Il massaggio, regolatore di attività ritmiche

O.O. 312 – Scienza dello spirito e medicina – 05.04.1920


 

Sommario: Il massaggio, regolatore di attività ritmiche. Significato del massaggio di singoli distretti per l’organismo complessivo. L’emicrania. Terapia con i colori. Idroterapia. Importanza di imitazione e autorità nella pedagogia. Schizofrenia. Psicoanalisi. Il materialismo. I denti. L’azione del fluoro.

 

Vedrete che nel corso di questa conferenza emergeranno a poco a poco i problemi che avete avuto la gentilezza di sottopormi per iscritto: ho dovuto prima creare le basi per poter dare delle risposte razionali. Oggi vorrei riallacciarmi a quanto ho e- sposto qui ieri, vale a dire al tema delle importanti funzioni della milza nell’organismo umano. Di esse bisogna dire che si tratta di funzioni eminentemente regolatrici della vita subcosciente dell’anima. Si fraintende l’intera entità umana se si considera la milza come un organo di importanza secondaria. Questo errore, o questo equivoco, può certo essere dovuto al fatto che le funzioni della milza vengono assunte con grande facilità dalla sola milza eterica, appunto perché si tratta di un organo molto spiritualizzato; perfino altri organi possono intervenire per sostituirsi ad essa. Ci si potrà per altro persuadere che l’azione della milza assume dei caratteri singolari, quando dalla sfera del subcosciente la si solleva, un poco nella coscienza. Proprio osservando la milza si può stranamente pervenire alla trattazione di un certo metodo terapeutico che in tempi recenti ha acquistato interesse. Lo strano è che, per parlarne, noi prendiamo le mosse dalla funzione della milza. È infatti possibile convincersi che leggeri massaggi sulla regione splenica producono un effetto equilibratore sull’attività istintiva dell’uomo. Un delicato massaggio ripetuto sulla regione della milza migliora per così dire gli istinti dell’uomo, conferendogli per esempio una maggiore facilità nel riconoscere gli alimenti che gli si confanno, o rapporti più sicuri con quanto giova o nuoce al suo organismo. Tuttavia questi massaggi sulla milza trovano subito un limite: appena diventano troppo forti, rischiano di sconvolgere nuovamente del tutto l’attività istintiva. Occorre dunque, proprio in questa procedura terapeutica, osservare rigorosamente il punto di svolta: non bisogna esagerare con questo tipo di massaggi.

 

Come si spiegano questi fatti? Quando si pratica un massaggio sulla regione della milza, vi si indirizza qualcosa che di solito non vi si trova, vi si proietta cioè la coscienza della persona che viene massaggiata. Questo genere di trasposizione della coscienza, e di attrazione della coscienza in una certa direzione, è un fatto ricco di conseguenze. Non è sempre facile descrivere con i rozzi strumenti del nostro linguaggio abituale certe sottili modalità di azione dell’organismo umano. Per quanto possa sembrare strano, esiste una forte azione reciproca fra l’inconscia attività dell’intelletto, che viene mediata nell’organismo umano dalla milza (o meglio dalla sua funzione), e le funzioni coscienti dell’organismo. Che cosa sono in sostanza le funzioni coscienti dell’organismo umano? Tutti i processi fisici, nell’organismo accompagnati dai processi superiori coscienti, e in particolare dall’attività della rappresentazione, esercitano in esso effetti tossici. Questo è un fatto al quale va prestata attenzione. Proprio per effetto della sua attività di rappresentazione, l’organismo si intossica di continuo, e in fondo esso compensa questi stati di intossicazione mediante l’attività volitiva inconscia. Nella milza si trova il centro per le esplicazioni della volontà inconscia. Se compenetriamo di coscienza la milza, influenzandola con i massaggi, noi ci opponiamo in certo modo alla forte azione intossicante che proviene dalla nostra coscienza superiore.

 

Il massaggio della milza si può però effettuare anche interna? mente, non solo dall’esterno: può darsi che qualcuno obietti che allora non si può chiamarlo un massaggio, ma è questione d’intendersi! Infatti una specie di massaggio della milza si può realizzare anche nel modo seguente. Si metta il caso di una persona nella quale si constati una forte attività organica interna dovuta a stati tossici. Questo abnorme stato di coscienza della milza potrà venire influenzato favorevolmente consigliando a quel soggetto di mangiare meno ai pasti principali, ma di mangiare più spesso: di alimentarsi cioè a intervalli ravvicinati. Una tale maggiore suddivisione del numero dei pasti rappresenta una specie di « massaggio » interno della milza, influenzandone in modo sostanziale l’attività. Naturalmente però si presenta anche un inconveniente, come accade per tutto ciò che riguarda questi processi.

