La vittoria spirituale di Giacobbe / La triplice vittoria spirituale di Giacobbe

L’aurora della rivelazione


 

Secondo quanto si è detto, il regno della menzogna non esiste solo nell’interiorità umana, ma forma una corrente karmica secondaria, che interferisce nel destino sia cosmico che umano. Era necessario che Giacobbe nascesse all’interno di questa corrente. Già nel grembo materno, infatti, i gemelli Giacobbe ed Esaù lottarono per la primogenitura. La non verità fu però vincitrice: per primo nacque Esaù. Che la sua primogenitura non avesse alcun rapporto con la verità interiore, risulta chiaramente dal fatto che Esaù vendette il proprio diritto alla stessa per un piatto di lenticchie, nonché dal fatto che il vero portatore della tradizione di Israele sarebbe diventato Giacobbe. Lo svolgimento ulteriore della storia di Israele costituisce la prova che Giacobbe era il vero primogenito.

 

Egli ne fu consapevole, e anche sua madre. Isacco, però, divenne cieco e non potè percepire il vero stato delle cose.1 Giacobbe dovette perciò conquistarsi la sua vera posizione nella casa paterna. Ciò gli riuscì, ma per sfuggire alla vendetta del fratello, dovette lasciare la propria casa, e recarsi in Mesopotamia.

Fu questa la prima vittoria nella vita di Giacobbe, consistente in un esito favorevole del conflitto tra la convinzione interiore e l’illusione delle circostanze esteriori.

Il pensiero che brillava in lui si dimostrò più potente dei fatti che lo circondavano.

 

Questa vittoria ebbe conseguenze sul piano spirituale. Per non essersi lasciato fuorviare dal primo strato di menzogna presente nel suo destino, Giacobbe potè gettare un primo sguardo nella sfera della verità, ossia nella sfera dello Spirito Santo.

Avendo egli superato una parte della sfera luciferica, gli si dischiuse la visione della parte corrispondente della sfera dello Spirito Santo.2

La sfera dello Spirito Santo è l’ambito di attività della terza; Gerarchia. Angeli, Arcangeli e Archai operano in essa come rappresentanti rispettivamente dello Spirito, del Figlio e del Padre.

 

Per aver Giacobbe affermato l’idea del proprio destino contro i fatti esteriori che la contraddicevano, gli si dischiuse la sfera degli Angeli, come la parte più bassa della sfera dello Spirito. Questo accadde quando egli, in fuga verso la Mesopotamia, si addormentò nel luogo che avrebbe poi chiamato Betel, e sperimentò la rivelazione della Gerarchia degli Angeli, descritta nella Bibbia come “il sogno di Giacobbe”:

Ed ecco una scala poggiava sulla terra, e la sua cima toccava il cielo; ed ecco, gli Angeli di Dio salivano e scendevano su di essa. Il Signore, appoggiato alla scala, gli disse: “ […] In te e nella tua discendenza saranno i benedette tutte le nazioni della terra.” (Gen 28:12-15)

 

Per aver superato la menzogna connessa con la propria nascita, fu rivelata a Giacobbe, mediante la Gerarchia degli Angeli, la missione cui era destinato. La sua percezione della Gerarchia degli Angeli avvenne dunque secondo la prospettiva dell’occultismo eugenetico. Il primo gradino dell’occultismo eugenetico permette all’uomo di stabilire un rapporto cosciente con gli esseri della Gerarchia degli Angeli.

L’occultismo eugenetico non consiste in una conoscenza di leggi generali, ma in un rapporto cosciente con gli esseri che conoscono i misteri della nascita. Il vero oroscopo non si scopre mediante i calcoli, ma mediante un rapporto con entità sovrasensibili.

