I temperamenti umani

O.O. 312 – Scienza dello spirito e medicina – 06.04.1920


 

Sommario: Sviluppo dei denti. Carie dentaria. L’esculina. La clorofilla. Superamento di certe avversioni e formazione degli organi. Alte e basse potenze. I temperamenti umani. Processo nutritizio e senilità mentale. La suggestione.

 

Nella misura in cui argomenti tanto complessi possono venire trattati in così breve tempo, riassumerò oggi alcuni dei temi toccati nell’ultima conferenza, per cercare di illuminare tutto l’insieme traendone il massimo frutto possibile. A tal fine sarà bene prolungare di due giorni questo corso, sebbene tutto quanto ho esposto non possa essere che un inizio. Riallacciandomi a quanto dissi ieri, vorrei esporre oggi qualche altro pensiero sullo sviluppo e sulla regressione della dentatura, e ritengo che queste considerazioni possano gettar luce sull’uomo sano e malato, in generale. Gli argomenti svolti da me ieri non vanno presi in senso spiccatamente materialistico: quel che più importa è che nei fenomeni esterni (per esempio nel deterioramento dei denti) si impari a scorgere appunto solo il sintomo visibile di un dato processo interiore, di un processo che si sottrae alla percezione esteriore e di cui i fenomeni visibili sono la conseguenza.

 

L’intero processo della formazione dei denti potrà essere compreso osservandolo in connessione con altri processi dell’organismo umano, apparentemente molto lontani da esso; per esempio collegandolo con un fatto ben noto il cui vero significato si potrà però comprendere solo mettendolo in un giusto rapporto con il processo di formazione dei denti. Si tratta del fatto che molte giovani donne hanno denti perfettamente sani che si guastano però rapidamente dopo il primo parto. Questo fenomeno è atto a mettere in forte luce la correlazione esistente fra i dolori dentari, la carie dentaria, e la costituzione organica complessiva. Bisogna inoltre prendere in considerazione l’interessante relazione esistente fra quanto avviene nei denti e la tendenza ai disturbi emorroidari. Tutte queste correlazioni dimostrano che la formazione dei denti, cioè il processo più spiccatamente mineralizzante che si svolge nell’organismo umano, è in stretta connessione con tutti i processi dell’organizzazione umana e che tale connessione si manifesta fino all’estremità opposta del corpo umano.

 

Sulla valutazione del processo di formazione dei denti pesa molto il fatto innegabile che nella sua parte più esterna, nel ri- vestimento del dente fuori delle gengive, l’organizzazione umana è veramente abbandonata come un corpo minerale al mondo esterno; qui il rivestimento esterno, lo smalto, è quasi del tutto separato dall’organismo; non vi si compiono più processi nutritizi e si tratta insomma quasi di una sostanza inorganica. Credo di avere accennato già ieri che questo processo per così dire « ascendente » ha meno importanza del processo catabolico che ha luogo continua- mente, durante tutta la vita, nella formazione dei denti. Da un lato si deve senz’altro riconoscere’ che in questo punto periferico dell’organismo umano, dove si sviluppa l’estremità del dente, l’organizzazione interna non ha più molta parte nel processo costruttivo. D’altra parte non va però dimenticato che l’organizzazione interna è connessa con il catabolismo, con i processi distruttivi, e che il problema del processo « ascendente » è assai meno importante di quest’altro: come si può rallentare nell’uomo la tendenza verso il processo di demolizione, di distruzione? Sarebbe infatti del tutto errato il ritenere che questo processo distruttivo dipenda esclusivamente da fattori esterni. Ecco dunque il punto di vista del quale va tenuto conto.