 

Nel nostro tempo frettoloso, con la maggior parte della gente inserita in attività esteriori impegnative, proprio questa attività intensa influenza grandemente la funzione della milza. L’uomo infatti non fa come certi animali che si mantengono sani sdraiandosi affinché la digestione non sia disturbata da un’attività esterna; in questo modo essi proteggono l’attività della loro milza. L’uomo invece non la protegge, quando si trova impegnato in un’attività esterna nervosa e frettolosa. Da ciò deriva che gradualmente in tutta l’umanità civile l’attività della milza è diventata molto abnorme, per cui acquista un’importanza particolare la possibilità di alleviarne le funzioni coi mezzi ai quali ho accennato.

 

Prestando attenzione ai delicati massaggi, esterni o interni, che si possono effettuare sulla milza, si scoprono i rapporti fra gli organi umani che trasmettono l’inconscio e quelli che trasmettono le esperienze coscienti. Queste osservazioni ci portano infatti a comprendere il significato del massaggio, o almeno ce ne facilitano la comprensione. In effetti il massaggio ha una certa importanza e anzi in determinate condizioni possiede anche un forte effetto terapeutico, sebbene esso agisca soprattutto sulla regolazione dell’attività ritmica nell’uomo. Per ottenere dai massaggi il massimo effetto curativo è però necessario conoscere bene l’organismo u- mano. Le considerazioni seguenti potranno facilitare la comprensione di questi fatti. Si pensi all’enorme differenza che nell’organizzazione umana (non però in quella degli animali) esiste fra le braccia e le gambe. Le braccia dell’uomo, che si muovono liberamente, non essendo inserite nel sistema della gravità, hanno il loro corpo astrale congiunto assai meno strettamente col corpo fisico, in confronto ai piedi dell’uomo. Nei piedi il corpo astrale umano è molto strettamente congiunto col corpo fisico. Vien fatto di dire che nelle braccia il corpo astrale agisce piuttosto attraverso la pelle dall’esterno verso l’interno; esso avvolge le braccia e le mani, esercita la sua azione in certo senso come avvolgendole. Nelle gambe e nei piedi, invece, la volontà opera fortissimamente mediante il corpo astrale in direzione centrifuga, irraggiando con energia dall’interno verso l’esterno. Questa è la ragione della grande differenza fra le braccia e le gambe. Di conseguenza, massaggiando le gambe e i piedi si compie un’attività del tutto diversa da quella che consiste nel massaggiare le braccia e le mani. In quest’ultimo caso, il massaggio attira l’astrale dall’esterno all’interno; per effetto di ciò, le braccia diventano apparati della volontà, molto più di quanto lo siano di solito, e in tal modo si opera regolando il ricambio interno che si svolge fra l’intestino e i vasi sanguigni. Dunque, massaggiando braccia e mani si agisce piuttosto sulla formazione del sangue. Invece col massaggio di piedi e gambe si trasforma piuttosto il fisico in qualcosa di affine alla rappresentazione, e si agisce regolarizzando il ricambio connesso con i processi di escrezione e di secrezione. Proprio l’osservazione di questi effetti secondari del massaggio (in un caso, partendo dalle braccia, si estendono alla regione interna, costruttiva del ricambio, nell’altro caso alla regione escretoria) ci mostra quanto sia complicata la natura dell’organismo umano. Esaminando il problema razionalmente, si scopre che ogni punto del nostro corpo è in qualche modo correlato con altri punti; l’effetto dei massaggi si fonda proprio sulla corretta comprensione di tali correlazioni. I massaggi praticati sull’addome avranno sempre effetti favorevoli, perfino sull’attività respiratoria, e questa correlazione è particolarmente interessante. Procedendo dall’alto verso il basso, si constata che il massaggio praticato subito al di sotto della regione cardiaca influenza più intensamente la respirazione; se invece lo si pratica più in basso, si agisce più sugli organi della gola, del collo. Nei massaggi praticati sul tronco, gli effetti sono dunque per così dire invertiti: quanto più si procede verso il basso, tanto più vengono influenzati gli organi situati verso l’alto. Viceversa il massaggio delle braccia viene potenziato dal contemporaneo massaggio praticato sulle parti più alte del tronco. Questi fatti rendono evidenti le correlazioni delle diverse parti dell’organismo umano. Questa azione reciproca fra l’uomo inferiore e quello superiore (e più in generale fra le diverse parti, anche distanti fra loro, dell’organismo umano) si rende evidente anche in altri fenomeni, per esempio nell’emicrania.

