La chimica e la preparazione dei medicamenti

O.O. 312 – Scienza dello spirito e medicina – 31.03.1920


 

Sommario: Garbo vegetabilis. La chimica e la preparazione dei medicamenti. Formazione del carbone e processo dell’ossigeno. Produzione originaria di luce nell’uomo superiore. Patologia renale. L’atmosfera, le zone di calore e luce, e la patologia umana. Kalium carbonicum. Il processo formativo del guscio dell’ostrica. Formazione della Terra. Formazione del polmone: la respirazione. Fame e sete e loro correlazioni organiche.

 

Ieri le nostre considerazioni si sono concluse con un argomento del tutto diverso da quello che era stato il nostro punto di partenza; anche oggi prenderò le mosse dalla trattazione di una particolare sostanza, per poi cercar di sviluppare l’insieme. Si è dimostrato necessario accostarci al nostro compito per così dire in cerchi sempre più stretti, e tale necessità è dovuta in parte all’oggetto stesso del nostro studio, in parte alla limitazione del tempo disponibile. Non possiamo permetterci di seguire la via scientifica che prende le mosse dagli assiomi, per procedere poi agli sviluppi più complicati.

 

Oggi mi propongo di indicarvi un campo di osservazioni che ci porterà avanti di un passo sul nostro cammino, e prenderò le mosse dal Carbo vegetabilis. Come ieri abbiamo studiato la cicoria e la fragola di bosco, così oggi studieremo quel che si riferisce a questa sostanza singolare, così facilmente reperibile, ma che è fra le più singolari sostanze che esistano al mondo. Ci si accorgerà nel modo migliore che, purché si acceda a una reale osservazione della natura, si è subito costretti a tener conto di un orizzonte più ampio di quello che è disposta ad osservare l’indagine scientifica attuale.

 

Nella conferenza tenuta ieri sera dal dottor K. è stato detto che la chimica del futuro dovrebbe diventare qualcosa di diverso; ciò è molto interessante, tanto più che è stata più volte pronunciata la parola « fisiologia », con la quale si accennava alla necessità di costruire un ponte fra la sfera chimica e quella fisiologica. Ascoltando quella conferenza, il mio pensiero correva spesso a diversi argomenti dei quali non è ancora possibile parlare in pubblico, perché mancano realmente ancora le premesse per la loro comprensione. Il carbonio infatti si trova anche nella natura extra-umana, in quella natura che vorrei chiamare apparentemente extra-umana. Che cosa dobbiamo infatti considerare come extraumano, nella natura? In fondo, nulla, perché tutto quel che ci si presenta come extra-umano è stato allontanato, espulso dall’uomo, nel corso dell’evoluzione. L’uomo dovette affrontare talune fasi della sua evoluzione nelle quali potè penetrare solo grazie al fatto che certi processi si svolgono nel mondo circostante, offrendogli la possibilità di introdurre nel suo proprio interno certi altri processi. In fondo, è dunque sempre presente un contrasto, ma anche un’affinità tra certi processi esterni e certi altri processi interni.

 

Devo dire che i concetti esposti ieri sulla necessità che la chimica diventi affine alla fisiologia (forse non mi esprimo molto esattamente, ma chi ha ascoltato ieri la conferenza del dottor K. mi capirà di certo) hanno fatto riecheggiare in me certi interessanti pensieri esposti domenica scorsa dal dottor S. Egli aveva affermato la necessità di illuminare con la scienza dello spirito ciò che sta a base dei procedimenti di omeopatizzazione. A un certo punto aveva espresso un pensiero che ha occupato anche me, posso dire da vari decenni: il pensiero che anche i medici omeopatici hanno un certo timore di cadere nel misticismo, di finire in odore di misticismo.

