Il nesso tra i moti dei corpi celesti e la struttura degli organismi terrestri

O.O. 323 – Rapporto delle diverse scienze con l’astronomia – 14.01.1921


 

Sommario: Il nesso tra i moti dei corpi celesti e la struttura degli organismi terrestri. Osservazione accurata dei moti celesti. I movimenti del cavallo. I due sistemi: tolemaico e copernicano. Raffronto fra sfera lunare e cellula germinale. Luce e sostanza lunare. Sostanza della gravitazione. L’organizzazione Terra-Luna. Le sostanze dei corpi celesti si rispecchiano nell’organismo umano. Il problema matematico di Sole, Terra, Luna. L’antica struttura umana si rispecchia negli effetti Lunari. I processi vegetali-minerali sono solari e terrestri. Il punto ideale fra Sole, Terra e Luna. Come i tre corpi si mostrano nel singolo uomo.

 

Oggi continueremo l’argomento di ieri, servendoci del materiale raccolto mediante le osservazioni dei fenomeni celesti, per cercare di cogliere il loro vero aspetto e ottenere idee che ci permettano di entrare nel complesso dei fenomeni stessi. Per cominciare, vorrei indicare qualcosa che si può aggiungere alle nostre considerazioni storiche.

 

Ci deve essere chiaro che in fondo sia il sistema tolemaico, sia quello della moderna astronomia sono tentativi di coordinare in qualche modo ciò che si offre all’osservazione. Sono tentativi di comporre in figure di tipo matematico ciò che si è percepito (dopo quel che ho detto ieri, non posso dire “visto”), in formule che si trovano sia nel sistema tolemaico, sia in quello copernicano. In definitiva, tutto ciò che è alla base della geometria e di ogni calcolo e misura sono le osservazioni. In sostanza si tratta appunto soltanto di valutare con esattezza i fatti osservabili. Va però ricordato che, attualmente, si tende a prendere con troppa leggerezza ciò che può essere osservato e visto, tanto che non si arriva sempre a una sua conoscenza adeguata, mentre occorre conoscerne a fondo i meccanismi.

 

Dalle nostre osservazioni sorge immediata una domanda. Naturalmente, la brevità del tempo disponibile per queste conferenze non ci permette di entrare nei particolari, ma solo accennare a qualcosa e indicare una direzione. In tal senso ho tentato di mostrare che ai movimenti dei corpi celesti nello spazio è collegato qualcosa che si trova nell’organismo umano, e anche in quello animale e vegetale. Deve esserci un rapporto, e lo abbiamo riconosciuto dal modo in cui abbiamo studiato i fatti. Più si approfondiscono i fatti, più si riconoscono tali rapporti. Volevo solo indicare la via per arrivare a concludere che gli organismi umani, animali e vegetali sono costruiti in modo tale che se noi, come abbiamo fatto ieri, li osserviamo nella loro forma, possiamo ricostruire le linee delle lemniscate tra i vari punti degli organismi, e constatare poi una certa analogia fra queste e le linee che possiamo costruire osservando i moti dei corpi celesti. A questo punto però sorge la domanda: da che cosa dipende quel nesso? che possibilità abbiamo di giustificarlo, di renderlo evidente? Per farlo, dobbiamo paragonare il particolare modo di osservazione del sistema tolemaico con il nostro attuale sistema copernicano.

 

Che cosa facciamo oggi quando (pensando, calcolando, geometrizzando) escogitiamo un sistema cosmico come quello copernicano? Osserviamo! Osserviamo corpi nello spazio che alla vista possono apparire identici. Si badi che mi esprimo con la massima prudenza. Non possiamo dire se non che quei corpi appaiono identici. Chi compie esperimenti anche molto semplici è costretto alla massima prudenza, riguardo a ciò che lo circonda. Cito un esperimento che in sé non ha significato, ma indica quanto sia importante la prudenza nel formulare idee, immagini.

