Pensieri di natale: il mistero del Logos / 137-139

O.O. 26 – Massime antroposofiche – 28.12.1924


 

Nel corso dello studio sul mistero di Michele si inserisce anche quello sul mistero del Golgota.

Ciò è dato dal fatto che Michele è la potenza che guida l’uomo, nel modo che gli è salutare, al Cristo.

 

Ma la missione di Michele è tale che nel divenire cosmico dell’umanità si ripete in successione ritmica. La si ebbe ripetutamente, con i suoi effetti benefici sull’umanità terrestre, prima del mistero del Golgota. Allora essa si riconnetteva con tutto ciò che, a favore dell’evoluzione dell’umanità, la forza ancora extraterrena del Cristo aveva da rivelare attivamente per la terra. Dopo il mistero del Golgota la missione di Michele si pone al servizio di ciò che, per mezzo del Cristo, deve accadere all’umanità terrena. Nelle sue ripetizioni appare sotto forma trasmutata e progrediente, ma tuttavia in ripetizioni.

Di fronte a ciò, il mistero del Golgota sta come un evento cosmico che tutto trascende e che ha luogo un’ unica volta nel corso di tutta l’evoluzione cosmica dell’umanità.

 

• Soltanto da quando l’umanità è giunta fino allo sviluppo dell’anima razionale o affettiva,

esiste pienamente il continuato pericolo del distaccarsi, già predisposto fin dai tempi primordiali,

dell’essere umano dall’essere spirituale-divino.

 

E nella stessa misura in cui l’anima perde la facoltà di sperimentare insieme con le entità divino-spirituali,

sorge intorno a lei tutto quello che oggi si chiama « natura ».

L’uomo non guarda più l’entità umana nel cosmo divino-spirituale,

ma guarda nel terrestre l’opera compiuta del divino-spirituale.

 

A tutta prima non la vede nella forma astratta in cui la si vede oggi: esseri e processi fisici sensibili, tenuti insieme da quei contenuti astratti di idee che si chiamano « leggi naturali ». L’uomo guarda l’opera compiuta ancora quale essere divino-spirituale.

Tale essere divino-spirituale fluisce e rifluisce in tutto ciò che appare all’uomo come il nascere e morire dei viventi esseri animali, come il crescere e germogliare del mondo vegetale, come l’attività delle sorgenti e dei fiumi, come la formazione dei venti e delle nubi.

 

Tutte le essenzialità e i processi che stanno attorno a lui, sono per l’uomo

i gesti, le azioni, il linguaggio dell’essere divino che è alla base della « natura ».

 

Come un tempo gli uomini vedevano le azioni, i gesti degli esseri divini universali nelle posizioni e nei movimenti delle stelle, come vi leggevano le loro parole, così ora i « fatti naturali » diventavano l’espressione della dea della terra, perché si rappresentava femminile la dea che opera nella natura.

Dei residui di questo modo di rappresentazione, quale contenuto immaginativo dell’anima razionale o affettiva, rimasero attivi nelle anime umane fin nel medioevo avanzato.

Gli uomini che avevano la conoscenza parlavano delle azioni della « dea » quando volevano far comprendere gli « avvenimenti naturali ». Fu soltanto col sorgere graduale dell’anima cosciente che divenne incomprensibile all’umanità questa maniera di osservazione viva, interiormente animata, della natura.

 

E il modo in cui nell’epoca dell’anima razionale o affettiva si guardava alla natura, ricorda il mito di Proserpina, con il mistero che ne stava alla base.

• La figlia di Demetra, Proserpina, viene costretta dal dio degli inferi a seguirlo nel suo regno. La cosa, alla fine, avviene in modo che Proserpina passi soltanto metà dell’anno nel mondo degli inferi, e l’altra metà nel mondo superiore.

Con grandiosa potenza questo mito esprime ancora il modo in cui, in un passato remotissimo e con una chiaroveggenza di sogno, si penetrava conoscendo il divenire delle cose terrene.

 

Nei tempi primordiali tutta l’attività universale partiva dall’àmbito circostante la terra.

La terra stessa era appena sul nascere.

