La ricerca della totalità

O.O. 323 – Rapporto delle diverse scienze con l’astronomia – 18.01.1921


 

Sommario: Terra e Sole, materia positiva pressante e materia negativa risucchiarne: spiegano la gravitazione. I numeri immaginari sono un ponte verso la sfera astrale. Sole e Terra si trovano ovunque nell’uomo. La ricerca della totalità. Rosa e rosaio. Lemniscate variabili nei moti celesti. Rigidità e variabilità del sistema planetario. Rispetto ai pianeti le comete non sono solo corpi. Luce e aria sono omogenee, le comete hanno moti non omogenei di materia ponderabile e imponderabile. Incitamento a compiere esperimenti. Sono necessarie nuove linee di ricerca. Lo spettro nel senso di Goethe per i fenomeni della luce. Ereditarietà. Forze periferiche e centrali nell’ago magnetico e in catodi e anodi. Il coraggio di applicare immaginazione, ispirazione e intuizione nelle ricerche scientifiche. Lo spettro solare fra Sole e Terra. La carenza dell’immagine di Kant-Laplace.

 

Se ricordiamo quel che avevo detto a proposito dell’opposizione fra Terra e Sole, vedremo che per rispondere a domande del genere dovremo seguire i fatti empirici in un determinato modo. Non ci si può formare un’opinione su qualcosa che si osserva, se non ammettendo che possano presentarsi interpretazioni del tutto diverse. Si arriva a interpretare giustamente certi fenomeni relativi al Sole soltanto partendo da premesse come quelle fatte da noi; ad esempio con la domanda: rispetto a certi fenomeni che sulla Terra vanno dal centro verso la periferia, verso il cosmo, come interpretare fenomeni in apparenza analoghi, quando si osserva il Sole armati di strumenti? Quel che si è osservato empiricamente apparirà nella sua vera luce se ricorderemo che ciò che sulla superficie della Terra corrisponde a un’eruzione, o a un’altra spinta verso l’esterno (fig. 1, a), nel Sole corrisponde (in una macchia solare, per esempio) a una spinta dall’esterno all’interno (fig. 1, b).

 

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Continuando questo ordine di idee, dobbiamo pensare che man mano che si penetra nell’interno della Terra si trovi materia densa, e che movendosi dall’esterno all’interno del Sole si debba trovare materia più sottile.

 

Guardando la Terra così come è inserita nel mondo, essa ci appare come materia ponderabile; per giudicare il Sole dobbiamo invece pensare che, inoltrandosi nel suo interno, ci si avvicini sempre più all’imponderabile, che si abbia al suo centro proprio il contrario. Dobbiamo immaginare il Sole come una cavità della materia cosmica, come uno spazio vuoto, una sfera vuota che è avvolta di materia; al contrario della Terra, che è composta di materia compatta ed è circondata da materia più sottile. Per la Terra pensiamo all’esterno aria, all’interno materia più densa; per il Sole è il contrario: dalla materia relativamente densa si passa alla materia più sottile e infine alla negazione della materia. Chi riunisca senza pregiudizi i fenomeni in questo campo non può che dire: nel Sole non abbiamo soltanto un corpo cosmico molto sottile rispetto alla Terra, ma ponendo la Terra con la sua materialità come positiva, nel Sole, all’interno del Sole, abbiamo piuttosto materia negativa. Arriviamo a un’immagine giusta solo pensando al Sole come materia negativa.

La materia negativa, rispetto a quella positiva, è risucchiarne; la materia positiva preme, quella negativa risucchia. Pensando il Sole come un insieme di forze risucchiami non occorrono altre spiegazioni della gravitazione, perché questa è appunto la sua spiegazione.