 

Che cosa, ad esempio, gli Angeli abbiano comunicato ad un uomo: è questo l’oroscopo in senso proprio. Un simile rapporto – a parte una interruzione necessaria nei secoli XIII e XIV – fu sempre coltivato, e di conseguenza esiste in Occidente una ‘tradizione’ di occultismo eugenetico, in continuo progresso sul piano conoscitivo. Non sarebbe esatto, però, ritenere che essa si perpetui solo nell’ambito di un cupo e torbido occultismo. Non si dovrebbe disconoscere il bene operato dalla sua influenza nella storia presente dell’umanità, specialmente da quando Rudolf Steiner ci ha svelato così tante cose sulla corrente spirituale del rosicrucianesimo che, in ogni secolo, registra nuovi progressi nel campo della conoscenza.

 

La conoscenza conseguita da Giacobbe in stato di sonno, corrisponde al gradino dell’occultismo eugenetico in cui si dà a conoscere la Gerarchia degli Angeli. Con essa gli si rivelò la caratteristica fondamentale di questa Gerarchia. Essa consiste nel fatto, che il movimento degli Angeli si compie in direzione verticale. L’Angelo è costantemente intento a muoversi verso il basso o verso l’alto.

Il suo compito consiste nel collegare il mondo spirituale con l’Io umano che vive sulla terra. Egli ascende per apprendere le grandi intenzioni del mondo spirituale, e discende quindi per guidare gli avvenimenti terreni secondo quelle intenzioni con la mediazione dell’Io umano.

La verticalità è la legge che governa l’attività della Gerarchia degli Angeli.

 

Si può comprendere l’attività dell’Angelo, raffigurandosi una linea che collega il cuore dell’uomo con la stella che brilla sopra il suo capo. Questa linea corrisponde al movimento dell’Angelo, il cui compito è mantenere il collegamento tra l’alto e il basso. Sperimentando ulteriormente questa linea, si comprende anche la tragedia della Gerarchia degli Angeli. Con l’avanzare del materialismo, infatti, gli estremi di questa linea sono sempre più in contrasto. Diventa sempre più difficile per gli esseri angelici armonizzare i due poli della loro esistenza. Il polo inferiore rischia di svilupparsi in modo da non aver più nulla in comune con quello superiore. Il doversi scindere in due ambiti di esistenza inconciliabili tra loro: tale è la grande sofferenza degli Angeli, il loro amaro dolore.

Questa sofferenza avrebbe condotto inevitabilmente alla rinuncia al mondo superiore – e quindi ad un oscuramento degli Angeli – o al ripudio del mondo inferiore – e quindi all’abbandono dell’uomo -, se non fosse sopraggiunto un aiuto.

 

L’aiuto venne dal sacrificio di un Arcangelo che, compenetrato interiormente dall’Essere del Cristo, discese nella Gerarchia degli Angeli. Per il fatto che l’entità di Gesù – il Gesù natanico – discese nella Gerarchia degli Angeli senza perdere la propria natura di Arcangelo – il che potè compiere grazie all’impulso del Cristo di cui era ricolmo – sorse una nuova possibilità nel regno degli Angeli. Essa conseguì dal comparire della Croce all’interno della loro sfera. Alla linea verticale che unisce gli opposti dell’alto e del basso, subentrò quella orizzontale che unisce l’Io al Tu. Il grande fatto della Croce, dovuto all’azione del Gesù natanico a favore della Gerarchia degli Angeli, offrì a quest’ultima la possibilità della redenzione. Grazie al sacrificio oblativo del Gesù natanico, l’impulso del Cristo si rivelò alla Gerarchia degli Angeli.

 

Si può comprendere questo sacrificio, il cui frutto fu la comparsa della Croce nel regno degli Angeli – considerando la caratteristica fondamentale dell’attività degli Arcangeli. Al contrario degli Angeli, il cui movimento è soprattutto verticale, gli Arcangeli si muovono in direzione orizzontale. Gli Arcangeli non sono esseri che collegano il mondo fisico con quello spirituale, movendosi dall’uno all’altro; ma esseri che operano facendo sì che gli uomini si riuniscano in comunità diffuse nello spazio, ossia in popoli. Gli Arcangeli, porgendosi l’un l’altro la mano, formano una catena intorno alla terra, mediante cui circola la corrente complessiva dell’ispirazione del Cristo all’umanità. Solo dal risonare concorde di tutti gli spiriti di popolo, risulta infatti la rivelazione integrale dell’impulso del Cristo.

