Che cosa si manifesta quando si volge lo sguardo alle ripetute vite terrene – Massime 144-146

Commento di Lucio Russo


 

Ci occuperemo stasera di una nuova lettera, intitolata:

Che cosa si manifesta quando si volge lo sguardo alle ripetute vite terrene (11 gennaio 1925).

 

Cominciamo subito a leggere, e che il Signore ci assista perché tratteremo di cose oltremodo complesse.

 

 

Quando la conoscenza spirituale può riguardare indietro alle passate vite terrene di un uomo,

scopre l’esistenza di una serie di tali vite terrene nelle quali l’uomo già era persona.

Il suo aspetto esteriore somigliava all’aspetto presente, ed egli aveva una vita interiore che portava un’impronta individuale.

Appaiono vite terrene che già rivelano la presenza dell’anima razionale o affettiva, ma non ancora dell’anima cosciente,

altre in cui era sviluppata soltanto l’anima senziente, e così via.

È così nelle epoche appartenenti alla storia terrestre; ed era già stato così molto tempo prima” (p. 155).

 

 

Dire che “l’uomo già era persona” significa dire che “già era anima”, e quindi Io,

dal momento ch’è l’Io, come sappiamo, a “distillare” o “estrarre”      • l’anima senziente dal corpo senziente,

• l’anima razionale-affettiva dal corpo eterico,      • e l’anima cosciente dal corpo fisico.

 

Considerando che la fase evolutiva dell’anima cosciente comincia nel 1413 d.C., e che ciascuna delle precedenti fasi evolutive ha avuto una durata di 2160 anni, si può affermare che “l’uomo già era persona” circa 5000 anni fa (nel periodo in cui, stando a molti storici, Menes riunì l’Alto e il Basso Egitto).

Dice infatti Steiner: • “È così nelle epoche appartenenti alla storia terrestre; ed era già stato così molto tempo prima”: “era già stato così”, cioè, nelle epoche appartenenti alla “preistoria” terrestre.

 

Abbiamo detto, la volta scorsa, che

• la storia celeste potrebbe essere paragonata, sul piano ontogenetico, alla nostra vita intrauterina,

• così come la storia mitologica e la storia terrena potrebbero essere rispettivamente paragonate

– alla nostra vita infantile-adolescenziale (quella della cosiddetta “età evolutiva”)

– e alla nostra vita adulta (in cui siamo “persona”).

 

 

Ma la veggenza risale ad epoche in cui non era ancora così.

In esse, sia riguardo alla vita interiore, sia nella formazione esteriore,

l’uomo era ancora intessuto nel mondo degli esseri divino-spirituali.

L’uomo esisteva come uomo terreno, ma non era ancora separato dall’essere,

dal pensare e dal volere divino-spirituali” (p. 155).

 

 

Come si vede, l’epoca in cui l’uomo esiste “come uomo terreno”, ma non è ancora “separato dall’essere, dal pensare e dal volere divino-spirituali”, si presta a essere paragonata (cum grano salis) a quella infantile-adolescenziale, in cui non ci si è ancora emancipati dalla tutela dei genitori, così come l’epoca precedente si presta a essere paragonata a quella della nostra vita intrauterina. Infatti:

 

 

In epoche ancora più antiche l’uomo sparisce del tutto come essere distaccato;

non vi sono che esseri divino-spirituali che portano l’uomo nel loro grembo.

L’uomo ha attraversato questi tre stadi della sua evoluzione durante la sua vita terrestre.

Il trapasso dal primo stadio al secondo avviene nell’ultimo periodo dell’epoca lemurica,

quello dal secondo al terzo nell’epoca atlantica” (p. 155).

 

 

• Il passaggio dalla storia celeste alla storia mitologica si verifica dunque “nell’ultimo periodo dell’epoca lemurica”,

• mentre quello dalla storia mitologica alla storia terrena si verifica “nell’epoca atlantica”.

• La storia terrena prosegue nell’attuale epoca post-atlantica,

raggiungendo il culmine con l’avvento dell’anima cosciente.

 

 

Come dunque l’uomo, nell’attuale vita terrena, porta in sé le sue esperienze quali ricordi,

così egli porta in sé, quale ricordo cosmico, tutto ciò che ha attraversato nel modo sopra descritto.

