Le caratteristiche tradizionali del denaro

O.O. 340 – I capisaldi dell’economia – 04.08.1922


 

Sommario: Gli elementi attivi nella formazione del prezzo. Le caratteristiche tradizionali del denaro. Come denaro di scambio è intermediario, deriva dalla merce, ma non ne è un reale rappresentante. Come denaro di prestito (d’impresa) riceve il suo valore dallo spirito umano. Come denaro di donazione serve per l’educazione o altro del genere, evitando così che si capitalizzi nei terreni. Trapasso da denaro di prestito a denaro di donazione. Metamorfosi del valore del denaro nella circolazione. Invecchiamento e morte del denaro. Il denaro vecchio diviene denaro di donazione. L’intervento delle associazioni per il prestito e la donazione al fine di regolare i flussi monetari. La creazione di denaro nuovo mediante le associazioni.

 

Ieri ho prospettato un problema importantissimo, sorto quando l’economia nazionale si accingeva a trasformarsi sempre più in economia mondiale. Appunto per questo fatto il problema del prezzo acquistò un significato essenzialmente diverso da quello che aveva avuto in precedenza nella vita economica. Dovremo ora fare ancora qualche altra osservazione prima di poterci formare un’idea dei fattori che in effetti determinano il prezzo; infatti ciò che sul mercato, o in genere nella circolazione delle merci, appare alla fine come prezzo (direi quasi, come prezzo palese) ha veramente minore importanza economica di quel che sta dietro alla formazione del prezzo, e che al prezzo conduce solo da ultimo, determinandone anche le oscillazioni.

 

Ora, i fattori che precedono la formazione del prezzo, tanto dal lato dell’acquirente quanto da quello del venditore, si inseriscono in connessioni sociali da cui dipende la situazione del compratore, cioè il fatto che, a una determinata somma di denaro, egli debba attribuire un maggiore o minor valore, non soltanto in senso soggettivo. Nel quadro economico il lato soggettivo ha importanza solo in quanto è giustamente fondato su processi oggettivi, e in quanto poggia su un giudizio esatto di essi. Ma anzitutto il valore del denaro ha importanza anche nel rapporto oggettivo, perché oggi non è possibile considerare la questione economica del tutto isolata da quella sociale. Si può arrivare a un giudizio valido soltanto tenendo d’occhio veramente il gioco reciproco delle due questioni. Quindi si deve prendere in considerazione che il malcontento, il quale sta poi alla base dei sommovimenti sociali, si ricollega specialmente a ciò che precede la formazione del prezzo e che da ultimo in essa si estrinseca.

 

Ho mostrato che anche nel caso del salario (cioè in quella formazione del prezzo che nell’economia odierna si esprime da ultimo nella misura del salario) ci troviamo veramente di fronte a una compravendita; da ciò si comprenderà che tutto quanto conduce alle lotte salariali poggia in fondo sulle condizioni sociali in cui si trovano tanto il lavoratore, quanto l’imprenditore; condizioni che sfociano appunto nella formazione del prezzo che costituisce il salario. Così dovremo sapere anzitutto in qual modo agisca ciò che ha ormai la parte più importante nella compravendita, nel salario, e negli altri campi dell’economia, e fino a qual punto agisca il denaro, come tale, sulla formazione del prezzo nell’àmbito del processo economico. Dovremo distinguere tra ciò che risulta da ultimo quale prezzo in denaro, e ciò che propriamente determina il valore del denaro nelle mani di un uomo, sia esso venditore o acquirente. Perciò dobbiamo oggi considerare il denaro stesso.

 

