12 – Modificazioni nella vita di sogno del discepolo

O.O. 10 – L’Iniziazione – (Modificazioni nella vita di sogno del discepolo)


 

Un segno che il discepolo dell’occultismo ha raggiunto il gradino di evoluzione descritto nel capitolo precedente, o che sta per raggiungerlo, consiste nella trasformazione che si verifica nella sua vita onirica. I sogni erano prima confusi e arbitrari. Ora cominciano ad assumere un carattere regolare. Le loro immagini cominciano ad avere una concatenazione e un senso, al pari delle rappresentazioni della vita quotidiana. Il discepolo può riconoscere in essi legge, causa ed effetto.

Anche il contenuto dei sogni si modifica. Mentre prima non si percepivano che ripercussioni della vita quotidiana, impressioni trasformate dell’ambiente o dello stato del proprio corpo, ora le immagini che sorgono provengono da un mondo prima sconosciuto. Dapprima, indubbiamente, permane il carattere generale della vita di sogno, in quanto il sogno si differenzia dalla rappresentazione della veglia per il fatto di manifestare simbolicamente ciò che vuole esprimere.

A chi studia attentamente la vita di sogno questo simbolismo non può passare inosservato. Si sogna per esempio di aver catturato una brutta bestia e di avere una sensazione sgradevole nella mano. Ci si sveglia, e ci si avvede di stringere nella mano un lembo della coperta del letto. La percezione non si esprime dunque direttamente, ma attraverso l’immagine simbolica descritta. Oppure si sogna di fuggire da qualcuno che ci insegue, e di aver paura. Svegliandoci, ci accorgiamo che durante il sonno siamo stati colti da una palpitazione di cuore. Lo stomaco, carico di cibi indigesti, determina nel sogno immagini spaventose.

Anche fatti che si svolgono vicino al dormiente si riflettono simbolicamente nel sogno. Il battito di un orologio può provocare l’immagine di soldati che sfilano a suon di tamburo. La caduta di una sedia può dare origine nel sogno a un intero dramma, in cui il rumore della caduta si trasforma in una fucilata, e così via. Questo modo allegorico di esprimersi è proprio anche del sogno regolato di un uomo il cui corpo eterico comincia ad evolversi. Ma esso non rispecchia più semplici fatti dell’ambiente fisico o del proprio corpo sensibile. Mentre i sogni che devono la loro origine a queste cose diventano regolari, si frammischiano ad essi anche delle immagini che sono espressione di cose e di condizioni di un altro mondo.

Qui per la prima volta vengono fatte esperienze che non sono accessibili alla coscienza ordinaria diurna. Non bisogna però affatto credere che un vero mistico metta alla base di ogni comunicazione significativa sul mondo superiore le sue esperienze di sogno. Queste esperienze nel sogno vanno considerate soltanto come i primi indizi di un’evoluzione superiore. Ben presto, come ulteriore conseguenza, si verifica il fatto che le immagini sognate dal discepolo non sfuggono più come prima alla direzione dell’intelligenza assennata, ma possono essere da questa dirette e ordinatamente osservate, come le rappresentazioni e i sentimenti della coscienza di veglia. Tende cioè sempre più a diminuire la differenza fra la coscienza di sogno e lo stato di veglia. Chi sogna, nel pieno senso della parola è sveglio durante la sua vita di sogno; vale a dire si sente padrone e guida delle sue rappresentazioni figurate.

 

Durante il sogno l’uomo si trova effettivamente in un mondo diverso da quello dei suoi sensi fisici. Ma se i suoi organi spirituali non sono sviluppati, egli è capace di formarsi di quel mondo soltanto le rappresentazioni confuse sopra descritte. Quel mondo esiste per lui come il mondo sensibile potrebbe esistere per un essere dotato solamente dei primissimi rudimenti degli occhi. Per questo l’uomo non può vedere in quel mondo altro che riverberazioni e riflessi della vita ordinaria. Li può vedere nel sogno, perché la sua anima imprime le proprie percezioni diurne, sotto forma d’immagini, nelle sostanze di cui quell’altro mondo è costituito. Bisogna cioè rendersi chiaramente conto che l’uomo, oltre alla sua abituale vita diurna cosciente, ne svolge una seconda, incosciente, nel mondo cui ora si è accennato. Tutto ciò che egli percepisce e pensa, viene da lui impresso in quel mondo. Si possono vedere queste impressioni soltanto quando i fiori di loto sono sviluppati. In ogni uomo si trovano però sempre in germe determinati rudimenti dei fiori di loto.

