16 – Fatti integrativi sulla vita tra morte e nuova nascita

O.O. 140 – Ricerche occulte sulla vita fra morte e nuova nascita – 05.04.1913


 

SEDICESIMA CONFERENZA

 

Sommario: Il collegamento tra vivi e morti in tempi antichi e oggi. I pensieri spirituali come nutrimento per i defunti durante il sonno. La lettura ai defunti. L’espandersi del defunto nel mondo spirituale. Forze morali e forze religiose come preparazione per il passaggio attraverso le sfere di Mercurio e di Venere. La compenetrazione sulla Terra con l’impulso di Cristo come preparazione per la sfera solare. Cristo e Lucifero come guide dell’anima umana nelle fasi di Marte, Giove e Saturno. L’edificazione del nuovo corpo terreno a partire dalle forze del cosmo in collaborazione con quanto trasmesso per via ereditaria.

 

Miei cari amici, essendo riuniti qui nel nostro gruppo, è possibile parlare di alcune cose con maggiore precisione rispetto a quanto possa succedere in conferenze pubbliche o in scritti. Vorrei perciò esporre qualcosa che possa servirci a integrazione di conoscenze che ci sono note dai nostri scritti e cicli.

Potete immaginarvi, cari amici, come la vita tra morte e nuova nascita sia ricca e varia tanto quella di qui tra nascita e morte, sicché, quando si descrive quello che si svolge là tra morte e nuova nascita, se ne possono estrapolare sempre solo delle parti, solo dei particolari. Oggi voglio toccare di meno quanto è già noto, e piuttosto accennare a qualcosa che dovrebbe illuminarlo in modo più preciso.

 

Quando colui che è in grado di vedere nei mondi spirituali dirige veramente lo sguardo entro quel mondo nel quale l’uomo si trattiene tra morte e nuova nascita, emerge allora davvero la necessità, proprio per la nostra epoca, di quel che noi qui vogliamo con il nostro lavoro scientifico-spirituale, con ciò che può venir dato al cuore e all’anima dell’uomo grazie al lavoro scientifico-spirituale.

 

Si prenda avvio da un caso particolare. Accadde dunque che con la morte venne sottratto alla famiglia un uomo che nella sua vita terrena amava straordinariamente la sua sposa, e che fu sempre affezionato ai suoi famigliari. Quando venne cercato dallo sguardo veggente, soffriva soprattutto perché non riusciva a trovare le anime dei suoi figli, l’anima di sua moglie quando da parte sua guardava giù alla Terra. E nel modo in cui il veggente è capace di mettersi in rapporto con le anime umane, riesce a colloquiare con esse fra la morte e una nuova nascita, il defunto comunicò allora come riuscisse certamente a riandare nei suoi pensieri e nei suoi sentimenti al periodo in cui dimorava sulla Terra con i suoi.

Disse poi, però, all’incirca così: “Sì, quando ero sulla Terra mia moglie era per me una specie di sole, e ora mi tocca sentirne la mancanza. Posso solo dirigere il pensiero al passato, a ciò che ho avuto sulla Terra, ma non riesco a trovare la mia sposa”.

 

Perché accade questo? Non è infatti così per tutti quelli che sono passati attraverso la porta della morte. Se tornassimo indietro di molti millenni, troveremmo che le anime degli uomini potevano guardare giù anche da quella regione spirituale, potevano aver parte a ciò che faceva chi era rimasto sulla Terra. Come mai nei tempi antichi, prima del mistero del Golgota, era così per tutte le anime, e oggi per molte non lo è più? Certo, lo sappiamo, in tempi antichi le anime vivevano sulla Terra in modo tale da possedere una certa chiaroveggenza originaria. Gli esseri umani non solo vedevano nel mondo sensibile mediante gli occhi, ma dietro le cose sensibili vedevano le cause prime spirituali, le entità originarie.