 

Importante è poi che la funzione del fluoro, in relazione con la formazione dei denti (di cui ho parlato ieri), si svolge essenzialmente durante l’infanzia, cioè nell’età in cui il processo di formazione della dentatura permanente (che si svolge dall’interno verso l’esterno) si va a poco a poco preparando nelle profondità dell’organismo intero, molto prima che la seconda dentizione abbia inizio. Questo processo formativo che coinvolge il fluoro raggiunge il suo punto culminante nel fatto che la sostanza che sta alla superficie dei denti rappresenta per il fluoro una specie di equilibrio stabile, una condizione nella quale esso è legato alla sostanza e in certo senso è in riposo. Tuttavia esso viene turbato nel suo riposo quando i denti si guastano, andando incontro a fenomeni regressivi. Si tratta di eventi sottili che partono dal dente e stanno in rapporto con un processo formativo che è dovuto al fluoro e che si diffonde nell’intero organismo, estendendosi però a tutta la vita dell’uomo.

 

Ciò che ho detto ora condiziona tutto il trattamento profilattico della carie dentaria. Potrei anche dire che l’impulso pedagogico che viene coltivato nella Scuola Waldorf è rivolto in gran parte a favorire un sano sviluppo dei bambini, in particolare anche alla prevenzione del precoce deterioramento dei denti. Va infatti notato come singolare il fatto che, proprio per quanto riguarda questi aspetti periferici dell’organismo, moltissimo dipende da una corretta educazione negli anni dell’infanzia. Purtroppo per adesso alla Scuola Waldorf abbiamo la possibilità di agire solo su bambini di età già un po’ troppo avanzata, per quello che concerne i problemi della profilassi dentaria: bisognerebbe incominciare in un’età più precoce. Tuttavia, poiché i denti non spuntano tutti insieme, bensì a poco a poco, e il processo interno si fa sentire ancora per molto tempo, anche nei bambini di sei o sette anni si può ancora conseguire qualche risultato, sebbene non in misura sufficiente. Quel che più importa è infatti (come ho già detto) che si osservi con cura l’intero processo della dentizione, dal momento in cui spunta il primo, dente. Mi è stato obiettato, non senza ragione, che una tale valutazione risulta difficile, perché in quel momento non fa che spuntare bella e pronta la corona del nuovo dente, mentre il processo complessivo era già predisposto invisibilmente da tempo. Questo è vero, ma non è solo l’osservazione dei denti stessi che consente di farsi un’idea del processo formativo generale dei denti. Si noterà ad esempio che tendono ad avere dentizioni difettose i bambini che nel quarto, quinto o sesto anno di vita si mostrano maldestri nell’uso degli arti, soprattutto delle mani e dei piedi. Proprio nel maldestro comportamento delle braccia, delle mani, delle gambe e dei piedi si rivela un tipo di bambino che più tardi rivelerà difetti nel processo della seconda dentizione. Questo processo può venire influenzato molto favorevolmente, insegnando il più presto possibile ai bambini a correre in modo aggraziato, movendo i piedi con cura particolare, per esempio facendoli toccare l’uno con l’altro ad ogni passo, eseguendo il cosiddetto « passo della pavoncella », o con altri simili esercizi. Questi, applicati anche ad acquistare la massima possibile abilità con le mani, favoriscono in alto grado il processo formativo dei denti.

 

Nella nostra Scuola Waldorf i ragazzi lavorano a maglia e all’uncinetto come le bambine: queste e quelli hanno le stesse identiche occupazioni, e perfino i ragazzi più grandicelli lavorano ancora a maglia con entusiasmo. Questa attività non viene praticata per un capriccio pedagogico, ma al fine di rendere le dita abili e snodate, per far fluire l’anima sin nelle dita. Portando in tal modo anima sin nelle dita, si favorisce proprio soprattutto il processo della formazione dei denti. Noti è certo indifferente che un bambino di indole pigra venga lasciato a se stesso, seduto in un banco, o che invece lo si inciti a correre, che lo si lasci crescere maldestro nelle sue mani o che lo si educhi a usarle con abilità. La cosa non è indifferente, perché tutte le omissioni in questo campo si scontano più tardi con un precoce deterioramento dei denti, naturalmente non nella stessa misura in tutti i bambini; si tratta certo di fenomeni individuali, ma comunque si manifestano così. Possiamo dunque dire che quanto più precocemente si comincia a disciplinare l’attività delle membra, tanto più si rallenta il processo di deterioramento dei denti. È tanto difficile intervenire in tutto ciò che è connesso coi processi dentari, che bisogna proprio tener conto anche di queste possibilità in apparenza così remote.

