I sensi e il mondo esterno.

O.O. 312 – Scienza dello spirito e medicina – 09.04.1920


 

Sommario: I sensi e il mondo esterno. Sali di ammonio. Escrezione e secrezione. Attività del polmone. Processo formativo dei denti e processo del fluoro. La peristalsi intestinale. Euritmia, danza e lavori manuali. Processo formativo dentario e processo digestivo. Nux vomica. L’uomo come settemplice metallo. Malattie acute e croniche. Lo stato depressivo. Valutazione scientifica-spirituale della mentalità medica.

 

Se lo studio della medicina ha da svilupparsi in modo benefico per l’umanità, occorre che si realizzi veramente quel che ho cercato di delineare nel corso di queste conferenze: una visione comprensiva dell’intero organismo umano, sano e ammalato, nonché delle forze e delle sostanze extraumane, e dei loro modi di agire, in generale. In tal modo verrebbe gettato un ponte fra l’impostazione scientifico-naturalistica, che tende sempre più alla mera conoscenza delle malattie, e l’aspirazione a trovare rimedi ed effetti curativi. Per poter percorrere con successo questa via è però necessario acquistare una conoscenza complessiva dell’uomo, illuminandolo per così dire in senso scientifico-spirituale, partendo dal rapporto in cui egli si trova oggi con il mondo esterno nel suo stato umano attuale. La connessione col mondo esterno è massimamente sviluppata là dove i nostri sensi superiori entrano in reciproco rapporto con esso, come ad esempio nell’occhio: sensi che in fondo hanno solo scarsi rapporti con processi fisici interni all’organismo. Appena però si tocca la sfera dei sensi inferiori, quella dell’olfatto o del gusto, ecco che il contatto esterno dell’uomo col mondo si va interiorizzando, Infatti si può dire che nell’uomo la digestione non è, fino a un certo punto, che un proseguimento e una metamorfosi dell’attività sensoriale. Fino al punto in cui gli alimenti vengono ceduti dall’attività intestinale all’attività formativa della linfa e del sangue, e perfino ancora durante tale passaggio, in fondo tutto quel che si svolge è un’attività sensoriale trasformata; essa agisce tanto maggiormente sul piano organico, quanto più bassa è essa stessa attività sensoriale. Dobbiamo dunque riconoscere nel processo digestivo (fino al punto ora indicato) la prosecuzione di un processo sensoriale gustativo.

 

Valutando giustamente questo fatto, si pongono anzitutto le basi per tutta la dietetica, e inoltre per la conoscenza dei fattori salutari necessari per poter agire terapeuticamente proprio in questo campo. Si potranno poi anche imparare a conoscere sistematicamente a poco a poco le alterazioni che possono instaurarsi in questo ambito. Si provi infatti a seguire l’azione che sull’organismo umano esercitano, poniamo, i sali di ammonio. Lo scienziato moderno dirà che i sali ammoniacali, ad esempio il cloruro di ammonio, agiscono sul sistema nervoso motorio del cuore (appunto così si esprimerebbe la scienza odierna).

 

Senonché questo sistema nervoso che sarebbe « motorio » è un’assurdità. Come ho ripetuto a sufficienza, non esiste differenza tra i nervi di senso e quelli di moto, e perciò l’intera concezione è assurda. Comunque, per quel che riguarda i composti ammonici, le cose stanno in modo diverso. Ciò che importa è che finché i sali di ammonio conservano la loro azione (diciamo entro l’ambito che si estende dal processo gustativo fino a quello della formazione della linfa e del sangue), sussiste all’interno anche una continuazione dell’effetto gustativo; tale effetto gustativo prolungato è al tempo stesso un processo nel corpo astrale e in questo provoca un’attività riflessa, consistente ad esempio nella secrezione del sudore. Se si è in grado di concepire quella prima parte dell’attività digestiva umana come un processo gustativo protratto, ci si dischiude veramente la vista sul processo della secrezione del sudore, è in certo modo anche di quella urinaria. Osservando infatti con attenzione quanto si svolge nell’ambito della digestione, si constata anzitutto che le sostanze alimentari vengono accolte da parte dei diversi succhi digestivi del nostro organismo; questo è l’essenziale. Tutti i fenomeni connessi si riducono in fondo più o meno all’azione solubilizzante esercitata dai secreti digestivi sugli alimenti. A tale azione solubilizzante corrisponde poi una reazione, la quale consiste nell’attività del fegato e della milza. Proprio per tale ragione abbiamo dovuto in precedenza collegare le attività di questi due organi con l’ambito dell’acqua, cioè delle attività esercitate nell’elemento liquido. In contrasto con l’azione solubilizzante che si esercita nel primo ambito digestivo, l’attività del fegato ha invece l’effetto di rivestire le sostanze, in certo senso di avvolgerle, di far compiere per così dire a ritroso il cammino delle modificazioni avvenute nella prima parte del processo digestivo.