 

Grazie alla catena degli Arcangeli l’ispirazione di Cristo fluisce così da Oriente a Occidente intorno alla Terra, generando la coscienza della fratellanza umana. Le divisioni, le barriere – come le lingue, le frontiere, e simili – tra le nazioni non provengono dai veri spiriti di popolo, ma dagli arcangeli luciferici.

Supponiamo ora, che questa linea orizzontale della fratellanza, costituente la caratteristica precipua della Gerarchia degli Arcangeli, sia introdotta da un Arcangelo nella Gerarchia degli Angeli, caratterizzata invece dal movimento verticale.

All’interno della Gerarchia degli Angeli si formano allora due movimenti simultanei: quello che unisce tra loro due piani, e quello che unisce gli esseri di uno stesso piano mediante l’amore. Nella Gerarchia degli Angeli sorge allora, come risultato del sacrificio del Gesù natanico, la Croce, ossia la rivelazione dell’impulso del Cristo.

 

Tornando al ‘sogno’ di Giacobbe, vediamo come questo ‘sogno’ non riveli solo il dissidio fondamentale della Gerarchia degli Angeli, ossia il loro essere tragicamente contesi tra due mondi, ma anche l’evento della loro redenzione ad opera dell’impulso del Cristo. Dalla scala, infatti, il Signore parla a Giacobbe.

In altre parole: gli Angeli discendono e ascendono tra i due estremi della scala, ma l’entità, il cui volto era Jahvè-Elohim, non sta né in alto né in basso, bensì al centro, là dove le due linee, l’orizzontale e la verticale, si incrociano.

 

Che cosa rivela questa entità? Rivela l’evento futuro della redenzione del genere umano tramite Colui che dovrà nascere dalla stirpe di Giacobbe – redenzione che libererà il genere umano dal contrasto irriducibile tra il corpo e lo spirito, come già era avvenuto per gli Angeli. Sarà data all’uomo la Croce, proprio come era stata data agli Angeli – questa è la grande rivelazione ricevuta da Giacobbe. Egli divenne inoltre consapevole, di come un alto Essere spirituale dovesse discendere sulla Terra, affinché la Croce fosse data anche all’umanità terrestre. Una lunga preparazione, svolgentesi nel corso di numerose generazioni, sarebbe stata però necessaria, affinché fosse disponibile un corpo a ciò adeguato.

 

Dopo questa grandiosa rivelazione, il destino condusse Giacobbe a confrontarsi con un secondo strato di menzogna, che egli doveva superare nella casa di Labano. Si trattava ora, per lui, di scoprire e adempire la sua vera vocazione, non solo come personalità singola, ma come membro di una comunità umana. Entrare in giuste relazioni parentali, e fondare una propria famiglia come membro di una giusta nazione in un determinato luogo della terra – questo era il compito riservato ora a Giacobbe.

 

A tal fine egli doveva però superare enormi ostacoli, che gli sbarravano la strada ad ogni passo. Non solo, con l’inganno fu posta, tra lui e Rachele, Lia, ma lo stesso Labano voleva legarlo a quel luogo, impedendogli di ritornare a Canaan. Giacobbe, e la sua famiglia, dovevano diventare membri di un altro popolo e in un’altra terra, rispetto a quanto era lui destinato. Doveva essere tenuto lontano dalla terra promessa, e avviato così lungo un sentiero diverso da quello che era chiamato a percorrere. Sciogliendosi con la forza da questi falsi legami, e fuggendo con la sua famiglia, Giacobbe superò il secondo strato di menzogna presente nel suo destino. Il sentimento del suo vero legame, di contro a quello falso, si dimostrò più forte delle catene forgiate da Labano, e della paura della collera di suo fratello, che lo aspettava in patria. Questa vittoria ebbe, come la prima, conseguenze spirituali. Come allora si era dischiusa la visione di una parte della sfera dello Spirito Santo, così anche ora se ne rivelò una parte: sulla via del ritorno in patria incontrò le “schiere di Dio” (Heerscharen).