 

In realtà l’emicrania ha il significato di una trasposizione nel capo di un’attività digestiva che dovrebbe svolgersi in altre parti dell’organismo; perciò l’emicrania risente anche di tutto quello che impegna troppo fortemente il restante organismo, come ad esempio il periodo mestruale. A proposito dell’emicrania occorre menzionare che, per effetto di una tale attività digestiva dislocata per così dire nella testa, i nervi del capo vengono gravati da un impegno che di solito non spetta loro. I nervi del capo sono trasformati in nervi di senso proprio grazie al fatto che nella testa ha luogo solo un processo digestivo (cioè di assimilazione) perfettamente regolato. Quando nel capo si svolge un’attività disordinata, nel senso ora caratterizzato, i suoi nervi vengono privati del loro normale carattere di nervi di senso. Perciò acquistano una sensibilità rivolta verso l’interno, verso processi per i quali l’organismo interno non dovrebbe essere sensibile, e a tale sensibilità anormale sono dovuti i dolori e gli altri disturbi propri dell’emicrania. Del resto; è ben comprensibile che si debba sentir poco bene chi, invece di percepire il mondo esterno, si trovi all’improvviso costretto a percepire l’interno della propria testa. Chi comprenda bene questa condizione non può die considerare un pacifico sonno come il miglior rimedio contro l’emicrania; tutti i rimedi ai quali si ricorre di solito lo si è talora costretti a ricorrere, sono infatti dannosi. Se si usano i comuni medicamenti allopatici, si provoca un ottundimento dell’apparato nervoso divenuto sensibile, cioè una attenuazione della sua attività. Questo intorpidimento di qualcosa che non dovrebbe essere intorpidito si può osservare con particolare evidenza in certe circostanze: per esempio se un attore viene colto da emicrania, poco prima di dover recitare, e preferisce in quel frangente nuocersi un poco, piuttosto che dover rinunciare alla recita. In tali circostanze si mostra quanto sia delicato l’organismo umano, e come spesso si sia costretti dal proprio inserimento nella vita sociale a peccate contro ciò che l’organismo esige. Ciò è perfettamente naturale e va tenuto nel debito conto: qualche volta si è costretti ad accettate un danno imposto dalla propria condizione sociale, e poi magari rassegnarsi a curarne le conseguenze che non mancheranno di farsi sentire.

 

Quanto sia delicata la struttura del corpo umano risulta anche da un appropriato studio della terapia con i colori e della terapia con la luce. Si tratta di forme di terapia che in avvenire dovranno essere prese in considerazione con più attenzione di quanto non si sia fatto sinora. Si dovrà soprattutto approfondire la differenza fra il vero e proprio effetto dei colori, che fa appello esclusivamente all’uomo superiore, e l’azione della luce die opera in modo più obiettivo e fa appello all’uomo intero. Se si pone semplicemente un soggetto in un locale, esponendolo per intero o in una sua parte all’azione di un colore oggettivo o della luce, si provoca direttamente un effetto organico. In tal caso si tratta di qualcosa che agisce sull’uomo dall’interno. Se invece l’esposizione viene fatta in modo da impegnare la coscienza del soggetto, se si conta cioè sull’impressione soggettiva prodotta dal colore o dal fatto che agisce la luce (per esempio ponendo la persona in un ambiente rivestito di certi colori, invece di irradiarlo con la luce colorata), l’effetto è diverso, in quanto è condizionato da tutti gli organi collegati appunto con la coscienza. Con una tale terapia soggettiva con colori si agisce senz’altro sull’io, mentre con la terapia oggettiva con colori si agisce sul sistema fisico, e soltanto indirettamente, per tramite di questo, sull’io. Non per questo si deve affermare che è inutile mettere dei soggetti ciechi in un locale rivestito da un certo colore, perché essi non possono percepirlo e quindi non può aversi alcun effetto. Non è così. In quelle condizioni si manifestano molto nettamente gli effetti di ciò che è sensibile e che si trova per così dire sotto la superficie del sensibile. Anche per un cieco fa una differenza il trovarsi in un ambiente colorato di rosso piuttosto che di blu: fa una differenza sostanziale. Se poniamo un cieco in una camera con le pareti blu, noi operiamo su di lui in modo che l’intera sua organizzazione funzionale si ritira dalla testa verso il rimanente organismo. Se invece lo poniamo in una camera con le pareti rosse, la sua funzionalità si indirizza dal restante organismo verso la testa. Da ciò si può veramente desumere che l’essenziale di questo tipo di terapia sta nel mettere in moto un ritmo ponendo il soggetto alternativamente in ambienti colorati in modo oggettivo, l’uno con un colore, l’altro con l’altro.