Nei manuali economici vengono dette molte belle cose sulla natura del denaro; per esempio le proprietà che il denaro deve avere per poter essere in genere usato come tale. Dobbiamo fermare un po’ la nostra attenzione e la nostra critica sulle proprietà citatele vedere come si debba lavorare col nostro pensiero per svincolarci dalle attuali concezioni scientifico-economiche, e inoltrarci in campi particolari. Si dice tra l’altro che il denaro debba possedere in primo luogo un valore generalmente riconosciuto. Ma si tratta di sapere chi in tal caso debba riconoscere, chi sia la persona giusta, poiché con le parole «il denaro deve avere un valore generalmente riconosciuto» non si è detto ancor nulla; si è solo rilevato ch’esso debba avere una qualità, senza pertanto indicare in che modo possa acquisirla. La seconda proprietà è ancor più singolare: si dice che il denaro debba poter avere piccole dimensioni, ma per la sua rarità anche in piccolo formato un valore elevato. Ora questo è il sistema migliore per tesaurizzare il denaro; (già lo aveva osservato Licurgo che introdusse un tipo di denaro più voluminoso come rimedio contro l’arricchimento illecito). Questa qualità è precisamente quella che rende il denaro più atto a essere conservato con facilità, e che quindi costituisce un relativo stimolo alla tesaurizzazione; se i pezzi da 100 lire fossero infatti grandi come una tavola, sarebbe certo più difficile tesaurizzarli; l’arricchirsi sarebbe meno agevole che non sia oggi, e darebbe più nell’occhio. L’asserzione citata non può dunque provenire che da ragioni molto esteriori. Si dice inoltre che il denaro debba esser frazionabile a piacere; ho trovato anche questo in un manuale di economia politica; ma anche questo può venir effettuato soltanto in base a un riconoscimento, a qualche azione da compiersi. È dunque un’affermazione molto nebulosa. Poi si dice anche che il denaro debba essere facile a conservarsi. Ma appunto questa proprietà ci apparirà in tutto il suo significato nello svolgimento delle considerazioni che stiamo per fare.

 

Non solo dobbiamo renderci ben conto che tutto quanto è natura acquista veramente un valore economico solo quando s’inserisce nella circolazione ed è afferrato dal lavoro; non solo dobbiamo aver ben compreso che anche il lavoro acquista un valore economico dal modo con cui è diviso e organizzatole che anche il capitale acquista un valore soltanto per il fatto di venir afferrato dallo spirito umano e attivamente introdotto nel processo economico, ma dobbiamo renderci conto anche del fatto che il denaro come tale acquista un valore grazie alla circolazione stessa. Ora dobbiamo pensare a come il denaro si modifichi nel corso della circolazione; le premesse relative son già contenute in tutto quello che sono andato esponendo finora.

 

Innanzi tutto abbiamo a che fare col comune denaro d’acquisto, vale a dire col denaro che adoperiamo per comperare oggetti di nostro uso e consumo. Inoltre abbiamo a che fare, come si è già rilevato, col denaro di prestito. Ora la questione è se il denaro di prestito, attraverso la sua connessione economica, sia proprio lo stesso del denaro d’acquisto. Considerando quest’ultimo, ci si dovrà chiedere: come sorge il denaro d’acquisto in mezzo agli altri elementi del comperare e del vendere? Esso sorge per il fatto che chi si serve del denaro non dà solo qualcosa che determina uno scambio immediato, ma che si fa mediatore di uno scambio e in esso si interpone. Sicché è denaro tutto quanto nello scambio s’interpone come mediatore. Ho già detto che da questo punto di vista anche i piselli potrebbero essere denaro. Se non acquisto solo la quantità di piselli che posso mangiare io stesso, ma ne acquisto tanti da poterli utilizzare inoltre per contrattare l’acquisto di altri oggetti che mi servono, allora, con la semplice attività della mediazione, io trasformo in denaro ciò che altrimenti è soltanto un oggetto di consumo. È molto spiritoso quel che in proposito osserva lo Spengler (pure indirizzando le cose in una direzione di pensiero impraticabile, egli fa tuttavia dei rilievi giustissimi) quando dice che in una certa epoca della storia romana, dal punto di vista economico, erano diventati denaro gli uomini, e precisamente gli schiavi. Finché io stesso utilizzo lo schiavo, cioè finché, come antico romano, mantengo tanti schiavi quanti ne occorrono alla mia azienda, lo schiavo è naturalmente per me un mezzo di produzione. Ma nel momento in cui lo schiavo venne anche prestato, come in un dato periodo del dominio romano in cui si aveva tanta abbondanza di schiavi da poter persino prestarli e valersene per barattarli contro ogni genere di cose utili, in quel momento lo schiavo diventò denaro; per quei tempi si può proprio dire: uomini diventarono denaro. Spengler ha visto giustamente questo fatto. Possiamo dedurne come ciò che agisce quale denaro d’acquisto si sia formato da cose altrimenti soggette soltanto allo scambio. Ma ciò che si potrebbe usare quale denaro servirebbe come tale nel miglior modo se non oscillasse tra l’esser mangiato e l’esser rimesso in circolazione, come accadrebbe per i piselli, rendendo il valore oltremodo instabile nel processo di circolazione, bensì se fosse tale (e qui occorrerebbe appunto una certa, se pur tacita, convenzione fra coloro che del denaro si servono) da non venire utilizzato per null’altro che per lo scambio) per la funzione d’intermediario. L’essenziale sarebbe che lo si usasse soltanto come intermediario, come mezzo di scambio, e non già per il consumo.