 

Si può suscitare un’immagine di quanto avviene di essenziale, confrontando i processi ai quali ho accennato, con due semplici fatti. Se io getto del sale nell’acqua calda, il sale sciogliendosi si distribuisce in tutto il liquido. Questo processo ci può dare una immagine di quanto accade nel processo digestivo fino all’assorbimento degli alimenti nei vasi linfatici e sanguigni. D’altra parte, osserviamo alcune goccioline di mercurio, con la loro caratteristica tendenza ad assumere forma sferica, cioè a racchiudersi, a configurarsi. Questo comportamento ci può dare un’immagine di quel che avviene nel processo digestivo dopo l’assorbimento nei vasi linfatici e sanguigni, attività che ha luogo sotto la direzione del fegato, con tutta la sua relazione col corpo astrale dell’uomo.

 

È veramente necessario che si impari a guardare in questo modo entro i processi organici, perché tale atteggiamento ci porta ad osservare come nel mondo esterno avvengano la formazione dei sali e quella mercuriale. Nel mondo esterno si può veramente leggere quello che deve operare all’interno dell’organismo. L’uomo va sempre osservato in connessione col mondo esterno.

 

Possiamo ora seguire i sali di ammonio, quando trapassano nell’ambito della formazione del sangue e lo alcalinizzano. Proseguendo nella loro via, essi ora agiscono dall’uomo inferiore sull’uomo superiore, provocando in questo certe reazioni. S qui interessante notare che avviene un completo rivolgimento dei processi in atto. Lo si può caratterizzare nel modo seguente: mentre nell’ambito inferiore della digestione l’uomo superiore tende a operare con un’attività sensoriale, e precisamente gustativa, ora si verifica il contrario: l’uomo inferiore comincia a tendere verso un’attività percettiva, e l’uomo superiore verso quell’attività che agisce sulla percezione stessa. Ne consegue che, mentre prima si era Verificata una specie di azione riflessa, di cui ho detto che parte dal corpo astrale, ora al contrario il processo si svolge in modo che l’azione riflessa parte dal basso; in certo senso, l’azione riflessa proviene dal basso, mentre l’azione primaria ha inizio dall’alto. Sì che in alto vengono stimolati a un’attività più vivace gli epitali vibratili e viene stimolata la secrezione del polmone. Si ha quindi il movimento contrario. Dapprima con il processo della dissoluzione viene messa in moto l’attività del fegato. In seguito l’attività avvolgente del fegato provoca un’azione dissolvente, disperdente, stimolante, dell’attività che le è situata al di sopra, cioè dell’attività polmonare; così invece del dissolvimento in basso, si verifica una secrezione negli organi superiori.

 

Questa è la via che nell’organismo viene percorsa dalle sostanze in esso introdotte, partendo dal processo di solubilizzazione, attraverso l’azione salina, per giungere all’azione configuratrice e infine a quella disperdente che è paragonabile al processo dell’evaporazione e della combustione. Se dunque aggiungiamo alle goccioline di mercurio un liquido in ebollizione che evapora continuamente (e l’evaporazione può essere definita come un’azione fosforico-sulfurea), dove la sostanza inorganica è per così dire infiammata, abbiamo davanti a noi l’immagine dell’attività che si svolge negli organi dell’uomo inferiore, ma anche in quelle parti dell’uomo superiore che stanno in rapporto col polmone.