 

Ora ho qui davanti a me la domanda: in che modo il fluoro viene introdotto nell’organismo? dall’esterno attraverso lo smalto, o tramite la saliva, ó attraverso la polpa dentaria o forse per via sanguigna?

 

Vedete, il fluoro rappresenta un processo formativo dell’organismo umano, e non è poi tanto importante l’indagare per quali vie esso venga assunto. Di regola è sufficiente pensare solo ai processi che passano per la normale alimentazione, per il cui tramite vengono introdotte le sostanze contenenti i composti del fluoro. Il normale processo di alimentazione fornisce già il fluoro a quei distretti periferici dell’organismo in cui esso deve venire depositato. Il fatto importante è che in realtà il fluoro come tale è molto più diffuso in natura di quanto di solito si creda. Se ne trova in notevole quantità nelle piante più diverse, ma naturalmente si tratta sempre di quantità relative, perché il fabbisogno di fluoro è minimo per l’uomo. Il processo formativo del fluoro è presente soprattutto nelle piante; in queste esso è presente anche quando non è chimicamente rilevabile, e ne parleremo in modo più preciso fra poco. Il fluoro è presente perfino nell’acqua potabile, sì che non occorre adatto aggiungerne dell’altro. Quello che importa è che l’organismo sia capace di dominare il relativo processo di utilizzazione, che è molto complicato. Volendo usare la terminologia consueta, si potrebbe dunque dire che il fluoro arriva alla sua sede per via sanguigna.

 

Sorge poi il problema se lo smalto dentario venga ancora nutrito, dopo che i denti sono spuntati. No, non viene più nutrito, e ciò dovrebbe già risultare da quanto ho qui esposto in precedenza; vi è però qualcosa d’altro e a questo bisogna prestare attenzione. Si potrebbe dire che all’indagine scientifico-spirituale risulta che nel distretto in cui avviene la formazione dei denti, e tutto intorno, si svolge una notevolissima attività del corpo eterico umano, un’attività che è libera, cioè scarsamente collegata con l’organizzazione fisica. Una tale attività organizzativa libera, quale si può osservare appunto intorno alle ossa mascellari, un’attività eterica in continuo movimento come questa, è del tutto assente nell’addome limano. In quest’ultima sede l’attività eterica è strettissimamente collegata con l’attività organica fisica; con questo fatto sono connessi i fenomeni da me menzionati prima. Con questo è connesso il fatto che quando, come nella gravidanza, l’attività del corpo eterico si distacca dall’organismo fisico, all’altro polo, cioè nella sfera dei denti, avvengono modificazioni importanti. Analogamente anche le alterazioni di tipo emorroidario sono connesse con una separazione tra l’attività del corpo fisico e quella del corpo eterico. Senonché il rendersi indipendente del corpo eterico, che avviene a questo estremo dell’organismo, ha per conseguenza all’estremo opposto l’introduzione del corpo eterico nell’organizzazione: ne consegue un effetto contrario, appunto in questa parte, cioè l’effetto distruttivo. Ciò che esalta l’attività organica (come avviene in condizioni normali nella gravidanza, e nel malato appunto per effetto della malattia, ma anche qui si tratta di attività organica accresciuta) all’altro polo agisce pure come intensificazione di tale attività, ma soprattutto nel caso dei denti è un’attività catabolica, distruttiva; è un rapporto da tenere ben presente.