 

La ragione per occuparmene sta in alcune ben determinate opinioni che derivano però’ assolutamente da certe realtà. Nei procedimenti terapeutici omeopatici l’essenziale non sta tanto nelle sostanze, quanto nelle operazioni che su di esse si compiono per prepararle, per esempio nel caso dell’acido silicico o, mettiamo, del carbone vegetale. Vi prego di non fraintendere queste mie parole: per caratterizzare chiaramente le cose, occorre pur sempre esprimersi in modo un po’ radicale! Dunque l’essenziale sta nel procedimento di preparazione. Io mi sono occupato molto del problema di che cosa avvenga realmente quando si vogliono preparare dei medicamenti omeopatici: e ciò vale anche, in questo caso, per le preparazioni fatte col metodo Ritter (come è stato confermato dal dottor R.), anche se la signorina Ritter stessa non lo ammette. Nasce dunque il problema di che cosa avvenga quando si preparano medicamenti omeopatici: e proprio nella preparazione sta l’essenziale, nell’intero processo della preparazione della sostanza in questione. Che cosa si fa realmente, quando si usa l’acido silicico, quando lo si elabora fino alle alte potenze? Si opera tendendo verso un certo punto. Ora, in natura tutto si basa in fondo sopra processi ritmici. Nella preparazione di quei medicamenti si procede verso un punto zero, percorrendo un certo cammino durante il quale si mettono in evidenza le proprietà presenti in partenza in quella data sostanza. Ma proprio come il proprietario di un patrimonio che continua a spendere, perviene infine a un punto zero, al di là del quale non solo non c’è più il patrimonio, ma si trapassa nei debiti, così avviene anche per le qualità materiali delle sostanze esterne. Si resta in certo modo entro gli effetti di tali sostanze, finché poi si giunge a un punto zero: oltre questo, non si manifestano più gli effetti delle sostanze, intese nel loro stato ponderabile. Procedendo ancora più oltre, non è che tutto quanto sparisca semplicemente: si manifesta invece l’opposto, e da quel punto in poi questo « opposto » viene attivamente introdotto nel mezzo ambiente. Io ho sempre veduto nel mezzo adottato per la lavorazione omeopatica, per introdurre la sostanza attiva, gli effetti contrari a quelli delle sostanze di partenza. Il medium (la sostanza inerte che serve da supporto) riceve una configurazione diversa; proprio come io divento un altro, se dà proprietario di un patrimonio divento debitore, così una sostanza trapassa alla condizione opposta, conferendo poi al suo ambiente la condizione opposta che prima aveva avuto in sé. Si potrebbe dire: una sostanza possiede determinate proprietà; io la porto a quantità via via sempre più piccole, avvicinandomi per così dire a un punto zero. Allora quella sostanza acquista una proprietà nuova: quella di irradiare le sue proprietà precedenti nell’ambiente che la circonda, stimolando in modo specifico il mezzo con il quale viene trattata. Tale stimolazione può consistere nel provocare direttamente l’azione contraria cui ho accennato; l’azione contraria può però essere provocata anche solo portando la sostanza in questione ad uno stato in seguito al quale (anche per esposizione alla luce) essa per esempio dia luogo a una fluorescenza o a una fosforescenza. Si è in tal modo provocata la reazione alla irradiazione nell’ambiente circostante. Sono questi i dati di cui occorre tener conto. Non si tratta certo di cadere nel misticismo, ma di osservare finalmente la natura nella sua vera attività, di osservarla in modo da prestare la dovuta attenzione al suo procedere ritmico, anche per quanto concerne le proprietà delle sostanze. Questo è per così dire un motivo-guida per arrivare a conoscere in che cosa consistano gli effetti. Quando si procede a una dinamizzazione, si perviene prima a un punto zero oltre il quale si trovano effetti opposti. Ma non è tutto: sulla via che si estende al di là del punto zero si può giungere a un altro punto zero, il quale vale ora per questi effetti contrari. Oltrepassando anche quest’altro punto zero, si può pervenire ad effetti ancora più forti: essi operano nuovamente nel senso degli effetti della sostanza di partenza, pur essendo di natura del tutto diversa. Sarebbe quindi un compito attraente là rappresentazione grafica, sotto forma di curve, degli effetti che risultano dalla dinamizzazione. Si scoprirebbe allora che le curve dovrebbero venire costruite in modo singolare. Prima bisognerebbe costruire una tale curva; quando poi si raggiunge il punto in cui certe basse potenze (per altro già attive) cessano di agire, e in seguito cominciano ad agire nuovamente solo potenze più alte, quando cioè si è raggiunto un secondo punto zero, bisognerebbe compiere una svolta ad angolo retto e disegnare la continuazione della curva verso lo spazio, in fuori. È questo un argomento che tratterò più a fondo nel corso di queste conferenze e che è strettamente connesso con l’affinità dell’uomo con l’intera natura extra-umana.