 

L’importante non è tanto esporre il soggetto al colore rosso o al blu, quanto spostarlo nella camera blu dopo che era stato nella camera rossa, e viceversa. Questo è veramente importante. Se per una persona io riconosco in linea generale la necessità di migliorare la funzionalità del restante organismo mediante una forte stimolazione delle funzioni della sua testa, cercherò di spostarla da un ambiente blu in uno rosso. Se invece mi propongo di migliorare le funzioni del capo mediante il rimanente organismo, sposterò il soggetto da una stanza rossa in una blu. Sono osservazioni che in futuro non lontano ritengo acquisteranno molta importanza. Come si vede, non si tratta di una terapia con la luce, bensì di un trattamento mediante i colori.

 

Nella terapia dell’avvenire avrà senz’altro importanza il mettere in azione il giuoco reciproco fra la sfera cosciente e quella incosciente. Tenendone conto, si imparerà anche a valutare correttamente la singolare modalità di azione, poniamo, delle sostanze attive sull’uomo sotto forma di aggiunte ai bagni. Fa una grande differenza se una qualunque sostanza applicata per via esterna agisce in modo da provocare una sensazione di freddo, o se invece la si applica in modo da produrre un’impressione di calore. L’impressione di freddo dovrebbe in fondo essere considerata nel senso che, se qualcosa esercita un’azione rinfrescante, sia in un impacco, sia in un bagno, si tratta essenzialmente dell’effetto della sostanza che opera terapeuticamente. Se invece viene esercitata un’azione accompagnata da calore, per esempio mediante un impacco caldo, allora è quasi indifferente quale sostanza venga aggiunta, quale sia la sostanza usata: in tal caso l’essenziale è l’effetto termico, e per un’applicazione di calore è in fondo indifferente in che modo venga applicata. Nel caso di impacchi freddi sarà dunque importante badare a come si possano opportunamente aggiungere all’acqua le diverse sostanze; perché debbano dimostrarsi attive in acqua fredda, bisognerà che si tratti di sostanze solubili a bassa temperatura. Al contrario, si otterranno scarsi effetti da tali sostanze solide usandole sotto forma di impacchi o bagni caldi. Nel caso invece che si tratti di sostanze eteriche, fortemente aromatiche, esse agiscono anche ad alte temperature. Quindi proprio in queste condizioni potranno esplicare tutta la loro azione terapeutica le sostanze di tipo sulfureo, o fosforico, o lo zolfo stesso, usati in aggiunta all’acqua del bagno.

 

Quel che importa è dunque osservare accuratamente i fenomeni che ho descritti, e a tal fine sarà molto utile rendersi conto di una specie di fenomeno archetipico. È interessante notare che questo metodo di mettersi di fronte una specie di fenomeno archetipico fu praticato estesamente nei tempi passati, quando l’arte medica veniva esercitata soprattutto nei misteri. I problemi non venivano allora affrontati in modo teorico, ma venivano espressi in certo qual modo mediante fenomeni esemplari, quasi come dei modelli. Si diceva ad esempio: « Se tu introduci nel tuo organismo del miele o del vino, rafforzi dall’interno le forze che agiscono su te dal cosmo ». Si potrebbe dire anche (e sarebbe la stessa cosa): rafforzi le vere forze dell’io. Questa formulazione rende molto evidente la situazione. Oppure si diceva: « Se invece frizioni il tuo corpo con una sostanza oleosa, indebolisci in te l’effetto dannoso delle vere forze terrestri »: vale a dire delle forze che nell’organismo si contrappongono all’azione dell’io. Gli antichi dicevano poi così: « Con un giusto equilibrio fra il dolce rafforzamento apportato per via interna e l’indebolimento oleoso apportato per via esterna, si diventa vecchi ». Ovvero: « Togli al tuo organismo il dannoso effetto terrestre, ungendoti con olio, e se sei in grado di sopportarlo, se non sei troppo debole nella tua organizzazione, rafforza col miele o col vino le forze del tuo io: in questo modo accrescerai le forze che ti porteranno fino alla vecchiaia ». Con formulazioni come queste si volevano esprimere le cose in modo esemplare: ci si proponeva di indicare la via con fatti, non con dottrine. Anche noi dovremo ritrovare la via a questo metodo. Ci si orienta infatti molto meglio fra le diversissime sostanze del mondo esterno richiamandosi in tal modo a fenomeni in certo senso esemplari, che non ad astratte cosiddette leggi di natura che in fondo si dimostrano vane, quando si tratta di affrontare qualcosa di concreto.