Che cosa è la vita animica terrena? È il mondo dei ricordi, pronto ogni momento ad accogliere nuove percezioni.

In questa reciproca azione tra ricordo e nuova esperienza l’uomo vive la sua vita terrena interiore” (pp. 155-156).

 

 

Perché questa storia è importante?

E’ presto detto: perché è tuttora presente, “quale ricordo cosmico”, in ciascuno di noi

• (“Nel profondo del nostro essere sta un mondo ricco, di cui solo singoli brani affiorano nei pensieri: questo mondo, che è proprio imprigionato in noi, è come un profondo mare, e le rappresentazioni mnemoniche battono come singoli colpi d’onda: ciò è in noi”) (1).

 

Come stiamo infatti per vedere,

con il sistema neuro-sensoriale e con il pensare siamo ancor oggi nel grembo delle entità divino-spirituali,

con il sistema ritmico e con il sentire siamo ancor oggi dipendenti dalle entità divino-spirituali,

mentre, con il sistema metabolico e degli arti e con il volere, siamo divenuti autonomi e indipendenti.

 

 

Ma tale vita terrena interiore non potrebbe svilupparsi se non esistesse ancora attualmente nell’uomo, quale ricordo cosmico,

ciò che si vede guardando spiritualmente al primo stadio del suo divenire di uomo terrestre;

stadio in cui l’uomo non era ancora sciolto dall’essere divino-spirituale.

Di ciò che accadeva allora nel mondo, oggi sulla terra esiste di vivo ancora soltanto

quello che si svolge nell’organismo nervo-sensorio umano.

Nella natura esteriore tutte le forze che allora erano attive sono morte, e si possono osservare solo in forme morte.

Nel mondo del pensiero umano vive quindi, come manifestazione presente, ciò che, per avere esistenza terrena,

deve avere come base quello che già era sviluppato nell’uomo prima che egli conseguisse un’esistenza terrestre individuale.

Nella vita fra morte e nuova nascita l’uomo sperimenta ogni volta di nuovo quello stadio.

Solamente egli porta la pienezza della sua esistenza individuale, formatasi nella vita terrena,

nel mondo degli esseri divino-spirituali che lo riaccoglie, come un tempo già lo ebbe in sé.

Fra morte e nuova nascita egli è nel presente, ma al tempo stesso è in tutta la estensione di tempo

che ha attraversato nelle consecutive vite sulla terra e nelle consecutive vite fra morte e nuova nascita” (p. 156).

 

 

Con che cosa entriamo in rapporto nella sfera del pensare? Lo sappiamo: con il mondo dei concetti o dei logoi.

E qual è questo mondo?

E’ il mondo delle “idee” di Platone, il mondo delle “categorie” di Aristotele o il mondo delle “Madri” di Goethe.

E’ in questa sfera che siamo dunque nel grembo degli esseri divino-spirituali o, per l’appunto, delle “Madri”.

 

Ascoltate come comincia l’Iside-Sophia di Scaligero: • “La trascendenza visibile è il senso ultimo del pensiero umano, che infine conosca il proprio essere come essere del mondo, o come realtà simultaneamente esteriore ed interiore, vivente del suo nascere puro, in cui tutto, anche sviluppandosi, è di continuo in germe: come nel grembo della Vergine. Il mondo nasce da un grembo, che è lo stesso nel quale si forma l’Io” (2).

 

Dice Steiner: • “Nella vita fra morte e nuova nascita l’uomo sperimenta ogni volta di nuovo quello stadio”: ossia quello della storia celeste.

 

Ripensiamo alla preghiera per i defunti:

• “Voi che vegliate sulle anime nelle sfere del cosmo / Voi che tessete la sostanza nelle anime del cosmo

/ Voi sorti dalla saggezza per agire nell’amore / Voi che proteggete l’essere umano reso allo stato di anima / …

/ Protettori della sua anima, guardiani vigilanti / che la vostra ala porti l’amore implorante

/ delle nostre anime agli esseri umani / che nelle sfere sono rimessi alla vostra custodia, / …”.

 

Come vedete, nella vita fra morte e nuova nascita, veniamo accolti e custoditi nel grembo di quelle entità che ci protessero e accudirono durante la storia celeste, e che continuano a farlo, anche se oggi, a differenza di ieri, portiamo loro incontro la “pienezza” della nostra “esistenza individuale, formatasi nella vita terrena” (l’autocoscienza).