 

Immaginiamo di prendere un cavallo che abbia un passo regolare (i cavalli lo hanno sempre) e di voler fotografare dodici posizioni consecutive della sua andatura. Metto in un ordine circolare le dodici immagini del cavallo sul fondo di un tamburo e mi ci piazzo davanti, a una certa distanza, come osservatore. Se ora faccio ruotare il tamburo con la dovuta velocità e guardo attraverso una fessura in modo da poter vedere solo un’immagine del cavallo alla volta, ottengo l’immagine apparente di un cavallo che corre. Potrei pensare di veder correre un cavallino vero. La realtà però è che io non vedo un cavallo che corre, ma dodici immagini di un cavallo fermo.

 

Si vede dunque che non solo posso produrre l’apparenza di un movimento in senso prospettico, ma anche suscitarla in senso qualitativo. Quando si presenta un movimento, occorre allora badare non solo che sembri tale, ma che sia anche reale. Chi vuole esprimersi con prudenza e arrivare alla realtà con esami accurati, per strana e paradossale che appaia la cosa ai nostri intelligenti contemporanei, deve dire: osservo tre posizioni successive di un qualcosa che io chiamo corpo celeste, in modo tale che quel che vedo lo ritengo identico. Seguo per esempio la Luna nella sua orbita e ipotizzo che sia sempre la stessa Luna. E senz’altro esatto, ma solo per quanto riguarda un fenomeno che proceda in quel modo. Che cosa facciamo, dunque? Vediamo ciò che riteniamo un corpo celeste in movimento, colleghiamo con linee quel che vediamo nei diversi punti e cerchiamo di interpretare quelle linee. Questo ci dà il sistema copernicano.

 

Così però non procedeva la scuola da cui è sorto il sistema tolemaico. Allora si viveva percependo entro il complesso dell’uomo, come ho indicato ieri. A seguito di quella percezione, l’immagine che ci si faceva dei corpi celesti era del tutto diversa da quella più tarda. Chi seguiva il sistema tolemaico con la percezione, non diceva: la Luna è lassù. Solo adesso viene visto così il sistema cosmico. Non diceva “la Luna è lassù”, perché in tal caso si sarebbe riferito solo a un fenomeno visivo. Allora ci si riferiva all’uomo e si pensava: io sono sulla Terra, e come è vero che sono qui sono anche sulla Luna, perché la Luna è come nella fig. 1 [superficie tratteggiata]. La Terra è al centro, e la Luna è più grande della Terra. Ha un raggio grande quanto ciò che ora chiamiamo la distanza della Luna, e non si può parlare di distanza del centro della Luna dal centro della Terra. Questa è la grandezza della Luna nel sistema tolemaico, per come fu pensato all’origine. Quel corpo non è visibile e produce a un’estremità un processo grazie al quale è visibile solo il pezzetto che vediamo. Tutto il resto è invisibile, e di sostanzialità tale da potervi vivere ed esserne compenetrati. Diventa visibile solo a un’estremità. Rispetto alla Terra ruota tutta la sfera, che non è propriamente una sfera ma un ellissoide rotante; ruota anche la parte visibile, vale a dire la Luna visibile, che è solo una parte della realtà che ci riguarda.

                                                                      

 

Questa rappresentazione, che è esistita veramente, non sembrerà tanto paradossale se ci poniamo davanti all’anima un’analogia. Pensiamo alla cellula germinale umana o animale (fig. 2, pag. 40).

Si sa che a un certo stadio dello sviluppo dell’uovo, in un suo punto che altrimenti è tutto trasparente, si produce la cosiddetta area germinativa dalla quale procede la formazione del resto dell’embrione. Eccentrico, periferico, si ha dunque un punto dal quale inizia la forma. Paragonando questo corpuscolo con ciò che nel sistema tolemaico era l’immagine della Luna, si rileverà l’analogia. Possiamo così dire che l’immagine tolemaica del mondo rispecchia anche un’altra realtà, diversa da quella che è data soltanto dall’immagine luminosa della Luna.

