13 – La missione della vita terrena come punto di passaggio per l’aldilà

O.O. 140 – Ricerche occulte sulla vita fra morte e nuova nascita – 02.03.1913


 

TREDICESIMA CONFERENZA

 

Sommario: Dopo la morte l’anima brancola nel buio in seguito a una vita spirituale ottusa sulla Terra. Conseguenza nella successiva vita terrena: l’impronta luciferica della vita animica, l’intelletto freddo ed egoistico. La necessità di allacciare legami umani qui per poterli proseguire nel mondo spirituale dopo la morte. Il sacrificio del Buddha su Marte all’inizio del diciassettesimo secolo. Il continuo passaggio attraverso la Terra di entità di altri mondi quale corrispettivo del passaggio umano attraverso il mondo degli astri dopo la morte. Esempi di azione reciproca dal mondo dei vivi in quello dei defunti e dal mondo dei defunti entro quello terreno. La scienza dello spirito come compito terrestre per superare l’abisso tra vivi e morti.

 

Miei cari amici, anche oggi ci sono alcune, anzi molte persone che dicono: “Ebbene sì, può esserci una vita spirituale-animica dopo la morte, ma a che scopo dobbiamo curarcene ora? Possiamo semplicemente vivere questa vita terrena con tutto ciò che dà, con tutto ciò che offre e attendere se poi, quando giunge la morte, si mostrerà l’altra vita!”.

La scienza dello spirito ci mostra però che l’uomo incontra determinate entità tra la morte e la nascita. Proprio come qui incontra molti esseri dei regni di natura, così là incontra le entità delle Gerarchie superiori e perlopiù delle entità elementari.

 

Se un uomo attraversa la vita senza capacità di giudizio, ciò deriva dal fatto che non è riuscito, tra morte e nascita, a incontrare le entità che avrebbero potuto dargli le forze per vivificare le sue stesse forze, in modo da poter essere abile moralmente e intellettualmente in questa vita. Ora, però, la possibilità e la capacità di incontrare certe entità tra morte e nascita dipende a sua volta dall’ultima vita.

Se nella vita terrena non ci siamo mai occupati di pensieri che si elevano verso il mondo spirituale, di pensieri che si interessano della realtà soprasensibile; se nell’ultima vita siamo stati completamente assorbiti dal mondo esteriore, dal mondo dei sensi, se abbiamo vissuto soltanto nell’intelletto per quel tanto che è rivolto al mondo fisico esteriore – allora ci rendiamo impossibile giungere in prossimità di certe entità, tra morte e nuova nascita, e ricevere da loro delle facoltà per la vita successiva. In un certo senso, la regione che sta dall’altra parte è per noi oscura e buia, e nell’oscurità non riusciamo a trovare le forze delle Gerarchie superiori. L’uomo incede allora nella vita tra morte e nuova nascita senza badare agli esseri dai quali dovrebbe ricevere le forze per la successiva vita terrena.

 

Da dove viene la luce con la quale possiamo illuminare l’oscurità tra la morte e la nascita? Da dove prendiamo quella luce? Tra morte e nuova nascita non ci fa luce nessuno. Le entità ci sono e il punto è incontrarle grazie all’esserci noi stessi accesa la luce nell’ultima vita terrena, occupandoci del mondo spirituale. Dopo la morte non ci è più possibile illuminare l’oscurità, se non abbiamo portato con noi la luce quando siamo passati per la porta della morte.

Da questo vediamo dunque quanto siano sbagliate le parole secondo le quali non occorre curarsi qui in Terra della vita spirituale, ma si può aspettare quel che viene. Anzi, se si aspetta quel che viene, allora giunge per l’appunto il buio.

La vita terrena non è solo un punto di passaggio ma ha una missione,

è una necessità per l’aldilà come l’aldilà lo è per la vita terrena.

I lumi per la vita nell’aldilà devono venirvi portati dalla Terra.

Così può dunque accadere che l’uomo resti ottuso nei riguardi del mondo soprasensibile,

che vada brancolando accanto alla possibilità, alla facoltà di procurarsi strumenti per la sua prossima vita.

