14 – La vita dopo la morte. Nessi tra il mondo sensibile e quello soprasensibile

O.O. 140 – Ricerche occulte sulla vita fra morte e nuova nascita – 10.03.1913


 

QUATTORDICESIMA CONFERENZA

 

Sommario: Necessità di prepararsi già nella vita terrena per poter accogliere in modo giusto dalle Gerarchie superiori i doni che aiutano a configurare una nuova corporeità. La dipendenza della vita terrena dalle incarnazioni precedenti. Esempi di sequenze karmiche, con i nessi tra tre ripetute vite terrene e le due intermedie nel dopo morte. Il significato dell’amore, dell’entusiasmo e della dedizione nel lavoro che si svolge sulla Terra. Il senso delle forze rimaste inutilizzate sulla Terra da persone morte prematuramente. La necessità di sviluppare una percezione sempre più profonda, al di là della maya, nei confronti della direzione del mondo piena di saggezza.

 

Miei cari amici, in cerchie nelle quali regna una mentalità materialistica viene impiegato di frequente un modo di dire che in un primo momento, per lo meno osservato esteriormente, pare essere in fondo molto ragionevole, ma che si presenta ben diverso quando lo si illumina con le conoscenze della scienza dello spirito. Lo si poteva udire assai spesso, soprattutto nell’epoca in cui fiorì il materialismo teorico e s’impadronì di grandi cerchie popolari. Anche oggi, però, a volte lo si ode ancora.

Suona così: “Se pure si volesse ammettere che c’è una vita oltre la porta della morte, l’uomo non avrebbe proprio bisogno di occuparsene prima di avvicinarvisi; infatti, una volta passato per la porta della morte, vedrà allora cosa succede. Per quaggiù, per il mondo fisico, è più che sufficiente ambientarsi in questa esistenza fisica e si può sperare che, se solo ci si è familiarizzati con essa, allora – nel caso ci fosse una tale vita oltre la porta della morte – si sarà già atti a farsela avvicinare nel modo opportuno”.

 

Allo sguardo veggente, che ha da contemplare l’ambito che l’uomo attraversa vivendo tra la morte e una nuova nascita, questo modo di dire si dimostra però del tutto inconcepibile. Infatti, quando è passato per la porta della morte – già vi abbiamo accennato nelle considerazioni fatte l’ultima volta che fui qui – l’uomo è occupato anzitutto a elaborare quello che ancora gli è rimasto come residui, ricordi e legami dell’ultima vita terrena.

Si potrebbe dire che nei primi tempi dopo la morte guarda indietro, in certo qual modo, alla sua ultima vita terrena per anni, addirittura per decenni, è ancora occupato con cose che sono rimaste nel corpo astrale come forze dell’ultima vita. Sempre più egli entra però nella sfera che l’ultima volta abbiamo descritto da un punto di vista cosmico; entra sempre più nella sfera in cui viene a rapportarsi con le entità delle Gerarchie superiori. E tra la morte e una nuova nascita l’uomo deve mettersi in relazione con tali entità delle Gerarchie superiori, perché deve raccogliere quelle forze che poi gli occorrono quando, con la nascita, entra nuovamente in un’esistenza fisica.

 

L’uomo deve portarsi due cose entro questa esistenza,

che gli vengono per così dire formate e rinvigorite tra la morte e la nascita.

• Deve portarsi delle forze che lo rendono capace, quando si è unito a quanto si trova nella corrente ereditaria e a quanto gli viene trasmesso, diciamo, come sostanzialità proveniente dalla corrente ereditaria: in ciò che allora si congiunge con la corrente ereditaria deve avere le forze che – a partire dai primi anni e poi per molto tempo ancora durante la vita – configurano plasticamente la corporeità dall’interno, così che essa venga perfettamente adattata all’individualità che l’uomo si porta di qua dalla vita terrena precedente.

Quello che viene dato all’uomo dai suoi antenati, nella linea ereditaria fisica, corrisponde all’individualità umana solo per il fatto che l’uomo viene attratto da una data mescolanza di relazioni, diciamo, nella linea ereditaria fisica generata da come erano il padre, la madre, il nonno, la nonna e così via, a ritroso.

 

L’uomo viene attirato da quanto può sorgere dalla linea ereditaria fisica, ma quello che così riceve come suo involucro esteriore, passando attraverso la nascita deve anzitutto venir configurato plasticamente nei particolari.

Viene plasmato con l’aiuto di una disposizione infinitamente complessa di forze che l’uomo porta con sé dal mondo spirituale e che consegue ricevendo certe forze da un ordine di Gerarchie, e certe altre da un altro ordine di Gerarchie.

Se vogliamo usare un’espressione figurata, possiamo dire che all’uomo, tra morte e nuova nascita, vengono consegnati dei doni dalle entità delle Gerarchie superiori, e questi doni sono le forze delle quali ha bisogno per adattare alla propria individualità ciò che gli viene trasmesso mediante l’ereditarietà.

 

Se questo è un fatto di cui dobbiamo tener conto per l’uomo che si incarna,

• l’altro è che l’uomo lavora a sua volta, malgrado non ne sia consapevole, a congegnare e configurare il proprio destino. Varie cose che nella vita umana avvengono come per caso le provoca invece l’uomo, con l’aver fatte proprie, tra morte e nuova nascita, le forze che nella vita terrena lo rendono atto a giungere proprio in prossimità di ciò che può trovarsi nel suo karma. Tutto questo ci indica come egli debba ricevere, tra la morte e una nuova nascita, i doni dalle entità delle Gerarchie superiori con le quali entra lì in rapporto.