 

Molti di questi fenomeni archetipici, esemplari, si possono enunciare con la massima facilità, e vorrei darne alcuni esempi semplicissimi. Eccone uno: « Metti i piedi nell’acqua e susciterai nell’addome forze stimolanti la formazione del sangue ». Questo è un fenomeno archetipico estremamente indicativo. « Lavandoti la testa susciti nell’addome forze che regolano l’evacuazione». Fenomeni archetipici di questo genere facilitano la comprensione, perché racchiudono in sé le leggi dell’organismo, contengono la realtà. Enunciando cose come queste si dà espressione all’essere umano. Infatti cose come queste non hanno senso, se non si pensa all’uomo; l’importante è appunto il fatto di tener d’occhio l’uomo.

 

Le correlazioni che ho espresse ora si riferiscono prevalentemente a reciproci effetti spaziali nell’organismo umano. Esistono però anche correlazioni temporali. Molto evidenti sono quelle che si esplicano quando un bambino o un giovinetto vengono educati in modo talmente difettoso, che per tutta la vita non riusciranno più a sviluppare ciò che dovrebbe venire sviluppato proprio nella giovinezza e nell’infanzia, per essere poi utilizzato solo nell’età più avanzata. Vorrei esprimermi più chiaramente. L’essere umano sviluppa già nella sua giovinezza certe forze che concorrono poi a configurare il suo organismo; non tutto quello però che nell’organismo viene configurato durante la giovinezza trova già nella giovinezza stessa la sua giusta utilizzazione. Durante la giovinezza noi configuriamo l’organismo in modo da conservarne certe forze perché si esplichino soltanto nella vecchiaia. Vorrei dire che già nel bambino si formano certi organi che non devono essere usati nell’infanzia, ma che non potrebbero più essere edificati nell’età adulta, che rimangono di riserva, per essere usati più tardi, Tali organi di riserva possono però venire impegnati prematuramente, per effetto di certi errori di ordine pedagogico; per esempio quando non si tiene conto che durante il primo settennio di vita, fino all’inizio della seconda dentizione, l’educazione del bambino deve essere fondata sull’imitazione, mentre nel secondo settennio deve prevalere il ruolo dell’autorità. La mentalità materialistica odierna può naturalmente obiettare che è impossibile che l’applicazione più o meno corretta dell’imitazione o dell’autorità abbia una tale importanza; eppure è proprio così, perché gli effetti dei criteri educativi si fanno sentire fin nell’organismo. Va solo tenuto conto della necessità che il bambino partecipi all’imitazione con tutta l’anima sua. Può ad esempio essere di grande importanza il caso seguente. Si può suscitare in un bambino una certa simpatia per un dato alimento, stimolando in lui l’imitazione della simpatia che l’educatore stesso mostra per quell’alimento. In questo modo noi congiungiamo il principio dell’imitazione con l’abitudine al desiderio di quell’alimento, siamo cioè in presenza di un espandersi dell’istinto di imitazione entro l’organismo. Lo stesso può verificarsi nell’ambito della esplicazione del principio di autorità. In breve, quando vengono impegnati già durante la fanciullezza organi (si tratta certo di organizzazioni tenuissime) che veramente dovrebbero rimanere in riserva per l’età adulta, ne deriva la terribile schizofrenia; questa è la vera origine della schizofrenia. Un’educazione corretta rappresenta già una buona terapia. La schizofrenia finirà per scomparire, quando un giorno l’intera educazione sarà stata messa al servizio della conoscenza fondata sulla scienza dello spirito, come l’ho esposta nel mio libriccino L’educazione del bambino dal punto di vista della scienza dello spirito. Nella nostra scuola Waldorf noi aspiriamo a realizzare questo ideale, per adesso solo a partire dal sesto, settimo anno di età: non è ancora possibile estendere l’educazione ai bambini più piccoli. Un’educazione fondata su questi princìpi impedirà appunto che l’uomo impegni troppo precocemente gli organi che dovranno servirgli nell’età adulta. Queste considerazioni riguardano dunque una corretta educazione.