 

Pensando a quel che ho detto ieri, che cioè la Terra segue il Sole nella stessa direzione orbitale, si ha la relazione cosmica tra Sole e Terra: davanti il Sole come somma di forze risucchiami e, attratta da quelle forze risucchianti, la Terra che è trascinata nella stessa orbita in cui il Sole avanza nello spazio. Così si vede che non si potrebbe accompagnare interiormente con il pensiero questo fenomeno, se non basandosi su tali idee. Non si arriverà a un’idea che comprenda tutti i fenomeni, se non pensando che nella materia esiste un’intensità positiva e una negativa; così la materia, in quanto materia terrestre, è positiva per la Terra e negativa per il Sole. Rispetto allo spazio pieno, la materia del Sole non è soltanto uno spazio vuoto, ma addirittura un’assenza di spazio, è meno di uno spazio vuoto.

 

È difficile comprendere questa immagine, ma chi è abituato al pensiero matematico può pur indicare un certo riempimento dello spazio con la grandezza +a, lo spazio vuoto come zero e lo spazio meno che vuoto con -a. Così si può pensare una relazione matematica, o analoga ad essa, tra le varie intensità della materia, in questo caso tra la materia del Sole e quella della Terra.

 

Quasi tra parentesi vorrei aggiungere qualcosa. Non voglio qui trattare di come vadano pensate le relazioni tra reale, positivo, negativo e immaginario, ma comunque si dovrà trovare un’interpretazione dei numeri cosiddetti immaginari, perché risultano come soluzioni di equazioni e simili. Se in modo analogo si mette nell’intensità un positivo e un negativo, si potrebbe anche mettere un numero immaginario. Si avrebbe così:

e si avrebbe anche la possibilità di aggiungere alla materia positiva e negativa ciò che in antroposofia è detta materia o spiritualità astrale. Si avrebbe così la possibilità di un passaggio matematico anche alla sfera astrale. Come avevo detto, è solo una parentesi.

 

Ripensiamo ora quel che avevo detto a proposito dell’uomo. Non v’è dubbio che il corpo fisico umano sia in relazione con la materia ponderabile della Terra. Poiché l’uomo da sveglio nel proprio corpo è in relazione con la materia terrestre, riferendoci a considerazioni precedenti possiamo vedere quella relazione con la posizione verticale della pianta. Ieri avevamo detto che dobbiamo pensare che la pianta ha una direzione opposta a quella dell’uomo: essa cresce dal basso verso l’alto, mentre dobbiamo pensare nell’uomo una pianta che cresca dall’alto verso il basso (fig. 2).

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Che cosa cresce dall’alto verso il basso? Certo nulla di visibile, ma qualcosa di soprasensibile. Avendo messo ciò in relazione col Sole, dobbiamo mettere le forze di crescita delle piante in relazione con l’orbita Terra-Sole, dirette cioè dalla Terra verso il Sole, e dobbiamo immaginare nel corpo eterico ciò che si forma nell’uomo in senso inverso. Quindi ciò che parte dal Sole, la sua forza risucchiante, agisce nell’uomo e compenetra il suo corpo eterico dall’alto verso il basso. Guardando il corpo umano si vedono così agire in esso due entità opposte: l’entità solare e quella terrestre. Dobbiamo ritrovare tutto ciò nei particolari, e se siamo in grado di interpretare giustamente le cose, vedremo che è così e potremo dimostrarlo. Si può infatti mostrare in vari modi ciò che agisce nell’uomo dall’alto verso il basso.

Avendo una forza che agisca secondo la linea a-b, la possiamo seguire anche in altre direzioni.

Possiamo anche seguirla in modo immaginario e pensarla scissa in due componenti (fig. 3). Possiamo formate ovunque componenti della forza che è in direzione Terra-Sole.

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Fig. 3

 

Se con un dito pigio una superficie, ho la pressione che la materia ponderabile esercita su di me, e la contropressione che corrisponde alla forza del Sole che agisce per mezzo mio, per mezzo del mio corpo eterico. Si pensi una superficie su cui si eserciti una pressione, o che eserciti una pressione su di noi: si ha in direzioni opposte l’effetto della forza ponderabile e quello della forza imponderabile. Ciò che dà la sensazione di pressione altro non è che l’effetto reciproco della pressione ponderabile dall’esterno verso l’interno e di quella imponderabile dall’interno verso l’esterno (fig. 4).

