirituale, mondo delle intuizioni.

 

Nella fase evolutiva di cui si parla in questa lettera, c’è però confusione, giacché ci si dà a riproporre un’immagine del mondo fisico (valida fintantoché era possibile sperimentare, attraverso il mondo fisico, quello spirituale), proprio nel momento in cui, essendosi ormai spenta ogni residua veggenza, tale immagine diviene meramente allegorica, retorica o manieristica.

(Chi voglia farsi un’idea degli ultimi sani bagliori della vis immaginativa, consulti: Il Divino e il Megacosmo. Testi filosofici e scientifici della scuola di Chartres [13] o, di Karl Heyer, La meraviglia di Chartres e altri scritti sulla spiritualità del Medioevo [14].)

 

 

(…) Ma nel tempo ora indicato l’umanità non guardava più il mondo spirituale come lo guardava nel passato

per mezzo della chiaroveggenza crepuscolare (di sogno). Si avevano le immaginazioni;

ma sorgevano in un atteggiamento dell’anima umana che già fortemente tendeva al pensare [al rappresentare].

Di conseguenza, non si sapeva più in che rapporto fosse il mondo, che si manifestava in immaginazioni,

con il mondo dell’esistenza fisica.  A coloro che più energicamente si attenevano al pensare [al rappresentare],

le immaginazioni apparivano perciò “invenzioni” arbitrarie, prive di realtà.

Non si sapeva più che, per mezzo dell’immaginazione, si guarda in un mondo

nel quale si sta con tutt’altra parte del nostro essere umano, che non nel mondo fisico.

Nella narrazione i due mondi stavano così l’uno accanto all’altro, ed entrambi, per il modo in cui la narrazione era tenuta,

avevano un carattere che faceva credere che gli eventi spirituali narrati si fossero svolti percepibilmente in mezzo a quelli fisici,

altrettanto percepibili di questi” (pp. 110-111).

 

 

Vedete,

“non si sapeva più che, per mezzo dell’immaginazione,

si guarda in un mondo nel quale si sta con tutt’altra parte del nostro essere umano, che non nel mondo fisico”:

non si sapeva più, cioè, che, per mezzo delle immaginazioni,

si guarda, riflesso nel mondo eterico, il mondo astrale (animico), e non il mondo fisico.

 

Non insisto su questo, invitandovi, qualora desideriate saperne di più, a consultare il mio Freud, Jung, Steiner (15).

Vi voglio però raccontare un fatto capitato a Wilhelm Reich. Un suo paziente, a un certo punto della psicoterapia, cominciò a chiedergli di picchiarlo. Ovviamente, Reich, da professionista, si guardò bene dal farlo. Ma il paziente, seduta dopo seduta, tanto insistette che Reich si risolse infine a dargli un colpetto con un righello che aveva sulla scrivania. Non l’avesse mai fatto! Il paziente si offese e lasciò la terapia.

 

Soltanto quel giorno, confessò in seguito Reich, gli riuscì di capire

che al paziente piaceva l’idea, ma non il fatto di essere picchiato.

Non si trattava infatti di una rappresentazione da riferire al piano esteriore,

ma di un’immaginazione da riferire a quello interiore:

da riferire, cioè, a un bisogno dell’anima, e non del corpo.

 

 

Inoltre, in molti di questi racconti gli avvenimenti fisici vengono confusi tra loro;

personaggi che avevano vissuto a secoli di distanza vi sono presentati come contemporanei;

certi avvenimenti sono descritti in luoghi e momenti non giusti.

Fatti del mondo fisico sono così guardati dall’anima umana come si può guardare solo lo spirituale,

in cui tempo e spazio hanno altro significato che per il fisico;

il mondo fisico viene rappresentato in immaginazioni invece che in pensieri [in rappresentazioni];

per contro, il mondo spirituale viene intessuto nel racconto come se non si trattasse di altra forma di esistenza,

ma della continuazione di fatti fisici” (p. 111).

 

 

Vedete, si mescola e confonde il mondo animico-spirituale (essenziale), che è al di là della soglia,

con il mondo spazio-temporale (esistenziale), che ne è invece al di qua (il che non potrebbe accadere – parlo per noi –

se prestassimo ascolto, come indica L’iniziazione (16), agli avvertimenti del “piccolo Guardiano della soglia”).

 

Dice Steiner che, nello spirito, “tempo e spazio hanno altro significato che per il fisico”.

Ciò allude al fatto

• che il tempo, sperimentato al di qua della soglia quale “successione”,

è, per così dire, il “risvolto” o l’”ombra” del Divenire dell’Essere (del Figlio),

• e che lo spazio, sperimentato al di qua della soglia quale “coesistenza”,

è il “risvolto” o l’”ombra” dell’Essere del Divenire (del Padre).