 

Affrontando ora lo studio del Carbo vegètabilis, chi osserva i fatti più appariscenti dirà: se introdotto a forti dosi, il Carbo vegetabilis provoca un ben determinato quadro morboso il quale, secondo l’opinione dei medici omeopatici, può essere trattato mediante la dinamizzazione della medesima sostanza.

 

Che cosa si presenta allo scienziato dello spirito quando prende in considerazione il carbone vegetale? Anzitutto egli si sente indotto a indagare nella natura extra-umana come stiano le cose riguardo al carbone del mondo esterno, al carbone fossile, nel quale il processo di mineralizzazione è più avanzato. Si scopre allora che nell’intero processo terrestre il carbone partecipa sostanzialmente all’utilizzazione dell’ossigeno.

 

Nel processo terrestre il contenuto di carbone della Terra funge da regolatore per il contenuto di ossigeno dell’ambiente che sta intorno alla Terra. Si giunge proprio alla conoscenza che (se, come è necessario, essa viene considerata un organismo) la Terra è soggetta a un processo respiratorio, con il quale è connesso il suo contenuto di carbone. Una chimica come quella che è stata proposta qui ieri si svilupperà solo quando si avrà appreso a considerare « l’essere carbone » in connessione col processo respiratorio umano o anche con quello degli animali.

 

Nei processi che si svolgono fra la formazione del carbone nella Terra e l’attività dell’ossigeno intorno alla Terra, nell’aria, l’indagine scientifico-spirituale scorge qualcosa che le si rivela proprio come la tendenza a diventare animale. E questa tendenza al divenire animale si può in fondo caratterizzare solo in un modo che può destare scandalo. Bisogna infatti affermare che fuori, nei processi che si svolgono fra la carbonizzazione della Terra e le attività dell’ossigeno nell’atmosfera, si trova un quid che evoca certe entità, vere entità eteriche le quali (all’inverso di quanto avviene per il regno animale) si allontanano continuamente dalla Terra, tendono di continuo a sfuggire alla Terra. L’animalità viene compresa solo se la si considera come ciò che viene tenuto insieme dalla Terra, e che poi emerge appunto nell’insieme dei processi animali, in contrapposizione alla « de-animalizzazione » della Terra alla quale ho or ora accennato. Quando introduciamo nell’organismo umano del Carbo vegetabilis non avviene perciò niente di meno che una introduzione di ciò che rappresenta la tendenza verso l’animalità. I fenomeni che seguono a tale introduzione (eruttazioni, flatulenza, fino alla diarrea putrida e alla formazione di emorroidi, nonché d’altra parte a dolori brucianti) nel loro insieme derivano dal fatto che viene re-introdotto nell’organismo umano il processo dell’animalità che l’uomo espulse da sé nel corso dell’evoluzione, per poter essere uomo. Questo ci permette addirittura di affermare che, somministrando all’uomo alte dosi di Carbo vegetabilis, lo si stimola a difendersi contro il processo del divenire animale che è stato in lui introdotto. Egli si difende facendo valere in sé le forze di cui dispone per il fatto di avere espulso l’animalità nel corso dell’evoluzione.

 

Col fatto di avere estromesso l’animalità dalla nostra evoluzione è collegata la possibilità (e so di esprimere qualcosa di sorprendente, ma è proprio così) di sviluppare effettivamente nel nostro organismo luce originaria. Nell’uomo superiore noi siamo in effetti produttori originari di luce, in contrapposto all’uomo inferiore, dove possediamo i necessari organi di difesa contro la totale animalizzazione, al fine di poter acquistare la facoltà di produrre luce in proprio. Questa è una delle profonde differenze fra l’uomo e il mondo animale: mentre gli animali possiedono per sé come l’uomo altri processi spirituali superiori, essi non possiedono la facoltà di produrre in misura sufficiente luce nell’interiorità.