Veniva formando l’essere suo nell’evoluzione cosmica, sotto l’azione di quanto le stava attorno.

Gli esseri divino-spirituali del cosmo lavoravano attorno al suo essere.

 

Quando la terra fu giunta a tanto da diventare un corpo cosmico indipendente,

dal tutto universale scese allora su di essa la spiritualità divina che divenne la divinità della terra.

La chiaroveggenza sognante dell’umanità antica ha sperimentato e conosciuto questo fatto cosmico;

e da questa conoscenza è rimasto il mito di Proserpina;

ma ne è rimasto anche il modo in cui, fin nel medioevo inoltrato,

si cercò di penetrare nella natura con la conoscenza,

perché allora non vi si cercavano ancora, come più tardi, le impressioni dei sensi,

cioè quanto appare alla superficie del mondo terrestre, ma vi si cercavano le forze

che dalle profondità della terra agiscono verso la superficie.

 

E si vedevano queste «forze delle profondità», queste «forze del mondo inferiore»,

in reciproca azione con gli effetti delle stelle e degli elementi dell’ambiente terreno.

Ivi le piante crescono nelle loro svariate forme, si manifestano nella loro apparenza multicolore.

In tutto questo agiscono le forze del sole, della luna e delle stelle

in unione con le forze delle profondità terrestri.

 

Il fondamento viene dato dai minerali

che già traggono interamente la loro natura dalle forze universali che sono diventate terrestri.

Le rocce spuntano dal « mondo inferiore » solo per virtù delle forze celesti che sono divenute terrestri.

 

Il mondo animale non ha invece accolto le forze della « profondità della terra ».

Esso nasce soltanto dalle forze cosmiche che agiscono nell’ambiente terreno.

Esso deve il divenire, nascere e crescere, la sua facoltà di nutrirsi e muoversi,

alle forze solari fluenti sulla terra.

Può riprodursi sotto l’influsso delle forze lunari fluenti sulla terra.

Appare in molte forme e specie perché dall’universo,

le posizioni delle stelle agiscono nei modi più svariati sulla vita animale, conformandola.

 

Gli animali sono però semplicemente collocati sulla terra, dal cosmo.

Partecipano alla vita della terra soltanto con la loro coscienza ottusa; ma non sono esseri terrestri

né per quanto riguarda la loro generazione e la loro crescita,

né per tutto quello che sono, in quanto possono percepire e muoversi.

 

Questa grandiosa idea del divenire della terra viveva un tempo nell’umanità. Da quello che ancora ne rimane nel medioevo, traspare solo in scarsa misura quella grandiosità. Per poter giungere a tale conoscenza, bisogna risalire con lo sguardo veggente fino a epoche remotissime, perché anche i documenti fisici che abbiamo non rivelano quel che esisteva nelle anime degli uomini, se non a chi sa penetrarli con lo sguardo spirituale.

Orbene, l’uomo non è in grado di potersi tenere lontano dalla terra quanto lo fa il mondo animale.

 

Nel dire questo, ci accostiamo tanto al mistero del genere umano, quanto a quello del mondo animale.

Tali misteri si rispecchiano nel culto degli animali dei popoli antichi, soprattutto degli Egizi.

Negli animali si vedevano degli esseri che sono ospiti della terra;

esseri nei quali si può osservare l’essere e l’effetto operante del mondo spirituale limitrofo al terrestre.

 

E nell’unione della figura umana con quella animale, che ci si rappresentava in immagini,

ci si ponevano dinanzi le figure di quegli esseri elementari intermedi che nel divenire universale

sono sì sulla via verso l’umanità, ma che non entrano nell’elemento terrestre per non diventare uomini.

Esistevano siffatti esseri intermedi. Raffigurandoli, gli Egizi non facevano altro che esprimere quanto vedevano.

 

Ma quegli esseri non possiedono la piena autocoscienza dell’uomo.

Per ottenerla, l’uomo dovette entrare nel mondo terrestre in modo completo,

in modo tale da accogliere entro la propria natura qualcosa della natura della terra.