 

Dal denaro d’acquisto si distingue comunque molto sostanzialmente il denaro di prestito, poiché per il denaro d’acquisto non si hanno altre basi per la sua stima, per la sua valutazione, che quanto si riceve in cambio. A questo, neppure il tempo apporta sostanziali modificazioni; se infatti si compera un chilo di carne oggi oppure tra qualche tempo, lo si dovrà sempre stimare secondo il suo valore di consumo; se rispetto al chilo di carne il denaro possa anche assumere benissimo un altro valore, quel chilo di carne non potrà davvero assumere nel corso del tempo un valore differente per chi se ne ciba. È però d’importanza essenziale che la carne venga mangiata entro un dato periodo di tempo, perché poi si deteriora, che dunque possa aver valore solo entro un dato periodo di tempo. Anche questo rientra nel campo delle considerazioni economiche: il fatto cioè che deperiscono tutte le cose che sono veri oggetti di consumo.

 

Se dunque adoperiamo il denaro come un equivalente nel puro scambio, di fronte agli oggetti deperibili abbiamo in verità un concorrente illegittimo, un concorrente proprio sleale, perché appunto nelle circostanze abituali il denaro sembra non deperire (e dico espressamente: «sembra» non deperire). Qui vediamo come nel sistema economico s’introduca un elemento malsano, se vi lasciamo svolgere rapporti che non rispondono alla realtà. Abbiamo istituzioni per le quali il denaro, comunque s’inserisca nella compagine sociale, ha in ogni caso il proprio valore nominale, e in apparenza lo conserva, mentre in realtà non lo conserva. Tutte le altre cose sono leali: la carne comincia a puzzare non appena le sue qualità la portino a questo punto; ma il denaro non fa così, in qualsiasi qualità si presentilo almeno non lo fa palesemente. Pure dobbiamo dirci: se un articolo qualsiasi, in un dato momento e in una data circostanza, diventa più caro o più a buon mercato, mentre il prodotto in sé, per le sue qualità, deve conservare per la vita umana lo stesso valore (e deve conservarlo per il fatto di venir consumato in tempo debito e sostituito da un prodotto nuovo), e se invece il denaro non subisce questi mutamenti, vuol dire che il denaro, come tale, puramente come mezzo di scambio, è un concorrente sleale, perché non svela in alcun modo che anch’esso soggiace in sostanza a delle alterazioni. Se oggi mi compero un chilo di carne per una certa somma di denaro, e tra due settimane, per acquistare la stessa quantità di carne, devo impiegare una somma maggiore, la causa per cui la seconda volta devo sborsare di più non risiede nella carne, ma nel denaro. Dipende unicamente dal denaro; e se il denaro porta ancora scritta la stessa cifra, esso in realtà comincia a mentire, poiché il suo valore è scemato. Se in cambio di un chilo di carne devo sborsare più denaro, è chiaro che questo è diminuito di valore.

 

Mediante la circolazione del denaro io inserisco dunque nel processo qualcosa che in senso economico non esiste affatto. In senso economico il fatto è che il denaro, semplicemente attraverso il processò economico, subisce anch’esso dei mutamenti.

 

Dobbiamo cercare attraverso che cosa il denaro subisca dei mutamenti. All’infuori del comune denaro di acquisto, abbiamo il denaro di prestito, quello cioè che uno riceve per organizzare una qualsiasi impresa; che dunque non è per lui denaro per fare acquisti, ma diventa appunto denaro d’impresa, di prestito. Il denaro d’impresa, il denaro di prestito, ha valore e proprietà essenzialmente differenti; è davvero di tutt’altra natura che non il denaro che serve a comperare. Quando il denaro d’acquisto si trasforma in denaro di prestito non resta altro da fare, diciamo, che trasportare l’oro, l’argento o la banconota nell’altro campo. Ma il valore della cosa proviene da tutt’altri fattori perché ora, quando il denaro di prestito entra nella circolazione, interviene lo spirito, il pensiero dell’uomo, e da questo intervento del pensiero umano il denaro di prestito riceve il suo valore effettivo. Sulle banconote che vengono prestate a chi fonda un’impresa, dal momento in cui ne viene iniziato l’uso, sarebbe assai importante notare se l’uomo in questione è un genio in cose economiche, oppure un idiota, poiché dal modo come egli saprà usarne dipenderà ora il valore di quel denaro prestato nella situazione economica.