 

Ascoltate quanto scrive Scaligero: • “La tenebra della terrestrità (…) è la morte della luce fatta realtà, onde divengono operanti il fantasma dello spazio e lo spettro del tempo” (17);

e sentite quel che dice qui Steiner: • “… nel corso del tempo vengono a coincidere il crollo del tempio di Salomone e la nascita del cristianesimo: un’immagine spaziale simbolica del contenuto del cosmo, quello; una nuova immagine del mondo, il cristianesimo, inteso invece come evento temporale. Nel cristianesimo l’essenziale non è qualcosa che possa presentarsi come una realtà nello spazio, come il tempio di Salomone (…) Solo chi lo afferra in immagini che si svolgono nel tempo comprende il cristianesimo (…) Fu immerso [nell’anima del giudaismo dell’Antico Testamento] il germe del cristianesimo, un germe nuovo posto entro ciò che si esprimeva nello spazio: il germe di qualcosa che si esprime solo nel tempo. E’ il “divenire” che si presenta dopo l’essere …” (18).

 

 

Una concezione storica, che si attenga soltanto al fisico, pensa che siano state riprese le antiche immaginazioni dell’oriente, della Grecia, o altre, e che siano state intessute poeticamente nei soggetti storici che a quel tempo occupavano gli uomini. Negli scritti di Isidoro di Siviglia del secolo settimo, si ha una vera collezione di antichi “motivi di leggenda”.

Ma questo è un modo esteriore di osservazione. Ha importanza soltanto per chi non ha senso per quella disposizione animica umana che sa la propria esistenza ancora immediatamente congiunta col mondo dello spirito, ed è spinta ad esprimere in immaginazioni questa sua conoscenza. Se poi, invece della propria immaginazione ne venga adoperata una che è stata tramandata storicamente e che viene vissuta quale esperienza propria, ciò non è essenziale. L’essenziale sta nel fatto che l’anima è orientata verso il mondo spirituale in modo da vedere la propria azione e i processi naturali inseriti in quel mondo spirituale.

Tuttavia, nel genere delle narrazioni del tempo precedente l’inizio dell’epoca dell’anima cosciente, si nota un traviamento.

In tale traviamento l’osservazione spirituale vede l’azione della potenza luciferica.

Ciò che spinge l’anima ad accogliere delle immaginazioni nel suo contenuto di esperienze, corrisponde non tanto alle facoltà che essa possedeva in passato (grazie ad una chiaroveggenza sognante), quanto piuttosto a quelle esistenti nel secolo ottavo e fino al quattordicesimo dopo Cristo. Queste facoltà tendevano già maggiormente ad afferrare col pensiero [col rappresentare] il mondo percepito sensibilmente. In quell’epoca di transizione le due facoltà coesistono l’una accanto all’altra. L’anima è posta fra l’orientamento antico, che guarda al mondo spirituale e vede il mondo fisico soltanto come una nebbia, e l’orientamento nuovo, che guarda ai processi fisici e per il quale la visione spirituale va impallidendo.

In questo vacillante equilibrio dell’anima umana si intromette l’azione della potenza luciferica. Essa vorrebbe impedire che l’uomo si orientasse pienamente nel mondo fisico. Vorrebbe trattenerlo con la sua coscienza in regioni spirituali che erano adatte per lui in epoche anteriori. Vorrebbe impedire che nella sua sognante e immaginativa veggenza del mondo fluisse l’elemento del pensiero [del rappresentare], diretto alla comprensione dell’esistenza fisica. E veramente essa può trattenere lontano dal mondo fisico, in modo irregolare, la facoltà di osservazione dell’uomo. Ma non può conservare nel modo giusto l’esperienza delle immaginazioni antiche. Così essa fa riflettere l’uomo in immaginazioni, senza però essere capace di trasportarlo animicamente del tutto nel mondo in cui le immaginazioni hanno pieno valore.

All’inizio dell’epoca dell’anima cosciente Lucifero agisce in modo che per suo mezzo l’uomo viene trasferito nella regione soprasensibile immediatamente confinante con la regione fisica, non però in maniera adeguata a lui” (pp. 111-112-113).

 

 

Sappiamo che la coscienza di coma o di morte, la coscienza di sonno senza sogni e la coscienza di sogno sono state proprie dell’umanità (ma non come le sperimentiamo oggi) in precedenti fasi della sua evoluzione, allo stesso modo in cui le è oggi propria la coscienza di veglia “intellettuale” o “rappresentativa”.

Lucifero tenta quindi di trattenerci nella coscienza di sogno: ossia in uno stato (oniroide) che non è, per così dire, “né carne, né pesce”, giacché non è, né una genuina immaginazione del mondo spirituale (com’era in passato, ma come non è stato più dal “secolo ottavo e fino al quattordicesimo dopo Cristo”), né una realistica rappresentazione del mondo fisico (come esigerebbe il presente).

Lucifero, dice appunto Steiner, “vorrebbe impedire che l’uomo si orientasse pienamente nel mondo fisico.

Vorrebbe trattenerlo con la sua coscienza in regioni spirituali che erano adatte per lui in epoche anteriori”.