 

Tenendo presente questa attività interiore si può pervenire anche a formarsi dei concetti su quanto del mondo esterno può venire accolto in essa. Si può così arrivare lontano, per esempio a quanto segue. Se ricordate quello che abbiamo menzionato giorni fa, potrete riconoscere che tutto quanto si svolge nel processo di formazione dei denti rappresenta un’attività molto periferica dell’organismo umano. Perciò tale attività periferica diventa ben presto un’attività del tutto esteriore, mineralizzante, come ho già detto; ma attenti a non fraintendere la cosa. Mi sembra che le mie considerazioni siano state un po’ fraintese. Io avevo detto che, siccome la formazione dei denti è un’attività così periferica, quando il processo di mineralizzazione vi è già avviato e ci si trova di fronte ad alterazioni dentarie, è giustificato l’intervento dentistico puramente tecnico-meccanico, l’otturazione e così via, dato che non è più possibile intervenire utilmente coi farmaci. In tali condizioni non si può fare altro che trattare meccanicamente quello che si è già mineralizzato.

 

Ritengo dunque senz’altro giusto il provvedere meccanicamente alle otturazioni, alle protesi e così via, quando i denti sono guasti, perché a partire da un certo punto i denti non si possono più curare per via interna. Bisogna invece preoccuparsi di curare in tempo dall’interno il processo di formazione del fluoro, che è necessario anche per l’intero organismo: bisogna provvedere alla funzione che esercitano i denti finché sono ancora sani, creando un surrogato per il processo formativo del fluoro nell’organismo. Un tale surrogato può venire creato in un certo modo: occorre però tener conto del processo di inversione che ho descritto poc’anzi.

 

Che cos’è in sostanza l’intero fenomeno della formazione dei denti, considerato nella sua realtà? È un trasferimento del processo di mineralizzazione dall’interno all’esterno. Quando la seconda dentizione è compiuta, il processo che spinge verso l’esterno la mineralizzazione è giunto al suo termine. Ora gli si contrappone il processo di sessualizzazione il quale urge a sua volta verso l’interno. Il processo di formazione dei denti e quello della sessualizzazione sono processi antitetici, che si contrappongono l’uno all’altro come in un ritmo. Nella stessa misura in cui termina il processo di formazione dei denti, si rende attivo dall’altro lato il processo di sessualizzazione. Considerando i fatti in questo modo si riconoscerà che anche un altro processo, che nell’uomo si svolge verso l’interno e in direzione antero-posteriore, è polarmente opposto al processo del movimento formativo dei denti, e strettamente connesso a questo. Si tratta del moto peristaltico dell’intestino; questi due processi sono intimamente collegati fra loro. Tutto ciò che riguarda il moto peristaltico è dunque strettamente connesso con quanto, dall’altra parte, provvede alla formazione dei denti. Il moto peristaltico intestinale è strettamente connesso con l’utilizzazione del fluoro nell’organismo umano. Si può affermare semplicemente che quando il moto peristaltico intestinale avviene con più intensità e più rapidità di quanto dovrebbe verificarsi in base alle caratteristiche individuali di una persona, ciò si ripercuote in un peggioramento della dentatura, e soprattutto sull’insieme delle azioni che il fluoro dovrebbe esercitare di norma nell’organismo umano. Quando il dentista constaterà gravi guasti nei denti, egli dovrà perciò consigliare che venga moderata l’intera attività peristaltica intestinale. Questo potrà realizzarsi sia consigliando semplicemente del riposo (quando ciò sia compatibile con l’attività professionale del paziente), sia prescrivendo rimedi che calmino un poco, ma non drasticamente, l’intensità dei moti peristaltici intestinali.