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Si può anche dire: osservando le cose col chiaro occhio dell’anima si sente in ogni percezione sensoria la contrapposizione, nella quale si è inseriti, fra Terra e Sole. Nell’uomo tutto va studiato in modo da ritrovare la realtà cosmica. Il cosmo agisce ovunque nell’uomo.

 

È importantissimo superare il modo di pensare che bada soltanto a ciò che appare all’occhio, e che non tiene conto delle relazioni con l’ambiente. In queste conferenze ho già detto che se noi vedessimo l’uomo soltanto con testa, arti e così via, senza rilevare la relazione con l’universo, sarebbe come voler spiegare l’ago magnetico di per sé, senza cercarne i rapporti con i poli magnetici della Terra. Se vogliamo capire una cosa o un fatto dobbiamo penetrare la totalità che può darcene la spiegazione; dobbiamo proprio ricercarne la totalità. Cosa del tutto estranea al modo attuale di pensare: ricercare la totalità prima di decidere qualcosa. Osservando un cristallo di sale, almeno in senso relativo lo si può considerare come una totalità. È come un’entità in sé conclusa. Cogliendo una rosa, non la si può considerare un’unità in sé conclusa; non è come un cristallo di sale. Il cristallo deve sì formarsi in un ambiente, ma è una totalità. La rosa è una totalità se vista unita al rosaio. In esso ha la propria totalità, quella che il cristallo di sale ha di per sé. Non abbiamo giustificazione alcuna per considerare la rosa una realtà a sé. Così, osservando l’uomo nel suo complesso non possiamo fermarci a ciò che è racchiuso nella sua pelle, ma dobbiamo vederlo nella sua relazione con tutto il cosmo visibile; solo così possiamo comprenderlo. Continuando in questo modo di pensare, si riesce anche a dare un senso più profondo ai fenomeni che ci si presentano e che possiamo arrivare a conoscere.

 

Nel corso di queste conferenze abbiamo detto che, paragonando i tempi di rivoluzione dei pianeti fra di loro, si ottengono grandezze incommensurabili. Se le grandezze fossero commensurabili, le orbite dei pianeti finirebbero con l’avere fra loro un rapporto tale per cui tutto il sistema diventerebbe rigido. Esiste in effetti nel nostro sistema planetario la tendenza all’irrigidimento, alla morte. Osservando i fatti che risultano dalle curve e dai calcoli, si vede quel che accade nel sistema planetario; e, come abbiamo visto, certe curve e certi calcoli non corrispondono con esattezza alla realtà. Dobbiamo dunque dire: se tentiamo di esprimere con formule semplici o con figure di facile comprensione i fenomeni del cosmo, questi ci sfuggono di continuo. È dunque vero che osservando la vera immagine dei fenomeni celesti e vedendo a che cosa si arriva con i calcoli, ci accorgiamo di non riuscire mai ad avere una formula che corrisponda esattamente all’osservazione. Posso sì fare disegni, come ho mostrato ieri con le lemniscate, ma il sistema è inteso nel modo giusto solo dicendo: anche se lo disegnassi con esattezza, la forma sarebbe valida solo per il tempo presente. Quando arriverà l’epoca che ho descritto come la futura epoca glaciale, tanto lontana dalla nostra, il sistema dovrà essere modificato notevolmente. Si dovranno prendere come variabili le costanti della curva che a loro volta diventano funzioni piuttosto complesse. Mai posso quindi tracciare linee semplici, ma solo complesse. Anche quando traccio le mie linee posso dire: disegno l’orbita di un corpo celeste, e abbiamo visto ieri che è sempre a forma di lemniscata. Ma dopo qualche tempo il disegno non vale più, devo allargare le lemniscate e disegnarle come nella fig. 5.