Giacobbe continuò per la sua strada, e gli si fecero incontro gli angeli di Dio. Quando Giacobbe li vide, disse: “Queste sono le schiere [Heere] di Dio” , e diede a quel luogo il nome di Maanaim. (Gen 32:1-2)

 

Come va inteso questo incontro? Si è cercato di illustrare la caratteristica principale rispettivamente degli Angeli e degli Arcangeli: gli Angeli sono esseri che uniscono due mondi, mentre gli Arcangeli operano nello spazio. Questi ultimi sono spiriti dello spazio, nel senso che conferiscono ad esso qualità morali. Una vera geografia spirituale consiste nella conoscenza dell’attività degli Arcangeli, e dei confini di tale attività.

La mappa spirituale della terra è molto diversa da quella politica e nazionale. Quest’ultima mostra infatti solo gli ambiti di attività degli arcangeli luciferici. La vera suddivisione dello spazio resta celata dietro questa falsa mappa. Celato dietro al velo della parvenza esteriore resta anche il vero rapporto degli Arcangeli tra loro. Gli Arcangeli, infatti, non frantumano l’umanità in popoli, bensì la stringono in unità.

 

Essi non inducono appagamento per ciò che offre una singola nazionalità, ma fanno sorgere un interesse profondo verso tutte le nazionalità. Il loro compito è di armonizzare gruppi umani differenti tra loro. Questa armonia è l’ispirazione dell’impulso del Cristo. L’Impulso del Cristo può essere tanto poco nazionale quanto, ad esempio, può essere ‘nazionale’ il vento. Come il vento soffia per tutti, così Cristo esiste per tutti. La rappresentazione corretta degli Arcangeli regolari, è dunque quella di schiere concordi, che si muovono orizzontalmente sulla superficie della terra, quasi come un vento ispiratore. Una grandiosa esperienza ispirativa si ripete ogni anno, quando le risonanti schiere degli Arcangeli visitano l’umanità, suscitandovi un empito d’entusiasmo per tutto ciò che è buono. Nel periodo di Natale le risonanti schiere degli Arcangeli spaziano sull’intera Terra.

 

Sulla via del ritorno in patria, Giacobbe sperimentò questo passaggio delle risonanti schiere di Dio. Gli fu data la grande ispirazione sociale della fratellanza spirituale dell’umanità, dopo aver superato la falsa ispirazione sociale, rappresentata da Labano. “Nella tua discendenza saranno benedette tutte le nazioni della Terra” (Gen 28:14): le parole di questa promessa divennero ora: per lui una realtà spirituale. Vide infatti l’unione degli spiriti di tutti i popoli, che si sarebbe realizzata nell’umanità grazie alla venuta del Messia promesso.

 

Più grande ancora della prima e della seconda, fu la terza vittoria conseguita da Giacobbe. Si trattò infatti di una vittoria contro una corrente del destino proveniente non dall’uomo, ma dagli dèi. Giacobbe sostenne la lotta contro di essa durante la notte precedente l’incontro con suo fratello Esaù, presso il guado di Jabbok.

Una piena comprensione del combattimento solitario e notturno di Giacobbe presso il guado di Jabbok, presuppone la conoscenza di alcuni fatti dell’occultismo concreto, che esulano dall’intento delle presenti considerazioni. Si cercherà tuttavia di metterne in luce il significato dal punto di vista del karma. Si comprenderà tale significato, considerando un lato della realtà della morte, relativo al ruolo che vi svolgono le Gerarchie spirituali.

 

La morte, sia sotto l’aspetto terreno, che sotto quello spirituale, è la cessazione del respiro fisico dell’uomo.

Il respiro fisico è tuttavia il riflesso di quello spirituale,

consistente nel cooperare armonioso della conoscenza e dell’amore.

