17 – Appendice all’ottava edizione (1918)

O.O. 10 – L’Iniziazione – (Appendice all’ottava edizione – 1918)


 

La via alla conoscenza soprasensibile, descritta in questo libro, conduce ad uno sperimentare animico nel quale è specialmente importante che il discepolo che vi aspira non si abbandoni a nessuna illusione o malinteso sul medesimo. In questo campo riesce facile all’uomo esser tratto in inganno. Una delle illusioni, e la più importante, si verifica, se spostiamo l’intero campo dello sperimentare animico di cui si parla nella vera scienza dello spirito, in modo da sembrare che esso si debba confondere con la superstizione, coi sogni visionari, con la medianità e con parecchi altri deviamenti dell’aspirazione umana.

Questo spossamento deriva spesso dal fatto che alcuni uomini i quali, in maniera non consona alla vera aspirazione della conoscenza, vorrebbero cercare una strada che li conduca nella realtà soprasensibile, cadono nei deviamenti citati, e vengono confusi con gli altri che seguono la via indicata in questo libro. Ciò che viene sperimentato dall’anima umana sulla via qui indicata si svolge completamente nel campo della pura esperienza animico-spirituale. È possibile per l’uomo vivere queste esperienze solamente se, anche per altre esperienze interiori, egli può rendersi altrettanto libero e indipendente dalla vita corporea, quanto lo è nello sperimentare della coscienza abituale quando, su ciò che ha percepito dall’esterno o su ciò che interiormente ha desiderato, sentito, o voluto, egli si forma pensieri che non derivano dal percepito, sentito, o voluto.

Vi sono uomini che non credono all’esistenza di tali pensieri. Essi credono che l’uomo non possa pensare niente che non sia tratto dalla percezione o dalla vita interiore dipendente dal corpo; e che tutti i pensieri siano in certo qual modo solo ombre e immagini di percezioni o di esperienze interiori. Può credere questo soltanto chi non abbia mai sviluppato la capacità di sperimentare nella sua anima la pura vita del pensiero fondato su se stesso.

Chi però l’ha sperimentata, sa per esperienza che sempre, quando il pensare domina nella vita dell’anima, e nella misura stessa in cui tale pensare compenetra altre funzioni dell’anima, l’uomo si trova coinvolto in un’attività alla cui formazione il suo corpo non partecipa. Nella vita ordinaria dell’anima, il pensare è quasi sempre commisto ad altre funzioni animiche: percepire, sentire, volere, e così via. Queste altre funzioni si formano per mezzo del corpo. Ma il pensiero agisce in esse. E nella misura in cui vi agisce, si svolge nell’uomo e per mezzo dell’uomo qualcosa a cui il corpo non prende parte.

Gli uomini che negano questo non possono superare l’illusione che viene creata dal fatto dì osservare l’attività pensante sempre in unione con altre funzioni. Ma nell’esperienza interiore ci si può animicamente spingere a sperimentare la parte pensante della vita interiore da sola, anche separata da tutto il resto. Dall’àmbito della vita animica si può liberare qualcosa che è unicamente costituito di puri pensieri; di pensieri che esistono di per se stessi, e dai quali è escluso tutto ciò che è dato dalle percezioni, o dalla vita interiore dipendente dal corpo. Pensieri siffatti si rivelano di per se stessi, per mezzo di ciò che sono, come qualcosa di essenzialmente spirituale, di soprasensibile. E l’anima che si unisce a tali pensieri, in quanto durante questa unione esclude da sé ogni percezione, ogni ricordo, ogni abituale vita interiore, sa di essere con il pensiero stesso in una regione soprasensibile, e sperimenta se stessa al di fuori del corpo.

Chi abbraccia con lo sguardo tutta intera la questione, non può più porsi il quesito se esista uno sperimentare dell’anima in un elemento soprasensibile al dì fuori del corpo, perché sarebbe per lui negare ciò che egli sa per esperienza. Per lui esiste soltanto la domanda: « Che cosa impedisce agli uomini di riconoscere un fatto così certo? » E a questa domanda trova la risposta che il fatto in questione è tale da non manifestarsi se prima l’uomo non si pone in una disposizione di anima atta ad accogliere la manifestazione stessa. Gli uomini diventano però subito diffidenti se devono cominciare col fare qualcosa di puramente animico, affinché si manifesti loro un elemento in sé indipendente da loro. Per il fatto di doversi preparare ad accogliere la manifestazione, credono di aver formato il contenuto della manifestazione stessa. Vogliono esperienze alle quali l’uomo non contribuisca per niente, di fronte alle quali rimanga completamente passivo.

Se inoltre questi uomini ancora ignorano le più semplici condizioni necessarie alla comprensione scientifica di uno stato di fatto, allora, nei contenuti e nei prodotti animici in cui l’anima si abbassa al di sotto di quel grado di auto-attività cosciente che si trova nella percezione sensoria e nell’azione volontaria, vedono una manifestazione obiettiva di un’essenza non sensibile. Tali contenuti animici sono le esperienze visionarie, le manifestazioni medianiche.