 

Emblematica, al riguardo, è la posizione di Jung:

• si allontana dal mondo (naturalistico) delle rappresentazioni di Freud (e da Freud stesso)

per avventurarsi in quello dei simboli e delle immagini archetipiche, ma poi si ferma qui (per così dire, “a mezz’aria”),

non essendo per l’appunto capace di portarsi “animicamente del tutto

nel mondo in cui le immaginazioni hanno pieno valore”: ossia, nel mondo spirituale.

 

Ascoltate, riguardo a tale incapacità, questa sua affermazione: • “Il solo pensiero che esista un’enorme differenza psicologica tra la coscienza dell’esistenza di un oggetto e la coscienza della coscienza di un oggetto rasenta una sottigliezza che molto difficilmente potrà trovare una qualche rispondenza” (19).

Ebbene, non ha dell’incredibile che la differenza spirituale (non “psicologica”) tra la coscienza e l’autocoscienza, “basilare”, ad esempio, per Cartesio o per Kant, rasenti invece, per Jung, “una sottigliezza che molto difficilmente potrà trovare una qualche rispondenza”?

(Scrive Kant: “Le molteplici rappresentazioni che sono date [alla coscienza – nda] in una certa intuizione, non sarebbero tutte insieme mie rappresentazioni, se tutte insieme non appartenessero ad una autocoscienza” [a un “Io penso”nda] [20]; e Bertrando Spaventa spiega: “La coscienza della coscienza non è semplicemente un’altra coscienza, che venga dopo la prima (e che tolto questo, di esser dopo, in sé sia lo stesso che la prima), ma è tale che è sé stessa e la prima (che contiene in sé la prima: un occhio che ha due occhi”) [21].)

 

Dice Steiner che • “all’inizio dell’epoca dell’anima cosciente Lucifero agisce in modo che per suo mezzo l’uomo viene trasferito nella regione soprasensibile immediatamente confinante con la regione fisica, non però in maniera adeguata a lui”:

dice, cioè, che Lucifero trasferisce l’uomo nel mondo eterico (“nella regione soprasensibile immediatamente confinante con la regione fisica”) delle immaginazioni (in cui si riflette il mondo astrale) senza farlo prima passare sotto le “forche caudine” della “coscienza infelice” di Hegel o dell’intelletto (all’opposto, perciò, di quanto prevede la superiore e sana coscienza immaginativa).

 

E’ importante tenerlo presente, giacché non pochi, anche tra noi, si trattengono più o meno inconsciamente al di qua dell’intelletto, illudendosi di essersene portati invece al di là.

Dobbiamo assolutamente capire, in altri termini, che il sano intelletto è la ferma base del nostro sviluppo e del nostro equilibrio (la “roccia” sulla quale dobbiamo costruirci e costruire); non dobbiamo però accontentarci di godere del suo ordinario “lume naturale”, ma dobbiamo portare avanti il suo sviluppo nella direzione dello spirito.

 

So bene che l’intelletto è povero, ma proprio per questo il Cristo dice: “Beati i poveri in spirito, poiché di essi è il regno dei cieli” – Mt 5,3).

L’intelletto, insomma, va assunto e digerito. Ad alcuni resta invece sullo stomaco, e per questo lo rigettano, nell’illusione di diventare così “spirituali”.

 

Domanda: A proposito di rigetti, so di persone che mandano i figli alla scuola Waldorf, utilizzano i prodotti dell’agricoltura biodinamica e i farmaci della Wala e della Weleda, tenendosi al tempo stesso alla larga dall’antroposofia e, soprattutto, dalla Filosofia della libertà. Che ne pensi?

Risposta: Che si tratta di persone (di ego) che vogliono godersi i buoni frutti pratici dell’antroposofia, ma non vogliono correre il rischio, accostandone le radici spirituali, di mettersi in discussione o di dover cambiare se stesse.

 

Già Steiner, del resto (in Formazione di comunità, ciclo di conferenze che ti consiglio di leggere, rileggere e meditare), denunciava il rischio che le “figlie” (le diverse attività antroposofiche) si separassero dalla “madre” (dall’antroposofia), arrivando perfino a rinnegarla.

Ascolta: • “L’antroposofia non dovrebbe in fondo essere altro che una “sofia”, cioè un contenuto di coscienza, un’esperienza interiore dell’anima che ci rende esseri umani completi. L’interpretazione corretta del termine antroposofia non è “saggezza dell’uomo”, bensì “coscienza della sua umanità” (…) Tutte quelle iniziative sono maturate dal terreno madre dell’antroposofia e se ne deve esser memori, anzitutto rimanendo realmente antroposofi; non si può rinnegare il centro, né come insegnante di scuola Waldorf, né come collaboratore del “Kommende tag” (22), né come ricercatore, né come medico. Non deve neanche lontanamente venire in mente di dire: non ho tempo per i problemi antroposofici generali. Altrimenti potrebbe esserci sì vita per un certo tempo in ognuna di queste istituzioni, perché l’antroposofia come tale può contenere vita e dispensarla, ma una vita che non potrebbe essere di per sé mantenuta a lungo, che si esaurirebbe nelle singole istituzioni” (23).