 

Questa facoltà di vivere insieme al mondo spirituale entro l’esistenza fisica implicava che l’anima, quando era passata per la porta della morte, potesse di nuovo percepire quello che aveva lasciato indietro quaggiù.

Qui oggi le anime umane non hanno più la capacità di vivere immediatamente con il mondo spirituale, perché l’evoluzione dell’uomo consiste proprio nel fatto che egli è disceso dalla vita spirituale verso quella fisica. Ciò ha fruttato la facoltà di giudizio e via dicendo, ma ha tolto quella di vivere insieme ai mondi spirituali.

Per un periodo, nei tempi immediatamente successivi al mistero del Golgota, quando le anime umane erano prese dall’impulso di Cristo, almeno una parte dell’umanità potè in certo qual modo conseguire nuovamente quella facoltà. Ora, però, viviamo di nuovo in un periodo nel quale le anime che passano attraverso la porta della morte e non si sono curate dei mondi spirituali, perdono il collegamento dal mondo spirituale.

Abbiamo bisogno di quella rivelazione che chiamiamo rivelazione spirituale, e della quale abbiamo la giustificata idea che si debba imprimere nelle anime umane. Oggi non basta più la sola fede religiosa di un tempo; se oggi, dal mondo dell’aldilà, vogliono guardare spiritualmente quaggiù, le anime hanno bisogno di quello che può venir loro dato per mezzo della comprensione scientifico-spirituale del mistero del Golgota. Per questo ci sforziamo di ricevere luce spirituale nelle anime.

 

L’uomo che fu trovato come si è descritto non si era curato di una qualche sorta di pensieri e sentimenti del mondo spirituale. Attraversò la porta della morte senza aver lasciato passare per la sua anima, quaggiù, pensieri del mondo spirituale. Fu per questo che potè dire. “Dai miei ricordi so che laggiù c’è la mia sposa. Lo so, lei è là. Ma non riesco a vederla, non riesco a trovarla”.

Quando avrebbe potuto trovarla? Oggi da quel mondo si riescono a scorgere soltanto anime nelle quali vivono facoltà spirituali; dall’altro mondo si possono vedere quelle anime nelle quali vivono pensieri di una qualche comprensione spirituale. Guardando in giù, allora una rimasta qui diviene visibile per i defunti solo quando in essa vivono pensieri spirituali. Questi pensieri si vedono. Diversamente l’anima resta invisibile: si soffre per il tormento di sapere che c’è, ma non si riesce a trovarla. Nel momento in cui si può far pervenire a una tale anima terrena qualche pensiero intorno al mondo spirituale, essa comincia a risplendere per colui che vive nell’altro mondo, comincia a esserci per lui.

E non dite che sarebbe un’ingiustizia che rimanessero invisibili ai defunti le anime che qui, sulla Terra, magari senza loro colpa, non hanno alcun pensiero spirituale. Se il mondo non fosse disposto così da essere in questo modo, allora gli uomini non giungerebbero mai ad agognare il perfezionamento. Gli uomini devono imparare per mezzo di quello di cui sentono la mancanza. Un’anima simile, che allora nella vita tra morte e nuova nascita patisce dolore e solitudine, consegue con ciò l’impulso ad accogliere pensieri spirituali.

 

Vediamo dunque che la scienza dello spirito è, da questo punto di vista,

come un linguaggio attraverso il quale i vivi e i morti si comprendono,

grazie al quale essi esistono e sono percepibili gli uni per gli altri.

 

Anche sotto un altro aspetto si manifesta quale missione abbia la scienza dello spirito riguardo al superamento dell’abisso tra vita e morte. Quando passano per la porta della morte, le anime umane entrano in una vita che mantiene il collegamento con la vita terrena tramite il ricordo di quanto è trascorso. Non descrivo quello che si può trovare nei nostri libri, ma espongo delle integrazioni.