 

A questo punto possiamo chiederci se, non risultando sufficienti gli effetti per così dire esterni del fluoro, né i provvedimenti di ordine educativo, si debba passare a una vera terapia, e l’organismo umano è talmente complesso che in certi casi la terapia dovrà certo intervenire in aiuto della pedagogia. Infatti i fenomeni che si notano nei movimenti armonizzati delle mani e dei piedi, i progressi nell’abilità degli arti, esprimono la costituzione generale e sono in realtà gli effetti del fluoro, constatati macroscopicamente; l’effetto del fluoro si manifesta in ciò che è dato osservare alla superficie dell’organismo e che si estende verso l’interno, nell’attività esterna che si prolunga internamente, e non nelle determinazioni quantitative dei fatti, più o meno fantastiche. Infatti, non solo dallo stato dei denti si possono dedurre gli effetti di una cattiva educazione, ma anche dal comportamento del bambino che è inattivo e poco abile nei suoi movimenti. Occorre allora intervenire sull’organismo con misure diciamo profilattiche. Può essere interessante fare un tentativo di cura con un estratto acquoso del succo di corteccia dell’ippocastano (Aesculus hippocastanus), somministrando per via interna un estratto fortemente diluito di esculina si può dunque tenere sotto controllo la conservazione dei denti, purché non si intervenga troppo tardi.

 

Qui ci si presenta un’altra connessione interessante: nel succo della corteccia dell’ippocastano è infatti presente qualcosa che contribuisce alla formazione dei nostri denti. Sempre si può scoprire nel mondo esterno, nel macrocosmo, qualcosa che ha importanza nei processi costruttivi organici. Nel caso in questione si verifica che nell’esculina è presente qualcosa che elimina, o inattiva il chimismo proprio della sostanza in cui l’esculina è attiva. È infatti singolare che, proiettando su una soluzione di esculina il cono dello spettro luminoso, dallo spettro vengono eliminati gli effetti chimici.

 

Questa eliminazione degli effetti chimici si può constatare anche introducendo nell’organismo l’estratto acquoso molto diluito: deve però assolutamente trattarsi di un estratto acquoso. Si constata cioè nell’organismo che questo superamento del chimismo, questo tendere esclusivamente alla mineralizzazione è in fondo la stessa cosa del processo formativo dei denti. Solo che in quest’ultimo caso quel che si verifica di solito esteriormente nell’estinzione del chimismo, è ancora compenetrato dalle forze organizzatrici proprie dell’organismo.

 

In modo simile agisce perfino la comune clorofilla, però preparata diversamente. In fondo nella clorofilla è presente, sia pure in forma leggermente diversa, la stessa forza che nell’ippocastano e in altre piante si trova nella corteccia. La clorofilla però deve essere estratta con etere, e inoltre l’applicazione deve avvenire per via esterna mediante frizionamento dell’addome. Frizionando l’addome con clorofilla in estratto etereo si può dunque agire sull’organismo in modo da favorire la conservazione dei denti, in modo simile a quando si usa l’esculina per via interna. Queste sono cose che meriterebbero di essere provate e che non mancherebbero di fate un’impressione notevole, se i risultati conseguiti venissero pubblicati nelle vostre statistiche. Infatti, una volta che l’intera polpa dentaria sia distrutta, occorre tentare di far assorbire il fluoro dall’organismo intero: e questo allora non sarebbe più compito della terapia dentaria generale.

 

Da tutto questo potete vedere quanto stretti siano i rapporti fra la terapia dentistica (nei limiti in cui questa sia ancora possibile) e le forze di crescita complessive dell’organismo umano. Infatti, parlando dell’esculina o della clorofilla, si accenna a forze essenzialmente connesse con certi finissimi processi di crescita, indirizzati verso la mineralizzazione. Sta di fatto che l’uomo deve proprio pagare il suo sviluppo superiore, verso lo spirito, al prezzo di una regressione del processo di formazione dei suoi denti. Questo è constatabile anche da un punto di vista filogenetico: in paragone al processo formativo dentario degli animali, quello che avviene nell’uomo rappresenta una regressione. Questo carattere di processo regressivo è presente del resto anche in altri aspetti dell’organizzazione umana della testa.