 

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Fig. 2

 

Tutto ciò era nell’uomo ai tempi in cui il sistema tolemaico era sentito come una realtà: l’esperienza interiore, il sentire fin entro l’organismo di essere nella Luna; ora è perduto e ci si limita alla sua immagine luminosa. L’uomo del quinto periodo postatlantico non può più dire (perché non lo sa più) di essere nella Luna, di esserne compenetrato; la Luna è infatti per lui solo un piccolo disco luminoso, una falce luminosa o una semplice sfera. Il sistema tolemaico fu dunque costruito partendo da quel genere di percezioni interiori. Si può tornare a quelle percezioni anche oggi, osservando le cose nel loro giusto aspetto, riconquistando la facoltà di sperimentare di nuovo la Luna. E però comprensibile che chi oggi pensa alla Luna nel modo abituale dica: non riesco a capire che rapporto ci possa essere tra la Luna e qualcosa in me. In fondo, è meglio rifiutare del tutto ogni influsso lunare sull’uomo che costruirci sopra ogni sorta di fantasie. Se però l’immagine corrisponde alla realtà (per cui viviamo realmente nella Luna, e quella che chiamiamo Luna è un insieme di forze che ci compenetra di continuo) non dobbiamo stupirci se quelle forze agiscono sugli uomini e sugli animali, se ciò che ci compenetra ha a che fare con la struttura del nostro organismo. Dobbiamo riconquistarci dunque queste immagini, ci deve essere chiaro che il cielo visibile è veramente solo una manifestazione parziale del reale, del sostanziale spazio cosmico.

 

Sviluppando l’immagine di vivere entro un nesso sostanziale, si avrà la sensazione che tutto ciò è molto, molto reale. L’abbiamo però sostituito con la nostra attuale concezione astronomica, con ciò che chiamiamo gravitazione. Troviamo che esiste una forza di reciproca attrazione fra quello che pensiamo corpo della Luna e quello che pensiamo corpo della Terra. Dalla linea di gravitazione, che possiamo pensare come rotante, otteniamo ciò che secondo le antiche teorie astronomiche era chiamato “sfera”, la sfera di un qualsiasi pianeta. Ciò che era stato percepito come sostanziale, e che anche da ora in poi può essere vissuto come tale, è stato trasformato in linee pensate.

 

Dobbiamo pensare tutta la configurazione del cosmo in modo diverso dal consueto. Oggi ci regoliamo secondo i pensieri gravitazionali e diciamo, ad esempio, che alta e bassa marea sono in relazione con determinate forze gravitazionali della Luna. Parliamo come se dalla Luna uscisse una forza che solleva l’acqua. Secondo l’altra immagine dovremmo dire: la Luna compenetra anche la Terra, e compenetrando la sua sfera acquosa avviene qualcosa che in un luogo si manifesta nel sollevamento dell’acqua, in un altro come fenomeno luminoso.

 

Non è necessario pensare a una speciale forza di attrazione, bensì che la sfera lunare che compenetra la Terra formi con questa stessa un’organizzazione; nei due fenomeni vediamo due aspetti di un unico processo.

Mi sono servito ieri di considerazioni storiche per arrivare a determinati concetti. Avrei anche potuto tentare di arrivarvi senza ricorrere a teorie passate, ma allora sarei dovuto partire da premesse della scienza dello spirito per arrivare alle stesse conclusioni.

 

Immaginiamo ora la sfera terrestre (fig. 3, pag. 70), intesa come Terra solida.

Naturalmente, per la sfera della Luna devo immaginare un’altra consistenza e sostanzialità. Posso anche pensare che lo spazio compenetrato da queste due sfere sia pure compenetrato da una terza e anche da una quarta sfera. Immagino dunque lo spazio compenetrato da una terza sfera, che potrebbe essere quella del Sole, interiormente di qualità diversa da quella della Luna.