L’uomo dovette sottostare al fatto che questo mondo terrestre è l’opera compiuta

degli esseri divino-spirituali collegati con l’uomo, ma appunto soltanto l’ o p e r a   c o m p i u t a.

 

E poiché è solamente l’opera compiuta, staccata dal suo principio originario,

appunto per questo vi hanno accesso le entità luciferiche ed arimaniche.

Ne deriva per l’uomo la necessità di fare di quest’opera compiuta, permeata da Lucifero e da Arimane,

la dimora di una parte della sua vita, quella terrena.

 

• Questo è ancora possibile,

senza che l’elemento umano si stacchi permanentemente dalla sua originaria sfera divino-spirituale,

fino a che l’uomo non è ancor giunto allo sviluppo della sua anima razionale o affettiva.

Ma giunto qui, ha luogo nell’uomo una corruzione

del suo corpo fisico, del suo corpo eterico e del suo corpo astrale.

 

La scienza antica conosceva questa corruzione come qualcosa che vive nell’entità umana. Si sapeva che essa era necessaria perché nell’uomo la coscienza potesse progredire fino all’autocoscienza. Nella conoscenza che veniva coltivata nelle scuole fondate da Alessandro Magno, viveva un aristotelismo che, capito giustamente, teneva conto di questa corruzione come di un elemento essenziale nella sua scienza dell’anima. Più tardi queste idee non vennero più comprese nella loro essenza interiore.

 

Tuttavia, nelle epoche precedenti lo sviluppo dell’anima razionale o affettiva,

l’uomo era ancora talmente unito con le forze della sua primordiale origine divino-spirituale,

che queste forze, dalle loro sedi cosmiche, potevano mantenere in equilibrio

le forze luciferiche ed arimaniche che in terra si accostavano all’uomo.

 

Allora, da parte dell’umanità, per cooperare a questo equilibrio bastava che nei miti del culto e dei misteri si svolgesse l’immagine dell’entità divino-spirituale che penetra nei regni di Lucifero e di Arimane, e ne risorge vittoriosa.

• Nei tempi precorrenti il mistero del Golgota si riscontravano quindi, nei culti dei popoli, delle rappresentazioni in immagini di quello che poi diventò realtà nel mistero del Golgota.

 

Dopo che si fu sviluppata l’anima razionale o affettiva,

solo la realtà potè salvaguardare l’entità umana dal distacco dalle sue entità divino-spirituali.

• Nell’organizzazione dell’anima razionale o affettiva,

vivente di elementi terrestri durante la sua esistenza terrestre,

il divino doveva penetrare interiormente come entità anche nella sfera terrestre.

• Ciò avvenne quando il logos divino-spirituale, il Cristo,

congiunse con la terra il suo destino cosmico in favore dell’umanità.

 

Proserpina era discesa nella sfera terrestre per liberare il mondo vegetale dal doversi formare di soli elementi terrestri. Questa è la discesa di un’entità divino-spirituale nella natura della terra. Anche Proserpina ha una specie di « risurrezione », ma annuale, in successioni ritmiche.

 

Di fronte a questo evento, che si verifica sulla terra quale fatto cosmico, sta la discesa del logos per l’umanità.

Proserpina discende per riportare la natura al suo orientamento originario.

Questo processo deve avere per fondamento il ritmo, perché il divenire della natura si svolge in ritmi.

Il logos discende nell’umanità.

 

Questo avviene una sola volta durante l’evoluzione dell’umanità,

perché questa evoluzione è soltanto un anello in un gigantesco ritmo universale

nel quale l’umanità, prima di essere umana, era tutt’altra cosa che « umanità », e sarà tutt’altra cosa poi,

mentre invece la vita vegetale, come tale, si ripete in ritmi brevi.

 

Per il genere umano, dall’epoca dell’anima cosciente in poi,

è una necessità il vedere in questa luce il mistero del Golgota,

poiché già nell’epoca dell’anima razionale o affettiva

vi sarebbe stato il pericolo del distacco dell’uomo dalla spiritualità, se non fosse avvenuto il mistero del Golgota.