 

Ora, come si mostra allo sguardo veggente, due cose sono possibili

quando l’anima umana attraversa la regione tra la morte e una nuova nascita.

• È possibile che quest’anima, senza luce spirituale, quasi brancolando nel buio, debba infilarsi tra le entità delle Gerarchie superiori, così da non trovare mai modo, in realtà, di ricevere i loro doni corrispondenti alle proprie tendenze interiori.

Nel percorso tra la morte e una nuova nascita, se si vuole ricevere tali doni, si deve avere la possibilità di contemplare questi esseri delle Gerarchie, di confrontarsi davvero coscientemente con queste entità.

Detto in modo figurato: nel buio, senza luce – naturalmente si intende una luce spirituale -, ci si può dover contorcere passando affianco a quello che si dovrebbe sperimentare, cioè la comunione con le entità delle Gerarchie superiori.

 

• Ma si può anche passarvi in modo che, a seconda che se ne abbia necessità in base al karma,

si vengano ad avere questi doni illuminati e li si riceva nel modo giusto.

La luce che ci deve illuminare,

affinché non passiamo al buio tra le entità delle Gerarchie superiori,

non può tuttavia mai più venirci data una volta passati per la porta della morte,

se non ce la portiamo già a mezzo di ciò che sviluppiamo come sentimenti, sensazioni, pensieri

che, nella vita tra nascita e morte, siano rivolti ai mondi superiori.

• È dunque qualcosa che noi stessi dobbiamo prepararci in questa vita, prima della morte fisica.

 

Rivolgendo pensieri, sensazioni, sentimenti verso i mondi spirituali – magari anche solo rivolgerli avendone il presentimento, ma pur tuttavia rivolgendoli -, ci prepariamo la luce. Questa luce, grazie alla quale passiamo tra le entità delle Gerarchie superiori in modo che queste possano davvero darci i loro doni, in modo che non manchiamo la presa quando dobbiamo riceverli, può infatti risplendere solo da noi stessi.

 

Vediamo dunque che è del tutto sbagliato il detto secondo il quale possiamo aspettare, e non abbiamo bisogno di curarci dei mondi soprasensibili fino a che non subentra la morte. È totalmente sbagliato, perché il modo in cui le Gerarchie superiori si accostano a noi, se ci si avvicinano così da poterne ricevere le forze che ci occorrono per la prossima vita, dipende da come noi stessi siamo in grado di illuminarci la regione tra la morte e una nuova nascita, specialmente per un certo tratto.

Se abbiamo trascorso la vita fino alla morte fisica negando completamente, oppure respingendo, il pensiero dei mondi soprasensibili, allora restiamo al buio. All’intelligenza ordinaria dell’uomo quel detto può certo sembrare del tutto plausibile, accettabile; se commisurato ai fatti dei mondi superiori, cessa di essere vero.

 

Così, allo sguardo veggente spesso si mostra persino come per un uomo che non si sia curato dei mondi soprasensibili e non abbia voluto saperne nulla – che sia vissuto secondo la massima per cui qui nel mondo fisico ogni opinare, ogni pensare, ogni provare sentimenti e sensazioni è rivolto soltanto a questo mondo, che si sia detto: “il resto mi si accosterà quando sarà ora”-, lo sguardo veggente allora può scoprire che un’anima simile, una volta passata per la porta della morte, viaggia appunto nel buio.

Essa, passando così attraverso l’oscurità, deve perdersi i doni che dovrebbero venirle dati dalle entità delle Gerarchie superiori. Quando poi un’anima del genere entra con la nascita in una nuova esistenza terrena, le difettano quelle forze che possono elaborare la corporeità, che saprebbero configurare plasticamente questa formazione interna, così che l’uomo nella vita sia veramente adeguato, in modo conforme al proprio karma.

Se in una vita precedente egli si è mostrato ottuso nei confronti dei mondi soprasensibili, nella maniera che si è appena indicata, deve allora entrare in una nuova esistenza sprovvisto di equipaggiamento e inadeguato, quando questa ottusità è passata attraverso le tenebre.

Nella propria corporeità egli non ha elaborato le forze che nella vita terrena successiva dovrebbe aver configurato, certe formazioni interiori non si sviluppano. In un certo senso l’uomo rimane inferiore rispetto a quanto sarebbe potuto, e anche dovuto, diventare. Nella vita precedente egli fu volontariamente torpido e, di necessità, nella successiva vita terrena diventa più ottuso di quanto poteva e doveva diventare. Non riesce a capire quanto altrimenti avrebbe potuto; non può prendere parte al mondo nella misura in cui, diversamente, avrebbe potuto. Resta senza interesse nei riguardi di ciò per cui altrimenti avrebbe provato interesse.

Tutto questo può presentarsi come conseguenza karmica dell’essere restati volontariamente torpidi in una vita precedente. Così, quando varca di nuovo la porta della morte, l’uomo può passarvi con un patrimonio animico acquisito che è rimasto molto inferiore rispetto a quel che poteva diventare.

 

Quando allora rientra nel mondo spirituale, e riattraversa la regione tra la morte e una nuova nascita, si potrebbe credere di primo acchito – poiché in sostanza egli è davvero diminuito nelle sue forze interiori ed è divenuto inadeguato – che debba brancolare ancor di più nel buio; e si potrebbe quasi disperare che un essere umano siffatto possa un giorno tornare a elevarsi. Ebbene, non è così.

In questa vita tra la morte e una nuova nascita si avvicina invece qualcos’altro che deve porsi davanti all’anima come un secondo fatto da considerare. Nella vita che poi segue all’esistenza necessariamente ottusa, essendosi essa svolta in quel modo, Lucifero ha con le sue forze un particolare potere sull’uomo e ora gli illumina il campo tra la morte e una nuova nascita.