 

La regolazione di questa attività è particolarmente importante. Essa viene favorita da un’attività ben regolata degli arti, un’attività delle membra obbediente a leggi ben definite, alla quale ho già in precedenza accennato: riguarda le mani e le braccia, le gambe e i piedi, e viene favorita soprattutto da un regolato esercizio euritmico, in quanto con l’euritmia i movimenti vengono compenetrati dall’anima. Se invece la ginnastica diventa troppo « fisica », si può avere un effetto esagerato in senso sbagliato, ed è molto facile che si abbia addirittura un effetto contrario. È perciò ben comprensibile che le comuni esercitazioni di danza (alle quali si dedicano soprattutto le ragazze) possano anch’esse agire dannosamente sul processo dentario. Non c’è quindi da stupirsi che le ragazze (che in larga misura esercitano le varie forme di danza) abbiano dentature peggiori dei ragazzi della stessa età. Ciò che piò importa a questo proposito è infatti che i movimenti della danza siano compenetrati effettivamente dall’anima, e che non si esageri nell’esercitarvisi. D’altra parte, anche nell’ambito dei movimenti delle mani, quali si estrinsecano nei lavori a maglia, con i ferri o con l’uncinetto, basta esagerare per ottenere l’effetto opposto a quello che si può conseguire con un’attività ben regolata.

 

Vediamo dunque che in effetti già nell’ambito dei movimenti meccanici e visibili si verifica un’inversione di direzione. Anzitutto il processo formativo dei denti procede in direzione opposta a quella del processo digestivo. Inoltre è molto importante il fatto che il moto inserito nel processò digestivo è esattamente contrario alla normale direzione dei movimenti della deambulazione, cioè alla capacità di muoversi in avanti. Questa opposizione ha una grandissima importanza per la configurazione dell’uomo.

 

È proprio assai significativo il fatto che l’uomo possa camminare in avanti, mentre Io stimolo per la sua evacuazione intestinale abbia la direzione opposta. Si possono persino ottenere buoni risultati in certi casi di stitichezza, facendo eseguire esercizi ginnastici di marcia all’indietro. In questo modo si può favorire lo svuotamento intestinale. Fatti e connessioni di questo genere possono diventare, da semplici appunti empirici, conoscenze approfondite della natura umana, qualora si illumini con la scienza dello spirito l’intera costituzione dell’uomo.

 

Vorrei ora attirare la vostra attenzione su qualcosa d’altro, e precisamente sulla singolare azione che sull’uomo esercita la noce vomica (Nux vomica). Su che cosa si fonda la sua azione? La via migliore per scoprire l’intima modalità della sua azione, è osservare una ben determinata condizione: il malessere che segue a una sbornia. Tutti gli altri effetti della Nux vomica si possono poi comprendere meglio, quando se ne sia ben osservata l’azione in soggetti che escono da una sbornia. Questo caratteristico stato di malessere presenta un esatto rivolgimento di tutta l’attività organica umana. Esso è la continuazione di un processo che si svolge in modo certo eccessivo nel primo tratto dell’apparato digerente, e si manifesta quando la smodata introduzione di vino o di birra o di champagne raggiunge con i suoi effetti i processi formativi della linfa e del sangue, e in tali processi trapassa. Allora gli àmbiti dell’organismo umano il cui compito sarebbe quello di dissolvere, di rendere solubili le sostanze, vengono trasformati in una specie di organo di senso. Invece di rivolgere al mondo esterno la propria attività neuro-sensoriale, invece di mettersi in comunicazione col mondo esterno, scorgendo fuori di sé la Terra e i suoi processi, l’uomo è costretto dal guaio in cui si è cacciato a percepire il suo interno: in quelle condizioni, egli trova infatti al proprio interno un’attività divenuta molto simile all’attività terrestre esteriore. Ed ecco che egli comincia a percepire la rotazione della Terra e il suo letto comincia a girare in cerchio. Al di là della sua attività intestinale, nella sfera formativa della linfa e del sangue si trova ora, vorrei dire, una specie di attività terrestre, una specie di mondo esterno: un mondo esterno interiore! L’uomo ha fatto di sé un mondo esterno interiore e percepisce molto spiacevolmente là dentro quel che non lo disturberebbe affatto, se lo percepisse all’esterno; la sua interiorità infatti non è per niente adatta a diventare una Terra, anzi dovrebbe per l’appunto sottrarsi alla Terra. Ma in quelle condizioni egli si costruisce dentro una vera e propria Terra, cioè qualcosa che sarebbe in fondo molto più adatto ad essere percepito dall’esterno, se fosse possibile metterlo fuori e circondarlo di spettatori. Egli si trova invece costretto a percepire mediante un’interiorità spostata verso l’esterno.