 

Se poi passiamo dal denaro di prestito a quello che ho menzionato come una terza categoria, di cui oggi nemmeno si parla, ma che tuttavia ha una parte rilevantissima nel processo economico; se dal denaro di prestito passiamo al denaro di donazione (denaro di donazione è in fondo tutto ciò che vien speso per l’educazione, per borse di studio, fondazioni benefiche, e così via, impedendo che il capitale, mediante la capitalizzazione delle terre, vada a fissarsi nel suolo con effetti perturbatori che causano appunto la rovina dell’economia), se dunque volgiamo l’attenzione al denaro di donazione, allora dobbiamo dirci che esso è privo d’ogni valore per chi deve fare assegnamento sul denaro d’acquisto per vivere. Il denaro di donazione è giusto l’opposto di quello d’acquisto; ciò appare anche dal fatto che con quel denaro soltanto chi riceve la donazione, e non altri, può effettuare delle compere.

 

Ecco dunque tre specie di denaro che sono qualitativamente del tutto diverse l’una dall’altra: denaro d’acquisto, denaro di prestito e denaro di donazione; potremo giudicare quale sia il loro reciproco rapporto soltanto osservando delle economie private, quali le abbiamo ipoteticamente supposte ieri, che rappresentano in certo modo una specie di territorio chiuso. Vi noteremo come, dopo un certo tempo, tutto quello che è denaro di prestito diventi denaro di donazione. Né può essere diverso in quel campo economico chiuso che è l’economia mondiale. Il denaro di prestito deve a poco a poco trasformarsi tutto in denaro di donazione; non deve ritornare indietro a ingorgarsi nella sfera del denaro d’acquisto, portandovi una perturbazione. In una circolazione economica sana il denaro di prestito deve riversarsi nel denaro di donazione; e poi… deve svalutarsi. Possiamo dunque dire: nel campo del denaro d’acquisto, il denaro rappresenta un determinato valore; invece nella sfera del denaro di donazione, per tutto quanto esiste nel campo dell’acquisto, esso ha un valore negativo, perde la forza d’acquisto; e la transizione tra l’uno e l’altro si effettua nel denaro di prestito, il quale si trasforma gradatamente in denaro di donazione.

 

Si dirà che il fenomeno è difficile da afferrare. Lo è anche, ma purtroppo non possiamo restare qui dei mesi per esaminare come in realtà, nei singoli casi, si possa osservare come davvero esso si comporti nel modo in cui ho appunto detto in merito alla valutazione e alla svalutazione del denaro. Qualcuno potrà porsi il compito di considerare ciò che si è detto in questo breve corso come una base per ulteriori lavori economici. In due settimane si possono dare indicazioni di massima. Si vedrà però che le affermazioni economiche fatte qui si trasformeranno attraverso le singole ricerche in verità economiche che potranno poi essere applicate nella scienza e anche nella pratica.

 

Ora, questo fenomeno della metamorfosi del denaro avviene realmente nel processo economico: il denaro acquista qualità diverse diventando denaro di prestito o denaro di donazione; ma noi mascheriamo questa realtà se lasciamo valere semplicemente il denaro come denaro, regolandoci secondo la cifra che vi si trova impressa; la realtà si vendica con le oscillazioni dei prezzi che avvengono nel processo economico e alle quali non riusciamo a tener dietro con la nostra ragione, mentre invece dovremmo proprio dominarle con la ragione. Non bisogna lasciare semplicemente che il denaro circoli dandogli piena libertà di fare quel che gli pare; in tal modo provochiamo davvero qualcosa di assai singolare nella compagine economica. Se per qualsiasi ragione di lavoro ci occorrono degli animali, prima di tutto li addomestichiamo, e poi li adoperiamo come animali domestici. Pensiamo quanto tempo occorre prima di aver domato un cavallo e di poterlo cavalcare. Che Cosa avverrebbe se non ci prendessimo la pena di addomesticare gli animali, ma volessimo utilizzarli nel loro stato selvaggio? Il denaro lo lasciamo invece circolare allo stato selvaggio nel processo economico. Se per modo di dire gliene salta il ticchio, noi gli consentiamo di attribuirsi qualsiasi valore, ora quale denaro di prestito, ora quale denaro di donazione, e stiamo semplicemente a vedere quando qualche industriale, che ha del denaro trasformatosi in modo non corretto da denaro di prestito in denaro di donazione, pagando con esso i suoi operai, provoca una situazione ben diversa che se li pagasse, mettiamo, con pretto denaro d’acquisto. Quanto più si paghino i propri operai con pretto denaro d’acquisto, tanto meno si potrà dar loro, ossia tanto più a buon mercato dovranno cederci i prodotti del loro lavoro; invece quanto più siamo in grado di pagare con denaro già trasformatosi, con denaro già passato nella sfera del denaro di prestito o del denaro di donazione, tanta maggiore retribuzione si potrà dare a quegli operai, e tanto più alti saranno i prezzi ai quali essi potranno vendere sul mercato i loro prodotti. Si tratta dunque di arrivare ad afferrare tali fattori con la ragione.