L’uomo deve adesso ricevere quei doni degli esseri superiori illuminati da forze luciferiche. Tutti questi doni vengono così ad avere una colorazione particolare.

Non essendo passato per le tenebre, ma non essendosi neppure illuminato da sé il relativo ambito, di certo l’uomo entra nell’esistenza successiva così da essere capace di configurare plasticamente quanto gli viene conferito nell’ereditarietà, però tutto ciò cui dà forma ha una tinta luciferica.

 

Se poi si osserva un uomo simile nella vita seguente, spesso egli è del tipo di numerosi esseri umani che si incontrano in particolare nel nostro periodo attuale: uomini con una capacità di giudizio non solo sobria e asciutta, ma egoistica, con una egoistica ragionevolezza che, ovunque si presenti nella vita, mira solo al proprio vantaggio. Questo deriva, come qualità dell’anima, da tutto quanto si è descritto in precedenza.

Gli egocentrici che sono intelligenti, ma atti a impiegare tale sagacia solo al servizio del proprio egoismo, che dispongono tutto in modo che sia servito il loro egoismo, che sono svegli, ma solo a proprio vantaggio, sono per lo più anime che hanno precedentemente attraversato il percorso or ora illustrato.

Poiché queste anime non rimangono tuttavia ottuse, ma possono adesso accostarsi ai mondi spirituali, per via di varie forze che sono in loro magari da incarnazioni terrene ancora di molto precedenti, c’è la possibilità che riescano ad avvicinarsi a ciò che sulla Terra, nella vita fisica, può di nuovo portare un raggio di esistenza veramente soprasensibile.

È perciò possibile venir infiammati da conoscenze dei mondi superiori in una nuova esistenza terrena. Un’anima simile non è costretta a chiudere con ogni ulteriore penetrazione nei mondi spirituali – tornerà a elevarsi, ma quel che si è descritto accadrà.

 

Qui abbiamo un nesso molto singolare, e pieno di significato, fra tre vite terrene e le due interposte vite tra morte e nuova nascita. Lo sguardo veggente, proprio quando si volge a quegli uomini che oggi passano per intelligenti, giudiziosi, ma che in tutto ciò che apprestano pensano solo al proprio vantaggio, scopre di fatto molto spesso ciò che è stato descritto, come eventi precedenti relativi a queste anime.

 

• Prima una vita che si è volontariamente distolta da ogni interesse per i mondi soprasensibili;

• poi una vita che non ebbe gli organi corporei interiori anche solo per interessarsi di qualcosa del mondo fisico,

cosa che sarebbe potuta spettarle se non avesse avuto, per l’appunto, tali premesse;

• poi una vita successiva al servizio solamente dell’intelletto egoistico, dell’intelligenza egoistica.

 

Circa l’ampia diffusione dell’intelligenza egoistica nel nostro attuale periodo, è possibile osservare proprio questo percorso delle anime umane.

Qui infatti retrocediamo in tempi nei quali troviamo molti, molti uomini che in incarnazioni precedenti, per via dei loro organi rudimentali, avevano solo un interesse molto torpido persino nei riguardi del normale soltanto verso il mondo soprasensibile.

 

Risaliamo poi a una terza incarnazione, che spesso per queste anime si trova in quello che chiamiamo il quarto periodo di civiltà postatlantico, nel quale, più di quanto oggi si creda, regnarono nelle più svariate regioni della Terra un volontario ateismo e una volontaria assenza di interesse nei confronti dei mondi soprasensibili.

Stando così le cose, oggi è proprio possibile studiare il descritto percorso evolutivo dell’anima in relazione agli eventi accennati. Ma lo studio di questo percorso ci mostra in modo molto chiaro cosa debba accadere a un’anima che nel nostro tempo si chiuda di nuovo volontariamente ai mondi soprasensibili.

 

La vita in tre incarnazioni successive può decorrere anche in modo diverso.

Si può allora presentare ad esempio quanto segue:

• osserviamo un’anima che in sostanza sia tale per cui, con un certo fanatismo,

con una certa grettezza appaga i propri bisogni animici in ciò che si dà di primo acchito.

Si osserva un’anima religiosamente egoista, si vorrebbe dire.

 

Oggigiorno troviamo anime del genere. Ci sono sempre state nel corso dell’evoluzione umana sulla Terra anime credenti, diciamo, istintivamente credenti, perché per un certo egoismo animico vogliono aspettarsi, in un aldilà, una sorta di ricompensa o di pareggio per la vita terrena fisica. Questa aspettativa può certo essere egoistica, e può andare congiunta a una fanatica ristrettezza d’animo nei confronti di ciò che intorno ai mondi superiori si accosta agli uomini come scienza dello spirito, o provenendo dai Misteri.

Quante persone vediamo oggigiorno che si attengono certamente alla prospettiva di un mondo spirituale, però respingono con meschinità fanatica tutto ciò che non va nella direzione del credo nel quale sono nate e sono state educate. Spesso anime simili sono soltanto troppo “comode” per conoscere qualche cosa intorno ai mondi spirituali. In queste anime, sebbene credano nell’aldilà, può essere radicato un profondo egoismo.