 

Fatto sta che il rapporto dell’antroposofia con le attività che ne discendono è analogo a quello della vite con i tralci.

“Io sono la vite, – dice infatti il Cristo-Gesù – voi i tralci; chi rimane in me ed io in lui, questi porta molto frutto; perché senza di me non potete far niente. Se uno non rimane in me, è gettato via, come il sarmento, e si secca, poi viene raccolto e gettato nel fuoco a bruciare” (Gv 15,5-6).

Ricordi che cosa dissi una sera (lettera 9 novembre 1924), parlando del fatto che la Federal Reserve, la banca centrale americana, aveva preso in considerazione l’idea di una periodica scadenza del denaro? Che ciò stava a dimostrare ch’è possibile espiantare dal corpo spirituale dell’antroposofia delle idee e trapiantarle in quello di un altro spirito (di quello, nella fattispecie, “utilitaristico”).

E’ altrettanto possibile, perciò, espiantare dal corpo spirituale dell’antroposofia le sue diverse attività per trapiantarle (più o meno inconsciamente) in quello di un altro spirito.

Ed eccoci arrivati alla seconda saga: quella del “duca Ernesto” (“che nel medioevo era tra le preferite e veniva raccontata ovunque”).

 

 

Il duca Ernesto viene in conflitto con l’imperatore che ingiustamente vuol rovinarlo per mezzo di una guerra. Per sfuggire alla sua impossibile condizione di fronte al sovrano, il Duca si sente spinto a prendere parte alle crociate d’oriente. Nelle esperienze che egli attraversa lungo il viaggio, prima di giungere alla mèta, viene appunto “leggendariamente” intrecciato il fisico con lo spirituale, nel modo indicato. Per esempio il Duca, cammin facendo, arriva presso un popolo che ha la testa conformata come le gru; va a sbattere con le sue navi contro un monte detto “Magnetico”, dal quale le navi vengono magneticamente attirate, e così gli uomini che vi si accostano non possono più ritornare indietro, ma periscono miseramente. Il duca Ernesto ed il suo seguito si liberano cucendosi intorno delle pelli, nascosti nelle quali si fanno trasportare, da grifoni che hanno l’abitudine di predare i naufraghi del monte Magnetico, su di un monte dove poi, durante l’assenza dei grifoni, tagliano le pelli e si dànno alla fuga. Continuando la peregrinazione, giungono presso genti che hanno orecchie così lunghe da potersene avvolgere come una veste intorno a tutta la persona; poi presso altre genti i cui piedi sono così grandi che, quando piove, gli uomini si sdraiano in terra e si riparano con i piedi a guisa di ombrelli. Poi giungono presso un popolo di nani, poi presso un altro di giganti, e così via”(p. 113).

 

 

Osserva poi Steiner:

 

 

• “Molte simili vicende vengono raccontate in relazione col viaggio del duca Ernesto nella sua crociata. La saga non fa sentire nel giusto modo come là, dove subentrano le immaginazioni, abbia luogo l’orientamento verso un mondo spirituale, e come, per mezzo di immagini, vengano raccontate cose che si svolgono nel mondo astrale e che sono connesse con la volontà e il destino dell’uomo terreno.

Così è della bella leggenda di Orlando, nella quale viene esaltata la spedizione di Carlo Magno contro gli infedeli di Spagna. Persino con reminiscenza biblica, ivi è detto che, per dare a Carlo Magno la possibilità di raggiungere una mèta che si era proposta, il sole si fermò nel suo corso, e una giornata si allungò fino a durare due giornate solite.

Nella saga dei Nibelungi si vede come la forma, che se ne è conservata nei paesi del nord, mantenga la visione del mondo spirituale più puramente, mentre nell’Europa centrale le immaginazioni vengono accostate alla vita fisica. Nella forma nordica del racconto è detto che le immaginazioni si riferiscono ad un “mondo astrale”; nella forma mitteleuropea della canzone dei Nibelungi, le immaginazioni si confondono con la visione del mondo fisico.

Anche le immaginazioni che si trovano nella saga del duca Ernesto si riferiscono in realtà a ciò che si sperimenta, frammezzo alle esperienze della sfera fisica, in un mondo “astrale” al quale l’uomo appartiene come a quello fisico” (pp. 113-114).

 

L’Orlando innamorato e l’Orlando furioso li abbiamo già ricordati. Riguardo alla saga dei Nibelungi (nella quale si conserva “la visione del mondo spirituale più puramente”), vi segnalo, a parte, ovviamente, l’Edda maggiore, l’Edda minore e l’Edda di Snorri (in prosa), un vecchio libro di Ernst Uehli, intitolato: La nascita dell’individualità dal mito (24). Vi vengono passate in rassegna, dal punto di vista antroposofico (o, direbbe Ernst Bernhard, “mitobiografico”), le opere di Richard Wagner, da L’olandese volante al Parsifal, attraverso il Tannhäuser, il Lohengrin, il Tristano e Isotta, I maestri cantori di Norimberga e L’anello del Nibelungo (L’oro del Reno, La Walkiria, Sigfrido, Il crepuscolo degli Dèi).