 

In tali casi interviene per lo più un processo di guarigione naturale. Tuttavia, prima che questo processo spontaneo di guarigione abbia inizio, la Nux vomica risulta efficace perché essa sopprime la sensibilità verso quel mondo esterno interiore. Tale soppressione fa sì che al tempo stesso non venga disturbato il processo esteriore che si svolge all’interno; l’azione curativa della Nux vomica che vi è connessa deriva dal fatto che quella prosecuzione del processo gustativo metamorfosato viene attenuata, e non disturba più quel die accade al di là di tale processo gustativo prolungato. Con ciò si produce una specie di guarigione. Supponiamo ora che si verifichi la condizione opposta: che non si abbia un eccesso di quel processo gustativo prolungato, bensì una attenuazione, per cui l’attività di solubilizzazione non si svolge a sufficienza. Supponiamo dunque che nell’organismo umano ciò che viene introdotto dal mondo esterno non si solubilizzi come di norma per inserirsi poi nel processo di salificazione, perché l’attività interna risulta troppo debole a tal fine. In questo caso quel primo ambito dell’attività digestiva funziona già per conto suo al modo che ci si propone di conseguire, quando si somministra la Nux vomica, funziona così di natura, per un qualsiasi altro motivo; allora le sostanze non sufficientemente solubilizzate cercheranno di adattarsi ad esso. Se non raggiungono una via d’uscita, esse infatti non sono in grado di oltrepassare il limite esistente fra l’attività gustativa e digestiva, da un lato, e l’attività formativa della linfa e del sangue, dall’altro. Perciò esse vanno in cerca di una via in direzione opposta, e si presentano tutti i sintomi che si possono poi curare, favorendo semplicemente l’effetto solubilizzante, mentre con la Nux vomica lo si inibisce. Usando invece la Thuya ci si può opporre con successo a tutto quanto va cercandosi una via sbagliata. Ecco qui la contrapposizione polare fra la Nux vomica e la Thuya, quale risulta dall’osservazione della natura umana. Questo ci mostra però anche come si debba sempre tener d’occhio l’organizzazione umana complessiva; infatti le contrapposizioni che si manifestano nell’organismo hanno un’importanza che non va certo sottovalutata.

 

Le attività che tendono a sospingere verso l’uomo superiore tutto quello che accade nell’uomo inferiore, sono sempre più intense durante il sonno. Occorre una grande prudenza per caratterizzare il sonno. È esatto dire che il sonno è uno dei migliori rimedi, ma questo vale solo se esso si estende per la durata necessaria a ogni singolo individuo, né più a lungo, né meno. Un eccesso di sonno, rispetto alle necessità individuali, è dannoso, è patogeno. Per effetto di un sonno troppo prolungato, un eccesso di sostanze attraversano quella specie di limite, o di setaccio, di cui ho parlato, e che esiste fra la prima parte dell’apparato digerente e l’attività formativa della linfa e del sangue. Del resto, a tale rischio l’uomo è esposto sempre. Siccome l’organismo inferiore dorme sempre, l’uomo è di continuo esposto ad ammalare nel sangue, a causa dell’organismo inferiore. L’uomo porta però in se stesso il rimedio contro quel rischio, naturalmente in relazione alle esigenze dell’organismo normale. Quest’ultimo ha in effetti la tendenza ad ammalarsi di continuo, per effetto del sonno, ma tale tendenza viene del tutto controbilanciata dal contenuto in ferro del sangue. Il ferro è senz’altro il metallo più importante per l’uomo; esso agisce al suo interno, in senso compensatorio nel caso in questione, e normalizzando tutto quel che raggiunge proporzioni eccessive fra un processo e l’altro. Da quello che ho detto ora si potranno comprendere le malattie dovute a difetto di ferro nel sangue, ma anche, d’altra parte, si potrà aiutare l’organismo a superare i processi che lo disturbano dal basso verso l’alto, servendosi del ferro diluito a sufficienza, sì che esso diventi realmente affine alla continua attività omeopatizzante esercitata dall’uomo superiore. Gli altri principali processi metallici importanti per l’uomo vengono sostituiti dalle attività dell’organismo umano, come abbiamo visto.