 

Vi ho condotti così a certe forme di osservazione dei fenomeni che potranno acquistare importanza per una valutazione complessiva del processo di formazione dei denti. Qualche altro elemento risulterà da alcune considerazioni die vorrei ancora aggiungere: si tratta di un capitolo che in apparenza non fa parte del tema ora trattato, e precisamente del problema dietetico che in realtà è connesso con i fenomeni descritti. I problemi relativi alla dieta sono importanti non solo sul piano medico, ma anche su quello sodale. Si potrà discutere a lungo se abbiano un senso e una ragion d’essere certe diete strane, come quella chiamata dieta mazdaznan; bisogna però rendersi conto che, seguendo consigli di tal genere, si diventa asociali. Qui davvero la sfera sodale confina con quella medica. Quanto più si ritiene di aver bisogno per sé di qualcosa di speciale, riguardo alla dieta, e in genere riguardo a quanto offre il mondo esterno, tanto più asociali si diventa. Uno dei significati dell’eucaristia sta nel fatto che Cristo non abbia dato qualcosa di particolare a ognuno dei suoi discepoli, bensì a tutti la medesima cosa. Ha grande significato sociale il creare la possibilità che d si ritrovi insieme fra uomini per mangiare e per bere. Si dovrebbe trattare con una certa prudenza tutto quello che tende a ostacolare la sana natura sociale umana. Se infatti l’uomo è abbandonato a se stesso (e non solo per le cose di cui è cosciente, bensì anche per quanto opera in lui di organico), si destano in lui i più svariati appetiti e antiappetiti. Non è neppure tanto importante prestare attenzione nel modo consueto a tali appetiti e antiappetiti. Se infatti si sarà riusciti a sopportare qualcosa che in fondo si sarebbe portati a non sopportare, se cioè si sarà vinto un antiappetito nel senso più generale (non solo come gusto soggettivo, ma inteso nei riguardi della costituzione stessa, dell’intero sistema organico), si avrà conseguito per la propria organizzazione un vantaggio maggiore che evitando per anni un alimento cui va la nostra avversione. Nel superare la propria avversione per un dato alimento, nell’avere superato una tale avversione, si compie (non figuratamente ma nel senso più proprio) il ripristino di un organo distrutto, o (se si guarda al livello eterico) addirittura la formazione di un organo nuovo. La forza formativa degli organi si trova infatti proprio nel superamento degli antiappetiti. A partire da un certo punto, il cedere ai propri appetiti non giova agli organi: porta invece alla loro ipertrofia, alla degenerazione. Si danneggia l’organizzazione, andando troppo in là nel cedere di fronte ad alimenti o bevande che l’organismo vorrebbe tener lontani da sé a causa delle proprie alterazioni. Se invece si cerca di abituare gradualmente l’uomo a ciò che non gli appare a tutta prima confacente, si rafforza sempre l’organizzazione.

 