 

Egli, però, dopo una vita nella quale è stato inadeguato sotto questo o quell’aspetto, passa poi di nuovo attraverso la porta della morte. Come vedete, è un panorama piuttosto sconfortante. Se non sopraggiungesse nient’altro, l’uomo dovrebbe davvero divenire sempre più inadeguato. Perché se prima in una vita terrena egli si è chiuso al mondo spirituale con l’essere volontariamente ottuso, allora nella vita seguente è ancor meno capace di prepararsi gli organi. Se non succedesse nient’altro, dovrebbe continuare a evolversi in questo modo, perciò il suo sviluppo andrebbe sempre più verso il basso.

 

Subentra però allora qualcosa d’altro per l’uomo. Se se ne va volontariamente ottuso sulla Terra, allora nella vita che segue, alla seconda vita terrena Lucifero gli si accosta con la sua potenza. In una successiva vita tra morte e nuova nascita l’uomo brancolerebbe proprio nel buio, se Lucifero non gli si avvicinasse. Ma essendo passato attraverso una vita come quella appena descritta, Lucifero gli si può accostare e ora gli illumina quelle forze e quelle entità di cui ha bisogno per l’esistenza successiva. Di conseguenza tutte quelle forze e quelle entità vengono tinte della luce di Lucifero. Dopo l’esistenza ottusa e dopo essere stato guidato da Lucifero attraverso la vita tra morte e nuova nascita, l’uomo entra poi in una nuova esistenza terrena. In tal caso egli è senz’altro dotato delle facoltà per preparare i suoi organi, in modo tale che essi lo espongano ovunque alle tentazioni di Lucifero sulla Terra.

 

Un uomo simile può allora essere intelligente e ragionevole, ma il suo intelletto sarà freddo e calcolatore, soprattutto sarà permeato di egocentrismo, di egoismo. Al veggente si mostra in così tante persone nel mondo che veramente esse sono intelligenti e ragionevoli, ma fredde ed egoiste nel proprio operare così che, se le si incontra, imbrogliano per farsi avanti il più possibile e potersi mettere in mostra. Osservando persone simili, gli si rivela che nella loro precedente vita nel mondo spirituale esse furono guidate da Lucifero, e che nell’incarnazione terrena precedente condussero una vita ottusa; c’è poi un brancolare nel buio nella vita ancora più remota, e prima ancora un volontario chiudersi al mondo spirituale.

 

Si deve dire che con una tale conoscenza si apre una triste prospettiva per l’umanità materialista. Per le persone che al presente sono di tendenza materialistica e rifiutano di occuparsi del mondo spirituale, che considerano la vita dell’anima conclusa col momento della morte, è imminente una vita come quella che ho illustrato ora. Ma non ce la caviamo solo fantasticando di questo o di quello in forma astratta riguardo alla connessione fra le diverse vite; la concreta visione d’insieme, piuttosto, ci mostra i nessi più svariati tra vite terrene precedenti e successive, e vite che si susseguono nello spirituale. Di questo dobbiamo tenere ben conto: la vita sulla Terra ha un grande significato per la vita dopo la morte.

 

Essa ha poi anche un altro significato, quello per cui in realtà solo sulla Terra noi possiamo incontrare, nel senso pieno del termine, certe entità così da farne veramente la conoscenza. A queste entità appartiene prima di tutto l’uomo stesso. Se il legame tra uomo e uomo non potesse venir stretto quaggiù, allora non potrebbe venir allacciato nemmeno nella sfera spirituale. I legami che esistono tra uomo e uomo sono tali da formarsi nel mondo terreno e da proseguire poi nel mondo spirituale, ma non possiamo mai stringerli con esseri umani che in qualche modo siano predestinati a essere incarnati sulla Terra, se qui abbiamo l’occasione di conoscerli ma non la utilizziamo. Nel mondo spirituale, nel periodo che attraversiamo tra la morte e la nuova nascita, noi non possiamo porre rimedio a quel che abbiamo omesso nel mondo terreno.

 

Prendiamo un esempio, Gautama Buddha. Un’entità umana come questa visse come figlio di re, in quella vita nel sesto secolo prima della nostra datazione del tempo, e nel suo ventinovesimo anno ascese dal grado di bodhisattva a quello di Buddha. Divenne cioè un Buddha, e un Buddha non ha più bisogno di incarnarsi in un corpo fisico umano. Gautama attraversò perciò a quel tempo la sua ultima vita terrena.

