12 Concezioni del mondo – I

O.O. 151 – Il pensiero nell’uomo e nel mondo – 21.01.1914


 

Quando ci si occupa di concezioni del mondo, non si riscontra forse continuamente che ognuno afferma una cosa diversa dall’altro? Uno difende una cosa con ragioni talvolta buone, un altro quell’altra, con altrettante buone ragioni – poiché a tutto si trovano «ragioni». Ed uno confuta altrettanto bene una cosa, come l’altro, con buone ragioni, confuta l’altra.

 

Nel mondo si formano seguaci non primariamente per il fatto che l’uno o l’altro sia «assolutamente» convinto di quel che viene insegnato qua o là. Prendete, ad esempio, le vie che devono percorrere gli allievi di grandi personaggi per giungere a questo o quel «grande uomo», e vedrete che qui vi è certamente qualcosa di importante riguardo al karma, al destino. Tuttavia, secondo le idee oggi esistenti nel mondo esteriore, si afferma: se uno ora diventa bergsoniano o heackeliano o altro ancora, in fondo, come detto, non dipende esclusivamente dalla profondissima convinzione con cui si aderisce ad un ideale – tuttavia la comune concezione del mondo non riconosce certo la realtà del «karma».

 

Si combatte su tutti i fronti. E ho detto ieri che una volta c’erano i «nominalisti», sostenitori del fatto che i concetti universali non avrebbero alcuna realtà, sarebbero solo dei nomi.

Questi nominalisti ebbero degli oppositori: a quel tempo gli oppositori dei nominalisti erano chiamati «realisti» – il termine aveva allora un significato diverso da oggi. Questi sostenevano che i concetti universali non sono solamente nomi, flatus vocis, bensì si riferiscono ad una ben precisa realtà.

 

La questione «realismo o nominalismo?» fu, nel medioevo, molto scottante, in particolare per la teologia – in un campo che oggi non occupa minimamente i pensatori. Poiché nel periodo in cui affiorò la domanda «nominalismo o realismo?» – dall’undicesimo al tredicesimo secolo -, la questione più importante del credo confessionale umano era quella delle tre persone divine, il Padre, il Figlio e lo Spirito santo, che formano una entità divina, ma che devono pur essere tre persone reali.

Ed i nominalisti sostenevano che queste tre persone divine esistono solo individualmente – il «Padre» indipendente dal «Figlio», e questo indipendente dallo «Spirito Santo». E quando si parla di un «dio» comune, che le abbracci tutte e tre, quello è solo un nome. Così il nominalismo eliminò l’unità nella Trinità. E nei confronti dei realisti, i nominalisti non solo dichiaravano assurda l’unità dal punto di vista logico, ma reputavano persino eretico quel che sostenevano i realisti – e cioè che le tre persone dovevano formare un’unità non solo pensata, ma anche reale.

 

Nominalismo e realismo erano dunque in lotta fra loro. E veramente, chi si immerge nella letteratura che è scaturita dal nominalismo e dal realismo nei secoli indicati, ricava una visione approfondita di quel che può riuscire a produrre l’ingegno umano. Infatti, sia per il nominalismo che per il realismo sono state prodotte le argomentazioni più ingegnose.

Certo, a quel tempo era più difficile far sfoggio di un simile pensiero, poiché non esisteva ancora l’arte della stampa e non era per niente facile prendere parte a quelle dispute, come accadeva tra nominalisti e realisti. Colui che vi partecipava doveva essere, nel senso del tempo di allora, molto meglio preparato di quanto lo siano oggi coloro che prendono parte alle dispute. È stata espressa una gran quantità di acume per difendere il realismo, ed un’altra gran quantità di acume per difendere il nominalismo. Da dove deriva ciò?

È desolante che vi sia una tal cosa! Riflettendoci meglio, bisogna dire che è desolante che vi sia una tal cosa. Poiché, pensando più a fondo, ci si può dire: «A cosa ti serve essere intelligente? Puoi essere intelligente e difendere il nominalismo, e puoi essere intelligente e confutare il nominalismo.» Si finisce per confondersi con tutta questa intelligenza! È desolante anche solo stare a sentire quel che si afferma in queste dispute.