 

Sto toccando qui un capitolo, vorrei dire, proprio doloroso della scienza moderna; però non posso tacerlo, per la semplice ragione che non è possibile evitarlo se si vogliono comprendere i rapporti tra l’uomo e il mondo extra-umano. Il grande ostacolo per una conveniente comprensione degli effetti delle diverse sostanze, e soprattutto dei farmaci nell’organismo umano, è rappresentato dalla legge della conservazione dell’energia, e anche dalla legge della conservazione della materia. Queste leggi, enunciate come leggi universali della natura, si trovano nel contrasto più assoluto col processo evolutivo dell’uomo. L’intero processo nutritizio e digestivo non è infatti ciò che ritiene la concezione materialistica. Questa ritiene in fondo che le sostanze (atteniamoci per ora al caso del carbonio) si trovino prima fuori di noi; poi il carbonio viene assunto dall’organismo, dopo essere stato adeguatamente elaborato, viene dunque assunto, sì che finiamo per avere in noi, sia pure in particelle minutissime, quello che ci ha fornito il mondo esterno. Per tale concezione non vi è in fondo differenza fra il carbonio che è fuori e quello che portiamo con noi nell’organismo. Eppure la cosa non sta così. Nell’organismo umano esiste infatti la possibilità che l’uomo inferiore distrugga del tutto, in un primo tempo, il carbonio extra-umano, eliminandolo addirittura dallo spazio, per poi generarlo nuovamente in modo originario, nell’effetto contrario.

 

Le cose stanno proprio così: nell’organismo umano è presente un focolaio per la produzione delle sostanze che sono extra-umane, e al contempo esiste la possibilità di distruggere tali sostanze. Naturalmente la scienza d’oggi non potrà accettare un’affermazione come questa, perché essa concepisce gli effetti delle sostanze esclusivamente come un movimento ininterrotto delle loro minime particelle. Essa ignora del tutto la vita delle sostanze, la loro formazione e la loro morte; non sa nulla di come abbiano luogo nell’organismo umano la morte e il ritorno alla vita delle sostanze. Con questa ri-vivificazione del carbonio è collegata la produzione di luce che, d’altro lato, ha luogo nell’uomo ordinario. Questo processo di formazione di luce all’interno va incontro per così dire all’azione della luce esterna. L’uomo superiore è organizzato in modo che la luce esterna e la luce interna agiscano reciprocamente l’una sull’altra, interferiscano l’una nell’altra; anzi, l’essenziale della nostra organizzazione si fonda sul fatto che là dove la luce esterna e la luce interna debbono cooperare, noi siamo in grado di impedir loro di fondersi reciprocamente; le teniamo al contrario separate, sì che esse agiscano l’una sull’altra, ma non si congiungano. In quanto noi ci esponiamo alla luce esterna, sia con l’occhio, sia anche con la pelle, viene in certo senso eretta in ogni punto una barriera tra la luce interna, originaria nell’uomo, e la luce operante da fuori. La luce operante esteriormente ha in fondo solo il significato di uno stimolo alla formazione della luce interna. Accogliendo in noi la luce da fuori, noi ci facciamo stimolare alla produzione della luce interna.

 

A questo punto si tratta di comprendere ancora meglio tutto il processo in questione. Esaminando ciò che nell’uomo partecipa alla demolizione della sostanza-carbone, si perviene ai reni e agli organi urinari in genere, nonché alla loro attività rivolta verso l’alto. Cosicché ci avviciniamo, all’interno dell’uomo, al processo dei reni quando rivolgiamo la nostra attenzione al processo che nel mondo extra-umano è connesso col carbone. Si apre così al tempo stesso una via all’uso nell’uomo di un prodotto qual è il Carbo vegetabilis. Cominciando dalle malattie meno importanti, si potrebbe dire che una via risulta dal fatto che col Carbo vegetabilis si ha la possibilità di contrapporsi alla animalizzazione dell’uomo che porta alla nausea. L’intero quadro morboso caratteristico del Carbo vegetabilis consiste in fondo nella nausea e nella estensione della nausea all’interno dell’uomo. Il polo attivo opposto a tale quadro morboso è costituito dal processò opposto nell’uomo, connesso con la funzione del sistema renale.