Sulla Terra un gran numero di uomini venne allora in contatto con questa entità, e anche in incarnazioni ancora precedenti degli uomini avevano incontrato il bodhisattva. Tutte queste relazioni possono continuare ancora nel mondo spirituale. Quelli che sono venuti in contatto con Gautama Buddha qui sulla Terra possono continuare nel mondo spirituale questo rapporto, che si è allacciato tra loro e lui pressappoco come quello di uno scolaro con il maestro.

 

Nel corso dell’evoluzione ci furono però anime che sulla Terra non ottennero mai una relazione con Gautama Buddha. Anche se avessero raggiunto una maturità tanto particolare, queste anime nel mondo spirituale non possono più venire a contatto così, in automatico, con Buddha, con l’anima che a quel tempo era incarnata in Gautama. Ma riguardo al Buddha avviene una specie di risarcimento. Per lui subentra qualcosa che agisce come un risarcimento quando sulla Terra non si è giunti a un certo contatto con lui. Buddha ha infatti attraversato un destino molto particolare dopo essere stato Gautama e non avendo più dovuto tornare sulla Terra, bensì continuando a vivere in una regione puramente spirituale.

 

Dapprima, certo, è rimasto collegato alle condizioni terrene, solo che l’entità di Gautama Buddha agì entro l’esistenza terrena non dalla Terra, sulla quale non tornò proprio più, ma dalle regioni spirituali. Sappiamo che fece irraggiare la sua essenza in quel bambino Gesù del quale narra il Vangelo di Luca. In quel caso l’essenza soprasensibile del Buddha irraggiò nel corpo astrale del bambino Gesù di Luca, agì quindi dal mondo soprasensibile entro l’esistenza terrena. Ma con le normali modalità di rappresentazione gli uomini della Terra non poterono più entrare in relazione con lui. Poterono mettersi in rapporto con l’anima di Gautama Buddha soltanto coloro che, dalla Terra, trovarono un accesso a lui in virtù di uno sviluppo superiore, per esempio Francesco d’Assisi.

Prima che questi fosse entrato nell’esistenza terrena e prima del decorrere dell’ultima vita tra morte e nascita, l’entità di Francesco d’Assisi visse in una colonia di Misteri sita nel sud-est dell’Europa, nella quale non c’erano maestri fisici, bensì maestri provenienti dalla gerarchia superiore cui apparteneva Buddha, o meglio l’anima che un tempo era incarnata in Buddha. In una tale sede di Misteri si trovano discepoli che hanno già sviluppato le elevate facoltà per la visione del mondo soprasensibile. Quei discepoli possono avere maestri che operano anche solo dal mondo spirituale.

In quel luogo misterico Buddha insegnava in tale modo e Francesco d’Assisi, nella sua incarnazione precedente, fu suo discepolo devoto. A quel tempo egli accolse tutto ciò che lo mise in condizione di illuminare a sé stesso, nella vita in cui poi entrò, le Gerarchie superiori che lo fecero quindi entrare nell’esistenza nelle vesti di quel grande mistico che al suo tempo poté avere un effetto così intenso. Tutto questo è possibile perché l’anima di Francesco, in virtù delle sue elevate facoltà di allora, si è veramente messa in rapporto con Gautama Buddha anche dopo che questi aveva potuto agire su di lui dal mondo soprasensibile.

 

Per la normale vita umana terrena però, la quale dipende dalla vita che viene esplicata attraverso i sensi e l’intelletto, un tale incontro non è proprio possibile. Vale quindi quel che si è appena detto, il fatto che non possiamo più incontrare un essere umano se non lo abbiamo incontrato nel mondo fisico.

L’eccezione che ora siamo venuti a conoscere nel caso di Buddha determina ulteriori eccezioni. Se è impossibile che l’uomo comune incontri nelle regioni spirituali uomini coi quali non ha stretto sulla Terra alcun rapporto, è pur possibile che l’uomo terreno, che qui ha accolto l’impulso di Cristo e se ne è compenetrato, incontri tuttavia Buddha dall’altra parte, tra la morte e una nuova nascita, anche se non incontra altri esseri umani coi quali non ha mai allacciato rapporti sulla Terra.

 

Quanto a Buddha, è infatti contemplato di nuovo qualcosa di molto particolare.