 

Per più tempo, dopo la morte, l’uomo ha il suo daffare col dover ancora tornare a sentire la Terra,

deve disabituarsi alla nostalgia di avere un corpo fisico.

• Nel periodo del divezzamento, l’uomo impara a vivere come essere animico-spirituale.

 

Immaginiamoci molto vivamente come ciò si presenti all’indagine veggente.

In un primo tempo l’anima ha un legame solo con quello che lei stessa era; si guarda la propria vita interiore che è trascorsa in pensieri, rappresentazioni e così via; ci si ricorda delle relazioni che si sono avute con altri esseri umani. Ma quando si vuole guardare in basso verso la Terra, si offre allora una vista singolare. Si ha l’impulso a guardare giù. Questo impulso a rammentarsi della Terra rimane per tutta la vita tra morte e nuova nascita.

Fintanto che l’uomo è chiamato a passare di vita in vita, fino ad allora rimane questa coscienza: tu sei destinato alla Terra, devi sempre di nuovo tornare sulla Terra se vuoi evolverti nel modo giusto. Riguardo al defunto si mostra perciò che, se egli perdesse il pensiero della Terra, in quanto defunto perderebbe allora completamente il pensiero del proprio io. Non saprebbe più di essere se stesso, e questo porterebbe a un immane sentimento di dolore.

L’uomo non deve proprio perdere il nesso con la Terra; essa non deve scampare, diciamo, alla sua rappresentazione. In genere, non può nemmeno scomparirgli del tutto. Solo nella nostra epoca di diluvio materialistico – nella quale deve giungere questa rivelazione spirituale perché il nesso tra vivi e morti venga conservato – è dunque difficile guardare indietro per le anime che, sulla Terra, non si incontrarono con nessun’altra anima nella quale fossero presenti pensieri e sentimenti spirituali.

 

Per i defunti è importante che quelli con i quali sono stati in rapporto sulla Terra prendano con sé ogni sera, entro il mondo del sonno, pensieri del mondo spirituale. Quanto più ci portiamo nel sonno pensieri del mondo spirituale, tanto meglio facciamo per coloro che qui nella vita conoscemmo di persona, o con i quali siamo venuti a trovarci in un qualche rapporto e che sono morti prima di noi.

È davvero difficile parlare di queste situazioni, perché le nostre parole sono prese dal piano fisico. Quello che portiamo con noi nel sonno quanto a pensieri spirituali: questo è il mondo di cui i defunti devono in un certo qual modo vivere. Un defunto che non abbia nessuno sulla Terra che trasporti nel sonno dei pensieri spirituali, patisce in un certo senso la fame; è come uno che sulla Terra venga relegato su un’isola rocciosa.

Quando non trova nessuna anima in cui vivano sentimenti spirituali, il defunto sente come se si trovasse in un deserto, come se non ci fosse niente di ciò che gli serve per vivere.

 

L’isola dei morti – 1884 – Arnold Bocklin (quarta versione)

 

Per questo non si può proprio dire, ancora una volta, con quale serietà vadano presi i pensieri della concezione del mondo scientifico-spirituale, quando nel nostro tempo se ne vede prendere sempre più piede una che dei mondi spirituali non vuol saperne nulla.

Una volta, quando si andava a dormire con la devota preghiera della sera e ci si portava gli effetti di questa preghiera serale, era diverso da oggi, dove gli uomini sprofondano nel sonno senza pensieri, magari dopo un lauto pasto o altri godimenti, senza pensare a qualcosa di soprasensibile. In questo modo si sottrae ai defunti il loro nutrimento spirituale. Queste conoscenze devono condurre sempre più a ciò che ha già portato, là dove viene fatto da nostri amici, dei frutti assai buoni: si tratta di quello che vorrei chiamare il leggere per i defunti. Questa lettura ai defunti ha un immenso significato.