 

Vogliamo ora contrapporre a quel che è stato appena detto qualcosa che, forse, non è neppure così acuto come molto di ciò che fu espresso dal nominalismo o dal realismo, ma che magari, al confronto, presenta un vantaggio: quello di puntare direttamente alla meta, che è trovare la direzione nella quale occorre pensare.

Provate a immaginare di trasferirvi nel modo in cui si formano i concetti universali, in cui si combinano fra loro una quantità di particolari. Si può mostrare con un esempio il duplice modo in cui è possibile combinare dei particolari.

Uno è quello dell’uomo che lo applica nella propria vita: va a zonzo per il mondo e vede una serie di animali di un certo tipo che hanno pelo di tipo setoso o lanoso, sono di diverso colore, hanno i baffi e in certi momenti eseguono una strana attività che ricorda il lavarsi umano, che mangiano topi e così via.

Si possono chiamare «gatto» quegli esseri che si è osservato essere così. Allora ci si è formato un concetto universale. Tutte le creature che si sono viste essere così, hanno qualcosa a che fare con ciò che si chiama gatto.

Ma ipotizziamo ora che si faccia quest’altro. Qualcuno ha vissuto una vita ricca: in particolare, una vita che lo ha portato ad incontrare molti padroni di gatti, e a riscontare che un gran numero di costoro ha chiamato «Mufti» il suo gatto. Avendolo riscontrato in numerosi casi, riassume con il nome «Mufti» tutte quelle creature che ha visto chiamare Mufti.

 

Abbiamo osservato dall’esterno il concetto universale «gatto» ed il concetto universale «Mufti». Abbiamo lo stesso dato di fatto: il concetto universale. E ad entrambi i concetti universali appartengono numerosi esseri singoli. Tuttavia nessuno affermerà che il concetto universale «Mufti» abbia lo stesso significato del concetto universale «gatto». Qui è la realtà che fa la differenza.

Voglio dire: quel che si è fatto quando si è creato il concetto universale «Mufti», che è solamente una sintesi di nomi con valore di nome proprio, è stato di orientarsi, a ragione, verso il nominalismo. Mentre creando il concetto universale «gatto» ci si è orientati, non meno a ragione, verso il realismo. Nel primo caso è giusto il nominalismo, nell’altro il realismo. Entrambi sono giusti. Solo che queste cose vanno applicate entro i loro giusti limiti.

E se ambedue le cose sono giuste, allora non occorre meravigliarsi se si possono addurre buone ragioni sia per l’una che per l’altra. Ho solo utilizzato un esempio un po’ strano parlando del nome «Mufti». Ma potrei citarvene uno molto più significativo, e adesso voglio proprio dedicarvi l’attenzione.

 

Esiste un intero ambito della nostra esperienza esteriore in cui il nominalismo – e cioè l’idea che ciò che sintetizza è solo un «nome» – è pienamente giustificato. Esiste «uno», esiste «due», esiste «tre», «quattro», «cinque» e così di seguito. Ma è impossibile che chiunque guardi allo stato delle cose possa trovare nell’espressione «numero» qualcosa che abbia realmente esistenza. Il numero non ha esistenza. «Uno», «due», «tre», «cinque», «sei» e così via, questo esiste.

Ma quel che ho detto ieri, e cioè che per trovare il concetto universale bisogna far mettere in movimento il concetto in questione, non è praticabile nel caso del concetto «numero». Infatti l’uno non trapassa mai nel due: bisogna sempre aggiungere uno per avere due.

 

Nemmeno nel pensiero l’uno trascorre nel due, né il due nel tre. Esistono solo singoli numeri, non il numero in generale. Il nominalismo ha assolutamente ragione per quel che è presente nei numeri; per quel che riguarda il singolo animale rispetto al suo genere, ha assolutamente ragione il realismo.