All’inizio del diciassettesimo secolo, un pianeta diverso dalla Terra stava vivendo una crisi evolutiva simile a quella in cui essa si trovava quando irruppe il mistero del Golgota. Come a quell’epoca il Cristo comparve da regioni superiori, così in quella crisi di Marte del diciassettesimo secolo apparve il Buddha. Vale a dire che, dopo aver attraversato le sue incarnazioni terrene fino all’ultima, per il Buddha non era più necessario tornare in una vita sulla Terra e proseguì invece la sua attività in altre regioni. Uscendo dalle condizioni terrene, egli migrò, diciamo, alla volta di Marte. E mentre Marte era stato fino ad allora preferenzialmente il luogo d’origine di quelle forze che il Greco designava come il conflitto fecondo per il mondo, questa missione di Marte attorno al diciassettesimo secolo era terminata: là era necessario un influsso nuovo. Il Buddha vi compì la propria crocefissione. Il mistero del Buddha non si svolse per Marte come il mistero di Cristo sulla Terra, bensì Buddha, il principe della pace, che nella sua ultima vita terrena irraggiò in ogni luogo pace e amore, venne mandato su Marte, che era carico di conflitti. Il trasferimento nel pieno del conflitto e della disarmonia dell’entità ricolma di forze di pace, di forze d’amore, fu in un certo modo anch’esso una crocifissione.

 

Per lo sguardo del veggente due momenti si connettono in modo mirabile. Se si dirige lo sguardo all’ottantenne Buddha che muore qui sulla Terra, allora questa morte del Buddha è proprio qualcosa di insolitamente toccante e impressionante. Nel 483, in una splendida notte di luna piena, avvolto dall’argentea luce lunare Buddha spirò, irraggiando pace e mitezza. Questo fu l’ultimo momento terreno. Poi egli agì ancora sulla Terra nel modo appena illustrato. All’inizio del secolo diciassettesimo, il veggente vede di nuovo risplendere la mite, argentea luce morale del Buddha su Marte. Sono due momenti meravigliosi che si congiungono negli eventi del mondo.

 

Gli uomini che qui sulla Terra accolgono in modo adeguato l’impulso di Cristo attraversano poi, quando vivono dall’altra parte, il mondo cosmico. Noi tutti passiamo attraverso questi mondi del cosmo. Dapprima passiamo per i pianeti del nostro sistema planetario, viviamo un periodo lunare, un periodo di Mercurio, un periodo di Venere, una fase solare, una fase di Marte, una fase di Giove e una fase di Saturno. Usciamo poi al di fuori del nostro sistema planetario, per tornare quindi di nuovo indietro. Appunto allora incontriamo quelle forze e quelle entità dalle quali dobbiamo ricevere quanto ci abbisogna per costruirci la prossima vita terrena.

 

Chi ha accolto sulla Terra l’impulso di Cristo

può allora ricevere, quando attraversa la sfera di Marte, ciò che fluisce dal Buddha.

Questo è un caso, un caso eccezionale,

nel quale anche le anime che nelle loro precedenti incarnazioni terrene non hanno incontrato Buddha,

possono incontrarlo anche oggi tra morte e nuova nascita.

 

Allo sguardo veggente è risultato che alcuni uomini vissuti nel diciassettesimo secolo mostrano le loro singolari capacità perché nel periodo precedente la loro nascita, nei mondi spirituali, ricevettero la propria forza dal Buddha. In fondo, la capacità di accogliere queste forze è ancora scarsa per gli esseri umani, poiché appunto non è da molto tempo che Buddha compì su Marte questo Mistero. In futuro, nella sfera di Marte le anime umane accoglieranno sempre più forze dal Buddha. Ma già nel diciannovesimo secolo, per chi è in grado di vedere qualcosa del genere, si sono mostrati uomini che possono sviluppare le loro capacità qui nella vita terrena grazie all’aver ricevuto influssi da Buddha, durante il loro passaggio nella sfera di Marte. In modo tanto complesso e mirabile si svolgono queste vite tra la morte e la nuova nascita.