 

Vorrei ora riassumere ancora una volta brevemente da questo punto di vista ciò che scaturisce dallo spirito complessivo di queste mie conferenze. Ho accennato anche oggi di nuovo all’attività formativa della linfa e del sangue: essa è la contrapposizione polare di ciò che si manifesta nel processo di mineralizzazione riguardo al rame. Esiste dunque un’affinità di tali processi col rame. Si pone perciò il compito di comprendere che essi appartengono ancora all’uomo inferiore, però solo alla sua parte più alta; per tale ragione sussiste un’affinità col rame, e precisamente una forte affinità con la forza formativa del rame, quale esiste nella Terra. Infatti tutto quel che è connesso con l’uomo inferiore lo è anche con i processi terrestri. È quindi una regola aurea per l’applicazione terapeutica del rame in quella sfera, usarlo (naturalmente a dosi non eccessive, non dannose) a basse potenze, cioè in modo che la sua azione sia ancora abbastanza simile a quella che esso svolge nella Terra.

 

Ora, come il processo formativo interno della linfa e del sangue è affine al rame, così è affine al fegato e soprattutto al mercurio tutto dò che si trova al punto di transizione, ciò che in certo senso trasferisce il processo digestivo esterno nel processo digestivo interno (quello che concerne la formazione del sangue e della linfa). Quanto l’altro processo è affine al rame, tanto quest’ultimo è affine al mercurio, ma per quel che concerne il mercurio bisogna prestare attenzione al fatto che essa possiede in fondo una tendenza sferica, armonizzante, che è in certo qual modo connessa con l’azione reciproca fra quei due processi. D’altra parte vengono regolati dalla funzione dell’argento quegli altri processi che pure debbono svolgersi nell’uomo, affinché non penetri eccessivamente nel sangue il processo gustativo prolungato: processi che vengono messi in moto dall’azione della Nux vomica e contrastati invece dall’azione della Thuya.

 

Si schiude così il campo per indagare la natura esterna in questi suoi componenti e riconoscere in essa, per così dire, l’essere umano scomposto a sua vòlta nei suoi; in tal modo si potrà inserire l’uomo (sia sano, sia malato) nell’ambiente naturale col quale è tanto strettamente congiunto proprio mediante la sua parte inferiore. Dunque ciò che dall’uomo inferiore ascende verso l’uomo superiore grazie ai processi connessi col rame, viene regolato, equilibrato dalla contrapposta azione del ferro. Da questa correlazione potete già dedurre che l’uomo ha bisogno di ferro, ha bisogno di un costante eccesso di processi ferrosi, o per dirla in termini chimici: di ferro. Tutti gli altri metalli sono presenti nell’uomo stesso sotto forma di processi. In un certo senso, l’uomo è un settemplice metallo. Solamente il ferro però è presente appunto come ferro; gli altri metalli sono presenti solo come processi.

 

Allo stesso modo in cui è connesso col rame ciò che negli organi coopera con l’attività formativa della linfa e del sangue, così è appunto connesso col ferro dò che si diparte dal polmone e si apre verso l’esterno fino alla laringe.

 

Sono poi affini al processo formativo dello stagno le parti del cervello che servono piuttosto all’attività interna del cervello stesso, che assomigliano vorrei dire piuttosto a un’attività digestiva del cervello e corrispondono in qualche modo ai processi del trapasso dall’intestino ai vasi linfatici e sanguigni. I processi formativi dello stagno compenetrano di forze animiche, e in tal modo regolano il processo digestivo, nella sfera che ora ho caratterizzata.

 

Invece tutto ciò che è connesso piuttosto con le fibre nervose, con gli organi che (all’interno dell’uomo superiore) sono il prolungamento degli organi di senso, è connesso con il piombo; si tratta inoltre di ciò che corrisponde alle secrezioni del sudore e dell’urina.