 

Nella vita s’incontra però anche la condizione opposta: consiste nella mancata esplicazione di certe azioni organiche che dovrebbero in fondo esplicarsi solamente durante la giovinezza. In effetti, per tutta la durata della vita vengono impegnati anche gli organi che servono soprattutto per la fanciullezza e la giovinezza, ma tale impegno deve avvenire con moderazione, altrimenti riesce nocivo. Tocchiamo qui un ambito nel quale, per le cause più diverse, può introdursi nel pensiero umano una concezione come quella della psicoanalisi, creandovi confusione. È proprio vero che non sono gli errori più grandi a creare i danni maggiori, perché tali errori vengono confutati ben presto; i massimi danni si debbono a concezioni che racchiudono un granello di verità, ma che vengono portate alle estreme conseguenze e di cui poi si abusa.

 

In che cosa consistono i fattori che hanno favorito il sorgere della concezione che segue le vie segnate dalla psicoanalisi? Per colpa del modo di vita in gran parte innaturale che si pratica oggi, l’uomo non si adatta al mondo esterno nella misura in cui sarebbe necessario, e quindi molte cose che fanno certe impressioni durante l’infanzia non vengono adeguatamente elaborate. Rimangono incorporate nella vita dell’anima certe cose che non si incorporano nel modo giusto anche entro l’organismo. Tutto quanto agisce nella vita psichica, per quanto lieve ne sia l’azione, estende infatti (o almeno dovrebbe estendere) i suoi effetti sull’organismo. Nei nostri bambini però sono molte le impressioni talmente anormali, da costringerle a rimaner limitate alla sfera psichica; non sono tali da potersi subito trasformare in impressioni organiche; continuano ad agire come impressioni psichiche e rimangono meri impulsi psichici, invece di partecipare allo sviluppo globale dell’uomo. Se quelle impressioni avessero preso parte alla intera evoluzione organica e non fossero rimaste impulsi psichici isolati, esse non impegnerebbero nella vita umana adulta gli organi destinati in fondo solo all’età avanzata e non ad elaborare impressioni giovanili. In tali condizioni nell’uomo intero si sviluppa un’incongruenza: egli si trova costretto a far agire delle « inclusioni » psichiche su organi che non vi sono più adatti. Allora si verificano i fenomeni che si possono constatare mediante un metodo psicoanalitico correttamente applicato. Catechizzando il soggetto si possono scoprire certi fatti della sua vita psichica che non sono stati adeguatamente elaborati, e quindi operano dannosamente negli organi divenuti ormai troppo vecchi per tale elaborazione. Ciò che importa rilevare è però che su questa via non si può mai giungere a una terapia, ma soltanto a una diagnosi. Se ci si limita a usare la psicoanalisi come un mezzo diagnostico, e si procede con tatto, il procedimento è in fondo qualcosa di giustificato. Non dovrebbe però verificarsi quello che io potrei documentare con molte delle letterine che mi sono state consegnate: cioè che gli psicoanalisti si servono proprio del personale infermieristico come di spie, per cercare di tirar fuori in tutti i modi informazioni che poi si vogliono estorcere dal paziente con la catechizzazione. Questo si verifica talmente spesso da doversi proprio parlare di terribili abusi. In questa materia tutto dipende in realtà dall’atteggiamento morale delle persone implicate; se però si prescinde da tali gravi inconvenienti, si può dire che per quanto concerne la diagnosi nella psicoanalisi c’è del vero. Ma quanto alla terapia, non è mai possibile realizzarla col metodo proposto dagli psicoanalisti. Questo dipende a sua volta da un fenomeno caratteristico del nostro tempo.