 

L’uomo deve prendere con sé da quaggiù la luce che può illuminargli le esperienze tra morte e nuova nascita, altrimenti brancola nel buio. È così anche in questo caso singolare: l’uomo che se ne va dalla Terra passando per la porta della morte e senza avere accolto qui alcun impulso cristico, che non volle saperne nulla, nella vita che segue può attraversare la sfera di Marte nel mondo spirituale senza aver un qualche sentore degli influssi del Buddha. Per lui è come se Buddha non fosse lì. Dobbiamo infatti tenere a mente che noi passiamo di certo accanto alle entità delle Gerarchie superiori; però il fatto che ci accorgiamo di esse e che possiamo riceverne quel che ci è necessario, dipende dal modo in cui nell’ultima vita terrena ci siamo accesi da noi la luce per non passare loro a fianco, ma per poter accogliere qualcosa da loro. Ha dunque del tutto torto chi dice che non è necessario occuparsi dell’aldilà nella vita terrena.

Avete già visto che per un’osservazione superiore in realtà la vita terrena è un caso particolare. Qui nella sfera della Terra noi viviamo fra nascita e morte incarnati nel corpo fisico. Tra una vita e l’altra passiamo attraverso il mondo spirituale. Oltre all’incarnazione terrena si può parlare di una “incorporazione” tra morte e nuova nascita, o meglio di una “inanimazione”.

 

Quello che ho esposto per l’altro mondo vale anche per la Terra. Pensate che dunque per gli abitanti di Marte, che appartengono specificamente a quel pianeta, un essere umano che viva là tra morte e nuova nascita può attraversare l’esistenza in quella sfera senza entrare in contatto con le entità di Marte. Egli non li vede ed essi non vedono lui.

È così anche per la Terra: attraverso la sfera terrestre passano in continuazione esseri che in realtà appartengono ad altri pianeti, così come l’uomo appartiene alla Terra. Gli abitanti di Marte trascorrono la loro vita regolare su Marte e, tra quella loro esperienza che è il corrispettivo della morte (sebbene sia qualcosa di diverso) e la loro nuova vita su Marte, essi compiono il passaggio attraverso gli altri pianeti. Sicché, effettivamente, degli abitanti di altri pianeti attraversano di continuo la nostra sfera terrestre. Gli uomini della Terra non possono entrare in rapporto con loro, perché vivono per l’appunto in tutt’altre condizioni di esistenza, e perché in ogni caso non hanno proprio allacciato alcuna relazione con quegli esseri su Marte.

 

Cosa sarebbe necessario per incontrare questi migratori attraverso la sfera terrena, che in verità appartengono ad altri pianeti? Sarebbe necessario aver sviluppato dei punti di contatto con essi sui loro pianeti. Questo lo si può soltanto quando già qui sulla Terra si è in grado di entrare coscientemente in relazione con esseri diversi da quelli terreni, tramite lo sviluppo di forze superiori.

Così si presenta effettivamente la possibilità che, per coloro che hanno attraversato una formazione spirituale superiore, possa aver luogo un incontro anche con i migratori di altri pianeti. Per quanto sia strano, è proprio vero quel che vi dico: per chi oggi ode le singolari teorie che la fisica e l’astronomia enunciano riguardo agli abitanti di Marte, per chi li viene a conoscere come migranti attraverso la nostra Terra e da loro viene a sapere com’è l’esistenza di Marte, perché è così che la si apprende – per costui tali ipotesi sono assai strane, poiché le cose stanno molto diversamente. Espongo tutti questi contenuti perché desidero che estendiate il vostro sguardo al di fuori della vita terrena, negli altri mondi, andando oltre le entità visibili dalle quali siamo attorniati, verso le entità che non possono venir percepite finché lo sguardo per loro non è aperto.

 

Ma non avviene soltanto che sugli altri pianeti, tra morte e nuova nascita, non possiamo incontrarci con gli altri esseri umani coi quali qui sulla Terra non abbiamo allacciato rapporti: tra morte e nuova nascita non possiamo neppure entrare in contatto con quelle condizioni appartenenti alla missione terrena che devono svilupparsi quaggiù, e con le quali non ci siamo messi in rapporto sulla Terra, o con le quali non entriamo in relazione passando per la via delle condizioni terrene.

La scienza dello spirito, l’antroposofia per esempio, che cos’è sotto l’aspetto cosmico?

Ora, chi si fa ogni sorta di teorie potrebbe facilmente credere che la scienza dello spirito sia qualcosa che può venir insegnato e appreso attraverso tutti i mondi, ma nell’universo le cose non sono disposte così. Ogni regione del cosmo ha il suo compito, e questo non si ripete nello stesso modo nell’universo.