 

• Nel mondo spirituale il respiro è dato dal susseguirsi armonioso di una condizione di permanenza in sé

e di una fuoriuscita da sé, rispetto alle entità delle Gerarchie.

• La prima condizione è la conoscenza, la seconda l’amore.

 

Nell’essere umano è lo spirito a regolare il respiro. Lo spirito umano consiste tuttavia di tre arti.

Sé spirituale (manas), Spirito vitale (buddhi) e Uomo spirito (atma),

sono i tre arti del nocciolo spirituale eterno dell’uomo.

 

Il manas è infatti l’entità conoscitiva dell’uomo, e il buddhi l’entità dell’amore.

L’atma mantiene l’equilibrio tra manas e buddhi. Il fondamento del respiro risiede dunque nell’atma.

 

• ATMA (respiro)       •  MANAS (conoscenza)        • BUDDHI (amore)

 

Tutte e tre le Gerarchie spirituali prendono parte alla respirazione dell’uomo.

Gli arti costitutivi dell’uomo riposano infatti, normalmente, nel grembo delle Gerarchie.

 

• L’entità del manas è rappresentata dalla terza Gerarchia,

• il buddhi è sorretto dalla seconda,

• e l’atma riposa nel grembo della prima Gerarchia.

 

Si tenga ora presente che gli spiriti del tempo (Archai) sono i rappresentanti della prima Gerarchia – quella del Padre – all’interno della terza. Essi determinano il respiro nel tempo, ossia il momento della morte per l’uomo.

Le Archai, armonizzando l’opera degli Angeli e quella degli Arcangeli nell’uomo, stabiliscono la durata del suo respiro. Il momento della morte è dunque il momento dell’incontro con l’entità di una Archè.

La visione del quadro simultaneo dell’intera vita trascorsa è l’effetto di questo incontro. Grazie alla forza dello spirito del tempo si presenta all’anima, in una visione unitaria, lo svolgimento della vita terrena trascorsa. Alla stessa forza l’uomo deve l’accresciuta coscienza della personalità destata da tale esperienza. Gli spiriti del tempo sono infatti anche spiriti della personalità.

 

Giacobbe, la notte prima dell’incontro con suo fratello, incontrò uno di questi spiriti della personalità.

In quella notte fatale egli combattè in realtà contro la morte.

Come va inteso questo incontro sotto l’aspetto del karma?

La corrente della menzogna nel destino di Giacobbe era triplice:

• nella casa paterna egli aveva vinto la menzogna del corpo;

• presso Labano aveva vinto la menzogna dell’anima;

• ora, sul sentiero della vita, si trovava di fronte alla menzogna dello spirito.

 

Essa era la conseguenza karmica del suo agire nei confronti del fratello. Giacobbe aveva infatti rivendicato la verità interiore della sua primogenitura, ricorrendo ad un inganno. La sua fedeltà alla verità fu ricompensata dalle rivelazioni donategli dal regno degli Angeli. Il pareggio del suo inganno lo attendeva invece sotto le sembianze della morte. Così opera infatti il karma: essa ricompensa e punisce ad un tempo la medesima azione.

La bilancia della giustizia karmica è una bilancia esatta; nulla resta senza punizione, nulla senza ricompensa.

 

Giacobbe lo comprese, e si separò perciò dalla propria famiglia, affinché essa fosse risparmiata. Egli rimase solo al di qua del fiume, poiché sapeva che gli era riservata la morte. Non cedette però alla tentazione del fatalismo, e resistette alla morte. Non si lasciò fuorviare dalla menzogna spirituale del fatalismo, alla conoscenza della morte inevitabile contrappose l’amore. Nelle parole che indicano l’esito vittorioso della sua lotta: “Non ti lascerò andare finché non mi avrai benedetto” (Gen 32:27), si trova espressa la forza che preservò il suo respiro. Se si fosse piegato alla conoscenza della morte, il suo respiro sarebbe cessato, ed egli sarebbe morto.