 

 

Se si rivolge lo sguardo spirituale a tutto ciò, si vede come l’entrata nell’epoca dell’anima cosciente significhi

l’uscire da una fase dell’evoluzione nella quale le potenze luciferiche trionferebbero dell’umanità

se, per mezzo dell’anima cosciente con la sua forza dell’intellettualità,

non subentrasse nell’essere umano un nuovo impulso evolutivo.

L’orientamento verso il mondo spirituale, che vuol portare sulla via dell’errore, viene impedito dall’anima cosciente;

lo sguardo dell’uomo viene portato sul mondo fisico.

Tutto ciò che avviene in questo senso sottrae l’umanità alla traviatrice potenza luciferica” (p. 114).

 

 

Vedete questo libro di Giancarlo Roggero? E’ intitolato: Antonio Rosmini e la fedeltà micheliana del nostro tempo (25). E’ un buon libro, ma desta, già dal titolo, una certa perplessità.

Se c’è un uomo della cui “fedeltà micheliana” è assolutamente impossibile dubitare, questo è Goethe, in specie quello delle Opere scientifiche (dice Steiner: • “Se vogliamo cercare uno spirito che abbia portato ad espressione nel modo più concentrato e più preciso quali debbano esser gli impulsi umani del tempo nostro, possiamo osservare Goethe”) (26).

 

Ora è vero che Rosmini (autore, tra l’altro, del Nuovo saggio sull’origine delle idee) (27), sposa, contro quella del nominalismo e del materialismo, la causa del realismo e dello spirito e, contro Kant, quella del valore oggettivo del conoscere, ma altrettanto è vero che polemizza non solo con Hegel, ma anche, e in modo perfino aspro, con Goethe, che – riconosce lo stesso Roggero – “detestava”.

Un conto, dunque, è apprezzarne la nobiltà d’intenti e il valore filosofico (come pare abbia fatto anche Steiner, in specie per quanto riguarda la sua “idea della bellezza”), altro considerarlo un “michaelita”.

Il che vale anche per un’altra grande e nobile figura di filosofo: quella di Giovanni Gentile, al quale Roggero ha peraltro dedicato un altro suo libro (28).

 

• Lo abbiamo detto e ripetuto: una cosa è lo “spiritualismo filosofico”, altra la “scienza dello spirito”, ch’è anche, proprio in virtù dell’impulso di Michele, una vera e più profonda scienza della natura (“Quando poi si parla della scienza dello spirito, essa non va pensata solamente e semplicemente al di sopra della natura, ma in pari tempo come scienza della natura nel suo pieno valore”) (29).

Ebbene, conoscete forse qualche moderno spiritualista che abbia ad esempio scoperto, per quanto riguarda il corpo umano, che il cuore non è una “pompa” (bensì l’organo mediante il quale “l’io superiore [che non dimora nel corpo fisico] si serve del sé sensibile come di uno strumento e per mezzo di cui dirige quest’ultimo”) (30), che i “nervi motori” non esistono o che la corteccia cerebrale è uno “specchio”? O che abbia realizzato, per quanto riguarda invece il mondo fisico, che “la legge della conservazione della materia è valida – come scrive Rudolf Hauschka – solo entro certi limiti nella natura minerale, ma in ogni caso non senz’altro nella sfera del vivente” (31)?

 

E che dire del fatto che Rosmini pone all’apice della sua speculazione l’idea dell’essere indeterminato (innata nella nostra anima), mentre Steiner, chiudendo La filosofia della libertà, scrive: • “Questo libro non concepisce perciò il rapporto fra scienza e vita nel senso che l’uomo debba piegarsi all’idea e consacrare le proprie forze al suo servizio, ma nel senso che egli debba impadronirsi del mondo delle idee per adoperarlo per i propri fini umani, i quali vanno al di là di quelli puramente scientifici. Dobbiamo poterci mettere di fronte all’idea in modo vivente [quali Io]; altrimenti si diventa schiavi di essa” (32)?

 

(Nel passo che ho appena riletto sta la differenza non solo tra Steiner e Rosmini, ma anche tra Steiner ed Hegel. Scrive infatti quest’ultimo: “… meno che mai possiam credere che quelle forme di pensiero [le categorie], le quali si stendono attraverso a tutte le nostre rappresentazioni (…), servano a noi; che cioè siamo noi, che le abbiamo in nostro possesso, e non piuttosto quelle che hanno in possesso noi. Che cosa rimane a noi di fronte ad esse? Come potremmo noi, come potrei io mettermi al di sopra di esse come più universale, al di sopra di esse, che sono appunto l’universale come tale?” [33].