 

 

Esse sono in rapporto di scambio tra loro, in quanto si compenetrano; l’espressione di tale rapporto viene configurato nell’organismo. Si arriva così a rendersi conto che in definitiva si possono guardare insieme le diverse sostanzialità dell’organismo e ciò che si esprime nella loro struttura, quale risultato del loro compenetrarsi. I movimenti visibili dei corpi celesti sono il segno, l’aspetto visibile dei confini della sfera in determinate circostanze. Questa immagine è indispensabile per giungere a pensieri reali sulla struttura del nostro universo. Rispetto a prima, si può ora collegare all’idea dei rapporti tra organizzazione umana e struttura del sistema cosmico qualcosa di più reale. Finché si vedranno solo corpi celesti non potremo avere idee chiare di quei nessi. Quando si passa alla realtà si possono avere queste rappresentazioni chiare, anche se al principio si è un po’ smarriti al pensiero di tutte le sfere che si compenetrano, al pensiero spiacevole del nostro organismo compenetrato in tal modo.

 

Direi però che la cosa è anche peggio. Noi siamo compenetrati dalla sfera terrestre in modo ancora più vasto, perché la Terra non è solo un globo solido, ma anche masse d’acqua e d’aria entro cui viviamo. Tutto ciò è già una sfera nella quale viviamo. L’aria è ancora qualcosa di molto grossolano rispetto agli influssi prodotti dagli altri fenomeni celesti. Ci troviamo dunque nella sfera terrestre, nella sfera del Sole, nella sfera della Luna e in molte altre ancora. Per ora limitiamoci a queste tre e diciamo che qualcosa in noi è il risultato della sostanzialità di queste tre sfere. Abbiamo qualcosa che, se osservato dal punto di vista quantitativo, suscita nel matematico un certo orrore; abbiamo quello che lui chiama il problema dei tre corpi. Ciò però opera in noi nella sua realtà, nel suo esito.

 

Ci deve essere chiaro che non è facile decifrare la realtà, che la verità non è semplice e che l’abitudine di voler comprendere la realtà in forma semplice e comoda deriva soltanto da pigrizia mentale. Molto di ciò che passa per scientifico deriva soltanto da quella pigrizia mentale. Se non si è pigri, si deve procedere con prudenza come cerchiamo di fare noi in queste conferenze; a volte non sembriamo abbastanza prudenti solo perché la brevità del tempo ci costringe a saltare da un tema all’altro; si devono poi trovare i necessari collegamenti che pur esistono.

 

La stessa prudenza ci è indispensabile per studiare il medesimo problema da un altro lato: quello dell’organismo umano in relazione con gli altri regni della natura. Avevo già detto che possiamo pensare a una biforcazione che parte da un punto ideale. Da un lato abbiamo il regno vegetale, dall’altro quello animale. Prolungando col pensiero il divenire della pianta nella natura, abbiamo la sua mineralizzazione. Ce la possiamo immaginare benissimo da un esempio molto grossolano: nel carbon fossile vediamo il vegetale mineralizzato. Che cosa ci impedisce di cogliere analogie per altri processi vegetali, ad esempio per il silicio e altri minerali derivabili dalla mineralizzazione di piante?

 

Ho detto che non si può procedere allo stesso modo se si cercano le relazioni tra il regno animale e quello umano. Qui dobbiamo immaginare che l’evoluzione avanzi nel regno animale, poi però si ripieghi su se stessa e si realizzi fisicamente su un gradino inferiore rispetto a quello degli animali, così da poter dire: la formazione dell’animale e dell’uomo parte da un punto comune, ma l’animale avanza di più, prima di diventare realmente fisico all’esterno; l’uomo si ferma a un gradino precedente, quando diventa fisicamente reale. Poiché questi processi si riferiscono all’evoluzione embrionale, è perciò possibile che l’uomo abbia la capacità di continuare ad evolversi dopo la nascita molto più dell’animale. Nel minerale la formazione della pianta è andata oltre l’estremo del vegetale; nell’uomo la formazione animale non è portata sino all’estremo, ma trattenuta in sé, sì che la formazione esterna da parte della natura comincia a un gradino precedente. Otteniamo così un punto ideale da cui partono due rami: uno più lungo senza limiti, l’altro più breve che diventa indeterminato in se stesso dalla parte negativa: regno vegetale – regno minerale, regno animale – regno umano.