Durante la coscienza diurna egli non può con questi percepire nulla, perché le impressioni che ne riceve sono debolissime. Per una ragione analoga, durante il giorno, non si vedono le stelle. Di fronte alla possente forza della luce solare, esse non risaltano alla percezione. Così le deboli impressioni spirituali non arrivano a farsi sentire di fronte alle potenti impressioni dei sensi fisici. Quando poi nel sonno le porte dei sensi esteriori sono chiuse, quelle impressioni emergono in modo confuso, e il sognatore si avvede allora di esperienze che vengono fatte in un altro mondo.

Ma, come è stato detto, da prima quelle esperienze null’altro sono se non ciò che è stato impresso nel mondo spirituale dalle rappresentazioni collegate ai sensi fisici. Solo dopo il loro sviluppo i fiori di loto dànno la possibilità alle manifestazioni non appartenenti al mondo fisico d’imprimersi in quello spirituale. E allora, per mezzo del corpo eterico sviluppato, sorge la completa conoscenza di quelle impressioni, provenienti da altri mondi. In tal modo si iniziano le relazioni dell’uomo con un mondo nuovo. Ed ora, mediante le istruzioni della scuola occulta, egli deve tendere a un duplice scopo.

Anzitutto deve acquistare la possibilità di fare le osservazioni durante il sogno in modo altrettanto completo come se fosse in stato di veglia. Quando vi è riuscito, dovrà fare le medesime osservazioni anche durante l’ordinario stato di veglia. La sua attenzione per le impressioni spirituali viene diretta in modo che tali impressioni non svaniscano più di fronte a quelle fisiche, ma che possano sempre rimanere a lato e assieme a queste ultime.

 

Quando il discepolo ha acquistato questa capacità, sorge dinanzi ai suoi occhi spirituali qualcosa del quadro che è stato descritto nel capitolo precedente. Egli può ormai percepire ciò che nel mondo spirituale esiste quale causa di quello fisico. E può soprattutto riconoscere in quel mondo il proprio sé superiore. Il suo prossimo compito è ora quello di elevarsi e in certo qual modo di penetrare nel suo sé superiore, cioè di considerarlo realmente come la sua vera entità e di comportarsi in conseguenza. Egli si compenetra sempre più dell’idea e del vivo sentimento che il suo corpo fisico, e ciò che prima chiamava il suo « io », è soltanto uno strumento dell’io superiore.

Di fronte al sé inferiore egli sperimenta un sentimento analogo a quello che l’uomo, limitato al mondo sensibile, ha di fronte a uno strumento o a un veicolo di cui si serve. Come questi non considera il veicolo in cui viaggia come il suo « io », sebbene dica: « Io viaggio », così come dice « Io cammino », similmente l’uomo evoluto quando dice: « Io passo attraverso quella porta », ha effettivamente l’idea: « Io conduco il mio corpo attraverso quella porta ».

Questa idea deve però diventare per lui talmente naturale, che in nessun momento egli perda la solida base dèi mondo fisico, né mai sorga in lui un sentimento di allontanamento rispetto al mondo sensibile. Se il discepolo non vuol diventare un sognatore o un visionario, attraverso la sua coscienza superiore egli non deve impoverire la sua vita nel mondo fisico, ma arricchirla, così come l’arricchisce chi, invece di servirsi delle sue gambe, si serve della ferrovia per fare un viaggio.

 

Quando il discepolo si è elevato a una simile vita nel suo io superiore — o piuttosto già durante l’acquisto della coscienza superiore — gli risulta evidente come egli possa destare l’esistenza della forza spirituale di percezione nell’organo che è stato creato nella regione del cuore, e come la possa dirigere per mezzo delle correnti descritte nel capitolo precedente. Questa forza di percezione è un elemento di sostanzialità superiore che emana dall’organo Citato e scorre, risplendente di bellezza, attraverso i fiori di loto in movimento, e anche attraverso gli altri canali del corpo eterico evoluto. Di lì essa irradia verso l’esterno nel mondo spirituale circostante e lo rende spiritualmente visibile, così come la luce solare, che dall’esterno si posa sugli oggetti, rende questi ultimi fisicamente visibili.