 

Tutto ciò che è collegato in questa maniera alla fede nell’aldilà rimanda di nuovo al fatto che l’uomo, tra morte e nuova nascita, non trova la strada nel modo giusto, non riesce a ricevere i doni delle entità delle Gerarchie superiori nella maniera adeguata; questi doni gli giungono così che quando torna a entrare nella vita terrena, con la nascita successiva, egli può certo lavorare alla propria corporeità, lavora in certo qual modo anche a mettere insieme il proprio karma, ma configura e assembla il tutto in maniera sbagliata. Elabora la sua corporeità così da divenire, per esempio, un ipocondriaco, una persona ipersensibile che è destinata, già per via delle sue predisposizioni corporee, a venir toccata dal mondo esterno in modo da dover procedere nell’esistenza burbera, scontenta e insoddisfatta, e da venir toccata da questa esistenza così da ritenersene sempre ferita.

 

Dalle cause che sono appena state descritte può venir fuori un certo carattere ipocondriaco, patologicamente malinconico, preparato, pre-condizionato dalla corporeità. Perciò un fanatico attenersi, in senso egoistico, a certe forme di credenza nell’aldilà può anch’esso portare l’uomo ad attraversare in modo altrettanto scorretto la regione tra morte e nuova nascita, e in tal caso, in una successiva vita terrena, può rendere la sua corporeità sensibile in maniera impropria.

 

Quando poi un’anima del genere entra di nuovo nella vita spirituale attraverso la porta della morte, allora su di lei ha un profondo influsso specialmente tutto l’elemento arimanico, come si mostra allo sguardo chiaroveggente. Questa arimanicità conferisce ad ogni forza che l’uomo allora raccoglie tra morte e nuova nascita una sfumatura, una configurazione tale per cui egli si porta nell’esistenza quelle forze così da diventare, con la nascita seguente – senza poterci far nulla, semplicemente a causa della propria predisposizione – in un certo qual modo gretto, nel suo rappresentare e nel suo sentire, incapace di abbracciare spregiudicatamente il mondo con lo sguardo. Numerose persone che si trovano fra noi, le quali hanno una certa ristrettezza d’animo e non sono in grado di uscire coi loro pensieri da certi limiti, in certo qual modo hanno i paraocchi e, anche se si sforzano, restano pur sempre per così dire limitate, tali persone devono questo karma alle situazioni illustrate.

 

Per rendere ancora più chiaro cosa s’intenda, guardiamo l’esempio seguente.

Ecco qua un uomo in gran buona fede, probabilmente anche del tutto convinto della verità di ciò che afferma, il quale ha scritto intorno all’educazione religiosa dei bambini nel primo calendario dei liberi pensatori, uscito l’anno scorso. Lì ha formulato una logica siffatta: dice che non si dovrebbe dare ai bambini un’educazione religiosa, perché sarebbe innaturale; se infatti si lascia che essi crescano senza portare loro concetti e idee religiosi, senza inocular loro sentimenti religiosi, si vede che da soli non vi giungono. Ne risulterebbe che è innaturale imporre all’anima umana quei concetti e quelle idee, dal momento che le sono impressi solo dall’esterno.

 

È cosa del tutto sicura che i sedicenti liberi pensatori accolgano con entusiasmo un pensiero del genere, e lo trovino persino profondo. Basta però riflettere su quanto segue: è noto a tutti come un bambino che fosse stato portato su un’isola deserta prima di aver imparato a parlare, dovendo crescere là senza che gli pervenga un suono umano, a parlare non imparerebbe mai! Ne consegue che l’essere umano non si forma da solo il linguaggio, se non gli viene apportato da fuori.

Il buon predicatore, libero sul piano religioso, dovrebbe anche vietare ai suoi seguaci di insegnare ai bambini a parlare, dal momento che questi non sviluppano da sé il linguaggio.

Vediamo dunque che quanto appare molto logico, e che in certi casi una comunità molto estesa intende come profondo, non è altro che un nonsenso logico. Infatti, nel momento in cui si va oltre col pensiero, ciò si dimostra presto come molto fragile logicamente. Qui c’è una persona che ha i paraocchi.

 

Esempi simili li troviamo a ogni piè sospinto nella vita odierna. Proprio oggigiorno si trovano infinitamente spesso persone con paraocchi simili, le quali all’apparenza dispiegano in modo straordinario le loro attività animiche, ma falliscono nel momento in cui devono uscire da un certo ambito che si sono tracciate: semplicemente non vedono al di fuori di quell’ambito. Se seguiamo queste persone nel passato, troviamo che le loro due incarnazioni precedenti sono configurate come si è detto.

 

Anche da ciò, ci si può mostrare quale futuro si prospetti a un’anima umana che oggi per comodità, per egoismo – come avviene per così tante anime – si chiuda in una religione positiva, senza interrogarsi più di tanto sul fondamento di essa. Non è infatti così che vivono oggi molte persone fra noi, le quali appartengono a una religione semplicemente perché vi sono nate, e più tardi sono troppo pigre per uscirne ma vi restano fedeli con fanatismo egoistico? Anche se forse è un pensiero intollerabile: sono buoni protestanti, o buoni cattolici, per il motivo per cui sarebbero allo stesso modo dei normali buoni turchi se, per disposizione del loro karma, fossero nati proprio nel cuore dell’Islam. Oggi però è giunto il tempo, nell’evoluzione dell’umanità, nel quale le anime in un certo qual modo rimangono indietro, e divengono inadeguate in incarnazioni successive se non vogliono aprire gli occhi nei riguardi di ciò che, in maniera molteplice, può oggi accostarsi alle anime umane dai mondi spirituali.

Sì, i nessi karmici sono complicati. Ma ci si chiariscono se consideriamo alcuni degli esempi che si sono appena ora presentati alla nostra anima in vario modo.