 

Dobbiamo ora giungere a una certa rappresentazione di ciò che è la formazione dell’uomo rispetto a quella dell’animale. Nell’uomo l’evoluzione è dunque trattenuta, in un certo senso è reso precocemente reale ciò che vuole realizzarsi. Se studiamo ora tutto il processo così come deve essere rappresentato, tenendo anche presente quel che già dissi in queste conferenze, allora, a proposito dell’importanza del Sole nella formazione del corpo animale durante l’evoluzione embrionale, veniamo a sapere che la luce diretta del Sole è in relazione con la configurazione della testa dell’animale, e che la luce indiretta del Sole, potrei anche dire l’ombra del Sole in relazione alla Terra, influisce sulla polarità opposta alla testa dell’animale. Guardando ora con attenzione la formazione animale in tal modo compenetrata dalla sostanzialità cosmica del Sole, troveremo il passaggio a quel che sto per dire. Ammettiamo che la formazione dell’animale sia in qualche modo influenzata dal Sole. Se seguissimo la concezione astronomica ordinaria, ci domanderemmo se nell’influsso del Sole sull’animale esiste anche la possibilità che intervenga dal cosmo un effetto della luce solare non del tutto dipendente dal Sole. Sì, esiste. Ogni volta che ci illumina la Luna piena, o splende comunque la Luna, ci giunge anche la luce solare. Dal cosmo ci giunge in qualche modo la luce del Sole.

 

Questo vale anche per l’uomo nella vita embrionale, ed era così in precedenti stadi della Terra, quando vi era un influsso diretto. Oggi ne abbiamo ereditato l’eco, il ricordo. Abbiamo dunque l’influsso del Sole, sia diretto, sia indiretto attraverso la Luna.

 

Con uno schema immaginiamo come avvenga lo sviluppo dell’animale per l’influsso del Sole (fig. 4).

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Fig. 4

 

Potrei dire che qui abbiamo il solito effetto diurno-notturno sulla testa e sulla sua controparte polare. Questo sarebbe l’influsso abituale del Sole sull’animale.

 Prendiamo ora l’effetto della luce solare quando la Luna è in opposizione, quando si è in plenilunio, quando la luce del Sole agisce di riflesso.

 

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Se pensiamo la freccia della fig. 5 come la direzione formativa dell’animale con i raggi diretti del Sole, dovremo anche pensare che lo sviluppo dell’animale continui sempre nella direzione di quei raggi e che l’animale diventi sempre più animale quanto più il Sole agisce su di lui. Se però la Luna agisce con la sua luce riflessa dal lato opposto, o meglio se il Sole agisce attraverso la Luna, allora si toglie qualcosa al divenire animale, che si ritira in sé (fig.. 6, pag. 73). Il ritirarsi corrisponde alla direzione inversa del secondo ramo della biforcazione (fig. 7). Si vede dunque che abbiamo una correlazione cosmica per quel che ho indicato come una caratteristica della differenza fra uomo e animale.

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Quel che ho detto ora è realmente e immediatamente percepibile da chi ha la facoltà di percepire queste cose. L’uomo deve questo arresto della sua organizzazione proprio all’effetto della luce solare riflessa dalla Luna. L’azione della luce solare, la sua qualità (è comunque luce solare), è indebolita perché il Sole oppone a se stesso una controimmagine nell’azione lunare.