 

Finora si è dovuto correggere di continuo e in qualche modo la funzione del denaro. Immaginiamo che in un territorio economico confinante con un altro, avvenga, senza intervenire con la ragione, che il denaro si sbizzarrisca follemente e sorgano delle difficoltà riguardo al prezzo di una merce necessaria. Finché un’economia nazionale si svolge in mezzo ad altre economie nazionali, e non vengono fatte delle rappresaglie, basta semplicemente importare l’articolo in questione, basta accrescere l’importazione. In tal modo si corre ai ripari. Ma in un’economia mondiale non si possono correggere le cose, perché non si può importare merce dalla Luna. Se si potesse importare ed esportare merce dalla Luna o da altri pianeti, anche l’economia mondiale sarebbe soltanto un’economia nazionale; il grande problema della scienza economica sta proprio nel fatto che la Terra va diventando appunto un campo economico chiuso.

 

Supponiamo ora di aver introdotto il modo di far invecchiare il denaro; abbiamo una moneta di un qualunque metallo, e di una qualunque data, diciamo del 1910, e un’altra moneta del 1915; supponiamo che, grazie a giudiziosi accorgimenti, la moneta che porta la data del 1915, che fu dunque emessa nel 1915 come denaro d’acquisto, avesse la stessa sorte che hanno di solito i prodotti di consumo, che dopo qualche tempo risultasse svalutata. Diciamo dunque che questo denaro, (naturalmente le cifre che indico sono del tutto secondarie e servono solo per chiarire; ciò che nella realtà dovrà scaturire sarà prima oggetto di calcoli laboriosi e tuttavia raggiungibili, come vedremo in seguito), supponiamo dunque che nel 1940 quella moneta dovesse risultare svalutata per il traffico economico; essa avrebbe dunque un valore ben determinato solo fra il 1915 e il 1940. Se dunque nel processo economico il denaro perde il proprio valore dopo 25 anni, la moneta che porta incisa la data del 1910, perderà il proprio valore nel 1935. In questo modo, se ho in tasca-del denaro, io gli attribuisco una determinata durata, gli conferisco una specie di età. Il denaro del 1910 è più vecchio e morirà prima dell’altro denaro del 1915. Si potrà dire che è un programma; ma non lo è affatto; quel che ho esposto fin qui è la realtà; lo stesso processo economico esige che il denaro invecchi, e opera anche in modo che ciò avvenga. Se in apparenza non invecchia e se, con denaro del 1910 si può ancora comperare nel 1940, è solo una maschera dei fatti veri. In realtà nel 1940 non si compera più con quel denaro, ma con un denaro avente un valore fittizio, non reale.

 