 

Nell’epoca dell’anima cosciente dovrebbe avvenire

un totale oscuramento del mondo spirituale per la coscienza dell’uomo,

se l’anima cosciente non riuscisse a fortificarsi tanto

da poter volgere indietro lo sguardo con comprensione verso la sua origine divina.

• Se vi riesce, essa trova allora il logos universale, quale entità capace di ricondurla indietro.

Essa si compenetra dell’immagine potente che rivela quello che è avvenuto sul Golgota.

 

• E l’inizio di questa comprensione sta nell’afferrare con amore il significato del sacro Natale universale che ogni anno viene solennemente ricordato. Il rafforzamento dell’anima cosciente avviene infatti in modo che essa, mentre dapprima accoglie l’intellettualità, faccia entrare il caldo amore in questo freddissimo elemento dell’anima; quel caldo amore che scorre più sublime che mai quando si rivolge al Bambino Gesù che nella sacra notte del Natale universale compare sulla terra. Con ciò l’uomo fa agire sulla propria anima il più sublime fatto spirituale terreno, che è insieme fatto fisico; egli si mette sulla via di accogliere in sé il Cristo.

La natura deve essere riconosciuta in modo che essa riveli in Proserpina, o nell’entità alla quale ancora si guardava nell’alto medioevo quando si parlava della «natura», la primordiale ed eterna forza divino-spirituale dal cui grembo la natura stessa è nata e nasce di continuo, quale base fondamentale dell’esistenza umana.

 

Il mondo umano deve essere riconosciuto in modo che esso riveli in Cristo il logos primordiale ed eterno

che, nella sfera dell’entità divino-spirituale inizialmente legata con l’uomo,

lavora all’evoluzione dell’entità spirituale umana.

 

Dirigere con amore il cuore umano a questi grandi nessi cosmici è il vero contenuto di quella festa del ricordo che annualmente si ripresenta all’uomo in occasione del sacro Natale universale. Se un amore siffatto vive nei cuori umani, esso accende del suo fuoco la fredda luce dell’anima cosciente. Se questa dovesse rimanere priva di tale fuoco, l’uomo non arriverebbe mai a permearla di spirito. Egli morrebbe nel gelo della coscienza intellettuale, oppure dovrebbe rimanere in una vita spirituale che non arriverebbe allo sviluppo dell’anima cosciente. Si arresterebbe allora allo sviluppo dell’anima razionale o affettiva.

 

Per sua natura l’anima cosciente non è però fredda. Appare tale soltanto agli inizi del suo sviluppo, perché allora può manifestare solo la luce del proprio contenuto, non ancora il calore cosmico da cui pure ha origine.

Sentire e sperimentare il Natale in questo modo può rendere presente all’anima come si annunci all’uomo la gloria degli esseri divino-spirituali che nelle loro immagini si rivelano negli spazi stellari, e come entro la sede terrena avvenga la liberazione dell’uomo dalle potenze che vogliono allontanarlo dalla sua origine primordiale.

 

137L’attività che si effettua nell’evoluzione del mondo e dell’umanità, per mezzo delle forze di Michele, si ripete ritmicamente, seppure in forma tramutata e progrediente, prima e dopo il mistero del Golgota.

138Il mistero del Golgota è il massimo, unico evento nell’evoluzione dell’umanità. Qui non si può parlare di una ripetizione ritmica, perché anche se l’evoluzione dell’umanità è inserita in un grandioso ritmo universale, non è tuttavia che un dilatato elemento in questo ritmo. Prima di diventare questo singolo elemento, l’umanità era qualcosa di essenzialmente diverso; dopo, sarà di nuovo qualcos’altro. Durante l’evoluzione dell’umanità si verificano dunque molti eventi di Michele, ma soltanto un evento del Golgota.

139Nella rapida ripetizione ritmica di un anno, l’essere divino-spirituale, che è disceso nelle profondità della terra per compenetrare di spiritualità il processo naturale, adempie questo processo. Rappresenta la compenetrazione animica della natura con le forze eterne e primordiali che devono restare attive, come il Cristo disceso rappresenta la compenetrazione animica dell’umanità col logos eterno e primordiale che, per la salvezza dell’umanità, non deve mai desistere dalla sua attività.