 

Supponiamo che qui sulla Terra due persone abbiano vissuto fianco a fianco: una, per intimo impulso del cuore, si è sentita spinta verso la scienza dello spirito, l’altra invece proprio per questo viene ad avere per essa una crescente avversione. In un caso del genere, molte volte non si riesce a fare nulla per il vivo, per aiutarlo a conseguire una visione spirituale del mondo; anzi, forse proprio premurandosene si finisce per fargliela odiare. Supponiamo che quella persona muoia prima di noi, in tal caso abbiamo la possibilità di aiutarla molto meglio dopo la sua morte.

Quel che vive nelle nostre anime è qualcosa di molto complesso, e ciò a cui la nostra coscienza si estende è soltanto una parte del contenuto dell’anima. L’uomo non sa davvero granché di quel che c’è nella sua anima, e talvolta è presente qualcosa che è il contrario di quel che lui crede vi sia. Può quindi veramente essere, e accadere, che qualcuno prenda in odio la scienza dello spirito. Questo egli percepisce con la propria coscienza, ma nel fondo della propria anima può avere un anelito tanto più profondo alla scienza dello spirito.

 

Quando siamo passati per la porta della morte, viviamo la vita che abbiamo vissuto nel profondo della nostra anima. Accostandosi ai defunti che si sono conosciuti qui in vita, essi si mostrano spesso di indole molto diversa da quaggiù. In una persona che nel conscio abbia odiato la scienza dello spirito ma che, senza saperlo, nel più profondo dell’anima ne abbia nostalgia, dopo la morte questa nostalgia viene spesso a risaltare in modo particolarissimo. Le siamo di aiuto se prendiamo un libro di contenuto scientifico-spirituale, ci rappresentiamo l’immagine del defunto e leggiamo per lui come ad un vivo, non a voce alta ma silenziosamente. I defunti questo lo intendono. Naturalmente lo intendono in modo tanto più penetrante quelli che già in vita sono stati vicini all’elemento spirituale. Non dovremmo trascurare di leggere ai defunti o di intrattenerci con loro in pensieri.

 

Oltre a ciò vorrei accennare all’aspetto pratico per cui l’uomo, per parecchi anni dopo la morte, all’incirca da tre a cinque anni, intende la lingua che ha parlato. Questo a poco a poco vien meno, ma dopo ha ancora intendimento nei riguardi dei pensieri spirituali. Allora si può anche leggere al defunto in una lingua che egli non comprendeva, basta che la comprendiamo noi. In tal modo vengono resi grandi servigi ai defunti.

Proprio in questo ambito ci si avvede in modo particolare di tutta l’importanza della concezione del mondo scientifico-spirituale, perché essa riesce a eliminare la frattura tra vivi e morti. Possiamo immaginarci che allora nelle anime, se ci riesce di conseguire sulla Terra una diffusione sempre più ampia della scienza dello spirito, apparirà sempre più la coscienza di essere insieme ai defunti.

 

Dunque, per un periodo dopo la morte, l’uomo è ancora collegato direttamente con la Terra. Poi però egli deve espandersi entro il mondo spirituale, deve divenire un cittadino del mondo spirituale. A ciò deve essere preparato, deve avere ricettività e comprensione per il mondo spirituale.

Giunge ad esempio una fase dove per l’indagine animica, quando vengono osservati i defunti, si presenta una grande differenza fra quelle anime che sulla Terra hanno coltivato disposizioni e sentimenti morali, e quelle che hanno vissuto quaggiù senza sentimenti morali.

Se qui l’uomo non ha avuto cura di alcuna sensibilità morale, sarà allora come un eremita, nell’aldilà non troverà la via verso altri esseri umani né verso le Gerarchie superiori. La coscienza dell’uomo non si estingue mai; però, quel che in tal caso lo attende è un sentimento di solitudine.