 

Ciò che si palesa però attraverso manifestazioni siffatte non è un mondo soprasensibile, è un mondo subsensibile. La cosciente vita umana di veglia non si svolge completamente nel corpo; la parte cosciente di questa vita si svolge soprattutto ai margini fra corpo e mondo esteriore fisico; così la vita percettiva, per quanto si svolge negli organi sensori, è tanto l’introdursi di un processo extracorporeo nel corpo, quanto una penetrazione di questo processo da parte del corpo stesso; e così dicasi della vita volitiva, che dipende dal porre l’essere umano nell’essere cosmico, in modo che quanto succede nell’uomo per mezzo della sua volontà sia al tempo stesso parte del divenire cosmico.

In questo sperimentare animico che si svolge al limite del corpo, l’uomo è in gran parte dipendente dalla sua organizzazione corporea; ma in questo sperimentare agisce l’attività pensante e, nella misura in cui ciò avviene, l’uomo si rende indipendente dal corpo nella percezione sensoria e nella volontà. Nello sperimentare visionario e nelle produzioni medianiche l’uomo si pone compieta- mente alle dipendenze del corpo. Egli elimina dalla sua vita animica ciò che lo rende indipendente dal corpo nella percezione e nella volontà. E di conseguenza i contenuti animici e le produzioni animiche diventano semplici manifestazioni della vita corporea.

Lo sperimentare visionario e la produzione medianica risultano dalla circostanza che in questo sperimentare e in questo produrre l’uomo, con la sua anima, è meno indipendente dal corpo di quanto non lo sia nella vita abituale percettiva e volitiva. Nello sperimentare del soprasensibile, quale è inteso in questo libro, l’evoluzione dello sperimentare animico procede in direzione opposta a quella dello sperimentare visionario e medianico. L’anima si rende progressivamente più indipendente dal corpo, di quanto non lo sia nella vita percettiva e volitiva. Arriva a quella indipendenza che si può realizzare nell’esperienza del pensiero puro, al fine di darsi a un’attività animica molto più vasta.

 

Per la qui intesa attività animica soprasensibile è di straordinaria importanza comprendere con piena chiarezza lo sperimentare del pensiero puro, perché in sostanza questo stesso sperimentare è già un’attività animica soprasensibile. Però è tale che, per mezzo di essa, non si vede ancora niente di soprasensibile. Si vive col pensiero puro nel soprasensibile; ma si sperimenta soltanto esso in modo soprasensibile; non si sperimenta ancora niente altro di soprasensibile. E lo sperimentare soprasensibile deve essere una continuazione dello sperimentare animico che può già essere raggiunto nell’unione col pensiero puro.

Perciò è tanto importante poter sperimentare questa unione in modo giusto, perché dalla comprensione di tale unione risplende la luce che può anche recare una visione giusta sulla natura della conoscenza soprasensibile. Appena lo sperimentare animico dovesse abbassarsi al di sotto della chiara coscienza che si esplica nel pensiero, questa visione si troverebbe sopra una via sbagliata per la vera conoscenza del mondo soprasensibile. Essa verrebbe afferrata dalle funzioni corporee; ciò che essa sperimenterebbe e produrrebbe non sarebbe allora una manifestazione del soprasensibile attraverso di essa, ma una manifestazione corporea nel campo del mondo subsensibile.

 

Non appena l’anima penetra con le sue esperienze nel campo del soprasensibile, tali esperienze diventano di un genere tale che non è facile per esprimerle trovare parole adatte come per le esperienze del mondo sensibile. Nel descrivere lo sperimentare soprasensibile, bisogna spesso rendersi conto che in certo qual modo le parole di cui ci si serve si allontanano molto più dal vero stato di fatto che si desidera esprimere, che non quando si tratta dello sperimentare fisico. Bisogna arrivare a intendere che molti termini rendono soltanto pallidamente e simbolicamente ciò a cui si riferiscono. Così è stato detto a pag. 26 di questo libro: « originariamente tutte le regole e gli insegnamenti della scienza dello spirito venivano comunicati in un linguaggio di segni simbolici ». E a pag. 64 si è dovuto parlare di un « determinato sistema di scrittura ».

Ora può succedere facilmente a qualcuno di volere imparare tale scrittura in modo analogo a come si imparano i segni fonetici e le loro combinazioni, per la scrittura di un idioma abituale fisico. Certo occorre dire che vi sono state e vi sono scuole scientifico-spirituali e associazioni che sono in possesso di segni simbolici per mezzo dei quali esprimono stati di fatto soprasensibili. E chi viene iniziato al significato di quei simboli ha con essi un mezzo per dirigere il suo sperimentare animico verso le verità soprasensibili in questione. Ma per lo sperimentare soprasensibile è piuttosto essenziale che nel corso di tale sperimentare soprasensibile, quale può venir raggiunto dall’anima attraverso la realizzazione del contenuto di questo libro, l’anima stessa acquisti per esperienza propria la rivelazione di una tale scrittura nella percezione del soprasensibile. Il soprasensibile dice all’anima qualcosa che essa deve tradurre in segni simbolici, per poterlo contemplare con piena coscienza.