 

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Fig. 5

 

Se volessi ricalcare le orbite dei corpi celesti, dovrei pormi nel cosmo e seguirle, variandole di continuo; non posso disegnare un’orbita costante. Dovrei disegnare ogni orbita con la coscienza di doverla sempre modificare, perché il decorso del tempo esige il mutamento. Non sono dunque in condizione di disegnare linee definite, volendo presentare adeguatamente i movimenti dei corpi celesti. Se disegno linee definite, esse sono approssimative e richiedono correzioni. Significa che a ogni linea definita sfugge, dopo, la realtà del cielo; ogni linea matematica che io possa pensare sfugge alla realtà, non riesco a inserirvela. Esprimo allora una realtà così: in un sistema planetario vi è qualcosa che da un lato tende alla rigidità, e dall’altro a formare lemniscate in movimento. Esiste un contrasto nel sistema solare o nel sistema planetario tra la tendenza alla rigidità e la tendenza al mutamento, a uscire da se stesso.

 

Osservando tale contrasto senza fare speculazioni, si arriva a dire che le comete non sono corpi celesti nello stesso senso dei pianeti. Le indicazioni che espongo possono essere seguite con precisione se si osservano i fatti empirici e se non ci si aggrappa alle teorie che creano intralci ai fatti. Ci si convincerà sempre più di quel che dico, e lo si potrà anche verificare, quanti più fatti empirici si potranno raccogliere. Infatti, studiando la natura delle comete, a nulla si arriva pensando che le comete siano come i corpi planetari, come si crede abitualmente. Torno ora a quel che già ho detto per il metodo, e ricordo che il corpo planetario può essere immaginato come un corpo in sé concluso e in movimento, senza che ciò sia in contraddizione con i fatti. Considerando invece le comete come i pianeti, si cadrebbe in continue contraddizioni e non se ne potrebbero mai comprendere gli spostamenti, gli apparenti spostamenti.

 

Si cerchi invece di seguire un altro tipo di osservazione, coordinandovi tutti i vari fatti empirici. Si pensi che nella direzione della fig. 6, potremmo dire verso il Sole, la cometa si formi di continuo e spinga sempre in avanti il nucleo, il nucleo apparente, mentre all’indietro esso si perde.

 

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Fig. 6

 

Così la cometa avanza sempre ricreandosi in una direzione e perdendosi nell’altra; non è un corpo nel senso dei pianeti, ma qualcosa che si crea e si dissolve di continuo, che forma il nuovo davanti e perde il vecchio dietro. Si spinge avanti come un semplice raggio luminoso (ma non dico che sia solo questo).

Ricordo quel che dissi qualche giorno fa: noi non abbiamo soltanto la Luna e la Terra (fig. 7), e ogni pianeta ha una sua sfera che non è soltanto un punto della sua periferia.

 

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Fig. 7

 

Così, ad esempio, la Luna è delimitata dalla propria orbita. Con la Terra ci troviamo nella sfera Luna, e così anche nella sfera del Sole e nella sfera dei pianeti. I corpi celesti non sono soltanto ciò che si muove nelle lemniscate ed è in un punto; il punto è solo una parte speciale, è come la parte germinativa dell’uovo embrionale umano. Tenendo presente tutto ciò, si può dire, osservando la Terra e il Sole, che le due sfere si inseriscano l’una nell’altra e siano costituite di materia contrapposta: materia negativa che tende al punto centrale del Sole, materia positiva che irraggia dal punto centrale della Terra. Così si compenetrano materia positiva e materia negativa. Naturalmente non si compenetrano in modo omogeneo (nemmeno due nuvole si compenetrano così quando s’incontrano), ma in modo disomogeneo.

 

Immaginiamo ora l’urto di determinati rapporti di densità e avremo, con la penetrazione di una sostanzialità nell’altra, le condizioni per la creazione delle comete. Esse sono fenomeni in divenire, in continuo divenire e svanire. Non possiamo disegnare teoricamente il nostro sistema copernicano: in un punto il Sole, poi Urano, Saturno e una cometa che arriva da lontano e che poi si allontana di nuovo (fig. 8).