La possibilità di vivere insieme ad altri esseri, da un certo tempo dopo la morte in poi – il periodo che si chiama fase di Mercurio -, l’uomo se l’acquisisce per mezzo della vita morale. Sicché si può dire che è il modo in cui l’uomo ha vissuto sulla Terra a determinare se nella fase di Mercurio egli viva in eremitica e terribile miseria, oppure se trovi il contatto, il rapporto con anime umane e con entità del mondo superiore.

 

Viene poi un periodo al quale l’uomo va preparato in un altro modo, e nel quale egli di nuovo si condannerebbe alla solitudine, se non avesse sviluppato quaggiù sulla Terra sentimenti religiosi.

Questo periodo viene chiamato fase di Venere. Chi non abbia sviluppato in sé sentimenti religiosi si sente cieco e sordo nei riguardi di quanto si trova attorno a lui.

 

In seguito giunge un tempo riguardo al quale, per non divenire insensibile verso le entità del mondo superiore, l’uomo deve prepararsi avendo piena comprensione per tutte le religioni. Si tratta della fase del Sole. Qui sulla Terra viene preparata tramite una comprensione nei confronti di tutto ciò che è umano, nei confronti delle varie confessioni religiose.

Per la fase solare, nei tempi antichi era sufficiente se un uomo aveva la religione di Brahma, un altro quella di Lao Tse e così via. Ma ora, per come i tempi si sono evoluti, gli uomini a causa delle confessioni religiose stanno l’uno contro l’altro, e così la fase solare non può venir attraversata nel giusto modo.

Qui è necessaria una percezione spirituale: il periodo solare, che l’uomo deve attraversare tra morte e nuova nascita, è tale per cui si sente di essere entrati in un mondo nel quale, a seconda di come si è predisposti, un certo luogo ci appare vuoto oppure no.

 

Se vogliamo capire grazie a che cosa non lo scorgiamo vuoto, dobbiamo comprendere il mistero del Golgota. Nell’impulso di Cristo si trova la possibilità di comprendere ogni umano sentire. Il cristianesimo è già una religione universale, non è una religione di stirpe, di razza, o una religione nazionale come lo sono l’induismo o altre religioni. Se i popoli mitteleuropei avessero mantenuto le loro antiche religioni di stirpe, oggi renderemmo ancora culto a Wotan, a Thor e così via. Ma i popoli europei hanno assunto il credo del cristianesimo. Non si è però cristiani, in senso vero e proprio, perché si sostiene questo o quel dogma cristiano, ma perché si sa che Cristo è morto per tutti gli uomini.

 

Soltanto a poco a poco gli uomini impareranno a comportarsi da cristiani. Se oggi un europeo arriva in India, di norma ciò che egli professa è una fede a parole. Il giusto sentimento che però si deve avere è questo: ovunque, sulla Terra, si incontri un’anima umana, si può trovare l’impulso di Cristo. L’induista non crederà che il suo dio viva in tutti gli esseri umani. Il cristiano sa che Cristo vive in tutti gli uomini. La scienza dello spirito mostrerà che il cristianesimo giustamente inteso contiene il nocciolo di verità di tutte le religioni e che ogni religione, quando diventa consapevole del proprio nucleo di verità, conduce al mistero del Golgota.

 

Se si considera un altro iniziato o un qualsiasi altro fondatore di religioni, è chiaro che egli vuole annunciare qualcosa dai mondi spirituali, essendo passato attraverso l’iniziazione. Non comprende veramente Cristo colui che non vede con chiarezza che Cristo sulla Terra non ha attraversato alcuna iniziazione; piuttosto, fu per il fatto di essere qui che egli fu iniziato, e riunificò in sé ogni cosa.

Se come veggente si volge lo sguardo alla vita di Budda e la si osserva, allora cosa fosse il Budda diventa proprio molto più chiaro nel mondo spirituale. Per la vita di Cristo non è così. La vita di Cristo è tale per cui bisogna conseguire un rapporto con essa già qui sulla Terra, per comprenderla nel mondo spirituale.