Si può dire che quanto viene comunicato in questo libro può essere attuato da ogni anima. E nel corso di tale attuazione, che l’anima può determinare da sé in conformità delle istruzioni ricevute, si presentano i risultati che sono stati descritti. Si consideri questo libro come una conversazione fra l’autore e il lettore. Quando si dice che il discepolo dell’occultismo ha bisogno di un’indicazione personale, ciò va interpretato nel senso che il libro stesso sia tale indicazione personale. In tempi antichi vi erano ragioni per cui tali indicazioni personali erano riservate all’insegna- mento occulto orale; attualmente siamo però arrivati a un gradino dell’evoluzione dell’umanità in cui la conoscenza scientifico-spirituale deve avere una diffusione molto più estesa di prima. Deve essere accessibile a tutti, molto più che non fosse anticamente. Per questo il libro subentra al posto dell’antica istruzione orale.

L’idea che, oltre a quanto è detto nel libro, occorra anche un’istruzione personale, non è che parzialmente giusta. Taluno potrà sì aver bisogno di un aiuto personale per lui importante. Ma sarebbe errore credere che possa esservi qualcosa di essenziale che non si trova nel libro. Lo si trova leggendo giustamente, e soprattutto in modo completo.

 

Le descrizioni di questo libro appaiono quasi indicazioni intese a determinare una completa trasformazione dell’uomo intero. Chi però le legge giustamente, troverà che vogliono indicare soltanto la disposizione animica interiore nella quale un uomo deve trovarsi nei momenti della sua vita in cui vuol porsi di fronte al mondo soprasensibile. Egli sviluppa in sé questa disposizione d’anima come una seconda entità, mentre l’altra entità sana prosegue il suo corso nell’antica maniera. Egli sa tenere in piena coscienza le due entità separate fra loro; le sa porre giustamente in posizione di reciproca azione. Così non si rende inutile o inabile alla vita, tanto da perdere interesse e capacità per essa, e da dedicarsi l’intero giorno all’indagine spirituale. Certo bisogna dire che lo sperimentare nel mondo soprasensibile irradierà la sua luce su tutto l’essere dell’uomo; questo però non può avvenire in modo da allontanare dalla vita, ma piuttosto in modo da rendere la vita più efficiente e più feconda.

 

Che nondimeno la descrizione abbia dovuto essere fatta nel modo in cui è stata fatta, dipende dalla circostanza che indubbiamente ogni processo di conoscenza rivolto al sopra- sensibile concerne l’intero uomo, di modo che nel momento in cui egli si dedica a un siffatto processo di conoscenza, deve darvisi con l’intero suo essere. Come il processo di percezione dei colori concerne soltanto il particolare dell’occhio con il suo prolungamento nervoso, così un processo di conoscenza soprasensibile concerne l’intero uomo. Questi diventa « tutto occhio », oppure « tutto orecchio ». Poiché è così, quando si comunica qualcosa intorno alla formazione dei processi della conoscenza soprasensibile, sembra che si parli di una trasformazione dell’uomo; sembra intendersi che l’uomo abituale sia tutto sbagliato; che debba diventare completamente diverso.

 

A quanto ho detto a pag. 95 su « Alcuni effetti dell’iniziazione », vorrei aggiungere qualcosa che, con qualche variante, può valere anche per altre descrizioni di questo libro. A taluno potrebbe affacciarsi l’idea: a che serve tale descrizione, figurata dello sperimentare soprasensibile; non si potrebbe descrivere questo sperimentare sotto forma di idee, senza questo aspetto sensibile? A questo si deve rispondere: nello sperimentare la realtà soprasensibile, occorre tener presente che nel soprasensibile l’uomo si conosce come qualcosa di soprasensibile.

Se non avesse la visione della propria entità soprasensibile, la cui realtà si manifesta a suo modo compieta- mente nella descrizione qui data dei « fiori di loto » e del « corpo eterico », l’uomo sperimenterebbe se stesso nel soprasensibile, come se, stando nel sensibile, vi percepisse la manifestazione delle cose e dei processi attorno a lui, ma non sapesse nulla del proprio corpo. Ciò che egli vede nel suo « corpo animico » e nel suo « corpo eterico » come sua figura soprasensibile, fa sì che nel soprasensibile egli si trovi cosciente di se stesso, come, per mezzo della percezione del suo corpo sensibile, egli si trova cosciente di se stesso nel mondo sensibile.