 

2014-06-27_212908

 

Di fronte a un quadro morboso simile a quello che si può provocare artificialmente con alte dosi di Carbo vegetabilis, si potrà favorire l’intero processo renale mediante alte potenze di Carbo vegetabilis: lo si stimolerà, opponendosi in tal modo al processo morboso che è simile agli effetti del Carbo vegetabilis introdotto in alte dosi. Nello studio di questo rimedio sarebbe pertanto essenziale lo scoprire in che modo si comporti nei confronti della sua dinamizzazione l’intero processo renale dell’uomo.

 

In questo contesto il processo renale può operare anche contrapponendosi attivamente al processo digestivo: può cioè intervenire contro un certo disturbo della digestione (che si presenta come fenomeno secondario nel quadro morboso del Carbo vegetabilis), mettendo in opera per questo suo intervento risanatore la sua attività polarmente contrapposta rispetto a quel disturbo della digestione intestinale.

 

Ai processi cui va soggetto il Carbo vegetabilis si contrappone dunque da un lato la formazione di luce. Potrete comprendere complessivamente quanto ho detto adesso, valendovi dell’immagine che ora traccerò. Raffiguriamoci la Terra (v. il disegno) qua in basso; essa è circondata dall’aria, e al di sopra dell’aria vi è qualcosa d’altro. È ciò che si potrebbe a tutta prima denominare una specie di manto di calore della Terra. Se si percorresse lo spazio che circonda la Terra, si troverebbero infatti condizioni caloriche del tutto diverse da quelle terrestri, condizioni che susciterebbero grande stupore se fossero conosciute dalla gente. A una certa distanza dalla Terra ciò che si trova nelle forze del calore svolge un ruolo simile a quello che l’atmosfera stessa svolge al di sotto del manto termico menzionato. Nel disegno ho segnato la zona calorica extraterrestre, nonché quella dell’aria (cioè l’atmosfera). Al di là della zona in cui opera il calore si trova il contrapposto della zona dell’aria, una sfera cioè in cui tutto si comporta in modo contrario a ciò che avviene nell’atmosfera. In questa zona (segnata nel disegno come « luce ») viene per così dire annullata l’esistenza dell’aria, mentre per effetto della soppressione dell’aria si sprigiona da questa zona quello che ci viene inviato come luce.

 

È una vera assurdità il credere che la nostra luce terrestre provenga dal Sole; è una fantasia (piuttosto fatale) dei fisici e degli astronomi. La nostra luce terrestre proviene dalla zona ora indicata: ivi essa scaturisce, viene prodotta, ivi essa cresce come le piante crescono qui da noi sulla Terra (cfr. il disegno). È dunque giustificato raffermare: se l’uomo produce in sé luce originaria, neoformata, questo è dovuto al fatto che, grazie ai suoi processi formativi, l’uomo si è riservato di fare ciò che altrimenti avviene solo in quella zona lassù, al fatto che l’uomo porta in sé la fonte di qualcosa di extra-terrestre. Certamente quella fonte extra-terrestre agisce sull’intero mondo vegetale, e agisce anche sull’uomo stesso, così come opera dall’esterno sul mondo delle piante: tuttavia con una parte di sé l’uomo si trova trasferito lassù.

 

Ci si può ora chiedere: se da un lato ci accostiamo alla Terra un po’ di più di quanto lo sia la sfera dell’aria, forse che, dall’altro, penetriamo più a fondo nell’essere umano? Se dalla sfera aeriforme ci avviciniamo maggiormente alla Terra, perveniamo a tutto ciò che è liquido: al di sotto della zona aerea possiamo ammettere senz’altro la zona dei liquidi. Quest’ultima possiede essa pure la sua controimmagine all’esterno, ancora più in alto della zona della luce. Anche in questo caso, nella zona esterna tutto è diverso, polarmente contrapposto a ciò che avviene nella zona dei liquidi: lassù cresce per così dire qualcosa, come nella zona precedente cresce la luce: si tratta delle forze chimiche, che crescono lassù e operano sulla Terra (cfr. il disegno). È infatti assurdo ricercare nelle sostanze stesse, sulla Terra, gli impulsi per gli effetti chimici; essi non si trovano sulla terra, ma vanno incontro alla Terra dalle regioni menzionate.