 

Conoscenze come queste gettano luce sulla natura dell’uomo, e al tempo stesso forniscono, indicazioni sul modo in cui dalle sostanze che circondano l’uomo si possono ricavare delle azioni terapeutiche, partendo anche dalle reazioni che esse provocano. Dobbiamo avere ben presente che la scienza dello spirito deve mettere in evidenza che certe cosiddette malattie mentali hanno la loro sede negli organi, mentre certe malattie organiche sono strettamente connesse con azioni animico-spirituali. È questo un capitolo arduo. Il materialismo procede; da un lato, con criteri meccanici o chimici nelle cosiddette malattie fisiche, considerando l’uomo più o meno come una macchina; d’altra parte però, nella caratterizzazione delle cosiddette malattie mentali, esso in fondo si limita alla sola descrizione dei sintomi psichici, in quanto la concezione materialistica non scorge più la correlazione fra l’animico-spirituale e il fisico-corporeo.

 

Questa stretta connessione ci si rivela però proprio se indaghiamo concretamente come siano interdipendenti le condizioni psichiche e quelle corporee. Proviamo a chiederci che cosa favorisca la comparsa delle malattie mentali. Quando l’uomo si ammala, possono manifestarsi dapprima certi sintomi soggettivi, dolori, o altri disturbi dello stato generale. Tali sintomi (che sono più evidenti nelle malattie acute e che si manifestano un po’ trasformati nelle malattie croniche) sono l’espressione, vorrei dire, di ciò che l’uomo animico-spirituale fa per prima cosa, quando in un organo è presente un certo danno: egli se ne ritrae. Il dolore non è che l’espressione del fatto che l’io e il corpo astrale si ritraggono dal corpo fisico e dall’eterico; questo fatto può naturalmente accompagnarsi anche a una retrazione del corpo eterico. L’essenziale della sensazione dolorosa sta però nel corpo astrale e nell’io. Di regola, l’io in quelle condizioni è ancora abbastanza forte da percepire coscientemente la controparte soggettiva del processo morboso dell’organo fisico. Quando invece la malattia diventa cronica, il processo si ritira gradualmente dall’io; ne consegue die quanto avviene sul piano animico si limita soltanto al corpo astrale, e quindi l’io non partecipa più a ciò che il corpo astrale soffre insieme al corpo eterico. La malattia Organica può svilupparsi in modo cronico: i fatti acuti si cronicizzano. In questa condizione i sintomi psichici coscienti si attenuano. Se vogliamo delineare una sintomatologia, dobbiamo proprio penetrare in profondità nell’essere umano. Dobbiamo per esempio chiedere al nostro paziente, non solo come si senta, o dove provi dolore, ma se dorma bene o male, e se abbia voglia di lavorare. Dobbiamo cioè considerare come sintomi i fenomeni che si estendono a periodi di tempo più lunghi e che sono connessi più a fondo col suo divenire; nelle malattie acute potremo invece apprezzare come sintomo il suo stato di benessere o di malessere momentaneo soggettivo. Quando l’andamento si avvia verso la cronicità dovremo prestare maggiore attenzione al corso generale della vita che non ai singoli sintomi.

 

La malattia assume l’ordinario carattere cronico fisico quando l’intero processo può venire trattenuto nell’organo ammalato, così che il corpo astrale e il corpo eterico partecipino effettivamente nel giusto modo all’attività organica e vi immettano le forze necessarie. Se la costituzione del malato gli consente di sopportare un’azione disordinata del corpo astrale nell’organo in questione (tramite il corpo eterico), se egli è in grado di portare al di là di un certo punto critico il nesso abnorme del suo corpo astrale col suo fegato (sì che il fegato non si accorga per così dire che il corpo astrale opera in esso irregolarmente), allora il fegato può riprendersi, ma si abitua all’azione abnorme del corpo astrale. Qualora tale condizione si protragga per un tempo sufficiente, il processo percorre la via inversa e penetra nell’ambito psichico. Il fegato spinge entro l’ambito psichico ciò che dovrebbe invece accogliere nell’ambito fisico: si verifica allora lo stato depressivo, la depressione. La disposizione a questa cosiddetta malattia psichica si realizza dunque in certo senso per il fatto che il soggetto sopporta delle malattie croniche fino al di là di un certo punto, fino all’instaurarsi di un rapporto abnorme col corpo astrale.