Infatti è impossibile che esista un cervo, e un altro cervo, ed un altro ancora, senza che esista il genere cervo. «Due» può esistere autonomamente, «uno», «sette» e così via possono esistere autonomamente. Il numero è una realtà nella misura in cui è una qualità, e l’espressione «numero» non possiede una qualche esistenza. Vi è una differenza rispetto alle cose esteriori nella loro relazione con i concetti universali: una cosa deve essere trattata nello stile del nominalismo, l’altra nello stile del realismo.

In questo modo, dando semplicemente ai pensieri la giusta direzione, arriviamo a qualcosa di completamente diverso. Ora iniziamo a capire perché esistono al mondo così tante dispute sulla concezione del mondo: quando hanno compreso una cosa, gli uomini non sono generalmente inclini a comprendere anche l’altra.

Se un tale ha compreso ad un certo punto che, in un determinato ambito, tutti i concetti universali non hanno esistenza, costui generalizza questa conoscenza e la estende a tutto il mondo e ai suoi ordinamenti.

 

La frase: «I concetti universali non hanno esistenza», non è sbagliata,

essendo vera nell’ambito che quella persona ha osservato.

Solo che è sbagliato generalizzare.

 

Se ci si vogliono formare delle idee riguardo al pensare, è dunque essenziale chiarirsi che

la verità di un pensiero all’interno del suo contesto

non dice ancora nulla sulla validità universale del pensiero stesso.

• Un pensiero può essere assolutamente giusto nel suo ambito,

ma nulla è con ciò stabilito riguardo alla sua validità in generale.

 

Se mi si dimostra questo o quello per quanto tassativamente si voglia,

è impossibile che quanto dimostrato si applichi ad un campo al quale non appartiene.

È necessario allora che chi voglia occuparsi seriamente dei percorsi che conducono ad una concezione del mondo,

si familiarizzi innanzitutto con l’idea che l’unilateralità  è il peggior nemico di ogni concezione del mondo,

e che più di tutto è necessario evitare le unilateralità.

 

Dobbiamo evitare le unilateralità:

questo è ciò a cui oggi voglio fare particolare riferimento: a quanto sia necessario che evitiamo le unilateralità.

 

Volgiamoci ora a considerare quel che verrà spiegato dettagliatamente nelle prossime conferenze, cercando di ricavarne per ora uno sguardo d’insieme.

Possono esserci persone predisposte in modo che sia per esse impossibile trovare la via verso lo spirito. Sarà difficile dimostrare mai lo spirito a queste persone. Esse si fermano a ciò di cui hanno qualche conoscenza, a ciò che sono predisposte a conoscere. Diciamo che si fermano a quel che fa su di loro l’impressione più grossolana: la materia. Tale persona è un materialista, e la sua concezione del mondo è il materialismo.

Non occorre considerare sempre insensato quel che i materialisti hanno addotto a difesa, a dimostrazione del materialismo, in quanto sono state scritte molte cose acute in questo ambito. Quel che è stato scritto, vale innanzitutto per l’ambito materiale della vita, vale per il mondo della materia e le sue leggi.

 

Possono esservi altre persone che una certa interiorità predispone da subito a vedere nella materia solo la manifestazione dello spirito.

Naturalmente costoro sanno bene, tanto quanto i materialisti, che esiste l’esteriore-materiale, ma dicono: «La materia è solo la manifestazione, la rivelazione dello spirituale che vi sta a fondamento.»

Magari tali persone non si interessano particolarmente del mondo materiale e delle sue leggi. Forse, mentre muovono in se stessi tutto quel che può dar loro rappresentazioni dello spirituale, vanno per il mondo con la coscienza che il vero, l’alto, ciò di cui bisogna interessarsi, che veramente possiede realtà, è solo lo spirito. La materia è solo illusione, fantasmagoria esteriore.

Questa sarebbe una posizione estrema, ma può esistere, e può condurre ad una totale negazione della vita materiale. Di queste persone dovremmo dire: ben riconoscono quel che certamente è la cosa più reale, lo spirito, ma sono unilaterali, negano il valore della materia e delle sue leggi. Molto ingegno si applicherà per sostenere la concezione del mondo di queste persone. Chiamiamo spiritualismo la loro visione del mondo.