 

L’uomo però ha a sua volta in sé qualcosa che opera in lui come avviene lassù: egli ha in sé per così dire un chimico; ha in sé qualcosa della sfera celeste nella quale si trova l’origine delle azioni chimiche. Ciò che nell’uomo agisce così è localizzato precisamente nel fegato. Merita di essere studiata la singolare attività svolta dal fegato nell’organismo umano, l’ampia sua partecipazione, da un lato alla composizione del sangue, con una specie di azione risucchiarne, mentre d’altro lato agisce mediante la secrezione biliare come un regolatore dell’intera preparazione del liquido sanguigno. Osservando tutta questa molteplice attività del fegato, vi si dovrà scorgere, se studiato a fondo, ciò che presenta la chimica vera, poiché la realtà della nostra chimica esteriore non si può affatto trovare sulla Terra. Essa va considerata come un’immagine speculare della sfera chimica extra-terrestre. Questa può però essere studiata anche mediante le mirabili azioni compiute dal fegato umano.

 

Possiamo ora procedere oltre, dal Carbo vegetabilis e dai suoi effetti per così dire interni mettendolo in rapporto con gli alcali, per esempio con il carbonato di potassio (Kali carbonicum), e provocando così certi effetti nell’organismo umano. In genere, tutto ciò che è fortemente alcalino agisce più in profondità verso l’interno dell’organismo, verso i processi epatici, mentre ciò che è in rapporto col Carbo vegetabilis tende nei suoi effetti verso il sistema renale. Potremo così percepire una evidente azione reciproca fra tutto quello che è alcalino e i processi del sistema epatico. Se si studiasse a fondo tutto quello che è alcalino, si troverebbe che esso sta in relazione col divenire vegetale dell’uomo e con l’eliminazione del regno vegetale dall’evoluzione umana, come tutto ciò che è affine al carbone è in rapporto con la animalizzazione dell’uomo.

 

Nelle conferenze precedenti ho già accennato a un processo che è importante se dalle azioni che si svolgono in natura si vogliono ricavare gli effetti che si esercitano sull’uomo. Si tratta del processo di formazione del guscio dell’ostrica. Qui si procede dalla risultante che nasce dall’accompagnarsi del carbone col potassio, a quella della combinazione col calcio. Questo processo del concorrere del carbone col calcio viene però attenuato, nel guscio dell’ostrica, dal fatto che qui concorrono forti azioni legate al fosforo. Nel guscio dell’ostrica collaborano tutti questi fattori, insieme ad alcuni altri dovuti alle forze marine circostanti.

 

Osservando il processo di formazione del guscio dell’ostrica, procediamo di un passo nella conoscenza del rapporto fra l’uomo e la natura extra-umana. Se dalla sfera dell’acqua scendiamo verso il basso (v. il disegno precedente), perveniamo a ciò che vorrei chiamare il consolidamento, la formazione del solido, della terra. Si è oggi quasi imbarazzati nell’usare i termini di terra, acqua, aria e fuoco, perché sono bollati dal ridicolo nell’opinione generalmente diffusa che gli antichi erano proprio un po’ stupidi a parlare di quei quattro cosiddetti elementi. Qui, nell’ambito dei nostri studi, possiamo permetterci almeno di accennare qualche volta a tali fatti. Senonché anche la formazione della solida terra ha la sua contro-immagine fuori, nel mondo extraterrestre. Tale controimmagine è rappresentata dalla formazione della vita, è realmente l’origine del processo di vitalizzazione. Si tratta delle forze della vita, le quali provengono dunque da ancora più lontano delle forze chimiche: quelle forze di vita vengono completamente uccise, fatte morire, in seno alla Terra nel mondo extra-umano, entro l’elemento propriamente terroso (cfr. il disegno precedente).

