Gesù di Nazareth / La discesa del Cristo e l’essere di Gesù

L’aurora della rivelazione


 

L’Antico Testamento

è un documento che ci dà notizia su come fu preparata la discesa dell’Entità del Cristo.

 

Questa discesa può essere compresa solo se la si guarda da due lati.

• Da un lato vi è infatti la corrente orizzontale della storia dell’Antico Testamento, che prepara questo evento.

• Dall’altro è necessario contemplare la via discendente percorsa dall’Entità del Cristo per giungere alla terra.

Anche la discesa del Cristo fu infatti una ‘via’ implicante una serie di atti e sacrifici.

Non fu un mero avvicinarsi alla terra, raffigurabile in rapporti di spazio.

 

• Ogni passo in direzione della terra, comportava l’acquisizione di uno stato di coscienza,

possibile grazie al sacrificio di esseri che rinunciavano alle proprie prerogative, per ‘far posto’ al Cristo.

Anche l’ultimo passo, l’ingresso in un’entità umana, potè avvenire

solo in quanto l’Io di Zarathustra rinunciò alla propria presenza all’interno di quell’entità umana.

 

• Come l’umanità aveva qualcosa da offrire al Cristo – un corpo in cui Egli potesse vivere e operare -,

e a tal fine dovette compiere un sacrificio per far posto a Lui, lo stesso fecero anche le Gerarchie spirituali.

La ‘via’ percorsa dal Cristo per giungere fino al corpo terreno, consistette nell’offerta sacrificale

di arti costitutivi da parte di entità delle Gerarchie spirituali, che si ritiravano per far posto a Lui.

 

Così l’Elohim solare, Jahvè, rinunciò alla propria attività nel Sole

e abbandonò quest’ultimo per operare dalla sfera della Luna.

In seguito a ciò la Gerarchia degli Elohim potè accogliere il Cristo nella sfera del Sole, quale settimo Elohim.

Rinunciando alla propria presenza nell’aura spirituale del Sole, Jahvè consentì al Cristo, non solo

di agire tramite la Gerarchia degli Elohim, ma anche di essere presente, all’interno di essa, come settimo Elohim.

Egli cedette al Cristo il proprio ‘corpo solare’.

Dalla Luna mantenne tuttavia la connessione con questo arto, che divenne portatore del Cristo.

Potè così ricevere dal Sole la luce del Cristo, e farla risplendere più in profondità negli accadimenti terreni.

 

Tale fu il rapporto tra Jahvè e Cristo,

quando, ad esempio, Mosè chiese al Dio, di cui percepiva l’azione, il vero ‘nome’.

Il nome rivelatogli, “Io sono l’Io-sono” [Ich bin der Ich-bin], era il nome esoterico di Cristo.

Colui che operava sullo sfondo era infatti lo stesso Cristo.

Questa fu la via del Cristo attraverso la seconda Gerarchia.

 

•Anche la sua via attraverso la terza Gerarchia fu resa possibile da atti di sacrificio e di rinuncia.

Lo spirito del tempo rinunciò alla propria attività rivelatrice: egli ‘tacque’.

Il silenzio dello spirito del tempo si espresse nel fatto, che non sorgevano più profeti,

gli oracoli non vaticinavano, i santuari dei misteri erano muti.

 

Nessuna nuova idea apparve nella filosofia, nessuna grande opera nell’arte. Si fece silenzio nell’intera vita spirituale dell’umanità. Solo l’antico sopravviveva, le sorgenti della rivelazione si inaridirono ovunque, salvo nel caso che si conseguissero conoscenze dello spirituale mediante facoltà straordinarie.

Si potrebbe dire:

la spiritualità dell’epoca si era arrestata, non vi erano più in essa germi di futuro. Vi era solo il presente.

Lo spirito del tempo, rinunciando alla propria attività volta al futuro,

consentì la presenza del Cristo nella corrente del tempo.

Rinunciando invece alla propria volontà tendente al futuro,

consentì al Cristo di entrare nel divenire del tempo quale portatore del futuro dell’umanità.

 

• Come Jahvè sacrificò al Cristo il proprio ‘corpo solare’,

• così lo spirito del tempo cedette a Lui il proprio ‘corpo di futuro’,

ossia il tendere complessivo della sua volontà verso il futuro.

 

Per questo la quarta epoca di cultura non ebbe alcun futuro dopo l’evento del Cristo, se non ciò che derivava dal suo impulso. Solo nell’impulso del Cristo era contenuta la forza del futuro. Tutta la vita dei misteri, tutta la filosofia e l’arte, fuori dell’impulso del Cristo erano votati alla morte.

 

Questa è la grande lezione che la tragica figura dell’imperatore Giuliano l’Apostata ha lasciato ai posteri. La ragione del destino tragico di Giuliano non va ricercata nella sua avversione alle forme del cristianesimo di allora, e neanche nella sua predilezione per le forme della civiltà ellenica, ma nel fatto che a quel tempo non era possibile una continuità dal passato al futuro. Ciò che era stato creato dal genio greco-latino non poteva essere sviluppato ulteriormente dalle forze dello stesso, sebbene la sua epoca non si fosse ancora conclusa.