La scienza dello spirito è possibile solamente sulla Terra, non su un altro pianeta o in un’altra sfera.

La Terra è stata fatta dalle potenze creatrici proprio per questo: affinché vi si sviluppi ciò che solo qui può sorgere. La scienza dello spirito può svilupparsi soltanto sulla Terra, non la si può apprendere da nessun’altra parte. È una manifestazione del mondo soprasensibile, ma così come si presenta può sorgere solo quaggiù.

 

Si può ora dire: “Sì, può davvero essere tutto così, ma nel mondo soprasensibile l’uomo potrebbe istruirsi, intorno al mondo soprasensibile stesso, in una forma diversa da quella della scienza dello spirito!”. Certo, lo si può pensare, ma non è vero. L’uomo è appunto fatto in modo tale per cui, se mai un giorno voglia conseguire un rapporto con il mondo superiore nel modo a lui adeguato, lo può soltanto attraverso la scienza dello spirito. Se trascura di avvicinarsi sulla Terra alla scienza dello spirito, all’antroposofia, allora nessun altro tipo di vita gli è d’aiuto per venirla a conoscere. Neppure qualche altro tipo di vita lo aiuta a far conoscenza con il mondo soprasensibile nel modo giusto per l’uomo.

Questo non deve condurci a disperare per le tante persone che ancora non vogliono sapere nulla di scienza dello spirito; esse ritorneranno e vi verranno in contatto più tardi. L’antroposofia è istituita sulla Terra per poter trasmettere agli uomini quello che deve venir conosciuto sul mondo soprasensibile, in modo conforme alla specie umana. È possibile solo un tipo di trasmissione ed è possibile solo con la mediazione degli uomini.

 

Se l’uomo è entrato nel mondo spirituale attraverso la porta della morte senza aver appreso sulla Terra qualcosa di scienza dello spirito, ne può venire a conoscenza grazie all’essere stato in relazione con uomini che sono in contatto con essa. Si tratta di un giro più lungo, ma è una via possibile. Prendiamo l’esempio di due persone che qui sulla Terra furono profondamente amiche. Una è in relazione con l’antroposofia, l’altra no. Quest’ultima muore; la prima può esserle di grande aiuto leggendole, facendole conoscere ciò che le sta intorno dopo la morte. L’uomo può dunque, per così dire, leggere con un defunto un’opera importante di scienza dello spirito. Il defunto lo sta ad ascoltare, come il veggente può constatare.

 

Talvolta è così, i fatti parlano così. Quand’anche possa venir sollevato un qualche “perché?”, questi “perché” non hanno senso di fronte al fatto che posso addurvi come una realtà pienamente constatata: può essere che una persona semplice, che solo venne in contatto con la scienza dello spirito e che abbia veramente amato il defunto, gli possa leggere meglio di un veggente che certamente saprà rintracciare l’estinto, ma che in questa vita non ebbe alcuna relazione d’animo con lui. Alle volte può anche essere che i veggenti s’incarichino di leggere a defunti che non hanno conosciuto; tuttavia, molto più spesso si mostra che non si riesce a leggere per un defunto con il quale non si sia venuti a contatto in precedenza.

 

Da questo fatto potete sentire quanto siano significative comunità spirituali come quella antroposofica. Lì praticamente si supplisce a ciò che ora abbiamo potuto caratterizzare come una specie di vita in comune, di venire in contatto. Se non esistessero comunità del genere, ogni defunto dipenderebbe dal ricevere la lettura soltanto da persone molto intime. Ampliano questa situazione solo quelle comunità spirituali nelle quali degli ideali spirituali vengono coltivati insieme. Così può succedere, e succede, che avvenga di incontrarvi un antroposofo il quale, in virtù di ciò che ha già appreso, sia in grado di leggere con intensa concentrazione dei pensieri spirituali e di farli scorrere nella sua anima. Allora gli si può dire: “Guarda, è morta una persona, ti mostro la sua scrittura, era antroposofa anche lei, fa parte della stessa comunità”. In tal caso basta forse che gli mostrino la grafia – non fotografie -, che venga a conoscere un detto caro al defunto, e può accadere che l’antroposofo in questione, già un po’ più evoluto, riesca a leggere in modo assai fruttuoso anche per uno col quale nella vita non era mai venuto in contatto. Anche questo sarà un bel compito di una comunità spirituale, che possa venir superato così potentemente l’abisso tra vivi e morti.