 

A questo punto vorrei inserire una considerazione che potrebbe interessare qualcuno dei presenti. La nostra Terra andrebbe soggetta a un continuo proliferare di formazioni viventi, quasi di carcinomi, se da parte dell’extraterrestre non venisse contrapposto il processo che viene svolto in direzione della Terra da parte del pianeta Mercurio, il processo mercuriale. È importante che almeno una volta queste cose si siano pensate. Nella formazione del guscio dell’ostrica noi scorgiamo quasi come trattenuto a un gradino inferiore ciò che si svolge nella formazione della Terra in generale e che potremo anche denominare l’elemento che conferisce forme entro il divenire delle sostanze. Il guscio dell’ostrica non viene inserito totalmente nella formazione della Terra soltanto per il fatto che esso ha ancora certi rapporti col mare, con l’acqua, e quindi trattiene in certo modo il processo di solidificazione a un gradino precedente, consolidandosi cioè a un gradino precedente della formazione terrestre. I lombrichi non sono in grado di fare ciò perché non possiedono un guscio, e tuttavia da essi si dipartono certi effetti. Si può quindi validamente affermare che se non esistessero i lombrichi non vi sarebbero neppure le forze formative all’interno della terra. I lombrichi partecipano in modo essenziale allo svolgimento del processo di formazione della Terra. Nel loro insieme i lombrichi costituiscono qualcosa che va oltre la formazione del guscio dell’ostrica, qualcosa che ha certi rapporti con la Terra intera, come li ha il guscio dell’ostrica. Grazie alla loro azione non si realizza una formazione di gusci d’ostrica, bensì quel che si trova nel terreno coltivabile, nell’humus, e in tutto ciò che gli è affine e che ne scaturisce.

 

Se ora andiamo alla ricerca nell’uomo del processo ancora più interno di quello affine alle forze chimiche, quello cioè che è connesso col fegato, è naturale il premettere che occorre riferirsi a un altro organo. È il polmone che entro l’organismo umano va considerato in duplice modo. Esso è anzitutto l’organo destinato al processo respiratorio, ma per quanto possa sembrare strano, lo è in modo soltanto esteriore. Il polmone è al tempo stesso l’organo che regola nel più profondo dell’uomo il processo di formazione dell’elemento terra. Se, procedendo dall’esterno verso l’interno, cominciando dal processo digestivo, attraverso quello della formazione del rene, poi della formazione del fegato, si giunge fin su al processo di formazione del polmone, vale a dire a ciò che forma interiormente il polmone (prescindendo dal fatto che questo organo serva funzionalmente alla respirazione), se si studia questo ultimo si scopre che esso è l’opposto di quello che si manifesta nella formazione del guscio dell’ostrica. Nel suo processo di formazione del polmone, l’organizzazione umana ha fatto proprio, ha introdotto in sé quello che nell’universo esterno si trova al di là della zona chimica (v. il disegno precedente).

 

Basta osservare il quadro morboso reale, provocato in certe condizioni nell’uomo dal carbonato di calcio, per scoprire che esso è strettamente connesso con tutti i processi che sono propri della vita intrinseca del polmone. È però difficile sceverare tali processi da quelli che nel polmone si svolgono sotto l’effetto del processo respiratorio. Proprio per il polmone, in quanto serve all’organizzazione umana in due diverse direzioni, occorre però tener conto che esso ha dei compiti funzionali verso l’esterno e altri compiti funzionali verso l’interno. Le degenerazioni del polmone vanno ricercate in processi simili a quelli che si svolgono nella formazione del guscio d’ostrica e naturalmente anche in altri affini, come quello della lumaca.