Se non ci si acquisisce quaggiù un tale rapporto, allora quando si viene iniziati si può vedere tutto il possibile, ma non si riesce a scorgere Cristo se non si è acquisita una relazione con lui a partire dalla Terra.

Per questo così pochi comprendono il mistero del Golgota. Esso fa del Cristo un’entità che ha pari valore per l’uomo primitivo e per il più alto iniziato. L’anima umana più primitiva può avere un rapporto con Cristo, e anche l’iniziato deve trovarlo.

 

Si vengono a conoscere molte cose quando si entra nei mondi superiori, una cosa soltanto non c’è, una cosa non la si impara: si tratta della morte. La morte esiste soltanto nel mondo fisico. Nel mondo spirituale c’è certamente la trasformazione, ma la morte no. Sicché possiamo dire che tutti quegli esseri spirituali che non vengono mai sulla nostra Terra, e restano soltanto nei mondi spirituali, non passano attraverso la morte.

Cristo è divenuto concittadino degli uomini sul piano fisico, e ciò che si è svolto sul Golgota fa sì che, se si comprende l’unica morte fra gli dèi, nel periodo solare non si resti a mani vuote. Gli altri iniziati sono uomini che si sono evoluti in modo particolare attraverso diverse vite terrene. Cristo non fu in precedenza sulla Terra come Cristo, era piuttosto in mondi nei quali la morte non esiste. Tra i suoi pari egli è l’unico che fece conoscenza con la morte. Per questo, per venire a conoscere Cristo si deve comprendere la sua morte. Ed essendo la morte la cosa essenziale, il mistero del Golgota può venir compreso soltanto qui sulla Terra, dove la morte esiste.

 

Se qui sulla Terra non si giunge a un rapporto con Cristo, allora nel mondo superiore non si sperimenta Cristo; allora nella fase del Sole troviamo il suo posto vuoto. Ma se prendiamo con noi l’impulso di Cristo, allora il trono solare non appare vuoto, allora troviamo Cristo coscientemente.

Per la nostra odierna evoluzione dell’umanità è importante che a quel punto noi troviamo Cristo nel mondo spirituale, riconoscendolo. E perché?

 

Ecco, quando attraversiamo la fase solare, siamo entrati gradualmente in un mondo dove dipendiamo dalla luce spirituale. In precedenza, prima del periodo del Sole, abbiamo ancora le ripercussioni della Terra, di ciò che personalmente siamo stati, e cioè sentimenti morali e religiosi. Adesso ci occorre di più. Ora abbiamo bisogno della capacità di guardare a quello che c’è nel mondo spirituale, e che quaggiù non può ancora venir predisposto in noi; ora dobbiamo infatti attraversare mondi di forze di cui qui non si può sapere nulla.

Quando l’uomo con la nascita entra nella vita, il suo cervello non è sviluppato. Se lo deve prima elaborare secondo quel che si è acquisito in vite precedenti. Perché se si necessita di un dato tipo di capacità, allora non basta essersele acquisite, ma si deve anche sapere come deve essere costruito l’organo fisico che occorre per esse.

 

C’è una guida importante, ma molto pericolosa.

• Qui sulla Terra resta inconscia, ma diviene indispensabile dal periodo solare in poi: Lucifero.

Vagheremmo nel buio se Lucifero non ci si accostasse.

Però, possiamo camminare a fianco di Lucifero solo se abbiamo la conduzione di Cristo.

• Tutti e due, a quel punto, dopo il periodo solare guidano l’uomo oltre,

attraverso l’esistenza che segue, cioè le fasi di Marte, Giove e Saturno.

In queste fasi, successive a quella solare, l’uomo s’incontra con le forze che gli occorrono per la nuova incarnazione.

 

È un’assurdità se la scienza materialistica crede che il corpo materiale venga ereditato. Oggi questa scienza non ha alcuna possibilità di avvedersi del suo errore, ma si riconosceranno le verità spirituali e allora ci si renderà conto dell’errore.