 

La vita tra morte e nuova nascita, e perciò anche la vita terrena successiva,

dipendono da quella che le precede in tanti modi.

 

Con sguardo veggente possiamo osservare nel mondo spirituale anime che hanno ottenuto un compito singolare tra la morte e una nuova nascita – tutto quello che ci viene incontro nel mondo fisico è veramente suscitato dai mondi spirituali. Ma l’uomo, nel mondo fisico, non scorge come ovunque, nei processi del piano fisico, entrino in gioco le forze soprasensibili. Sotto questo aspetto la mente materialistica è la più miope.

Così, per esempio, tutto quello che si avvicina all’uomo – che si tratti di fattori terapeutici dell’aria o dell’acqua oppure di altri del nostro ambiente – viene spiegato solo unilateralmente, solo in parte, se lo vogliamo interpretare nel senso delle attuali teorie igieniche, appunto in maniera materialistica.

 

Tutto il modo in cui fattori terapeutici, salutari, o la vita germogliante e crescente che rende prospero il mondo umano, entrano in gioco nell’esistenza fisica, dipende da come le entità delle Gerarchie superiori inviano dal mondo soprasensibile entro quello sensibile i loro fattori curativi, di salute, le loro forze che fanno divenire grande e bella e rigogliosa la vita dell’uomo.

Ogni crescita e prosperità – questo si può osservare con lo sguardo soprasensibile -, ogni brezza salubre viene disposta a partire da forze soprasensibili, guidate e indirizzate dalle entità delle Gerarchie superiori.

 

Il veggente può poi vedere come in un certo periodo tra morte e nuova nascita l’anima umana presti servizio alle entità spirituali delle Gerarchie superiori che, dal mondo soprasensibile, inviano i fattori terapeutici, salutari e di crescita entro questo mondo sensibile. Vediamo allora qualche anima che, per un certo periodo della sua vita tra la morte e una nuova nascita, è dedita al lavoro che concerne il servizio delle entità delle Gerarchie superiori appena caratterizzate. Le anime alle quali è permesso di servire le entità or ora caratterizzate delle Gerarchie superiori, provano allora beatitudine.

Che all’anima umana sia consentito, per un certo periodo dopo la propria morte, servire così entità delle Gerarchie superiori che in senso buono, nel senso migliore, fanno prosperare e promuovono la vita dell’uomo, dipende dal fatto che questa stessa anima – lo si può osservare seguendo nel passato le anime umane prestanti un tale servizio – durante la sua incarnazione fisica abbia eseguito certe azioni in un modo ben preciso.

Qui nel mondo fisico l’uomo può compiere quel che ha da compiere brontolando a ogni occasione, perché gli è sgradito quel che fa, facendo pur tuttavia il proprio dovere come sotto un giogo. Spesso vediamo persone molto coscienziose, ma le vediamo tante volte compiere il loro lavoro senza dedizione, senza entusiasmo, senza amore per la cosa.

Vediamo altre persone che svolgono il proprio lavoro con amore per quel che fanno, con dedizione, con entusiasmo, con il pensiero di prestare con ciò un servizio all’umanità, sotto l’aspetto sociale o sotto qualche altro aspetto.

 

A quanto si è ora esposto è collegato ancora qualcos’altro, ed è importante proprio nel nostro tempo fare una considerazione del genere. In confronto a ciò che fu spesso la vita dell’uomo in tempi antichi, le cose sono davvero molto cambiate: aumentano sempre più delle attività umane che non fanno più sorgere l’entusiasmo, e proprio a causa del progresso dell’umanità devono aumentare.

Chi vorrebbe negare che già oggi esistono numerosi tipi di lavoro sul piano fisico, per i quali l’uomo diverrebbe semplicemente inautentico se fingesse entusiasmo nell’eseguirli, lavori che deve compiere per puro senso del dovere. Certamente l’uomo non deve permettere a nulla di distoglierlo dal fare il proprio dovere, anche controvoglia, se il suo karma lo ha collocato in un determinato posto. Ma ogni persona, se solo veramente vuole o se le viene almeno data l’occasione di volere, è in grado di fare nel corso della sua vita anche qualcosa che può venir svolto con dedizione, se il suo karma non parla troppo in senso contrario.

 

Su questo si dovrebbe riflettere, e si dovrebbe riflettere su come è importante per l’intera compagine della nostra vita dell’umanità che chi ha una visione d’insieme di ciò, queste persone, proprio in questa nostra fase attuale così difficile socialmente, facciano tutto quanto è in loro potere, si sentano profondamente in dovere di dedicarsi al seguente compito sociale. Un lavoro sociale per dare agli uomini che spesso ansimano sotto il peso e il giogo di una vita che davvero non porta all’entusiasmo e alla volontà di sacrificio, ma si compie con fatica e di malavoglia, per dare a quelle anime che restano ottuse, come relegate in una certa qual tenebra sociale, la possibilità di sentire e pensare, almeno per brevi momenti, qualcosa che può colmare di entusiasmo – si trattasse anche solo di attività di pensiero che vengono svolte con entusiasmo. Già per questo motivo dovrebbe divenire sempre più cara a noi, e anche ai nostri amici, l’idea che questo movimento antroposofico si ampli sempre più, che sviluppi ovunque attività sociale, ovunque, diciamo, richiami dalla strada la gente che altrimenti vegeta davvero in modo ottuso e non sa nulla del fatto che si può pensare e sentire così che il cuore si elevi, e i sentimenti ci si colmino di un certo entusiasmo.

 

In questa linea il nostro lavoro sarà certamente via via sempre più efficace, perché proprio il nesso tra questa vita terrena e quella tra morte e nuova nascita ci mostra, in relazione a tale pensiero, qualcosa di estremamente significativo.