 

Ci stiamo così avvicinando, dalla parte opposta, a quello a cui ci siamo avvicinati ieri: ieri però il cerchio potè chiudersi meglio, ma ci riusciremo anche in questo caso nei prossimi giorni. Ci stiamo dunque avvicinando a riconoscere nell’attività dei reni, del fegato, dei polmoni qualcosa che, svolgendosi all’interno dell’uomo, corrisponde verso l’esterno alle attività svolgentisi rispettivamente nell’aria, nell’acqua e nella terra solida. All’attività che si compie nell’aria corrisponde tutto quello che si riconnette in senso largo al sistema renale, alle funzioni urinarie. Ciò che è affine a tale sistema, considerato nelle sue parti più interne, cioè i reni, è in grado, in determinate condizioni, di provocare la dispnea, l’affanno di respiro: ed è proprio questo sintomo che si presenta in alto grado come effetto postumo della introduzione di Carbo vegetabilis. Possiamo dunque dire che le ragioni più profonde dei disturbi del sistema respiratorio vanno ricercate in realtà nel sistema renale.

 

Per tutto quello invece che è connesso con l’elemento liquido, acqueo, le ragioni più profonde vanno ricercate nel fegato. Come la dispnea e la regolazione del respiro, il fabbisogno di respiro, sono connessi col sistema renale, così la sete è connessa col sistema del fegato. Sarebbe proprio un compito interessante quello di studiare negli effetti epatici i reciproci rapporti fra le diverse qualità della sete umana. Con la intima costituzione del polmone, in certo senso con il ricambio interno del polmone, sono poi strettamente connessi i fenomeni della fame e quanto vi si ricollega.

 

La fame, la sete e il bisogno di respirare sono certamente connessi da un lato, nell’ambito del ponderabile, con la terra, l’acqua e l’aria. Altri fatti stanno invece in rapporto con le loro controimmagini, fuori, nell’universo. Si può inoltre capire che, quando abbiamo bisogno di una stimolazione da parte della luce, perché è indebolito ciò che in noi produce la luce originaria, neoformata, il meglio sarà ricavare dalla luce stessa tale stimolazione: si giunge così a giustificare certe terapie fondate sulla luce. Non sempre però i bagni di luce sono realmente bagni di luce, ed è importante tenerne conto. In realtà i bagni di luce sono infatti un’esposizione alla zona chimica, più intensa di quella a cui si è esposti di solito sulla Terra. Nella maggior parte dei bagni di luce è attivo in realtà ciò che affluisce come chimismo da fuori, e che naturalmente accompagna la luce. Come ho accennato nello schema (v. il disegno precedente), dietro a quel chimismo si trovano le forze vitali che in certo qual modo sono presenti anch’esse, quando si fa agire sull’uomo più intensamente la luce o un’azione chimica.

 

Purché si eviti dunque un’azione eccessiva (naturalmente quello che conta è sempre la giusta misura) di ciò che affluisce dal cosmo, portato dalla luce, le azioni chimiche e anche le azioni vitali che accompagnano la luce esercitano un effetto quanto mai benefico.

 

Per finire, vorrei menzionare solo di sfuggita che a questo punto non vi stupirete più del fatto che la scienza attuale non riesca a farsi un’idea dell’origine della vita. Infatti, nelle regioni in cui essa la ricerca si trova soltanto la controimmagine della vita, vale a dire la morte, e questo per effetto dell’azione di Mercurio. La vita andrebbe invece ricercata là fuori nel cosmo, dove la scienza non vuole cercarne l’origine. Essa infatti si rifiuta di penetrare nell’extra-tellurico; se proprio non può farne a meno, dà anche a quest’ultimo una veste materialistica (come hanno fatto taluni). È infatti una bellissima traduzione materialistica dell’azione delle forze di vita provenienti dal cosmo, quella dell’ipotesi che i germi della vita siano caduti sulla nostra Terra provenendo da altri corpi celesti. Ecco dunque che quei germi di vita vengono trasportati attraverso tutti gli ostacoli, provenendo da altri corpi celesti, per poi apparire sulla nostra Terra, e c’è perfino chi ha prospettato l’ipotesi che i meteoriti siano serviti loro da veicoli! Vedete dunque che nel nostro tempo si è giunti perfino a credere di aver spiegato qualcosa con una simile teoria materialistica. Come ci si illude di avere spiegato quello che si osserva su scala macroscopica, trasferendolo su scala microscopica od ultramicroscopica, al livello di molecole o di atomi, così si crede di avere spiegato l’origine della vita semplicemente avendola trasferita altrove.