Se il Sole non si opponesse a se stesso, la nostra tendenza formativa ci darebbe forma animale. Quindi l’azione del Sole riflessa dalla Luna ha un effetto contrario. La formazione è rallentata perché opera la parte negativa, e ne risulta la figura umana.

 

Seguiamo ora sull’altro ramo la pianta e vediamo quale sia l’effetto del Sole su di essa (che sia un effetto del Sole è evidente); effetto che però in dati periodi non può manifestarsi. Durante l’inverno la pianta non può sviluppare la propria vita germogliante, e anche fra il giorno e la notte si vede una differenza nello sviluppo della pianta. Pensiamo però ripetuto un infinito numero di volte questo influsso, che avviene sempre secondo un ritmo: che cosa abbiamo? Abbiamo l’azione del Sole e l’azione della Terra quando il Sole non agisce direttamente, ma è schermato da essa. Il Sole agisce, poi non agisce più, ma agisce la Terra quando copre il Sole, e questo agisce da sotto. Abbiamo così un alternarsi ritmico di azione prevalente del Sole e della Terra. I vegetali sono dunque alternativamente esposti al Sole e poi di nuovo risucchiati, per così dire, dalla Terra. Abbiamo anche dell’altro: in sostanza un rafforzamento dell’effetto solare nella pianta che, congiunto con l’effetto Terra, si manifesta a poco a poco nella pianta in un processo di mineralizzazione. Diciamo allora che nella biforcazione abbiamo da una parte l’effetto del Sole sul vegetale che la Terra porta alla mineralizzazione, e dall’altra l’effetto del Sole sull’animale che è trattenuto in sé per effetto della Luna, arrivando all’uomo (fig. 7).

 

Potrei disegnare la figura anche in altro modo (fig. 8). Da un lato retrocede all’uomo, dall’altro procede al minerale che naturalmente avrebbe altre forme. È solo una figura simbolica, ma è forse più chiara della precedente, che è composta solo da linee, in quanto esprime meglio il lato di pianta e minerale e quello di animale e uomo.

 

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Non si arriverà mai all’essenza della natura solo tracciando linee, ma seguendo questa immagine. Tutti i sistemi costruiti mettendo in fila minerale, vegetale, animale, uomo, risulteranno insoddisfacenti. I quattro regni sono in un rapporto più complesso di quello che procede in base a uno sviluppo lineare. Movendo invece dall’immagine proposta, certo non si arriva a chissà quale generatio aequivoca, a una creazione primordiale, ma a un punto centrale ideale che si trova fra animale e pianta, che non è nella sfera fisica, ma che è di sicuro in relazione con il problema dei tre corpi: Terra, Sole, Luna. Anche se non si può presentare matematicamente ciò che sembrerebbe un centro di gravità ideale fra Sole, Luna e Terra, anche se non si arriva a risolvere bene il problema di quei tre corpi, esso è risolto nell’uomo. Elaborando in sé l’elemento minerale, vegetale e animale, l’uomo crea in sé l’intersezione ideale dei tre influssi. È segnato in lui, è in lui senza alcun dubbio. Poiché è in lui, si deve anche ammettere empiricamente che è in luoghi diversi, poiché è in ogni singolo uomo, dunque in tutti gli uomini, i quali sono sparsi su tutta la Terra in modo da essere in una determinata relazione con Sole, Luna e Terra. Qualora si riuscisse in un certo modo a trovare un punto medio ideale tra gli effetti solare, lunare e terrestre, e si arrivasse a trovare il movimento di quel punto per ciascun singolo individuo, allora veramente si giungerebbe al concetto di ciò che forse potremmo chiamare movimento fra Sole, Luna e Terra.

 

Qui però il problema si complica ancora di più, perché abbiamo tanti punti quanti sono gli uomini sulla Tetra, per ciascuno dei quali dobbiamo cercare i movimenti. Potrebbe darsi però che questi movimenti siano solo in apparenza diversi per i diversi uomini. Ne parleremo ancora domani.