All’uomo non si può trasmettere per via ereditaria null’altro che le disposizioni per il cervello e la spina dorsale, per tutto quello che è racchiuso nella teca ossea del cervello, saldamente chiusa verso l’esterno, e gli anelli della colonna vertebrale – tutto il resto viene determinato da forze che originano dal macrocosmo.

L’uomo sarebbe, diciamo, una massa del tutto inumana se gli venisse dato solo quanto viene trasmesso per via ereditaria. Quel che gli viene trasmesso con l’ereditarietà deve venir elaborato ben bene da ciò che l’uomo si porta con sé dai mondi spirituali.

 

Perché chiamo periodo di Mercurio, di Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno, i periodi successivi alla morte?

Quando è passato per la porta della morte, l’uomo diventa sempre più grande.

Difatti la vita dopo la morte è tale per cui ci si sa espansi in un grande spazio.

• Inizialmente si cresce allora così tanto da “riempire lo spazio” che viene delimitato dall’orbita della Luna.

• Poi ci si continua a espandere fino all’orbita di Mercurio – a quello che occultamente è chiamato così –

poi fino all’orbita di Venere, del Sole, di Marte.

• Si cresce espandendosi fuori nel grande spazio celeste.

• Ogni uomo, dopo la morte, cresce nel grande spazio celeste.

 

Ma l’essere spazialmente insieme di tutte queste anime umane non ha alcun significato. Se voi compenetrate tutta la sfera di Venere, anche le altre anime fanno lo stesso, ma non per questo dovete sapere qualcosa le une delle altre.

 

Se anche si sa di non essere un individuo isolato, ci si può pur tuttavia sentire soli.

• Infine ci si estende nell’universo fino alla sfera che viene descritta da Saturno, e ancora oltre.

• Così ampliandosi, si fanno proprie le forze di cui si ha bisogno per costruire la vita seguente.

E poi si torna di nuovo indietro, si diventa sempre più piccoli fino a riunirsi con la Terra.

Dunque l’uomo, tra morte e nuova nascita, si dilata all’intero macrocosmo e, per quanto paia strano, è così: quando rientriamo in una vita terrena, portiamo con noi nell’esistenza le forze di tutto il sistema solare, e le uniamo a ciò che ci viene trasmesso per via ereditaria a partire dalle sostanze fisiche.

 

Con le forze che originano dal cosmo noi edifichiamo il corpo fisico e il nostro cervello.

Qui, tra nascita e morte, viviamo quindi negli angusti limiti del nostro corpo fisico;

dopo la morte, viviamo dilatati all’intero macrocosmo solare.

Un uomo ha una profonda sensibilità morale, un altro ne ha meno.

 

Colui che sente profondamente in modo morale attraversa il mondo spirituale, e può sperimentare tutto come essere socievole. La forza per questo proviene dalla vita stellare.

L’altro non si è preparato in tal modo, non è riuscito a conseguire alcuna relazione, non ha portato dentro forze spiritualizzanti: per ora, egli non può avere nemmeno disposizioni morali. Passa perciò solitario attraverso le sfere.

 

Tutto quello che c’è dentro l’uomo, le sue relazioni con il mondo,

tutto ci viene incontro in modo significativo grazie a una tale conoscenza spirituale.

 

Kant ha enunciato questo detto: “Due cose colmano l’animo di ammirazione e reverenza sempre nuove,

il cielo stellato sopra di me e la legge morale in me”.

 

Con ciò ha espresso qualcosa di molto significativo.

• La scienza dello spirito mostra che sono entrambe la stessa cosa.

• Quello che sperimentiamo tra morte e nuova nascita, il cielo stellato,

lo portiamo entro la nostra vita terrena, dove deve divenire la nostra legge morale.

• Così, la scienza dello spirito ci porta la visione della grandezza dell’anima dell’uomo,

e la visione della responsabilità dell’uomo.