 

 

Diversamente stanno le cose per ciò che vive nel mondo del sentimento umano.

Tale mondo è in relazione con le esperienze che seguirono immediatamente lo stadio

in cui l’uomo non si manifestava ancora come tale; con le esperienze che l’uomo attraversò già come uomo,

ma non ancora separato dall’essere, dal pensare e dal volere divino-spirituali.

L’uomo non potrebbe attualmente sviluppare un mondo del sentimento,

se questo non sorgesse sulle basi del suo organismo ritmico.

In questo è presente il ricordo cosmico del già descritto secondo stadio dell’evoluzione umana.

Nel mondo del sentimento agiscono così insieme

il presente animico umano e ciò che in esso sopravvive da un’epoca remota” (pp. 156-157).

 

 

L’uomo passa dunque

• dalla sfera del sistema neuro-sensoriale del pensare (della vita intrauterina) collegata alla storia celeste

(primo stadio “della sua evoluzione durante la sua vita terrestre”),

• attraverso quella del sistema ritmico del sentire (della vita infantile-adolescenziale)

collegata alla storia mitologica(secondo stadio),

• alla sfera del sistema metabolico e degli arti del volere (della vita adulta)

collegata alla preistoria e alla storia terrene (terzo stadio).

 

Questo che cosa significa?

E’ chiaro: che l’uomo si è emancipato dalla tutela del mondo spirituale soltanto nella sfera del volere.

Qui nasce infatti la volontà individuale: ossia una volontà ignota a tutti gli altri esseri che popolano il nostro mondo (giacché conoscono soltanto la volontà collettiva della loro specie).

Non a caso, la nostra emancipazione matura, nel corso della storia terrena, allorché questo volere s’immette (naturalmente o inconsciamente) nel pensare, provocando così la nascita dell’anima cosciente.

 

 

Nella vita fra morte e nuova nascita l’uomo sperimenta il contenuto dell’epoca di cui abbiamo ora parlato,

come il confine del suo cosmo. Ciò che nella vita terrestre fisica è per l’uomo il firmamento, nella vita fra morte e nuova nascita

è spiritualmente la sua esistenza che sta fra la sua unione completa col mondo divino-spirituale e la separazione dal medesimo.

Ivi, al confine del mondo, non appaiono i corpi celesti fisici, ma, al posto di ogni stella,

la somma degli esseri divino-spirituali che in realtà formano la stella” (p. 157).

 

 

Stiamo parlando ancora della sfera ritmica o mediana.

“Ciò che nella vita terrestre fisica – dice infatti Steiner – è per l’uomo il firmamento, nella vita fra morte e nuova nascita è spiritualmente la sua esistenza che sta fra la sua unione completa col mondo divino-spirituale e la separazione dal medesimo”: è cioè un’esistenza che sta in mezzo, quale sentimento, “fra la sua unione completa col mondo divino-spirituale”, quale pensiero, e “la separazione dal medesimo”, quale volontà.

In breve:

• siamo uniti al mondo spirituale nella sfera cefalica,      • ne siamo separati nella sfera metabolica,

• e ne siamo alternativamente uniti e separati in quella ritmica.

 

 

Unito solo alla volontà, non al sentimento e al pensare, vive nell’uomo il contenuto delle vite terrene

che all’osservazione già si manifestano personalmente individuali.

Ciò che dal cosmo dà all’uomo la sua figura esteriore, si conserva in essa come ricordo cosmico.

Questo vive, come forza, nella figura umana; e tale forza non è immediatamente forza volitiva,

bensì ciò che nell’organizzazione umana è la base delle forze volitive.

Nella vita fra morte e nuova nascita questa regione dell’essere umano giace al di là del “confine del mondo”.

Ivi l’uomo se la rappresenta come ciò che sarà nuovamente suo nella sua nuova vita terrena” (p. 157).

 

 

• Qual è questo “contenuto delle vite terrene che all’osservazione già si manifestano personalmente individuali”

ch’è “unito solo alla volontà, non al sentimento e al pensare”? Non è difficile: il karma.

• Ciò significa che noi stessi, in quanto “personalmente individuali” (soggettività), siamo karma

o, meglio ancora, che l’ego è il karma dell’Io (o, sul piano del carattere, il “piccolo Guardiano” della soglia).