 

Si può dire che gli spiritualisti hanno ragione? Sì, le loro affermazioni potranno rivelare cose straordinariamente giuste per lo spirito. Tuttavia, forse sapranno rivelare poche cose importanti riguardo alla materia e alle sue leggi.

Si può dire che le affermazioni dei materialisti siano giuste? Sì, riguardo alla materia e le sue leggi potranno forse rivelare cose straordinariamente utili e valide. Ma se parlano dello spirito, forse esprimeranno solo sciocchezze.

Dobbiamo dunque dire: i seguaci di queste concezioni del mondo hanno ragione nei loro ambiti.

 

Ora, ci possono essere persone che dicono:

• «Che nel mondo del vero vi sia solo materia o solo spirito – al riguardo non posso sapere granché, la capacità conoscitiva umana non può affatto applicarvisi. Solo una cosa è chiara, e cioè che esiste e si dispiega un mondo intorno a noi. Non so se vi sia alla base quel che i chimici e i fisici, quando diventano materialisti, chiamano atomi della materia. Ma io riconosco il mondo che si dispiega intorno a me. Lo vedo, posso farmi dei pensieri al riguardo. Se in più vi sia o non vi sia uno spirito alla base, non ho particolari motivi per fare supposizioni al riguardo. Mi attengo a quel che si dispiega intorno a me.»

 

In base alle riflessioni fatte prima riguardo ad un’altra visione del mondo, queste persone si possono chiamare «realisti», dando un significato un poco diverso a questo termine da come l’ho usato in precedenza – e realismo è la loro concezione del mondo.

Proprio come si può applicare un enorme ingegno a difesa del materialismo e dello spiritualismo; come possono dire molte cose ingegnose sullo spiritualismo e le più grandi insensatezze riguardo alla materia; come, d’altro canto, si può parlare acutamente della materia e insulsamente dello spirito – altrettanto si possono produrre le ragioni più acute a favore del realismo, che non è né spiritualismo, né materialismo, ma ciò che ho testé descritto.

 

Ma possono anche esserci altre persone che dicono all’incirca:

• «Intorno a noi vi sono la materia ed il mondo dei fenomeni materiali. Ma il mondo dei fenomeni materiali è, in realtà, privo di senso in se stesso. Non ha un senso vero, se in esso non è insita quella tendenza che lo fa procedere in avanti, se da questo mondo, dispiegato attorno a noi, non può sorgere qualcosa che non risiede in esso e a cui l’anima umana si può orientare.»

Secondo la visione di queste persone deve trovarsi entro il processo del mondo il fattore ideale. Costoro ammettono i processi reali del mondo, e pur ammettendo la vita reale, non sono realisti, ma sono dell’idea che la vita reale debba essere compenetrata dall’ideale, e solo allora acquisisce un senso.

 

In uno slancio di questo stato d’animo, Fichte disse una volta: «Tutto il mondo che si dispiega attorno a noi è il materiale che serve all’adempimento del dovere.» I rappresentanti di una siffatta concezione del mondo, per la quale tutto è solo un mezzo per le idee che compenetrano il processo del mondo, possono chiamarsi «idealisti» – e idealismo la loro concezione del mondo.

A difesa di questo idealismo sono state prodotte cose belle, grandiose e splendide. E nell’ambito che ho appena descritto, in cui conta mostrare come il mondo sarebbe senza scopo né senso, se le idee fossero solo una fantasia dell’uomo, e non realmente fondate entro il processo del mondo: in questo ambito l’idealismo trova il suo pieno significato.

Ma, ad esempio, con questo idealismo non si può spiegare la realtà esteriore dei realisti. Per questo bisogna distinguere dalle altre una concezione del mondo che può essere chiamata idealismo.

 

Abbiamo già la coesistenza di quattro concezioni del mondo legittime,

delle quali ciascuna ha il suo valore entro il suo particolare contesto.