Quali ego, in effetti, mai potremmo metterci al di sopra delle categorie, mentre quali Io potremmo farlo, poiché l’Io è inabitato dal Logos, ossia dal Signore della logica.)

 

Sento di poter dire tutto questo, credetemi, perché Rosmini, Gentile e soprattutto Hegel sono stati per me dei maestri cui sono tutt’ora devoto e grato (a Gentile vado grato, in particolare, de La riforma della dialettica hegeliana) (34).

Tuttavia, Amicus Plato, sed magis amica veritas.

 

Dunque, ricapitoliamo:

l’alba dell’anima cosciente è accompagnata da una sorta di rigurgito o di “colpo di coda” luciferico

che favorisce la ripresa di un’attitudine immaginativa che non è più (e non può più essere), però,

quella (sana e santa) dei tempi in cui l’uomo godeva di una immaginazione istintiva.

 

Dice Steiner: • “L’orientamento verso il mondo spirituale, che vuol portare sulla via dell’errore, viene impedito dall’anima cosciente; lo sguardo dell’uomo viene portato sul mondo fisico”.

E’ questo lo sguardo di Copernico, Galilei o Keplero: cioè di uomini (questi, sì, “michaeliti”) nei quali lo sguardo (scientifico) rivolto al mondo fisico non aveva ancora prodotto (come accadrà invece in seguito) un totale oblio di quello spirituale (Galilei, ad esempio, vedeva nella materia l’impronta del creatore, mentre l’odierno materialismo vede nel creatore l’impronta della materia).

 

(“Le concezioni di Copernico e di Giordano Bruno, relative al superamento dell’apparenza sensibile nei riguardi dello spazio, scaturiscono nel vero senso della parola dalle ispirazioni della corrente spirituale di cui è seguace anche la moderna scienza dello spirito [corsivo nostro]. Ciò che possiamo chiamare l’esoterismo dei tempi nuovi esercitò segretamente la sua influenza su Copernico, Bruno, Keplero e altri” [35].)

“Tutto ciò che avviene in questo senso – dice ancora Steiner – sottrae l’umanità alla traviatrice potenza luciferica”.

Il che equivale a dire che il “volere nel pensare” dell’anima cosciente, implicante una più incisiva coscienza dell’Io (in forma di ego), sottrae l’umanità alla “traviatrice potenza luciferica” che vorrebbe invece trattenerlo nel “sentire nel pensare” dell’anima razionale-affettiva (o indurlo a regredirvi).

Non a caso, è in questo stesso momento che, radicalizzandosi il contrasto tra il soggetto (l’ego) e l’oggetto (il non-ego), si afferma quello tra la res cogitans e la res extensa di Cartesio: proprio quel dualismo, cioè, dal quale prende le mosse, come sappiamo, La filosofia della libertà.

 

 

A quel tempo Michele è già attivo per l’umanità dal mondo spirituale.

Dal soprasensibile egli prepara la sua azione futura.

Dà all’umanità degli impulsi che conservano la relazione precedente con il mondo divino-spirituale,

senza che questa conservazione assuma un carattere luciferico” (pp. 114-115).

 

 

Che Michele, dal quindicesimo secolo, sia “già attivo per l’umanità dal mondo spirituale”, per preparare così “la sua azione futura” (quella che svolgerà a partire dal 1879), lo dimostrano quanti, al pari appunto di Copernico, di Galilei o di Keplero, conservano un qualche rapporto con le origini (divino-spirituali) attraverso l’intelletto, e non quanti per conservare tale rapporto se ne trattengono al di qua.

 

 

Poi, nell’ultimo terzo del secolo diciannovesimo, con la attività che dal secolo quindicesimo

fino al diciannovesimo era venuto esercitando come preparazione dal mondo soprasensibile,

Michele penetra nel mondo terreno fisico stesso.

L’umanità dovette attraversare un periodo della sua evoluzione spirituale mirando a liberarsi

da quel nesso col mondo spirituale che minacciava di diventare impossibile.

Dopo di che questa evoluzione, grazie alla missione di Michele, fu condotta in modo da tornare

a mettere il progresso dell’umanità terrena in relazione col mondo spirituale che le è benefico.

Così Michele, con la sua azione, sta in mezzo tra la luciferica immagine del mondo, e l’arimanico intelletto del mondo” (p. 115).

 

 

Si sa che il cervello può patire tanto un rammollimento che una sclerosi.

Ebbene,

• il rammollimento corrisponde alla “luciferica immagine del mondo”,

• mentre la sclerosi corrisponde all’”arimanico intelletto del mondo”.

 

Come vedete,

siamo chiamati a vivere, come sempre, in costante e dinamico equilibrio tra due opposti poli,

in una terza realtà, che non è

• né quella (luciferica) della fantasia o dell’immaginazione sbrigliata e sognante,

• né quella dell’intellettualità frigida e disidratata.