A tale riguardo la scienza moderna ha provveduto a nascondere quasi tutto quello che avremmo bisogno di sapere. Infatti il principio della lotta per l’esistenza e della selezione naturale è davvero cosa del tutto esteriore. Il Roux ha poi esteso tale principio addirittura alla lotta fra i diversi organi dell’uomo. Ma questa concezione è davvero qualcosa di molto esteriore; soltanto se si è in grado di osservare veramente quel che accade all’interno, si può trovare il senso dei fenomeni. Allora si deve dire che ogni rafforzamento di un organo, sia nell’uomo, sia più in generale nella serie filogenetica, deriva sempre dal superamento di un’antipatia. La configurazione di un organo è dovuta al superamento di antipatie, mentre la crescita di un organo già esistente è dovuta al fatto di seguire certe simpatie o inclinazioni, purché però non venga superato un certo limite. La simpatia e l’antipatia non stanno solamente sulla lingua o nell’occhio: esse risuonano per così dire in tutto l’organismo. Ogni organo ha le sue simpatie e le Sue antipatie: in esso si sviluppa un’antipatia verso ciò che in certe condizioni lo ha edificato. Infatti ogni organo deve la sua configurazione proprio a ciò contro cui, una volta formato, esso comincia a nutrire antipatia. La conoscenza di tali rapporti porterebbe molto più in profondità le nostre nozioni sulla filogenesi; bisogna apprendere che il mondo esterno opera sugli organismi in modo da suscitare al loro interno una difesa, una reazione che si scarica in antipatia, e che proprio a questo è dovuto il continuo perfezionamento dell’organizzazione. Nel regno degli organismi vince la lotta per l’esistenza quello che riesce meglio degli altri a superare certe antipatie interne, sostituendole con la formazione di organi. Queste connessioni sono parte integrante del processo formativo degli organi.

 

Proprio considerando tali fatti ci si presenta anche un punto di riferimento per riprendere in considerazione il problema del dosaggio dei farmaci. Abbiamo constatato che nel processo formativo stesso degli organi esiste una continua oscillazione dalla simpatia all’antipatia, e viceversa. Dalla formazione di queste due tendenze e dal loro alterno giuoco dipende di fatto l’organogenesi. Un rapporto analogo a quello esistente nell’organismo fra la simpatia e l’antipatia vige fra i bassi dosaggi (intendo dire i bassi gradi di dinamizzazione, cioè quando le sostanze vengono usate come tali) e le alte potenze dei medicamenti. L’alta potenza possiede un’azione opposta alla bassa potenza; ciò è connesso con l’intera forza organizzativa. In un certo senso è giusto anche un altro fatto al quale avevo accennato già ieri da un punto di vista differente: quel che agisce nell’organismo in un determinato modo nel primo periodo della vita, nelle età successive agisce in modo opposto; d’altra parte, ciò che opera nell’organismo può venir per così dire spostato in una sfera diversa. Su tali rapporti si fonda da un lato l’origine della schizofrenia (o demenza precoce), e dall’altro il reperimento di quei distretti psichici isolati che afferrano l’organizzazione nell’età adulta, mentre non dovrebbero afferrarla.

 

Questi problemi si chiariranno solo quando la scienza stessa tornerà ad essere almeno in parte spiritualizzata, quando si rinuncerà a voler curare le cosiddette malattie mentali con metodi psico- logico-spirituali; quando, in presenza di questa o quella cosiddetta malattia mentale, ci si deciderà a ricercare quali organi siano ammalati. Al contrario, per quanto possa sembrare strano, sarebbe molto più utile prestare attenzione ai fattori animici nelle cosiddette malattie fisiche, invece che nelle malattie considerate psichiche. In queste ultime il quadro psichico ha un valore quasi soltanto diagnostico; bisogna certo studiarlo, ma per trarre dalla sua osservazione indizi sulla localizzazione dei disturbi presenti nell’organismo. Gli antichi avevano provveduto in questa direzione già nella loro terminologia: non per nulla avevano assegnato a un certo tipo di disturbo psichico (l’ipocondria) un nome dal suono schiettamente materialistico: la parola ipocondria significa press’a poco « presenza di osso » o « di cartilagine », in basso, « nell’addome ». Gli antichi non avrebbero mai ricercato primariamente l’origine di una condizione psichica se non in una malattia dell’addome, anche se l’ipocondria avesse raggiunto il grado di follìa. Naturalmente bisogna essere capaci di riconoscere tutto il cosiddetto ambito materiale come qualcosa di spirituale.