Le possibilità di futuro di quel genio erano riposte in un’altra entità, ossia in quello spirito che i ‘Galilei’1 annunziavano. Perciò l’imperatore Giuliano fallì nel proprio intento di predisporre il futuro secondo lo spirito dell’epoca greco-romana, poiché questo stesso spirito aveva rinunciato alla propria continuità, per consentire l’avvento e il dominio di nuovi impulsi disposti verticalmente rispetto alla linea orizzontale della continuità storica.

 

La rinuncia da parte dello spirito dell’epoca greco-romana alla continuità dei propri impulsi originari, spiega non solo la tragedia dell’imperatore Giuliano e di molti altri uomini di quell’epoca, ma anche il fatto significativo nella storia spirituale dell’umanità che, a differenza delle civiltà precedenti, la civiltà greco-romana non si ripetè, fu cioè unica.

Essa è unica, anche in conseguenza del fatto che lo spirito del tempo che la informava – lo ‘spirito dell’antichità’ come si usa oggi chiamarlo – rinunciò alla propria volontà di futuro.

 

Il mondo antico non può più ripetersi, in quanto lo spirito dell’antichità non volle per sé alcun futuro.

Così si dischiuse al Cristo l’accesso alla terza Gerarchia.

 

Il sacrificio di un’entità arcangelica, che già tre volte nella storia dell’evoluzione terrestre si era offerta al Cristo affinché l’umanità ne partecipasse i benefici effetti, consentì la sua ulteriore discesa. Per il fatto che questo Arcangelo tre volte in passato si era offerto interiormente al Cristo, ed era poi disceso nella Gerarchia degli Angeli, poterono essere stornati dall’umanità i più grandi pericoli conseguenti alla sua caduta.

 

• L’azione del Cristo attraverso l’entità arcangelica di Gesù durante l’epoca lemurica armonizzò i sensi dell’uomo:

a quel tempo il Cristo Gesù esercitò, mediante le forze dell’Io, un’influenza armonizzatrice sul corpo fisico.

 

• Durante la prima metà dell’epoca atlantica avvenne per la seconda volta

una compenetrazione dell’entità di Gesù da parte del Cristo: ora il Cristo Gesù armonizzò

i processi vitali del corpo eterico mediante le forze del corpo astrale.

 

• Durante la seconda metà dell’epoca atlantica, in cui si realizzò la terza unione efficace del Cristo con Gesù,

il corpo astrale dell’uomo fu armonizzato mediante le forze del corpo eterico,

in modo che potesse nascere la facoltà di un uso obiettivo del linguaggio.

 

• La quarta unione dell’entità di Gesù con il Cristo avvenne in Palestina diciannove secoli fa.

Essa ebbe il compito di armonizzare anche l’Io, a partire dal corpo fisico.

Per questo l’entità del Cristo Gesù dovette ora incarnarsi in un corpo fisico.

 

Si potrà comprendere meglio quanto ora detto riguardo ai diversi effetti dell’azione del Cristo Gesù,

se si tiene presente che l’uomo desto costituisce propriamente una dualità.

• L’Io presente nel corpo fisico rappresenta una parte dell’uomo, quella detta generalmente ‘cosciente’,

• mentre l’altra parte è rappresentata dal corpo astrale operante nel corpo eterico,

ed è quella detta generalmente ‘subconscia’.

 

Da ciò risulta la seguente figura, la quale, seppur schematica, è tuttavia atta a illustrare i differenti tipi di azione del Cristo Gesù nelle quattro fasi del Suo intervento nel destino dell’umanità.

 

 

Da questa figura si comprende anche che l’armonizzazione dell’Io, ossia la trasformazione dell’Io desto da entità che divide in entità che unisce, potè avvenire solo nel corpo fisico. Perciò a tal fine fu necessaria l’incarnazione del Cristo Gesù, nella lunga attesa e preparazione della quale consistette appunto il senso dell’Antico Testamento.

 

Le considerazioni introduttive ora svolte, ci conducono direttamente all’entità di Gesù, quale membro della terza Gerarchia, che fin dai tempi primordiali ha dato la possibilità al Cristo di operare nella quarta Gerarchia, ossia nell’umanità.

Si presenta ora una domanda: che l’entità arcangelica di Gesù consentisse al Cristo di penetrare nella terza Gerarchia, fino alla sfera degli Angeli, è comprensibile. Che essa Gli desse al tempo stesso la possibilità di intervenire più efficacemente nel destino della quarta Gerarchia, non risulta invece da quanto detto finora.

 

• Perché Cristo potè agire più efficacemente nel destino dell’umanità unito a Gesù, che senza questa unione?

Qual è il rapporto tra l’entità di Gesù e l’umanità?

 

Per rispondere a questa domanda, occorre considerare più da vicino quell’essere,

mediante il quale l’entità di Gesù era unita strettamente all’umanità, ossia l’innocente anima gemella di Adamo.

 

 


 

Note:

1 – Con questo termine Giuliano designava i cristiani, in quanto seguaci del Galileo.