 

Non dimentichiamo queste parole di Steiner: • “Nel mondo dei sensi un sentimento dell’io eccessivamente sviluppato agisce in senso contrario alla moralità. Un sentimento dell’io troppo debole toglie sicurezza e compattezza interiori all’anima che si trova realmente avvolta dalle tempeste delle simpatie e antipatie elementari” (36).

 

 

In lui l’immagine del mondo diviene rivelazione piena di saggezza

che svela l’intelletto del mondo quale divina azione universale.

In questa azione universale vive la sollecitudine del Cristo per l’umanità;

mediante la rivelazione universale di Michele, tale sollecitudine può così rivelarsi al cuore degli uomini” (p. 115).

 

 

Ascoltate questo sogno (mi è stato raccontato, ma non dalla persona che lo ha fatto): “Mi trovo in volo su un aereo nel quale scorre un fiume in cui mi accingo a pescare. Lancio la lenza, ma l’amo mi s’impiglia in un braccio; lo libero, rilancio la lenza, ma l’amo mi s’impiglia di nuovo addosso; così per tutto il sogno”.

Ebbene, un sogno come questo ben si presta a esemplificare la differenza tra la fantasia luciferica, quale “immaginazione soggettiva”, e l’immaginazione (la coscienza immaginativa) michaelita, quale “fantasia oggettiva”.

 

Ricordate a che cosa avevamo paragonato l’Io, il pensare e i concetti?

Li avevamo rispettivamente paragonati, guarda caso, al pescatore, al pescare e ai pesci.

Che cosa vuol dire, quindi, il sogno?

Che un pescatore che pesca se stesso, e non i pesci, equivale a un pensatore che pensa se stesso, e non i concetti,

e ch’è perciò irretito nelle proprie opinioni o fantasie (nei propri “castelli in aria”).

 

Come vedete,

l’immaginazione di Lucifero ci riporta sempre e soltanto a noi stessi,

• mentre l’immaginazione (la coscienza immaginativa) di Michele integra e feconda

la conoscenza oggettiva mediata dal corpo fisico con la conoscenza oggettiva mediata dal corpo eterico,

sviluppando così, e non tradendo, l’orientamento “oggettuale” proprio della scienza.

 

Grazie dunque all’immaginazione (alla coscienza immaginativa) di Michele, che rivela un aspetto più profondo della realtà (ignoto al rappresentare), “l’immagine del mondo diviene rivelazione piena di saggezza che svela l’intelletto del mondo quale divina azione universale”.

• Ricordiamoci, tuttavia, che la “comprensione del significato delle esperienze immaginative” dipende dalla coscienza ispirata. “Quando le immaginazioni – scrive infatti Steiner – cominciano a rivelare all’osservatore i loro significati in un “muto linguaggio”, allora dentro alla sfera immaginativa sorge quella ispirata” (37).

 

Per capire il perché si parli qui di un “muto linguaggio”, ascoltate queste parole di Steiner:

• “Chi ha sviluppato nella meditazione pensieri compenetrati di sentimenti, diviene gradualmente cosciente del cosiddetto fior di loto a sedici petali situato nella regione della laringe grazie allo sviluppo di quella forza che, altrimenti, sarebbe divenuta linguaggio” [38].

Vi voglio anche leggere, ripensando alla domanda rivoltami una sera [lettera 23 novembre 1924] circa la presenza o l’assenza di “pareti stagne” tra immaginazione, ispirazione e intuizione, quanto afferma qui Steiner:

• “Abbiamo già detto che non occorre considerare questo grado dell’immaginazione come una classe che si debba assolutamente frequentare per un anno intero. La cosa va intesa nel senso che, specialmente nella nostra vita di oggi, vi sono persone dotate di certe premesse, che consentono al maestro occulto di suscitare in loro contemporaneamente, o almeno quasi contemporaneamente alla conoscenza immaginativa anche quella ispirata e quella intuitiva. Non deve però assolutamente intendersi nel senso che il passaggio per l’immaginazione possa essere risparmiato ad alcuno” [39].

 

Leggiamo adesso le massime che sintetizzano quanto abbiamo detto fin qui.

 

Massime 124/125/126 (30 novembre 1924)

 

 

124 –  “Il sorgere dell’epoca dell’anima cosciente (secolo quindicesimo) è preceduto,

nel crepuscolo dell’epoca dell’anima razionale

da un’aumentata attività luciferica che perdura qualche tempo ancora nell’epoca nuova”.

 

125 – “Questa attività luciferica vorrebbe conservare illegittimamente

forme antiche del rappresentarsi il mondo in immagini,

e trattenere l’uomo dal comprendere intellettualmente l’esistenza fisica del mondo e dall’adattarsi in essa”.

 

126 –  “Michele si collega con l’opera dell’umanità perché l’intellettualità indipendente

rimanga col divino-spirituale avito, in maniera però non luciferica, bensì legittima”.

 

 

Come siamo un tempo passati (morendo) dall’immaginazione alla coscienza rappresentativa, così dobbiamo adesso passare (risorgendo) dalla coscienza rappresentativa a quella immaginativa.