 

Oggi stiamo scontando il fatto che, come mentalità, il materialismo è la prosecuzione dell’ascetismo cattolico. Questo ascetismo disprezzava la natura, e mediante il disprezzo della natura voleva conquistare lo spirito. La moderna concezione del mondo si è appropriata di ciò che le faceva comodo di quell’indirizzo ascetico, e ritiene che quanto accade nell’addome sia grossolanamente materiale e che quindi non se ne debba tenere alcun conto per i fenomeni psichici. In realtà però le cose non stanno così: in tutti quei processi agisce lo spirito e occorre sapere in qual modo vi agisca. Se mettiamo in rapporto lo spirito che opera nell’organismo con lo spiritò che agisce in qualcosa di esterno, si tratta di qualcosa di spirituale che collabora con qualcos’altro di spirituale. Bisogna abbandonare il « disprezzo » per la natura e riuscire proprio a concepire di nuovo come spiritualizzata l’intera natura. Non è infatti strano, ma straordinariamente significativo per il rinnovamento del pensiero medico, che nel tempo del materialismo più spinto sia nata la manìa di usare nell’uomo diversi stati abnormi, come l’ipnosi o la suggestione? Proprio nell’età del materialismo si sono diffuse pratiche che sembrano lontane dall’ambito materiale, mentre si è perduta la possibilità di istruirsi sugli aspetti spirituali del mercurio, dell’antimonio, dell’oro o dell’argento. È diventata essenziale la perdita della possibilità di informarsi sulle qualità spirituali di ciò che è materiale, e perciò si vorrebbe curare lo spirituale in quanto tale, come si fa anche nella psicoanalisi. Debbono invece affermarsi nuovamente delle concezioni sane per quanto concerne le qualità spirituali della materia.

 

Non è certo il minore dei meriti della tradizione omeopatica, conservatasi per tutto il secolo scorso, l’aver tenuto vivo il riconoscimento della spiritualità delle sostanze materiali. Anzi, questo è fra i punti di maggiore importanza; purtroppo la comune medicina allopatica si è data sempre più alla fede che nelle sostanze del mondo esterno si abbia a che fare solo con effetti materiali.

 

Questo stato di cose deve però indurre, nella diagnosi delle cosiddette malattie fisiche, a rivolgere l’attenzione agli aspetti psichici, e viceversa a ricercare alterazioni fisiche quando spicca uno stato psichico abnorme. Di fronte a una malattia fisica bisognerebbe sempre chiedersi: qual è il temperamento proprio del paziente? Se una malattia si manifesta in un soggetto di natura ipocondriaca, questa medesima ci indicherà che dovremo curarlo agendo energicamente sulla sua parte inferiore, cioè con rimedi che agiscono materialmente, vale a dire con basse potenze. Se invece si riscontra in un paziente (al di fuori della stato di malattia) un’indole sveglia e sanguigna, si dovrà senz’altro ricorrere a potenze più alte. In sostanza, la condizione psichica di fondo è qualcosa che deve essere chiarito proprio quando ci si trova di fronte a una malattia fisica. La condizione psichica di fondo ci si manifesta in certo qual modo già nel bambino; è difficile che una schizofrenia si manifesti in un soggetto che non abbia mostrato sin dall’infanzia una tendenza flemmatica, cioè ima disposizione temperamentale che dovrebbe in realtà esplicarsi solo nell’età adulta, e neppur allora illimitatamente. Di particolare importanza è poi la distinzione fra l’attività interna e l’interna passività: questa differenza ha un grande significato. Basta tener presente che con i procedimenti curativi cosiddetti psichici, per esempio mediante la suggestione, il paziente viene posto completamente sotto l’influsso di un’altra persona e la sua attività viene in tal modo del tutto soppressa. E la soppressione dell’attività, dell’iniziativa interiore dell’uomo, provoca anche nella vita esteriore conseguenze importanti per il corso della vita; se poi essa si verifica già nell’infanzia, quelle conseguenze riguardano proprio il processo dentario, e appunto per tutto il corso della vita ulteriore. Conto di riparlarne domani.