 

Oggi gli antroposofi sentono l’urgenza di vari compiti che stanno solo sul piano fisico, perché in loro c’è davvero ancora molta mentalità materialistica, anche se in teoria hanno accolto la scienza dell’antroposofia. I veri e propri compiti spirituali giungeranno soltanto quando la scienza dello spirito sarà penetrata ancora più a fondo nelle anime. Allora si troveranno anime che si assumono l’ufficio di aiutare i defunti e di farli progredire. Nella nostra comunità si è già cominciato da molto tempo, sicché deve recare massima soddisfazione quanto è potuto avvenire in questo ambito.

Senza dubbio quando un antroposofo è passato per la porta della morte, quindi si è preso con sé pensieri spirituali, vivendo in quel mondo egli può in certi casi persino prestare direttamente servizi ai defunti, può essere il loro insegnante. Ma tali cose in generale sono più difficili di quanto si pensi. Tutto questo lo si può fare più facilmente sulla Terra piuttosto che dall’altra parte, perché le comunità che possono esserci dopo la morte sono del tutto dipendenti da quelle che esistevano prima della morte.

 

Se ad esempio due persone hanno vissuto insieme sulla Terra – una era antroposofa, all’altra la scienza dello spirito non piaceva, ma dopo la morte ne ha nostalgia – può succedere che l’antroposofo ancora in vita si premuri fino alla propria morte di leggere al dipartito. Dopo un certo tempo, colui che era rimasto e che ha letto all’altro, passa egli stesso attraverso la porta della morte ed è quindi insieme a lui nel mondo spirituale. Sì, a quel punto subentra di nuovo un’eco di quel rapporto che esisteva qui sulla Terra e ciò presenta una difficoltà, mentre non c’era difficoltà alcuna quando uno era sulla Terra e l’altro era defunto. Quando si trovano insieme, nelle stesse condizioni di esistenza che c’erano state nelle loro relazioni terrene, si manifestano delle dissonanze. Come nel mondo di qui un’anima non voleva saper nulla dall’altra riguardo alla scienza dello spirito, così è anche dall’altra parte. Questo ci mostra di nuovo come le condizioni dell’aldilà dipendano da quelle qui sulla Terra. Le cose sono per l’appunto molto complicate e non possono venir solo congetturate col pensiero.

Tramite questi fatti, davvero si presenta vivamente davanti alle nostre anime la missione della scienza dello spirito. Ci mostra come viene superato l’abisso tra i vivi e i morti. Vediamo che i defunti in certi casi possono entrare in azione sulla Terra, così come i vivi possono agire entro il mondo spirituale. Possiamo indagare in che modo i defunti intervengano nel mondo fisico.

In fondo, gli uomini qui sulla Terra sanno molto poco di ciò che li circonda. In effetti, come vedono la vita? La considerano in modo da inanellare gli eventi che si svolgono, così da contemplare l’uno come causa, l’altro come effetto, ma non pensano molto d’altro al riguardo. Per quanto possa suonare strano, è tuttavia così. Gli eventi visibili sono il contenuto minore della vita reale, sono solo la parte più esteriore. Quel che accade è una minima parte della vita reale, ne è solo il contenuto più esteriore. Nella vita c’è anche qualcosa d’altro, rispetto a quanto accade, qualcosa che per essa non è meno significativo.

 

Prendiamo un esempio. Un uomo è abituato a uscire di casa ogni giorno puntualmente alle otto, ha sempre da percorrere una data strada passando per una piazza. Un giorno accade che esca tre minuti più tardi del solito, però fa la stessa strada. Percepisce allora qualcosa di singolare, nella piazza dalla quale ogni giorno deve passare sotto dei portici: il soffitto è crollato! Se fosse uscito alla solita ora, di certo la volta l’avrebbe colpito a morte.

Nella vita ci sono molti di questi fatti. Quanto spesso possiamo dire che qualcosa di molto diverso da quanto è accaduto sarebbe stato possibile, se fossero state presenti queste o quelle condizioni. Nella vita veniamo proprio preservati da molte cose, molto di quanto potrebbe accadere non accade. Noi osserviamo infatti soltanto le realtà esteriori nella vita, ma non le possibilità interiori. Però queste possibilità esistono di continuo dietro la vita. Se un giorno trascorso ci ha portato questo o quell’evento, ciò in fondo è appunto solo la realtà esteriore, e là dietro si trova un intero mondo di possibilità.