 

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Fig. 8

 

Là fuori non occorre nemmeno disegnarla; è in formazione, è nel perielio, cambia aspetto, è sempre in divenire e si perde di nuovo. È qualcosa che si forma e si dissolve di continuo, che in certi casi può seguire orbite apparenti, orbite paraboliche o iperboliche, non concluse; è qualcosa che si muove senza aver bisogno di stare in un’orbita chiusa: si forma, può stare in una direzione parabolica e poi sparire, non esistere più.

Dobbiamo considerare le comete come qualcosa di effimero: rispetto al Sole e alla Terra esse sono come un pareggio fra materia ponderabile e imponderabile; per le comete vi è un’autogenerazione di materia ponderabile e imponderabile, materia che non si equilibra subito, come fa invece quando la luce si espande nell’aria; anche qui s’incontrano ponderabile e imponderabile, ma si espandono in modo omogeneo senza urtarsi. Con le comete si ha un urto reciproco, senza riequilibrio.

 

Osserviamo ad esempio la luce: essa attraversa l’aria con una certa forza e vi si espande in modo omogeneo. Se però la luce non si adatta abbastanza velocemente all’estensione dell’aria, in un certo senso si avrà come un attrito interiore tra materia ponderabile e imponderabile (non lo si intenda in senso meccanico, ma come qualcosa di interiore; vedi fig. 9). Osservando le comete, vediamo in quell’attrito qualcosa che si crea e si distrugge di continuo nello spazio tra materia ponderabile e imponderabile.

 

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Con queste osservazioni ho voluto presentare qualcosa di utile nel campo del metodo. Sebbene la brevità del tempo mi abbia costretto ad accennare soltanto ad alcuni temi, seguendo i dati e i pensieri di queste conferenze si vedrà come io abbia voluto mostrare la necessità di cambiare la metodologia dei nostri abituali studi scientifici. Sarebbe molto importante che le conferenze suscitassero nuovi spunti. Ho potuto dare solo indicazioni, ma dove ho lavorato secondo linee matematiche si potranno trovare stimoli per ricerche empiriche, per esperimenti. Sarà possibile verificare ovunque, sia in generale che nel particolare, ciò che qui è stato presentato in forma apparentemente matematica. Se si prende una palla (non importa se azzurra o rossa!) e si studia che effetto abbia su di essa una determinata azione, se ad esempio la si preme dall’esterno verso l’interno in un cero punto, in modo che si incavi verso l’interno secondo una data legge, si vedrà che forma essa assume quando lasciamo agire le forze dell’interno in senso radiale. Seguendo questi fenomeni di tensione e di deformazione, oppure riscaldando certe sostanze per ottenere linee di riscaldamento, una volta da dentro a fuori, un’altra dalla periferia verso l’interno, e osservando i fenomeni con strumenti ottici, magnetici o in altri modi adatti, si vedrà che quel che è stato detto qui, ad esempio circa la contrapposizione fra Terra e Sole, può ovunque essere seguito sperimentalmente. Con esperimenti del genere si penetrerà nella realtà in modo del tutto diverso da quanto si è fatto sinora, perché si incontrano nella realtà determinati rapporti mai incontrati prima. In questo modo risulteranno effetti di luce, di calore o altri totalmente diversi da quel che si otteneva prima, perché ci si era avvicinati ai fenomeni in modo da non comprenderli appieno.