Tutto quello che qui sulla Terra ci è possibile fare con dedizione, con amore per il nostro lavoro, così che siamo presenti al nostro lavoro, così che siamo consapevoli che ciò è degno dell’uomo, che quanto facciamo è un compito umano – tutto questo ci rende, dopo la morte, servitori delle entità delle Gerarchie superiori che dai mondi soprasensibili inviano nel mondo sensibile le forze risananti e promotrici di crescita.

Vediamo come sia importante che nell’agire umano qui nel mondo fisico ci sia entusiasmo.

Infatti, se nel mondo fisico si spegnessero l’entusiasmo e l’amore, allora l’uomo in futuro metterebbe piede in un’esistenza terrena che, sotto l’aspetto fisico, saprebbe ricevere dai mondi soprasensibili poche forze salutari, promotrici di crescita e prosperità. Le anime che oggi nel timore, nella loro inconscia paura, volgono le spalle ai mondi spirituali, lasciano inosservate tali connessioni tra il mondo sensibile e quello soprasensibile; ma questo nesso tra ordinamento morale e fisico del mondo è presente.

 

Possiamo guardare anche alla sua contro immagine. Troviamo anime che, per un certo periodo tra morte e nuova nascita, divengono serve di quelle entità spirituali che, al contrario, devono inoltrare dai mondi soprasensibili entro quelli sensibili gli elementi che incrementano la malattia e la sventura. Ed è una vista sconvolgente, terribile, osservare tra la morte e una nuova nascita quelle anime umane che devono allora essere al servizio dei malvagi spiriti della malattia e della morte prematura, dei cattivi spiriti di un destino umano spesso crudele, che certamente è richiesto dal karma, ma che deve venir composto a partire dagli eventi esteriori.

 

Che noi patiamo il destino sta nel karma; che vengano provocate le circostanze esterne, nel mondo sensibile, affinché possiamo patirlo, questo viene procurato dalle forze che vengono introdotte sotto la guida dei mondi soprasensibili. Parlando di questo, si intendono malattie, epidemie che si diffondono nel mondo e che vengono anch’esse pilotate da forze soprasensibili, per quel che riguarda le condizioni esteriori; s’intendono le morti premature che sopraggiungono nella vita umana.

 

Spesso abbiamo considerato la morte per vecchiaia, che nella vita normale deve giungere, con la stessa necessità per la quale le foglie della pianta devono appassire quando il seme della pianta successiva è maturo. Questa morte coglie una vita compiuta. Ma all’uomo si accosta anche la morte nel fiore degli anni. Quando è così, le condizioni per questa morte vengono procurate da determinati spiriti delle Gerarchie superiori che per il momento sono al servizio del movimento regressivo, e devono invece immettere in questo mondo le forze che inducono per l’appunto un decesso prematuro, così come la malattia e la sventura karmica.

 

Come detto, è impressionante vedere le anime passate attraverso la morte che, per un certo periodo, sono esseri al servizio della malattia e della morte, del cattivo karma della vita umana. Di nuovo però, proprio quando si esegue una simile osservazione e da un lato ci assale un sentimento opprimente – scorgendo anime che attraversano la morte per farsi serve dei malvagi spiriti della malattia e della morte -, se da un lato ciò è doloroso, sentiamo pur tuttavia un pareggio, quando poi seguiamo nel passato quelle anime e cerchiamo nella vita fisica le cause per cui sono divenute così. Troviamo allora che tali anime, nella vita precedente, furono in un certo qual modo senza scrupoli. Anime prive di coscienza morale, che non si curarono granché neanche della verità, sono queste che divengono serve di malattia, morte prematura e così via. Questo è, da una parte, il pareggio; ma è un pareggio opprimente, tetro.

Esiste però anche un altro pareggio, presente in modo diverso, che ci mostra come l’elemento opprimente e tetro che vediamo contessuto nell’esistenza umana sia tuttavia anch’esso fondato nella generale saggezza cosmica. Persino quando stiamo di fronte a un fenomeno nei riguardi del quale ci dobbiamo sentire in un primo momento oppressi, possiamo anche veramente tornare a sollevarci riguardo a esso, nell’osservare il suo equivalente, diciamo così, nel contesto complessivo dell’esistenza.

Se ad esempio dirigiamo lo sguardo a uomini che, per disgrazia o per malattia, hanno abbandonato il piano fisico nel fiore dei loro anni, vediamo come tali anime – che hanno dunque deposto il loro corpo fisico, come una veste, prima che fosse veramente arrivato a consumarsi – hanno ancora in sé le forze che altrimenti, se avessero potuto continuare a vivere, sarebbero servite a dar forma, a vitalizzare, il corpo fisico e l’esistenza fisica. Attraverso la porta della morte, essi portano su quelle forze nel mondo spirituale. Anime simili giungono nei mondi soprasensibili in altro modo rispetto a quelle che hanno esplicato appieno la loro vita nell’esistenza terrena.

 

È particolarmente significativo contemplare dopo il loro passaggio attraverso la porta della morte queste anime che sono defunte nel fiore degli anni, che hanno perduto il loro involucro corporeo a causa di una disgrazia, e trovarle poi nella loro vita ulteriore. Esse portano su nei mondi superiori delle forze che in realtà sarebbero potute servire normalmente all’esistenza fisica terrena. Che ne è di queste forze?