Come questa forza di percezione venga creata nell’organo del cuore, può essere compreso soltanto gradatamente, durante il corso dello sviluppo stesso.

 

In realtà il mondo spirituale diventa chiaramente percettibile coi suoi oggetti e i suoi esseri, soltanto all’uomo che sia capace di proiettare in tal modo, attraverso il suo corpo eterico e verso il mondo esteriore, l’organo di percezione caratterizzato, per illuminare con esso gli oggetti. Da ciò si vede che la coscienza completa di un oggetto del mondo spirituale è subordinata alla condizione che l’uomo stesso proietti su di esso la luce spirituale. In realtà l’« io », che crea quest’organo di percezione, non dimora affatto nel corpo fisico umano, sibbene, come è stato mostrato, al di fuori di esso.

L’organo del cuore è soltanto il luogo in cui l’uomo, dal di fuori, accende questo organo spirituale di luce. Se invece che nel cuore egli lo accendesse altrove, le percezioni spirituali da esso prodotte non avrebbero alcun nesso col mondo fisico. Ma l’uomo deve riferire appunto ogni spiritualità superiore al mondo fisico e farla agire su quest’ultimo attraverso di sé. L’organo del cuore è appunto quello attraverso il quale l’io superiore si serve del sé sensibile come di uno strumento, e per mezzo di cui dirige quest’ultimo.

 

Il sentimento che l’uomo evoluto ha ora di fronte alle cose del mondo spirituale, è diverso da quello che, di fronte al mondo fisico, è proprio dell’uomo dei sensi. Quest’ultimo si sente in un dato punto del mondo sensibile, e gli oggetti che percepisce gli appaiono « fuori » di lui. L’uomo spiritualmente evoluto si sente invece come unito con gli oggetti spirituali della sua percezione, si sente come « dentro » i medesimi. Si aggira effettivamente nello spazio spirituale da un posto all’altro. Per questo nel linguaggio della scienza occulta viene anche chiamato il « viandante ».

In nessun luogo è a casa propria. Se si fermasse a questo stadio di viandante, non potrebbe veramente individuare nessun oggetto nello spazio spirituale. Come nello spazio fisico si determina un oggetto o una località, prendendo le mosse da un determinato punto, così si deve anche fare nel mondo spirituale quando Io si è raggiunto. Anche in questo il discepolo deve cercarsi un posto, investigarlo con cura, e prenderne possesso spiritualmente. In tale posto deve fondare la sua patria spirituale e mettere tutto il resto in relazione con essa. Anche l’uomo che vive nel mondo fisico vede tutto condizionato dalle rappresentazioni della sua patria fisica. Involontariamente un berlinese descriverà Londra in modo diverso da un parigino.

Pure vi è una differenza fra la patria spirituale e quella fisica. In quest’ultima l’uomo nasce senza la sua partecipazione, durante l’infanzia accoglie in essa istintivamente una serie di rappresentazioni dalle quali, da allora in poi, tutto sarà involontariamente illuminato. La patria spirituale, invece, l’uomo se la forma coscientemente. Prendendola come punto di partenza, egli giudica perciò in piena e luminosa libertà. Formarsi una patria spirituale si dice, nel linguaggio della scienza occulta, « edificarsi una capanna ».

 

La veggenza spirituale, a questo stadio, si estende a tutta prima alle controimmagini spirituali del mondo fisico, in quanto tali controimmagini esistano nel cosiddetto mondo astrale. In questo mondo risiede tutto ciò che per sua natura è affine ad istinti, sentimenti, passioni e desideri umani, perché tutte le cose sensibili attorno all’uomo posseggono anche forze che sono affini a quelle umane. Per esempio un cristallo riceve la sua forma da forze che alla visione superiore si palesano simili a un istinto che agisce nell’uomo. Forze analoghe fanno circolare il succo nei vasi linfatici della pianta, sbocciare i fiori, germogliare i semi. Tutte queste forze assumono forma e colore per gli organi sviluppati della percezione spirituale, così come gli oggetti del mondo fìsico hanno forma e colore per l’occhio fisico.