 

Ho voluto incoraggiare a farlo. In altre conferenze che terrò in seguito potremo arrivare a fare anche esperimenti. Dipenderà dagli esperimenti nel nostro Istituto di ricerche fisiche, se per allora potranno essere acquisiti risultati riguardanti il futuro. Nel nostro Istituto non abbiamo come ideale quello di acquisire gli strumenti migliori che esistono sul mercato e usarli per gli esperimenti come fanno gli altri. In quella direzione sono state fatte cose straordinarie. Come ho detto, per noi è necessario stabilire nuovi indirizzi di ricerca. Dobbiamo iniziare non da un gabinetto di fisica completamente attrezzato, ma da una stanza vuota, e servirci non degli attuali strumenti già pronti, ma dei nuovi pensieri di fisica che sorgono dalla nostra anima. Quanto più saranno sgombre le stanze e piene le nostre menti, tanto migliori sperimentatori diventeremo!

 

Questo importa nel nostro lavoro. Dobbiamo intendere così i compiti del momento. Basti ricordare quali vincoli si hanno nelle singole sperimentazioni scientifiche, tanto che null’altro si può fare o vedere se non ciò che è proposto dallo strumento stesso. Come si potrebbe studiare lo spettro nel senso di Goethe con gli strumenti attuali?

 

Non è possibile! Con gli strumenti attuali si può solo ottenere ciò che è scritto nei libri di fisica. Non se ne può dedurre come vadano interpretati faggi di luce nei fenomeni luminosi, quando non vi sono raggi. Nel caso di un recipiente pieno d’acqua in cui vi sia una moneta sul fondo (fig. 10), la cosa che viene subito notata è come la moneta appaia spostata rispetto alla linea di incidenza mentre non dovremmo nemmeno seguire un particolare del genere, non ne avremmo mai bisogno.

 

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Se questo è il fondo del recipiente (fig. 11) e qui abbiamo una moneta, sapremo come trattarla solo figurandoci che non sia una moneta, ma un disco di carta (fig. 12). Guardando attraverso la superficie dell’acqua un disco di carta, esso appare sollevato e più grande. E ciò che si vede e che si può disegnare. Se poi non si ha il disco di carta, ma solo un pezzo del disco, non si ha il diritto di trattarlo diversamente (fig. 13).

 

La moneta è solo un pezzo del disco, e non si deve farne partire linee, ma considerarla un pezzo del disco, un pezzo non visibilmente differenziato, che esiste come parte del fondo. Poiché ho un punto visibile, devo trattarlo non come un punto teorico, ma come parte di un disco (fig. 13).

 

Fig. 13 pezzo del disco di carta

 

Analogamente, quando ho un ago magnetico e voglio considerarlo in modo adeguato, non devo pensare che vi sia un punto centrale e poi un polo sud e un polo nord, ma che l’insieme sia una linea illimitata sulla quale da una parte agiscono forze periferiche e dall’altra forze centrali (fig. 14).

 

Nei fenomeni elettrici, dove abbiamo il catodo da un lato e l’anodo dall’altro, possiamo spiegare la luce che appare da un lato solo se la vediamo come parte di una sfera il cui raggio ci è dato dalla direzione in cui agisce l’elettricità, e se vediamo l’altro polo come parte minore del raggio. Non possiamo neanche parlare di una semplice polarità, ma dobbiamo dire che quando entrano in gioco catodi e anodi il fenomeno è parte di un sistema completo, proprio per la sua intrinseca disposizione. Solo così si comprendono giustamente i fenomeni.

 

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Ho letto le diverse domande che mi sono state poste e penso che se gli interroganti rifletteranno un poco troveranno le risposte alle loro domande in ciò che ho già detto, se cercheremo di adattarle ai loro problemi. In questo campo si deve fare un passo alla volta. Di una domanda vorrei però occuparmi in breve; essa è: “Nell’esporre al mondo questo tipo di scienza, può sorgere la domanda: fino a che punto sono necessarie le conoscenze di immaginazione, ispirazione e intuizione per riconoscere questi rapporti?”.