Se in tal modo, cioè per il fatto che la data dell’emissione acquista un’importanza, il denaro invecchia nel mio portamonete (e per invecchiare intendo il suo continuo avvicinarsi alla morte), allora, appunto per questa ragione, è proprio l’invecchiare che imprime un valore al denaro, come l’avanzare in età dà un valore ‘all’uomo. A ogni essere vivente viene dato un valore; il denaro diventa improvvisamente vivente, gli viene impresso un valore. Perché? Supponiamo di avere del denaro giovane, dunque proprio denaro attuale per l’anno attuale, emesso nell’anno in corso; esso sarà naturalmente un buon denaro d’acquisto. Ma un imprenditore si troverà nel caso di chiedersi: «Come posso provvedermi di denaro per la mia impresa? Se questa, secondo i miei calcoli, dovrà essere organizzata, diciamo, per la durata di 20 anni, dovrò procurarmi denaro vecchio o denaro giovane? Se prendo denaro vecchio, fra cinque o magari fra due anni, esso sarà svalutato; non posso dunque arrischiarmi a usare denaro vecchio; se ho da calcolare su un periodo lungo, mi occorre del denaro giovane». Dunque il denaro giovane, sotto l’influsso di imprese di lunga durata, acquista un valore economico particolare, assai maggiore di quello del denaro vecchio. Tale valore economico esiste, diventa il suo valore attuale. Ma supponiamo invece ch’io debba organizzare un’impresa per la quale preveda solo un periodo di tre anni; in tal caso sarei un cattivo imprenditore se prendessi del denaro giovane, poiché questo, per il fatto di esser tale, è più pregiato e più caro. Mi procurerò quindi del denaro più a buon mercato, se ne ho bisogno per un periodo più breve. Così vediamo che l’età del denaro comincerà a dover essere consideratale ben coscientemente, da chi ha da applicare lo spirito al denaro.

 

Vogliamo però tener presente che simili fatti esistono anche fra noi; solo che di solito si svolgono allo stato selvaggio, incontrollato, e quindi si disturbano a vicenda provocando condizioni economiche malsane. Se invece si doma, s’imbriglia il denaro, e gli si dà un’età, facendo sì che il denaro giovane, come denaro di prestito, abbia un valore maggiore del denaro vecchio, allora si imprime al denaro il valore reale ch’esso ha realmente per la sua posizione nel processo economico. Tale valore è essenziale solo in quanto sia denaro di prestito, poiché, anche in questo caso, conserva ugualmente il suo valore precedente quale denaro d’acquisto. Non occorre neppure preoccuparsi troppo per il caso di doversi procurare altro denaro per ciò che si consuma come imprenditore: i diversi casi particolari si accomodano poi da sé.

 

Inoltre avvengono anche le donazioni che, come abbiamo visto, hanno tanta importanza nel processo economico, e delle quali ho già parlato sotto molti aspetti; per esempio tutto quanto si investe nelle scuole, e in genere nella vita spirituale libera. Le cose in se stesse si fanno già anche oggi, solo che non lo si rileva: donando direttamente, la ragione viene coinvolta. In realtà, si dona anche oggi, ma il denaro in questione viene inglobato nelle tasse, scompare nella nebulosità generale dell’economia, senza che il processo venga osservato. Appunto per ciò esso si svolge a casaccio, senza il controllo che altrimenti vi apporterebbe la ragione. Si rifletta un po’ quale denaro si userebbe per fare delle donazioni, una volta che il nostro pensiero avesse preso le giuste direttive economiche. Certamente del denaro vecchio il quale poco dopo perderebbe il proprio valore, per cui chi lo riceve potrebbe usarlo ancora per fare appena qualche acquisto.

 

In seguito deve naturalmente avvenire un ringiovanimento nel processo economico, il denaro deve avere una discendenza. Ma l’essenziale è di riconoscere che non bisogna procedere con arbitrio, e neppure abbandonarsi ciecamente al caos generale che oggi regna sopra ogni cosa, e che trascina ogni valore nella confusione con lo Stato economico che si occupa di tutto, facendo un solo fascio del denaro di prestito, del denaro d’acquisto e del denaro di donazione, mentre nella realtà essi si distinguono l’uno dall’altro. Se non si abbandonano le cose all’arbitrio, ma si porta in esse la ragione, bisognerà che tra il denaro d’acquisto, di prestito e di donazione, e il rinnovamento del denaro intervenga l’azione cosciente delle necessarie associazioni. Queste si metteranno in rapporto con chi dispone di denaro, impedendo ch’egli presti insensatamente il proprio capitale, e gli suggerirà il modo e la forma più ragionevole del prestito o della donazione. Naturalmente, il fare o no una donazione, sarà sempre lasciato alla; libera decisione di ciascuno, e si tratta solo di arrivare alla fine, mediante la ragione, allo stesso risultato che abbiamo comunque nel processo economico, però mascherato, e cioè che il denaro, che ha un valore relativo all’anno di emissione, compiuto il suo ciclo, venga ritirato quando ha finito di servire. Allora il ciclo ricomincia e, all’inizio del processo di compravendita, il denaro riassume il suo valore originario, vale a dire, gli viene impresso il suo nuovo anno di emissione, passando di nuovo nelle mani di chi avrà da trattare un prodotto di natura appena accolto dal lavoro umano, dove si tratta soltanto di compra-vendita. Così si svolge l’intervento delle associazioni.