• Nella sfera del volere o, come precisa Steiner, “nell’organizzazione umana” ch’è “la base delle forze volitive”

(quella metabolica e degli arti) non abbiamo più infatti a che fare con l’universalità del pensare

né con la particolarità del sentire, bensì con la singolarità o personalità determinata appunto dal karma.

 

 

Nell’organizzazione neurosensoriale l’uomo è ancor oggi collegato col cosmo,

come lo era quando, ancora in seno all’elemento divino-spirituale, egli si manifestava solo in germe” (p. 157).

 

 

• Si usa dire, di quanti si mostrano un po’ svagati, che “stanno con la testa fra le nuvole”,

e, di quanti si mostrano tutt’altro che svagati, che “stanno con i piedi per terra”.

• Vedete il genio del linguaggio? In effetti, con la testa e con il pensiero stiamo nel cosmo,

mentre con i piedi e con la volontà stiamo sulla Terra.

 

Ma qual è il problema? E’ che non stiamo col pensiero nella volontà e con la volontà nel pensiero

e non riusciamo perciò a dare alle forze della Terra le forme del cosmo e alle forme del cosmo le forze della Terra.

Per riuscirci, dovremmo infatti riunire il pensare e il volere, restituendo così al sentire la sua natura originaria.

 

(Scaligero suggerisce la seguente meditazione:

“L’accordo del Pensiero con la Volontà è la base dell’equilibrio e della forza dell’anima.

L’equilibrio e la forza dell’anima aprono il varco al suo potere sovrasensibile.

E’ il potere in cui risorge come Vita il sentimento, il più vasto e liberatore” [3].)

 

Fatto si è che

• come la primigenia unione del pensare col volere si manifestava quale armonia dei sentimenti,

• così la loro attuale separazione si manifesta quale contrasto o conflitto dei sentimenti

(come usano dire gli psicologi, quale “ambivalenza”).

 

Pensate all’arte contemporanea (ma non solo all’arte): non scorgiamo ovunque delle forze volitive che non riuscendo a incontrarsi e coniugarsi con nuove forme (nuovi gradi) di pensiero, e non potendo perciò diventare creative, non fanno altro che ri-visitare o ri-leggere, in modo parassitario e più o meno in-forme o de-forme, quelle del passato?

Nella danza classica, tanto per dirne una (che so, in Giselle o ne Il lago dei cigni), l’equilibrio tra il pensare e il volere si traduce in movenze eleganti, aggraziate e armoniche, mentre in quella moderna o contemporanea (accompagnata spesso dal “rumore” più che dalla “musica”) il prevalere del pensare intellettualistico sul volere si traduce in movimenti meccanici o robotici, mentre il prevalere del volere istintivo sul pensare si traduce in movimenti sgraziati, convulsi, se non addirittura epilettoidi.

(Vi consiglio di leggere quanto dice Steiner della danza in una conferenza tenuta a Berlino il 28 ottobre del 1909 [4].)

 

Diceva Beethoven che • “soltanto l’arte e la scienza innalzano l’uomo fino alla divinità”. Che cosa pensare, allora, di un’arte e di una scienza che non “innalzano l’uomo fino alla divinità”, bensì lo abbassano fino all’animalità?

(L’uomo astratto o “teoretico”, scrive Nietzsche, ossia “il “critico” senza piacere e senza forza, l’uomo alessandrino, che è in fondo un bibliotecario e un emendatore, e si acceca miseramente sulla polvere dei libri e sugli errori di stampa” è “l’uomo artisticamente impotente” che “si crea una specie d’arte, proprio in quanto è l’uomo non artistico in sé” [5]; e Steiner afferma: “L’arte, che nella sua essenza deve scaturire dal mondo del sentimento, diventa essa stessa non verace quando alla sua base vi sia un mondo non verace del sentimento, un mondo del sentimento che è sentimentale o animale” [6]. Nel suo L’inverno della cultura [7], il noto critico d’arte Jean Clair presenta un raccapricciante elenco delle aberrazioni zoologiche e della “caduta escrementizia” dell’arte contemporanea.)

 

 

Nella sua organizzazione ritmica l’uomo vive ancora oggi nel cosmo,

come viveva quando già esisteva come uomo, ma non era ancora separato dall’elemento divino-spirituale.