L’equilibrio tra i due principi originari del respiro – la conoscenza e l’amore – sarebbe stato rotto a favore della conoscenza. Poiché, però, egli contrappose alla conoscenza tutta la forza dell’amore, allo “spuntare dell’aurora” l’Angelo della morte – l’entità dell’Archè – cedette. L’amore si dimostrò più forte della morte.

 

E Giacobbe chiamò quel luogo Penuel: “perché – disse – ho visto Dio in faccia, eppure la mia vita è stata preservata”. Spuntava il sole quando Giacobbe oltrepassò Penuel; ed egli zoppicava all’anca. (Gen 32:31-32)

 

Mediante l’amore e l’umiltà Giacobbe fece sì che l’Angelo della morte si ritirasse di fronte al Sole del mondo, a Cristo. Come Infatti Giacobbe riconobbe la giustizia del pareggio mediante la morte, così l’Angelo della morte riconobbe la giustizia dell’espiazione interiore mediante l’amore e l’umiltà.

La vittoria di Giacobbe consistette in questo: che la giustizia vendicativa si ritirò di fronte al Sole della giustizia espiatoria. La misura dell’amore in Giacobbe era tuttavia maggiore di quella della conoscenza della morte. Perciò egli dovette rimetterci l’equilibrio – e dopo la lotta “zoppicava all’anca”.

 

Grazie alla forza espiatrice del suo amore, fu offerta a Giacobbe la possibilità, non solo di respirare – ossia di continuare a Vivere – ma anche di espiare la propria colpa nei confronti del fratello. Il karma non ‘perdona’ alcunché: semplicemente sostituisce ad un pareggio esteriore, uno libero ed interiore. Così avvenne con Giacobbe. Per aver incontrato con atteggiamento umile suo fratello Esaù, ed essersi sottoposto a lui come al più anziano, conquistò il suo cuore umano, come già aveva conquistato il cuore divino delle Gerarchie – il sole che “spuntava”.

[Giacobbe] passò davanti a loro, e si prostrò a terra sette volte, mentre si avvicinava a suo fratello. Ma Esaù gli corse incontro, l’abbracciò, gli si gettò al collo, lo baciò, e piansero. (Gen 33:3-4)

 

Sul piano umano avvenne solo il riflesso di ciò che era già avvenuto su quello divino. L’Angelo della morte, che è il messaggero del Padre, aveva benedetto Giacobbe, anziché privarlo del respiro; il fratello di Giacobbe, che lo attendeva con quattrocento uomini armati per ucciderlo, gli corse incontro e lo baciò. Per aver vinto la morte nello spirito, Giacobbe fu in grado di allontanarla da sé anche nell’ambito degli accadimenti umani sulla terra.

 

La triplice vittoria di Giacobbe significò per lui la conoscenza dei misteri della nascita, della vita e della morte – ossia la conoscenza degli Angeli, degli Arcangeli e delle Archai.

 

L’ultimo gradino, l’incontro con la Gerarchia delle Archai, gli aveva conferito un sapere, che avrebbe poi trovato espressione nelle sue dodici ‘benedizioni’ alle dodici tribù d’Israele. È il sapere relativo ai misteri del tempo.

Le dodici ‘benedizioni’ di Giacobbe contenevano infatti disposizioni profetiche sul destino di ciascuna delle dodici tribù.

Radunatevi, affinché vi annunzi quello che vi accadrà nei tempi a venire. (Gen 49:1 )

Con queste parole Giacobbe si rivolse ai dodici.

 

Perché furono dodici le personalità che seguirono ai tre patriarchi, Abramo, Isacco e Giacobbe?

 

 


 

Note:

1 – La cecità di Isacco è conseguenza di una legge spirituale che vigeva nella corrente della rivelazione ebraica, per la quale questa cessava dopo una certa età. [N.d.A.]

2 – Si parla qui sempre della sfera dello Spirito Santo, quale era data prima del Mistero del Golgota. Dopo il Mistero del Golgota è sorta una seconda sfera dello Spirito Santo, al di qua della sfera luciferica. Essa costituisce l’inizio del processo di trasformazione della Terra in un nuovo Sole.