Il discepolo dell’occultismo, al gradino descritto della sua evoluzione, non vede soltanto il cristallo o la pianta, ma anche le dette forze spirituali. E vede gli impulsi degli animali e degli uomini non soltanto attraverso le loro manifestazioni fisiche, bensì anche direttamente, sotto forma di oggetti, come nel mondo fisico vede tavole e sedie. L’intero mondo di istinti, impulsi, desideri e passioni di un animale o di un uomo diventa l’aura, la nube astrale in cui questo è avviluppato.

 

A questo gradino della sua evoluzione, il chiaroveggente percepisce inoltre cose che sfuggono quasi, o completamente, alla comprensione sensibile. Per esempio egli può osservare la diversità astrale fra una sala che sia per la maggior parte riempita da uomini di mentalità bassa, e una sala in cui si trovino raccolte persone di mentalità elevata. In un ospedale, non soltanto l’atmosfera fisica, ma anche la spirituale, è diversa da quella di una sala da ballo. Una città mercantile ha un’aria astrale diversa da quella di un centro universitario. Da principio la facoltà percettiva dell’uomo divenuto chiaroveggente è soltanto debolmente sviluppata per questo genere di osservazioni. Nei riguardi di tali cose, essa si comporterà come la coscienza di sogno dell’uomo dei sensi rispetto alla sua coscienza di veglia. Ma a poco a poco il chiaroveggente si desta pienamente anche a questo livello.

 

La conquista più alta del chiaroveggente, il quale sia arrivato al grado caratterizzato di veggenza, consiste nel fatto che diventano per lui visibili le reazioni astrali delle passioni e degli impulsi animali e umani. Un’azione amorevole è accompagnata da una forma astrale diversa da quella che emana dall’odio. Un desiderio insensato, oltre al fatto stesso, determina anche una brutta controimmagine astrale, mentre un sentimento elevato ne produce una bella.

Durante la vita fisica dell’uomo queste controimmagini astrali sono soltanto debolmente visibili, perché la vita nel mondo fisico limita la loro forza. Il desiderio per un particolare oggetto crea per esempio una tale immagine riflessa, all’infuori di quella con cui quello stesso desiderio si manifesta nel mondo astrale. Ma se il desiderio viene appagato per mezzo del possesso dell’oggetto fisico, o se per lo meno vi è la possibilità di tale appagamento, allora la controimmagine sarà soltanto debolissima. Essa si affermerà completamente soltanto dopo la morte dell’uomo, quando l’anima, per sua natura, deve tenersi quel desiderio, ma non lo può più appagare, perché le mancano tanto l’organo fisico quanto l’oggetto stesso.

L’uomo disposto ai piaceri dei sensi anche dopo la morte avrà per esempio il desiderio dei godimenti della gola. Ora gli manca però la possibilità di soddisfarlo, poiché non ha più palato. Ne viene di conseguenza che il desiderio genera una controimmagine astrale particolarmente violenta, da cui l’anima viene tormentata. Queste esperienze, prodotte dopo la morte dalle controimmagini della natura animica inferiore, si chiamano le esperienze nel regno delle anime, più particolarmente nella regione delle brame. Esse spariscono soltanto quando l’anima si è purificata da tutti i desideri volti verso il mondo fisico. Allora soltanto l’anima ascende alla regione superiore (mondo dello spirito).

Per quanto queste controimmagini possano essere deboli nell’uomo fìsico vivente, pure esse esistono, e l’accompagnano, quale sua disposizione a desideri, come la cometa è accompagnata dal là sua coda. Il chiaroveggente può vederle, quando è giunto al gradino di evoluzione adeguato.

 

In tali esperienze, e in tutte quelle ad esse affini, il discepolo vive durante lo stadio che è stato descritto. A questo gradino della sua evoluzione egli non può giungere a esperienze spirituali ancor più elevate. Occorre che da quello stadio egli ascenda ancor più in alto.