 

Note:

  1. cfr. G.De Ruggiero: Sommario di Storia della Filosofia – Laterza, Bari 1931;
  2. cfr. E.Wind: Misteri pagani nel Rinascimento – Adelphi, Milano 1971;
  3. cfr. J.Burckhardt: La civiltà del Rinascimento in Italia – Newton-Compton, Roma 2008;
  4. F.De Sanctis: Storia della letteratura italiana – Feltrinelli, Milano 1960, vol. I, pp. 366, 367, 368;
  5. ibid., vol. II, p. 59;
  6. cfr. O.Ottieri: L’irrealtà quotidiana – Guanda, Milano 2004;
  7. R.Steiner: La missione di Michele – Antroposofica, Milano 1981, p. 76;
  8. R.Steiner: Il Vangelo di Giovanni in relazione con gli altri tre e specialmente col Vangelo di Luca – Antroposofica, Milano 1970, p. 164;
  9. R.Steiner: La Missione di Michele, pp. 50-51;
  10. R.Steiner: Antichi e moderni metodi d’iniziazione – Antroposofica, Milano 2006, pp. 19-20;
  11. cfr. R.Steiner: L’Oriente alla luce dell’Occidente – I figli di Lucifero e i fratelli di Cristo – Antroposofica, Milano 1980;
  12. R.Steiner: Il Vangelo di Giovanni in relazione con gli altri tre e specialmente col Vangelo di Luca, pp. 215-216;
  13. cfr. Teodorico di Chartres – Guglielmo di Conches – Bernardo Silvestre: Il Divino e il Megacosmo. Testi filosofici e scientifici della scuola di Chartres – Rusconi, Milano 1980;
  14. cfr. K.Heyer: La meraviglia di Chartres e altri scritti sulla spiritualità del Medioevo – Edizioni “TreUno”, Prato 2003;
  15. cfr. Freud, Jung, Steiner, 15 novembre 2003;
  16. cfr. R.Steiner: L’iniziazione – Antroposofica, Milano 1971;
  17. M.Scaligero: Segreti dello spazio e del tempo – Tilopa, Roma 1963, p. 44;
  18. R.Steiner: Come ritrovare il Cristo? – Antroposofica, Milano 1988, pp. 28-29;
  19. C.G.Jung: Introduzione a D.T.Suzuki: Introduzione al Buddhismo Zen – Ubaldini, Roma 1970, p. 21;
  20. I.Kant: Critica della ragion pura – Laterza, Bari 1966, pp. 132-133;
  21. B.Spaventa: Logica e metafisica in Opere – Sansoni, Firenze 1972, vol. III, p. 58;
  22. R.Steiner: Formazione di comunità – Antroposofica, Milano 1992, pp. 182-183, nota 15: “Una società per azioni costituita il 13 marzo 1920 per favorire la collaborazione fra imprese economiche e iniziative spirituali. Venne sciolta nel 1924/25 soprattutto a causa delle condizioni create dalla grande inflazione tedesca di quegli anni”;
  23. ibid., pp. 69 e 75-76;
  24. cfr. E.Uehli: La nascita dell’individualità dal mito – Bocca, Milano 1939;
  25. cfr. G.Roggero: Antonio Rosmini e la fedeltà micheliana del nostro tempo – Natura e Cultura, Alassio (SV) 1988;
  26. R.Steiner: Impulsi evolutivi interiori dell’umanità. Goethe e la crisi del secolo diciannovesimo – Antroposofica, Milano 1976, p. 107;
  27. cfr. A.Rosmini: Nuovo saggio sull’origine delle idee – Laterza, Bari 1948;
  28. cfr. G.Roggero: Giovanni Gentile, filosofo dell’amore pensante – Accademia Casentinese di Lettere, Arti, Scienze ed Economia, Castello di Borgo alla Collina (Arezzo) 1996. Cfr. pure Giovanni Gentile e La filosofia della libertà, 14 febbraio 2002;
  29. R.Steiner: La missione di Michele, p.148;
  30. R.Steiner: L’iniziazione, p. 134;
  31. R.Hauschka: La natura della sostanza – Antroposofica, Milano 1991, p. 28;
  32. R.Steiner: La filosofia della libertà – Antroposofica, Milano 1966, p. 230;
  33. G.W.Hegel: Scienza della logica – Laterza, Roma-Bari 1974, vol. I, p. 14;
  34. cfr. G.Gentile: La riforma della dialettica hegeliana – Principato, Messina 1913;
  35. R.Steiner: La direzione spirituale dell’uomo e dell’umanità – Antroposofica, Milano 1975, pp.67-68;
  36. R.Steiner: La soglia del mondo spirituale in Sulla via dell’iniziazione – Antroposofica, Milano 1977, p. 171;
  37. ibid., p. 53;
  38. R.Steiner: Verso il Mistero del Golgota – Antroposofica, Milano 2012, p. 28;
  39. R.Steiner: La soglia del mondo spirituale in Sulla via dell’iniziazione, p. 29.