 

materialismo

idealismo ……………………………………………………………. realismo

spiritualismo

 

Dal materialismo all’idealismo vi è un certo percorso.

Il “materialismo grossolano” – lo si può ben osservare nel nostro tempo, sebbene oggi sia già in contrazione – consisterà nello sviluppo estremo del detto kantiano – Kant stesso non lo attuò -, secondo cui nelle singole scienze vi è tanta vera scienza quanto vi si trova di matematica.

Il che significa che da materialisti si può diventare contabili dell’universo, non facendo valere altro che il mondo riempito di atomi materiali.

Gli atomi si scontrano, volteggiano alla rinfusa, e poi si calcola come essi girano qua e là. Si ottengono risultati molto interessanti, a testimoniare che questa concezione del mondo è pienamente legittima. E così, ad esempio, si ottengono le frequenze di oscillazione del blu, del rosso, e via dicendo. Tutto il mondo diventa una specie di apparato meccanico ben calcolabile.

 

Ma di questa faccenda si può anche dubitare. Ad esempio, ci si può dire: sì, ma se si ha una macchina, per quanto complessa, e per quanto complicato sia il suo movimento, da essa non potrà mai risultare qualcosa che sia percepibile come «blu», come «rosso» e così via. Se dunque il cervello è solo una macchina complessa, dal cervello non può discendere quel che si sperimenta in termini di sentimento dell’anima.

Però si può anche dire, come disse una volta Du Bois-Reymond: se si vuole spiegare il mondo solo con la matematica, non si potrà certo dar ragione della più semplice sensazione. Ma se non ci si vuole fermare alla spiegazione matematica, allora si diventa non scientifici, si esula dalla scienza.

Il più goffo materialista direbbe: «No, io non faccio nemmeno calcoli, poiché questo presuppone già una credenza, la fede che ammette delle cose ordinate secondo misura e numero.»

 

E chi ora si eleva al di sopra di questo materialismo grossolano, diventa una mente matematica e fa valere come vero solo quello che può essere ricondotto a formule matematiche.

Da questo risulta una concezione del mondo che fa valere esclusivamente la formula matematica. La si può chiamare matematicismo.

Ora qualcuno può riflettere oltre e, dopo essere stato matematicista, dire a se stesso: «Non può essere una superstizione il fatto che il blu abbia un certo numero di oscillazioni. Il mondo è pur ordinato matematicamente. Perché, se nel mondo si trovano realizzate idee matematiche, non vi si possono trovare realizzate anche altre idee?».

Costui suppone che nel mondo siano all’opera le idee. Ma fa valere solo le idee che trova lui, non quelle che coglierebbe dalla sua interiorità, ad esempio attraverso una certa intuizione o ispirazione. Dà valore solo a quelle idee che coglie dalle cose esteriori sensibili, reali. Una tale persona diviene «razionalista», e la sua concezione del mondo è il razionalismo.

Se, oltre alle idee che uno trova, fa valere anche quelle che ricava dalla sfera morale e da quella intellettuale, è già un idealista. Questa è una via che dal materialismo grossolano va all’idealismo passando per il matematicismo ed il razionalismo.

 

Ma l’idealismo si può incrementare. Nel nostro tempo si trovano alcune persone che cercano di rafforzare l’idealismo. Si trovano idee nel mondo: se si trovano idee, allora nel mondo deve anche essere presente una entità nella quale le idee possano vivere. Le idee non possono certo vivere facilmente in qualcosa di esteriore.

E nemmeno le idee possono, per così dire, penzolare nell’aria. Nel diciannovesimo secolo vi è stata, in effetti, la credenza che le «idee» dominassero la storia. Ma si trattava solo di una cosa confusa, poiché le idee in quanto tali non hanno la forza di agire, e pertanto non si può parlare di idee all’opera nella storia.

Chi si rende conto che le idee per esistere, devono essere legate ad un essere che può, per l’appunto, avere idee, non sarà più un semplice idealista, ma passerà alla convinzione che le idee siano congiunte a degli esseri. Egli diverrà uno «psichista», e la sua concezione del mondo è lo psichismo.