Queste forze sono usate in uno dei più bei modi del mondo soprasensibile. Se infatti osserviamo le entità delle Gerarchie superiori che guidano e dirigono il corso ininterrotto dell’evoluzione, le troviamo dotate delle forze che devono esistere appunto per un’evoluzione progressiva. Ma tutte le forze, anche quelle delle Gerarchie superiori – non si tratta di un’imperfezione dell’universo, bensì ciò va messo in correlazione con altre perfezioni – sono in un certo senso limitate, non sono infinite. E troviamo che oggi sulla Terra ci sono senz’altro già tante persone che arrivano nei mondi spirituali, una volta passate per la porta della morte, come anime tali per cui gli spiriti delle Gerarchie superiori promuoventi il progresso complessivo (e dunque anche quello tra la morte e una nuova nascita) con loro non sanno che fare.

 

Come ho spesso sottolineato, è senz’altro vero che oggi non dobbiamo ancora disperare quando troviamo certe anime che proprio non vogliono giungere alla comprensione riguardo alle rappresentazioni del mondo spirituale che attualmente l’uomo dovrebbe avere; anime che sono materialiste da cima a fondo, e che si chiudono del tutto nei riguardi del mondo spirituale. Quando poi, dopo essere passate per la porta della morte, esse vi giungono, per le entità delle Gerarchie superiori è però difficile, in un certo senso, occuparsi di loro. Queste entità delle Gerarchie superiori posseggono infatti le forze per il corso progressivo dell’evoluzione dell’umanità – ma queste forze sono appunto per il decorso progressivo. Se però delle anime si chiudono completamente nei confronti di tale andamento, hanno allora per così dire una pesantezza troppo grande perché gli spiriti delle Gerarchie superiori riescano a vincerla.

Come detto, è vero che non dobbiamo ancora disperare per queste anime, perché è solo nel sesto periodo postatlantico che le cose si fanno pericolose per loro, e solo nella fase di Venere esse possono venir, diciamo, del tutto estromesse dall’evoluzione progressiva. Se però nell’evoluzione ci fossero solo le forze delle quali sono dotate le Gerarchie superiori che promuovono il progresso, se non subentrasse nient’altro, allora quelle anime dovrebbero cader fuori dall’evoluzione progressiva molto prima; le entità delle Gerarchie superiori non potrebbero in questo caso farci niente.

 

Perciò succede anche che sopraggiungono difficoltà riguardo a ciò che già ora si accosta come esigenza all’evoluzione progressiva dell’umanità. È un fatto che oggi, per un gran numero di persone sulla Terra, l’impulso di Cristo non è ancora niente che esse possano sentire in modo veramente profondo. La Terra, però, si trova in uno stadio evolutivo nel quale l’anima dell’uomo ha bisogno dell’impulso di Cristo, se deve attraversare nel modo giusto la vita tra la morte e una nuova nascita. E per le anime è veramente pericoloso passare per la porta della morte senza un qualche legame con l’impulso di Cristo; infatti, nelle entità delle Gerarchie superiori che guidano il progresso vengono a mancare le forze nei riguardi di quelle anime umane che si sono, diciamo, strappate fuori dall’evoluzione e che, per la loro peculiare vita, si sono destinate alla rovina.

 

Le entità delle Gerarchie superiori possono fare qualcosa nei confronti di quelle anime soltanto perché arrivano loro, in più, le forze delle anime che hanno deposto il loro corpo terreno prematuramente, come si è appena descritto. In tal modo salgono nei mondi soprasensibili forze inutilizzate, che avrebbero potuto ancora venir impiegate qui sulla Terra; ma per il fatto che il corpo è stato deposto anzitempo, tali forze non sono state usate per quel corpo terreno.

Pensiamo a quante anime sono salite nel mondo soprasensibile avendo perso la vita prima che fosse compiuta, per esempio nella catastrofe del Titanic, nel terremoto di Messina, o alle tante morti che si sono verificate negli ultimi tempi su tutta la Terra. Pensiamo a quante forze, che potevano venir impiegate per continuare a vivere sulla Terra, sono così passate nei mondi superiori! Quante forze vanno ad accrescere quelle delle entità delle Gerarchie superiori e, tramite esse, tali entità rinvigoriscono quel che normalmente è loro proprio, ma che non basterebbe a reinserire nell’evoluzione progressiva dell’umanità le anime che da sé stesse si estromettono da quel progresso.

 

Naturalmente noi dobbiamo sperimentare il nostro karma. Se si parla di una cosa come quella che si è caratterizzata, non si può fare a meno di richiamare l’attenzione sul fatto che noi dobbiamo vivere appieno il nostro karma. Sarebbe un peccato terribile contro le leggi dell’universo, piene di saggezza, se l’uomo facesse lui stesso qualcosa – mediante forze non impiegate per il caratterizzato progresso dell’umanità – per servire alle anime che rischiano di venir estromesse. L’uomo non deve fare niente a tal fine.

Se però il suo karma si compie in una morte prematura, allora egli diviene aiutante nel modo più bello e beatificante, allorché salgono nei mondi spirituali le forze che non ha più potuto usare quaggiù e che arricchiscono le Gerarchie superiori, le quali in tal modo non lasciano andar perdute le anime che altrimenti lo sarebbero state.

Questa è la bella sorte delle anime che muoiono nel fiore degli anni; questo è ciò che può consolarci nelle ore in cui, nonostante forse il dolore che ci coglie per le persone morte nel fiore degli anni, scorgiamo la direzione del mondo piena di saggezza.