 

Io potrei per esempio ritenere necessario per me stesso di evitare certi alimenti e di ricorrere di preferenza ad alimenti differenti; dopo quanto ho esposto poco fa, è importante mettere in rilievo un fatto come questo. Io potrei dunque ritenere utile per me una certa dieta, e questa potrebbe rivelarsi perfettamente confacente alle mie esigenze. Fa però una differenza notevole se io sia giunto a questa dieta per mia personale esperienza e iniziativa, o se invece la stessa dieta mi sia stata semplicemente prescritta dal medico. Non abbiatevene a male, prego, se lo dico in termini così crudi. Certo, dal punto di vista materialistico sembra che una dieta debba produrre gli stessi effetti favorevoli, tanto nel caso che io l’abbia trovata per istinto, che la sia venuta elaborando da me stesso, forse anche sotto la guida del medico, quanto invece se io me la sia fatta semplicemente prescrivere dal medico. In un primo tempo la dieta prescrittami dal medico produrrà i suoi effetti favorevoli, ma a lungo termine se ne mostrerà purtroppo il rovescio: nella vecchiaia giungerei più precocemente alla regressione mentale, mentre una partecipazione attiva alla scelta della dieta più confacente mi mantiene più a lungo mentalmente agile. Certo anche altri fattori intervengono per condizionare il modo dell’invecchiamento. Questo giuoco dell’attività o dell’inattività interiore viene compromesso gravemente da tutte le cure su base suggestiva nelle quali ci si mette del tutto nelle mani altrui, non solo in quanto si rinuncia al proprio giudizio facendo quello che l’altro prescrive, ma affidando al giudizio altrui perfino la direzione della propria volontà. I trattamenti fondati sull’ipnosi e sulla suggestione dovrebbero pertanto essere limitati al massimo. Vi si potrà ricorrere solo in casi eccezionali, quando si possa ritenere che la compromissione della volontà (inevitabile in ogni trattamento del genere) possa per altre ragioni riuscire innocua per quel dato paziente, e che gli si possa giovare temporaneamente curandolo per via suggestiva. Però in linea generale proprio la scienza dello spirito ha il dovere di mettere in evidenza i fattori terapeutici presenti negli effetti delle diverse sostanze, o in quelli atmosferici o negli effetti di certi movimenti dell’organismo umano, cioè in tutti i fattori con i quali non si esercita un’influenza spirituale diretta, ma si stimola un’attività, una iniziativa dell’essere umano, sia essa cosciente o anche inconscia.

 

La grande importanza di questi problemi deriva dal fatto che proprio nella nostra età materialistica si compiono in questo campo errori gravi. Contagiata da certe opinioni dominanti, già la pedagogia vorrebbe adottare certe tendenze orientate verso i procedimenti ipnotici o suggestivi. L’introduzione di tali tendenze nella pedagogia è qualcosa di orribile. Si vedrà chiaro in questo campo, quando si sarà trovata la risposta a questa domanda: in che modo operano, al contrario, certe attività dell’organismo umano che lo portano a essere desto, invece che a addormentarsi? Mentre l’uomo si addormenta, nella sfera delle sue rappresentazioni si verificano dei movimenti che non sono seguiti da azioni della sua volontà: nei confronti del mondo esterno l’uomo si mette in riposo, mentre sono in movimento certe esperienze della sua coscienza. L’opposto accade nell’euritmia: qui si effettua proprio il contrario di un addormentarsi, cioè uno stato di veglia più accentuato, in confronto ai fenomeni della coscienza ordinaria. Con l’euritmia vengono soppresse le ipertrofie della vita rappresentativa che si hanno nel sogno, e in cambio viene immessa nelle membra una sana esplicazione della volontà. La volontà vien fatta fluire entro le membra nella sua organizzazione. Se poi si comincia a studiare il modo differente col quale agiscono sull’uomo inferiore e sull’uomo superiore l’espressione euritmica delle vocali, o l’espressione euritmica delle consonanti, si scopre che nell’euritmia può venir ricercato un importante fattore terapeutico.