Anche lo psichista, che può a sua volta modificare una gran quantità di acume per la sua concezione del mondo, giunge a questa concezione solo attraverso una unilateralità, che forse gli vien fatto di notare.

 

                                                                                  materialismo

                                                                      matematicismo

                                                           razionalismo

idealismo ……………………………………………………… realismo

                                                           psichismo

                                                                       spiritualismo

 

Devo subito aggiungere una cosa, a questo punto: tutte le concezioni che metterò nella parte superiore hanno dei corifei, e questi fautori sono per lo più testardi, accolgono cioè l’una o l’altra concezione del mondo in virtù di qualche condizione di base che hanno in sé – e ad essa si fermano.

Tutto quel che si trova invece sotto la linea orizzontale ha dei seguaci, i quali più facilmente capiscono che le singole concezioni del mondo guardano alle cose solo da un certo punto di vista, e passano più facilmente dall’una all’altra.

 

Se uno è psichista e, essendo un uomo di conoscenza, ritiene che il mondo sia da osservare in senso contemplativo, giunge a dire a se stesso di dover presupporre in esso qualcosa di psichico, di animico.

Ma nel momento in cui costui non è solo un uomo di conoscenza, ma prova nella stessa misura una simpatia per ciò che ha carattere di attività, azione, volontà nella natura umana, dirà a se stesso:

• «Non basta che vi siano esseri che possono solo avere idee. Questi esseri devono anche avere qualcosa di attivo, devono anche poter agire. Ma ciò non è pensabile senza che questi esseri siano esseri individuali.»

Il che significa che costui si eleva dalla visione di un mondo animato a quella dello spirito o degli spiriti all’opera nel mondo. Costui non sa ancora se deve ipotizzare uno o più esseri spirituali, ma si eleva dallo psichismo allo pneumatismo, alla teoria dello spirito.

 

In verità, se uno è diventato pneumatista, può certo accadere che si renda conto di quanto ho detto oggi riguardo al numero: che in relazione ai numeri è fuorviante parlare di un’unitarietà. Allora arriva a dire: «Allora crea solo confusione parlare di uno spirito unitario, di un <pneuma> unitario.» E così arriva lentamente a formarsi una rappresentazione degli spiriti delle diverse gerarchie. Diventa allora un autentico «spiritualista», così che da questo lato vi è un passaggio diretto dallo pneumatismo allo spiritualismo.

Tutte quelle che ho segnato alla lavagna sono concezioni del mondo che nei loro ambiti hanno una legittimità. Poiché vi sono ambiti per i quali lo psichismo è chiarificatore, e ambiti nei quali lo è lo pneumatismo.

 

materialismo

                                                                              matematicismo

                                                               razionalismo

idealismo ……………………………………………………… realismo

                                                             psichismo

                                                                            pneumatismo

                                                                                          spiritualismo

 

Ma se si vuole andare a fondo nella spiegazione del mondo, come abbiamo cercato di fare noi, bisogna arrivare allo spiritualismo, agli spiriti singoli delle gerarchie. Allora non ci si può fermare allo pneumatismo, poiché fermarvisi significherebbe in questo caso quanto segue: Se siamo spiritualisti può capitarci che le persone dicano: «Perché così tanti spiriti?

Perché applicare il numero?

Vi è solo uno spirito unitario!» Chi si approfondisce nella cosa, sa che questa obiezione vale quanto dire: «Tu affermi che qui ci siano duecento moscerini. Ma io non vedo per niente duecento moscerini, io vedo un solo sciame di moscerini.» Allo stesso modo si comporterebbe il seguace dello pneumatismo, del panteismo, nei confronti dello spiritualista. Lo spiritualista vede il mondo ricolmo degli spiriti delle gerarchie, lo pneumatista vede un solo sciame, vede solo lo spirito totale unitario. Ma ciò si basa solo su un’osservazione imprecisa.