 

In quale modo singolare, davvero, ci si presenta all’occhio spirituale il ciclo dell’esistenza! Da un lato guardiamo dunque ad anime amorali che per la loro mancanza di coscienza si predispongono a inviare nel nostro mondo, col proprio lavoro, la malattia, la morte prematura e le disgrazie; e vediamo l’essere umano colpito da malattia, morte prematura, disgrazie. Vediamo che in tal modo, dunque, c’è la possibilità che si esplichi il karma della mancanza di coscienza. Subito la nostra anima vorrebbe sentirsi oppressa, gravata, perché un’osservazione del genere fa effettivamente parte di quelle, spesso davvero crudeli, che il veggente può fare scrutando i profondi nessi e i segreti dell’esistenza.

 

Tante volte ci si immagina la visione nei mondi spirituali come qualcosa di beatificante. Certi ambiti dell’esistenza superiore in un certo senso lo sono, beatificanti, ma soprattutto quando si penetra in sfere superiori dei misteri, allora, unito all’osservazione c’è moltissimo che può riempire anche di un certo orrore. Specialmente nei nessi karmici degli uomini, per l’osservazione veggente – quando viene intrapresa coscienziosamente, quando tutto quello che c’è da dire viene veramente ricercato a partire dai mondi superiori, quando non entrano in gioco fantasticherie o altre cose – lì c’è qualcosa che il veggente prende su di sé in modo intensissimo e che, in un certo senso, mette a dura prova le sue forze.

Però, se pure dovessimo imbatterci nei fatti più terribili e che maggiormente suscitano orrore, di nuovo si presentano a noi anche quegli aspetti che ci fanno riconoscere come la direzione complessiva sia piena di saggezza. Vediamo compiersi anche il destino di anime amorali, e questo compimento lo vediamo proprio nei casi di malattia e morte prematura che vengono introdotti nel mondo fisico dall’aldilà; dall’altro lato vediamo però come ciò che patiscono le persone che passano per una morte prematura sia un accrescimento di forze per la salvezza e la redenzione di esseri umani, che non potrebbero affatto venir procurate tramite altre forze.

 

Questo costituisce il meraviglioso, che ci riconcilia: da un lato deve venir offerta la possibilità che gli uomini sbaglino e che, nell’errore, rischino di venir strappati dall’evoluzione; se così non fosse, gli esseri umani non potrebbero sbagliare, non potrebbero darsi al male, e pertanto l’uomo non potrebbe adempiere la sua missione terrena. Se ciò è possibile, però, deve essere possibile tutto il resto di cui si è parlato oggi, deve quindi anche andar congiunto all’evoluzione terrena il fatto che certe persone muoiano nel fiore degli anni. Lo sguardo veggente diretto su di loro vede come sia da esse che le entità delle Gerarchie superiori dipendono, per ricevere le forze che servono alla salvezza e alla redenzione degli uomini, le quali altrimenti non ci sarebbero proprio.

Questo è il grandioso elemento riconciliante, l’elemento mirabile che ci coglie quando prima dirigiamo lo sguardo su ciò che è pieno di orrore, e lo dobbiamo poi di nuovo rivolgere a una sapiente direzione dell’universo, che ha bisogno di ciò che è terribile proprio per poter realizzare la sapienza superiore.

 

Di fronte a queste cose diventa insensato chiedere astrattamente se non potrebbero, le potenze spirituali, riuscire a procurare un’esistenza gradevole, a tutti gli uomini e gli esseri, senza dover ricorrere a un giro del genere. Chi pretende questo, pretende pressappoco la stessa cosa di chi affermi essere molto imperfetto il fatto che gli dèi abbiano reso necessario che nessun cerchio sia quadrato. Certo non si riconosce subito che l’altra questione ha lo stesso valore, però è lo stesso.

Come non ci può essere luce senza oscurità, così ciò che appunto risulta chiaramente come grandioso, possente nell’esistenza cosmica – il dirigere verso l’alto, nei mondi spirituali, forze della missione terrena rimaste inutilizzate -, non potrebbe esserci se, d’altro canto, non si adempisse il karma di anime divenute amorali in certe incarnazioni.

Tutte queste cose sono atte a darci consiglio quando in qualche modo siamo tentati di trovare questo o quello imperfetto nell’esistenza universale e nel nostro ambiente umano, a compenetrarci del sentimento che il trovarlo imperfetto deriverebbe, in verità, dal non essere ancora cresciuti così tanto con la nostra comprensione da riconoscere tutte le connessioni.

 

Si progredisce sempre se ci si ritiene inadeguati, allorquando si ha la tentazione di criticare l’imperfezione dell’esistenza; si progredisce se magari si prova dolore, ma si tenta ancora, pur nel dolore, di non applicare mai la critica alla sapienza universale, ma piuttosto, laddove essa pare avere in sé manchevolezze, si cerca di dire che tali manchevolezze ci si presentano nella maya, nella grande illusione, per il fatto che non siamo capaci di vedere le cose in modo completo.

Vediamo quanto ci possa far luce, sull’esistenza fisica terrena, il rivolgere lo sguardo all’ambito che l’uomo ha da attraversare tra la morte e una nuova nascita.

 

Quello che è l’esistenza fisica, non è in genere attraversato unicamente dai mondi soprasensibili, bensì vi fluiscono anche le azioni che l’uomo stesso compie tra la morte e una nuova nascita. Tutte queste azioni affluiscono entro il mondo fisico, e quello che in esso accade, quello che si accosta agli uomini, è in molteplice modo provocato dalle forze degli uomini stessi che vengono esplicate tra la morte e una nuova nascita.

Appartiene senza dubbio alle attività più belle di queste anime umane ciò che appunto oggi siamo venuti a conoscere come attività, come lavoro delle anime che passano per la porta della morte con determinate forze non utilizzate.