Nella sua organizzazione delle membra e del ricambio, quale base dell’attività volitiva,

l’uomo vive in modo che questa organizzazione riecheggia tutto quanto egli ha sperimentato

dall’inizio delle sue vite terrene personali-individuali in poi, sia nel corso di esse, sia nella vita fra morte e nuova nascita.

Dalle forze della terra l’uomo trae soltanto ciò che gli conferisce l’autocoscienza.

Anche la base fisica corporea dell’autocoscienza proviene dall’azione della terra.

Tutto il resto, nell’essere umano, è di origine extraterrena, cosmica.

Il corpo astrale, portatore del sentimento e del pensiero, e la sua base eterico-fisica, tutta l’attività vitale nel corpo eterico,

persino ciò che ha azione fisico-chimica nel corpo fisico, è di origine extraterrena.

Per strano che ciò possa apparire, gli elementi fisico-chimici attivi nell’uomo non hanno origine dalla terra” (pp. 157-158).

 

 

Arimane ha buon gioco nel renderci egoisti, giacché sono proprio le forze della terra a conferirci l’autocoscienza: ossia, la coscienza spaziale o materiale (egoica) dell’Io spirituale.

Sappiamo, grazie a Steiner, che alla nostra epoca postatlantica porrà fine non una catastrofe naturale (com’è stato, ad esempio, per quella atlantica), bensì una “guerra di tutti contro tutti”.

La “guerra di tutti contro tutti” non è però che la guerra degli ego contro gli ego (di cui possiamo già scorgere, purtroppo, le avvisaglie).

Sia chiaro: non si tratta di una “profezia”, bensì di una “previsione” o, ancor meglio, di una “prognosi”.

A quale altro futuro potrebbero andare del resto incontro degli ego che si siano rifiutati di combattere spiritualmente se stessi in nome dell’Io (e del Cristo che lo inabita), se non appunto a quello di combattere materialmente gli uni contro gli altri?

 

Dicemmo, studiando La filosofia della libertà, che l’autocoscienza nasce in virtù dell’opera compiuta, dello spazio, della corporeità, o delle forze della Terra, così come un frutto nasce in virtù dell’albero, ma che tanto l’una che l’altro, una volta maturi, devono essere colti, transustanziati e umanati, e non lasciati marcire.

Dobbiamo dunque ringraziare la Terra per averci dato il frutto dell’autocoscienza egoica, ma dobbiamo essere al contempo pronti ad afferrarla e trasformarla, così da sottrarla a Lucifero e Arimane e consegnarla al Cristo (all’”Io sono”).

 

Meditiamo, al riguardo, queste due affermazioni di Uehli: “L’uomo è divenuto storico, come risultato dell’evoluzione egoica luciferica. Grazie all’evento del Golgota è divenuta storica l’immortalità dell’uomo. Perciò questo è il sommo fatto biografico dell’umanità. E’ il più profondo e decisivo evento del suo destino”; “Da prima si compì la nascita dell’Io personale nel corpo dell’uomo, attraverso la discordia. Poi si compì la nascita dell’Io cosmico nel corpo della Terra, attraverso l’amore universale” (8).

 

 

Che l’uomo sviluppi in sé questo elemento cosmico extra-terreno, è dovuto all’azione dei pianeti e delle altre stelle.

Ciò che egli così sviluppa viene recato dal sole, con le sue forze, alla terra.

L’elemento cosmico umano viene trasferito attraverso il sole nella sfera terrestre.

Grazie al sole l’uomo vive sulla terra quale essere celeste.

È invece dono della luna soltanto ciò mediante il quale l’uomo va al di là della sua propria formazione umana,

cioè la facoltà di generare il suo simile” (p. 158).

 

 

Facciamo attenzione, perché il carattere della polarità Sole-Luna, così come quello di qualsiasi altra polarità, può variare al variare del punto di vista dal quale lo si considera.

Rimaniamo all’esempio che fa Steiner. In alto, abbiamo la testa; in basso, gli organi della riproduzione.

Qual è il polo solare e qual è quello lunare? Dipende:

• dal punto di vista strutturale, la testa è lunare, mentre gli organi della riproduzione sono solari;

• dal punto di vista funzionale, la testa è solare, mentre gli organi della riproduzione sono lunari.