 

Se fossero necessarie immaginazione; ispirazione e intuizione per riconoscere certe cose, come se ne potrebbe fare a meno per l’esperienza intellettuale oggettiva consueta, che non arriva alla verità, che non dà la realtà? Che altro dovremmo fare se non ricorrere a immaginazione, ispirazione e intuizione? Se però non vogliamo servircene, è sempre possibile prendere i risultati delle ricerche e controllarli con quel che offre il campo empirico. Si vedrà che saranno sempre confermati. Queste cose non sono ormai più considerate astruse, come si potrebbe pensare. E non sarebbe poi difficile arrivare all’immaginazione, se solo si passasse dalla prospettiva analitica della matematica alla matematica proiettiva, e da questa si coltivassero i pensieri che ho posto alla base delle curve mediante le quali si deve uscire dallo spazio. È un problema di coraggio animico interiore, che oggi è necessario per fare ricerche. Dobbiamo tener presente che la verità piena non si rivela al consueto tipo di ricerca, mentre alla ricerca che non teme di sviluppare sempre più le forze dell’anima umana si rivelano sempre meglio le verità che altrimenti rimarrebbero nascoste.

 

Questo volevo dire per concludere. Vorrei solo esprimere ancora il desiderio che tutto ciò che ho voluto suscitare, che tutto ciò cui ho accennato possa in qualche modo incoraggiare a fare esperimenti; ne abbiamo bisogno. Dobbiamo avere verifiche empiriche per tutto ciò che deve essere inteso come abbiamo spiegato qui.

Dobbiamo poter giudicare al di là delle solite basi (sulle quali da molto tempo si producono fatti come questo: parlai una volta con un professore universitario di fisica della teoria dei colori di Goethe. Il professore aveva persino pubblicato la teoria goethiana dei colori con un proprio commento. Parlammo di quella teoria, e dopo qualche spiegazione reciproca egli mi disse di essere un convinto newtoniano, aggiungendo: «La teoria dei colori di Goethe è incomprensibile, un fisico non riesce a seguirla». Egli era dunque portato dalla propria cultura scientifica a non comprendere la teoria dei colori di Goethe, e potevo capirlo. In effetti un fisico, se è onesto, non può seguire quella teoria. Si devono quindi superare le teorie fisiche attuali, ci se ne deve poter staccare. Solo allora si troverà il passaggio tra i fenomeni e le interpretazioni che ne dà la teoria di Goethe: potrà anche essere un buon punto di partenza per studi fisica che giungano fino all’astronomia).

 

Se si studierà senza preconcetti la parte del calore dello spettro e la sua parte chimica nel loro comportamento del tutto diverso nei riguardi di certi reagenti, si vedrà la contrapposizione che ho mostrato tra i modi in cui agiscono Terra e Sole. Nello spettro stesso vi è l’immagine di quella contrapposizione, che poi si esprime in tutto l’organismo umano. In ogni contatto di un corpo attraverso la percezione tattile operano Sole e Terra, così come nello spettro operano Sole e Terra. Né si può pensare che lo spettro sia qualcosa di semplicemente inserito nello spazio come spettro solare; deve essere chiaro che è inserito nello spazio concreto che sta fra Terra e Sole. Non vi è spazio astratto nei fenomeni concreti, ma tutto è concreto e come tale va considerato. Altrimenti si spiega la genesi del sistema solare con la solita immagine: si prende una goccia d’olio galleggiante sull’acqua, si ritaglia un cerchietto di cartone, ci si infila uno spillo e lo si fa ruotare. L’olio si appiattisce e se ne staccano gocce più piccole; nasce così un sistema planetario. Lo si paragona al sistema copernicano e si dice che è la stessa cosa, dimenticando però la presenza del signor maestro che fa ruotare lo spillo. A dirla tutta, occorrerebbe anche aggiungere un demone gigantesco che facesse girare l’asse dell’universo, senza di che nulla sorgerebbe né si materializzerebbe di quel che viene in quel modo illustrato. Nelle spiegazioni scientifiche si deve essere più onesti e più prudenti di quanto non lo si sia oggi.

 

Volevo mostrare questi rapporti metodologici interiori. La prossima volta ne parleremo da un altro punto di vista.