 

Un aspetto tragico del materialismo è il fatto che esso allontana da una vera conoscenza della materia, la impedisce. Il materialismo infatti non è tanto dannoso alla conoscenza dello spirituale, quanto alla conoscenza dello spirituale che è presente nel mondo materiale. Esso annulla la conoscenza del fatto che con la sfera materiale sono sempre connesse azioni spirituali, impedisce quindi la ricerca dei fattori spirituali proprio nell’ambito materiale; in questo modo viene impedita la necessaria conoscenza di molti fatti della vita umana. A un materialista riesce impossibile attribuire alla materia tutte le qualità che siamo venuti descrivendo nelle nostre considerazioni; egli considera fandonie tutti questi discorsi che pretendono di attribuire alle sostanze materiali questa o quella qualità. Ciò significa però una preclusione alla conoscenza della sfera materiale. Non si parla più di fenomeni « fosforici » o di fenomeni « salini », ecc., perché tutto questo viene considerato come un mucchio di sciocchezze. Così ci si allontana dalla conoscenza dello spirituale proprio nell’ambito materiale, si rinuncia alla possibilità di studiare in modo corretto gli effetti delle forze formative. Soprattutto si rinuncia a riconoscere che ogni organo umano ha in fondo una duplice funzione: l’una orientata verso la coscienza, e l’altra in direzione opposta, verso il processo puramente organico.

 

Questa concezione è andata perduta soprattutto per quanto riguarda un ambito del quale intendo ancora parlare: quello del significato da attribuirsi ai denti.

 

Dal punto di vista materialistico i denti vengono considerati più o meno soltanto come strumenti per la masticazione. Essi però non sono soltanto questo. Che i denti abbiano una duplice natura risulta dal fatto che mentre chimicamente essi risultano affini al sistema osseo, dal punto di vista embriogenetico provengono invece dal sistema cutaneo. Proprio i denti posseggono una natura duplice, ma la loro seconda natura è quanto mai nascosta. Confrontando la dentatura di un animale con quella dell’uomo, si può constatare un fatto che ho menzionato nella prima conferenza di questo ciclo: proprio nella dentatura degli animali si esprime fortemente quella tendenza verso il basso, quella soggezione alla gravità, che avevo messo in evidenza nell’intero scheletro delle scimmie. Nella dentatura umana stessa si manifesta in certo senso l’effetto della tendenza verso l’alto, della linea verticale rivolta in su. Ciò è connesso col fatto che in realtà i denti non sono solamente organi della masticazione, bensì anche importanti strumenti di suzione, di aspirazione; da un lato essi operano in modo meccanico verso l’esterno, dall’altro però i denti esplicano una finissima azione risucchiarne, un’azione risucchiarne spiritualizzata. Dobbiamo allora chiederci che cosa suggano Ì denti verso l’interno dell’organismo. Di fatto, essi aspirano, succhiano (finché è loro possibile) il fluoro: i denti sono apparecchi per risucchiare fluoro nell’organismo. L’uomo ha infatti bisogno di piccole quantità di fluoro nel suo organismo, e se non ne ha… Beh, ora devo dire una cosa che forse vi scandalizzerà: se non ne ha, diventa troppo intelligente, acquista un’intelligenza che quasi lo annienta! Per effetto dell’azione del fluoro, l’intelligenza umana viene infatti limitata al livello di stupidità di cui noi uomini abbiamo per così dire bisogno per essere giusto uomini. Di piccole quantità di fluoro si ha necessità come di un continuo rimedio contro l’eccesso di intelligenza. Un precoce deterioramento della dentatura compromette l’azione del fluoro e sta ad indicare un eccessivo impegno dell’attività fluoro-suggente dei denti. Questa condizione è un indizio del fatto che per qualche ragione quel dato individuo cerca, per dosi dire, di lottare contro la stupidità: si tratta di cose delle quali tornerò a parlare, anche se il tempo a disposizione è ormai poco. Dunque l’uomo distrugge in certo qual modo i suoi denti, affinché l’azione del fluoro non lo renda troppo sciocco. Si tenga presente questa sottilissima correlazione: ci si guastano i denti perché non si diventi troppo stupidi! Se ne può ricavare la stretta connessione fra quel che da un lato giova all’uomo, e quello che invece può nuocergli. In certe condizioni noi abbiamo bisogno dell’azione del fluoro perché non divenga eccessiva l’intelligenza. D’altra parte possiamo nuocere a noi stessi intensificando troppo l’azione del fluoro, e in questo caso la nostra attività organica rovina i nostri denti.

 

Vi prego di riflettere a fondo su queste correlazioni, perché esse sono a loro volta in rapporto con altri aspetti importantissimi dell’organismo umano.