Si potrebbe anche dire:

• dove agisce fisicamente la Luna, agisce etericamente il Sole;

• dove agisce fisicamente il Sole, agisce etericamente la Luna.

 

Non dobbiamo mai perdere di vista queste dinamiche e questi rovesciamenti di particolare importanza, ad esempio, per la medicina antroposofica.

Vi consiglio di consultare, in proposito, il secondo dei due volumi di Medicina antroposofica di Victor Bott.

Ve ne do solo un assaggio (relativo alle polarità di Saturno-Luna, Giove-Mercurio, Marte-Venere, e dei corrispondenti metalli): • “Tutto ciò che è vita è ritmo, costituito da due polarità le cui manifestazioni si alternano e si equilibrano. Così all’incarnazione segue la disincarnazione; alla nascita si contrappone la morte. Dopo la morte, noi riattraversiamo le sfere planetarie, ma in senso inverso al percorso che ha preceduto la nascita. Il processo di incarnazione non cessa improvvisamente alla nascita, esso si prolunga, pur attenuandosi, fino alla morte. Allo stesso modo, il processo di disincarnazione non comincia al momento della morte, ma sin dal momento della nascita; per noi il processo di morte comincia, se pur discretamente, sin dal nostro arrivo sulla terra. Questo processo si intensificherà nel corso della nostra esistenza. Ciò significa che la nascita costituisce l’inizio del processo di disincarnazione. Tra questi due processi si stabilisce un equilibrio, diverso per ogni età. Lo spostamento di questo equilibrio nell’uno o nell’altro senso costituirà una manifestazione patologica” (9).

 

 

Naturalmente questi non sono gli unici effetti del sole e della luna. Da essi partono anche influssi altamente spirituali.

Quando il sole, intorno all’epoca di Natale, acquista sempre maggiori forze per la terra,

si ha l’azione annuale che ritmicamente si manifesta nel campo fisico-terrestre, quale espressione dello spirito nella natura.

L’evoluzione umana è un unico elemento, per così dire, di un gigantesco anno cosmico.

Ciò riesce evidente da quanto abbiamo detto in precedenza. In quest’anno cosmico è Natale cosmico quando il sole non soltanto

agisce sulla terra movendo dallo spirito della natura, ma quando l’anima del sole, lo spirito del Cristo, discende sulla terra.

Come nel singolo uomo le esperienze individuali sono collegate con la memoria cosmica,

così il Natale di ogni anno viene sentito dall’anima umana nel giusto modo se l’evento celeste-cosmico del Cristo

viene pensato come continuativo nella sua azione, e compreso come un ricordo non soltanto umano, ma cosmico.

Non solo l’uomo rammemora solennemente a Natale la discesa del Cristo, ma anche il cosmo” (pp. 158-159).

 

 

A commento di questo passo, voglio leggervi due cose.

• Primo, queste parole di Unger: “La Lettera dell’11 gen. 1925 termina con l’accenno al mistero di Natale la cui attualità si esprime nel versetto “Oggi è nato per noi il Redentore”. Oggi, e non solo 2000 anni or sono. In tal modo, nel risveglio del sé spirituale è importante prima di tutto la volontà. Partendo dalla volontà, l’uomo viene afferrato dalla forza trasformatrice dell’antroposofia; essa esige uomini di buona volontà” (10).

• Secondo, questa “piccola leggenda” (riportata da Herbert Hahn): “Chi si inoltra in un bosco nella notte di S. Giovanni può incontrare in luoghi determinati delle grosse pietre, massi erratici caduti in epoche preistoriche o macigni abbandonati lì dopo essere stati estratti dalle cave. Essi giacciono, immobili e pesanti, e non possono raccontare alla gente ciò che provano durante i mesi freddi dell’inverno o nell’afa estiva. Neppure tra loro possono parlare. Solo una volta all’anno lo possono fare, nella notte di S. Giovanni. Se arriviamo in uno di questi luoghi non avendo mentito neppure una volta nell’ultima settimana, potremo intendere le parole sussurrate dalle pietre e ne saremo tanto commossi da non poter ripetere a nessuno ciò che abbiamo udito.

Chi attraversa il bosco in autunno, nel silenzio rotto solo dal fruscio delle foglie secche, tra gli alberi ormai spogli, potrà sentire, nell’attimo in cui cade l’ultima foglia, che l’albero comincia a tremare sommessamente lungo il tronco e a dire una parola. Chi ode questa parola sa che essa è sacra e la chiuderà nel suo cuore senza poterla comunicare a nessuno.