 

Le tre specie di denaro devono essere trattate in modo diverso l’una dall’altra. Il denaro di donazione, che sarà il più vecchio, ormai privo di valore, finirà con l’essere consegnato a un’associazione che lo rinnoverà, rimettendolo in circolazione nel processo complessivo, precisamente là dove il prodotto di natura comincia a collegarsi col lavoro (il che non può affatto presentare una difficoltà economica). In che cosa dunque starebbe la differenza con quanto avviene oggi? Starebbe nel fatto che nel territorio economico chiuso, il quale non è un’economia nazionale confinante con un’altra, dove si possa esercitare l’esportazione e l’importazione, per il denaro si formerebbero tre sfere: la sfera del denaro di prestito, la sfera del denaro d’acquisto e quella del denaro di donazione; e ciò che prima doveva venir corretto dai territori limitrofi, mediante l’esportazione e l’importazione, verrà ora corretto dalle tre sfere del denaro. Se il denaro d’acquisto provoca delle perturbazioni, si farà fluire in modo adeguato altro denaro, nella o dalla sfera del denaro d’acquisto o di prestito, oppure da quella di donazione (come prima avveniva da altri Paesi). Ciò si regolerà da sé, e gli eventuali inconvenienti dovranno venir corretti. La vita non può consistere nell’assenza completa d’irregolarità (è un’irregolarità il riempire totalmente lo stomaco, e per eliminarla si deve digerire). Così devono presentarsi di continuo condizioni in cui per certe merci il denaro sia troppo caro o troppo a buon mercato; allora il denaro a buon mercato fluirà nell’altro campo, affinché dall’altro lato diventi di nuovo più caro come denaro d’acquisto. Ciò che nell’ordinamento attuale viene di continuo corretto soltanto attraverso l’importazione e l’esportazione, si modificherà da sé nell’àmbito del territorio stesso. Quello che occorre è il buon senso, la ragione umana; essa viene introdotta istituendo le associazioni che, partendo dalle loro esperienze, siano in grado di fare le opportune osservazioni e di tradurre in realtà le misure corrispondenti alle osservazioni fatte.

 

Si può dunque dire che oggi si tratta davvero di afferrare anzitutto giustamente la natura del denaro. Essa non viene afferrata per il semplice motivo che lo si ha sempre davanti come qualcosa che non mostra affatto ciò che è in realtà; nell’organismo sociale non esiste affatto denaro in genere, ma esistono soltanto queste tre specie di denaro, e inoltre ognuna di esse diventa quello che è solo nell’istante in cui entra nel processo economico o passa da una sfera all’altra del processo economico, dove infatti si trasforma continuamente. Si tratta dunque di imparare a conoscere bene il denaro, prima di poter dire quale parte esso rappresenti quando esprime il prezzo di qualche oggetto. Non bisogna limitarsi a osservare le cose quali appaiono alla superficie del processo economico. Per un’osservazione superficiale, naturalmente, una moneta è oggi una moneta, tanto se porta impressa la data del 1910 o del 1915 o del 1920; osservata esteriormente, è sempre la stessa moneta, e come tale appare infatti nell’acquisto ordinario; la differenza appare solo quando il valore della moneta che possedevo è scemato, oppure quando le cose sono rincarate di prezzo. Ma in questo «possedere meno» o in questo «rincaro» sta appunto ciò che ho descritto parlando di «denaro vecchio» e di «denaro giovane». Volendo dunque conoscere il processo economico, non si deve parlare di denaro caro o a buon mercato, di merce cara o a buon mercato, ma essendo il denaro quello con cui oggi si domina il processo economico (e parleremo domani dei «surrogati del denaro» che devono esser trattati alla stessa guisa), occorrerà conoscere anzitutto il denaro nella sua essenza. Questo è ciò che più importa, e non bisogna rifuggire dal penetrare dalla superficie nella profondità, per vedere che cosa stia veramente alla base. Dovremo rinunciare a parlare di denaro a buon mercato o di denaro caro in rapporto alle merci, ma renderci chiaro conto che nel processo vitale dell’economia occorre invece parlare di denaro vecchio e di denaro giovane.