 

Ora ce un’altra possibilità: uno non giunge all’azione degli esseri spirituali per la via che abbiamo cercato di percorrere, giunge tuttavia a supporre che ci siano degli esseri spirituali primari del mondo. Una persona simile fu, ad esempio, Leibniz, il famoso filosofo tedesco.

Leibniz aveva superato il pregiudizio per cui nel mondo possa esistere solo qualcosa di materiale. Egli cercava il reale e lo trovò – più esattamente l’ho descritto nel mio libro Gli enigmi della filosofia. Egli riteneva che esista un essere che possa generare in sé l’esistenza, come ad esempio l’anima umana. Ma non si fece ulteriori idee al riguardo, si disse solamente che vi è un tale essere in grado di creare in sé l’esistenza, che trae da sé stesso delle rappresentazioni. Questo è per Leibniz una «monade».

E si disse: devono esserci molte monadi, e monadi di diversa lucidità. Se ho qui una campana, vi sono dentro molte monadi – come in uno sciame di moscerini -, ma sono monadi che non raggiungono neppure la coscienza di sonno, monadi quasi prive di consapevolezza, che però sviluppano in sé le più oscure rappresentazioni. Vi sono monadi che sognano, vi sono monadi che sviluppano in sé rappresentazioni deste, in breve, vi sono monadi dei più diversi gradi.

Un tale individuo non giunge a rappresentarsi la concretezza delle singole entità spirituali come fa lo spiritualista. Riflette sullo spirituale nel mondo, ma lo lascia indistinto. Lo chiama «monade», cioè si preoccupa solo del suo carattere di rappresentazione, come se si dicesse:

• «Sì, nel mondo vi è lo spirito, vi sono spiriti. Ma io li descrivo solo dicendo che sono esseri con diversa facoltà di rappresentazione. Metto in evidenza in loro una caratteristica astratta.»

Si forma allora questa concezione unilaterale del mondo, a favore della quale si può addurre tutto ciò che seppe addurre il geniale Leibniz. Così si forma il monadismo. Il monadismo è uno spiritualismo astratto.

 

Ma possono esservi persone, le quali non si elevano fino alla monade, le quali non sanno ammettere che ciò che esiste sono esseri con diversi gradi di facoltà rappresentativa, ma nemmeno si accontentano di riconoscere semplicemente quel che si dispiega nella realtà esteriore: costoro affermano, invece, che quanto si dispiega nel mondo esteriore è ovunque dominato da «forze».

Se, ad esempio, un sasso cade sulla terra, essi dicono: «Qui agisce la forza di gravità!» Se un magnete attira della limatura di ferro, dicono: «Qui c’è la forza magnetica!» Non si accontentano di dire semplicemente: «Qui c’è un magnete», ma dicono: «Il magnete presuppone che la forza magnetica sia presente in modo sovrasensibile, invisibile, e che si estenda ovunque.»

Si può formare una tale concezione del mondo che ricerca ovunque le forze per quel che accade nel mondo, e la si può chiamare dinamismo.

 

materialismo

                                                                          matematicismo

                                                         razionalismo

idealismo ……………………………………………………… realismo

                                                      psichismo                                                       dinamismo

                                                             pneumatismo                                monadismo

                                                                                           spiritualismo

 

Chi poi dice: «No, credere alle forze è superstizione», ciò viene esemplificato nel libro di Fritz Mauthner Critica del linguaggio, dove si descrive estesamente come il credere alle forze sia una superstizione. In questo caso si resta fermi a quel che di reale si dispiega intorno a noi. Su questa via giungiamo dallo spiritualismo di nuovo al realismo, attraverso il monadismo ed il dinamismo.

 

Ma si può anche fare qualcos’altro. Si può dire: certo, mi attengo al mondo che mi circonda. Ma non rivendico il diritto di dire che questo mondo sia «vero». Di esso so solo dire che mi «appare». Non ho il diritto di dire più che: «Questo mondo mi appare». Non ho diritto di dire di più al riguardo.

C’è una differenza: si può dire che il mondo dispiegato attorno a noi sia il mondo reale; ma si può anche dire: «Non posso parlare di un mondo reale, ma mi è chiaro che quel che mi appare è il mondo.