Ed ora ascoltiamo gli uccelli di passo: ciò che essi si dicono durante l’estate fischiando e cinguettando, è bello, rallegrante ed esaltante. Ma la parola sacra, il grande mistero non vive in quel canto, gli uccelli non lo conoscono ancora e lo apprenderanno soltanto in autunno quando si solleveranno per il grande volo verso il sud. Allora essi grideranno giubilanti, scomparendo in lontananza.

Ed ecco che arriva dicembre, il mese che porta l’inverno e il Natale. L’uomo si accosta al Presepio, sotto le luci radiose dell’albero. Quando, la vigilia di Natale, vedrà il sorriso di Gesù Bambino e udrà il canto di gloria degli angeli, allora finalmente sarà in grado di esprimere ciò che le pietre, le piante e gli animali avevano detto. Si erano rallegrati per la nascita del Bambino nella scura notte invernale: Le pietre a S. Giovanni, le piante in autunno, gli animali nel tardo autunno.

Se le pietre, le piante e gli animali hanno bisogno di tanto tempo per prepararsi alla gioia della notte santa, anche voi, cari bambini, non dovete farvi cogliere impreparati. Condividete l’attesa con le pietre, a S. Giovanni, con le piante, in autunno, con gli animali nel tardo autunno e pensate al Bambino che verrà nella notte di Natale; accoglietelo non solo per voi ma anche per la pietra, per la pianta e per l’animale” (11).

 

Massime 144/145/146 (11 gennaio 1925)

 

 

144 –  “Guardando alle ripetute vite terrene di un uomo, vi si distinguono tre stadi:

il più antico è quello in cui l’uomo non esiste ancora come entità individuale,

ma come germe nell’entità divino-spirituale.

Qui, guardando indietro, non troviamo ancora l’uomo, bensì soltanto esseri divino-spirituali

(principati, archai)”.

 

E’ questo lo stadio (celeste) che abbiamo paragonato a quello della vita intrauterina.

 

145 –  “Segue a questo uno stadio di mezzo nel quale l’uomo esiste già come entità individuale,

ma non è ancora sciolto dal pensare, volere ed essere del mondo divino-spirituale.

Qui egli non ha ancora la sua personalità attuale che è dovuta al fatto

che egli è un essere del tutto indipendente nella sua apparizione terrena, sciolto dal mondo divino-spirituale”.

 

E’ questo lo stadio (mitologico) che abbiamo paragonato a quello della vita infantile-adolescenziale.

 

146 –  “Lo stadio attuale appare soltanto come terzo.

Qui l’uomo sperimenta se stesso nella sua forma umana, sciolto dal mondo divino-spirituale;

e al mondo circostante si contrappone come personalità individuale.

Questo stadio comincia nell’epoca atlantica”.

 

E’ questo lo stadio (terreno) che abbiamo paragonato a quello della vita adulta.

 

 

Note:

  1. R.Steiner: Antroposofia: alcuni aspetti della vita soprasensibile – Antroposofica, Milano 2011, p. 109;
  2. M.Scaligero: Iside-Sophia. La Dea ignota – Mediterranee, Roma 1980, p. 9;
  3. M.Scaligero: Tecniche della concentrazione interiore – Mediterranee, Roma 1985, p. 23;
  4. cfr. R.Steiner: Arte e conoscenza dell’arte – Antroposofica, Milano 1998;
  5. F.Nietzsche: La nascita della tragedia – Adelphi, Milano 1982, pp. 123 e 127;
  6. R.Steiner: Le basi conoscitive e i frutti dell’antroposofia – Antroposofica, Milano 1968, p. 13;
  7. cfr. J.Clair: L’inverno della cultura – Skira, Milano 2011;
  8. E.Uehli: La nascita dell’individualità dal mito – Bocca, Milano 1939, pp. 185-186, 189;
  9. V.Bott: Medicina antroposofica – IPSA, Palermo 1991, vol. II, p. 193;
  10. C.Unger: Il linguaggio dell’anima cosciente – Antroposofica, Milano 1970, p. 306;
  11. H.Hahn: Pedagogia e religione – Antroposofica, Milano 2000, pp. 71-73.