 

Immaginatevi ad esempio il mare, miei cari amici. Nel mare vivono molte aringhe; perché esse potessero nascere, non c’erano però solamente tanti germi quante sono poi le aringhe nate. Tanti, infinitamente tanti germi periscono, non raggiungono la loro meta. Vive soltanto la quantità di aringhe che è possibile. Ma per tutto ciò che vive è così. Quello che noi sperimentiamo dal mattino fino alla sera è solo un frammento di un gran numero di possibilità. In ogni istante noi passiamo accanto a cose possibili, ma che non avvengono. Quando qualcosa di possibile è passato accanto a noi, allora questo è per noi un momento particolare. Pensate all’esempio di quell’uomo: bastava che uscisse di casa come al solito e sarebbe rimasto ucciso nel crollo del portico. Possibilità del genere sono presenti di continuo per noi. Un’occasione nella quale una persona si trova tre minuti più tardi davanti a quell’edificio, che diversamente l’avrebbe uccisa, è il momento propizio perché il mondo soprasensibile possa balenare in lei. Lì le si può dischiudere una di quelle esperienze che la possono far incontrare con i defunti. Oggi l’uomo non presta ancora attenzione a queste cose, perché di fatto vive alla superficie delle cose.

 

La scienza dello spirito a poco a poco diverrà elisir di vita, e l’uomo non solo vedrà qual è la realtà esteriore, ma sarà attento a ciò che si annuncia nella sua vita animica. Lì sottesa ci sarà spesso la voce dei defunti, che vogliono ancora qualcosa dai vivi.

 

Come nella lettura abbiamo un esempio del fatto che i vivi possono agire sui defunti,

così anche i defunti possono a loro volta influire sui vivi.

Giungerà il tempo in cui gli uomini parleranno in spirito con i defunti.

Parleranno allora ai defunti e, per così dire, staranno ad ascoltare i defunti.

 

Visto che la morte cambia solo la forma esteriore dell’uomo, mentre la sua anima va avanti a evolversi, è uno stato molto manchevole dell’umanità anche quello che gli uomini ora vivono col non avere alcuna comunione con esseri umani che sono vivi, soltanto in una forma diversa, che hanno solo una vita d’altro genere. Quando la scienza dello spirito non sarà più una teoria, ma scorrerà attraverso le anime, allora potrà esserci sempre una vivente comunione con i defunti. Ciò che ora può esistere in un certo senso solo per il veggente diverrà un po’ alla volta un bene umano comune.

 

Voi potete dire che per il veggente può essere così, che egli riesce a rintracciare gli esseri umani tra la morte e una nuova nascita. Oggi però questo è molto difficile, perché l’incredulità verso il mondo spirituale, il non essere in rapporto con il mondo spirituale, crea ostacoli anche a coloro che sono in grado di collegarsi ad esso. Ci sono per l’appunto certe cose che possono svolgersi senza impedimenti soltanto quando possono essere bene comune degli uomini. Uno può anche essere un architetto di gran valore, ma se nessuno gli fa costruire qualcosa, non può proprio costruire. Così può essere anche per il veggente: può avere le capacità per salire in un mondo spirituale verso i defunti, ma se ciò viene reso più difficile dal fatto che per la maggior parte degli uomini la comunione con i defunti è impossibile, anche per il veggente questo può riuscire solo in casi eccezionali.

 

Miei cari amici, volevo mostrarvi come la scienza dello spirito può produrre vita. Forse, meglio ancora che quanto apprendiamo teoricamente, è da coltivare questo sentimento, questa sensazione del compito della scienza dello spirito nel futuro umano. In tal modo ognuno che faccia parte di questo movimento antroposofico ottiene un’impressione di ciò che egli fa veramente. Riceve un’impressione di quale opera immensa debba venir attuata proprio dalla scienza dello spirito, o antroposofia. Si impara così ad esserle affezionati con piena serietà e dignità, si impara a non considerarla come qualcosa di leggero, che sia per noi solo edificante, ma a considerarla come qualcosa che andando verso il futuro diventa sempre più necessario all’umanità. Con le riflessioni odierne volevo suscitare in voi una sensazione di questo.