Non dico che questo mondo di colori e suoni – quel mondo che si origina solo per il fatto che nel mio occhio si svolgono determinati processi che mi si mostrano come colori; che nel mio orecchio si svolgono processi che mi si mostrano come suoni, e così via – che questo mondo sia reale. È il mondo fatto di fenomeni.»

Si tratterebbe in questo caso della concezione del fenomenismo.

 

Ma si può proseguire oltre e dire: attorno a noi abbiamo certo il mondo dei fenomeni. Ma tutto quel che crediamo di avere in questi fenomeni – che noi stessi vi abbiamo aggiunto, vi abbiamo pensato in aggiunta -, lo abbiamo, per l’appunto, pensato in aggiunta ai fenomeni. È giustificato solo quel che ci dicono i sensi.

Notate che una persona che parla in questo modo non è seguace del fenomenismo, bensì scarta dai fenomeni ciò che crede provenire solamente dall’intelletto e dalla ragione, facendo valere, quasi fosse annunciato dalla realtà, solo ciò che i sensi trasmettono sotto forma di impressioni. Si può chiamare sensismo questa concezione del mondo.

Se ci si mette a dire: «Pensate pure che questo ve lo dicono i sensi, per quanto argute siano le vostre argomentazioni» – anche a questo riguardo si può argomentare argutamente -, «il mio punto di vista è che esiste solo ciò che si presenta come comunicato dai sensi. Solo quello che faccio valere come realtà materiale – come fa, ad esempio, l’atomista, il quale suppone che esistano solo atomi, per quanto piccoli. Essi hanno le proprietà che si riscontrano entro il mondo fisico.» Allora si è di nuovo materialisti. E così siamo tornati di nuovo al materialismo per un’altra via.

 

materialismo

matematicismo                  sensismo

razionalismo                                   fenomenismo

idealismo ……………………………………………………… realismo

psichismo                                             dinamismo

pneumatismo               monadismo

spiritualismo

 

Quello che vi ho qui citato e caratterizzato come concezioni del mondo, esiste, è sostenibile. Ed è possibile addurre le più acute argomentazioni per ciascuna di esse. È possibile collocarsi entro il punto di vista di ciascuna di queste concezioni e confutare le altre con le più acute argomentazioni.

Tra queste concezioni del mondo se ne possono anche escogitare altre. Ma si differenziano solo per grado da quelle citate, e sono riconducibili a quei tipi principali. Se si vuole conoscere il tessuto del mondo, occorre sapere che ciò è possibile conoscendo queste dodici porte d’ingresso.

 

Non c’è una sola concezione del mondo da sostenere e legittimare, bensì vi sono dodici concezioni del mondo.

E bisogna ammettere che vi sono esattamente tante buone ragioni a favore di una concezione del mondo,

quante ce ne sono per ciascuna delle altre.

 

Il mondo non è osservabile dal punto di vista unilaterale di una concezione del mondo, di un pensiero,

il mondo si svela solo a colui che sa di dovergli «girare attorno».

 

• Proprio come il Sole, se ci basiamo sulla concezione copernicana del mondo,

attraversa le costellazioni zodiacali per illuminare la Terra da dodici punti diversi,

allo stesso modo non ci si deve collocare entro un punto di vista

– quello dell’idealismo, del sensismo, del fenomenismo

o di una qualche concezione del mondo che possa chiamarsi tale –

ma occorre essere nella condizione di «girare intorno al mondo»

e acquisire dimestichezza con i dodici differenti punti di vista dai quali si può osservare il mondo.

 

Filosoficamente, tutti e dodici i punti di vista sono pienamente giustificati.

Non vi è una sola concezione del mondo per il pensatore che sa penetrare nella natura del pensiero,

ma ve ne sono dodici equivalenti

– equivalenti nella misura in cui per ciascuna si possono addurre con il pensiero argomentazioni egualmente valide.

 

Esistono dodici concezioni del mondo egualmente giuste.