 

Se un giorno si vorranno considerare in questo modo i problemi, si oltrepasserà lo stadio della patografia. Oggi si parla molto di irregolarità nello svolgimento delle rappresentazioni o delle volizioni. Fintanto però che si ignora come la singolare cooperazione del fegato, della milza e degli altri organi addominali funga da supporto a ciò che, nella sua forma psichica più elevata, si manifesta come volontà umana, non si riuscirà a trovare veramente la contro-immagine fisica corrispondente alla patografia psichiatrica. Proprio nelle cosiddette malattie mentali si dovrebbe pensare a instaurare una terapia fisica. Sembra contradditorio che la scienza dello spirito debba indicare una terapia fisica per le malarie cosiddette dello spirito, e d’altra parte debba sottolineare la compartecipazione della sfera animica alla guarigione delle malattie fisiche. Senonché questa apparente contraddizione è in rapporto col formidabile contrasto fra l’uomo inferiore e l’uomo superiore. Sta in rapporto con l’inversione che si verifica quando l’attività sensoriale attivata dall’esterno si trasforma in attività sensoriale interna (come nella prosecuzione del processo gustativo); o quando ciò che si trova all’interno si scarica a sua volta all’esterno, mediante il moto delle ciglia vibratili. In tali connessioni si trovano, se giustamente riconosciute, le possibilità di giungere a un certo risultato.

 

Nel corso di queste venti conferenze mi sono dunque sforzato di presentarvi numerosi e svariati fatti e correlazioni. Accingendomi a questo corso e ad affrontare tutti i problemi che si presentavano, mi rendevo conto delle difficoltà, in particolare di quella della scelta del punto di partenza. Se infatti avessi preso le mosse da conoscenze elementari, in venti conferenze non avrei certo potuto arrivare molto lontano: si sarebbe potuto tutt’al più offrire un’indicazione della direzione in cui procedere. Cominciando invece dal piano più alto, menzionando cioè una serie di fatti occulti, sarebbe stato difficile costruire uft ponte verso la medicina contemporanea, e il tempo necessario sarebbe ancora aumentato. Ih qualunque campo si riscontrino oggi gli estesi danni già prodotti dal materialismo, sorge la necessità di operare in senso contrario. Vi prego di non voler considerare ciò che sto dicendo come una presa di posizione preconcetta, ma di considerarlo espresso in modo amichevole. Io non intendo parteggiare per nessuna posizione, ma vorrei solo esporre obiettivamente i fatti. C’è però qualcosa che è lecito e doveroso affermare: in tutta la medicina allopatica dei giorni nostri si manifesta la tendenza a giudicare l’uomo ammalato in base a certi effetti collaterali della malattia, tendenza che si manifesta nella teoria batteriologica e che essenzialmente sposta l’attenzione su fenomeni secondari. La conoscenza della biologia dei microrganismi potrebbe riuscire di grande utilità, se le si attribuisse solo un’importanza ausiliaria. Le caratteristiche dei diversi bacilli possono infatti darci utili informazioni sui processi che si stanno svolgendo, appunto perché una data specie batterica si sviluppa sempre sotto l’influsso di ben determinati fattori primari. Lo si potrà constatare sempre di nuovo. Non solo nella teoria batteriologica, però, ma nell’intera concezione generale della medicina allopatica, si mostra la tendenza a prendere per primario ciò che è secondario (per esempio l’effetto dei bacilli sugli organi umani), invece di osservare come l’organismo umano possa diventare portatore di certi microrganismi. Non occorre che io esponga nei particolari i danni prodotti da una tale concezione, perché ritengo che molti di voi li avranno già notati.

 

Bisogna dire però (e vi prego di perdonare la mia schiettezza) che neppure la medicina omeopatica, se esaminata criticamente, ci -soddisfa del tutto. Essa ha certo il merito di mirare sempre alla totalità dell’essere umano, di tener conto sempre degli effetti complessivi dei farmaci, sforzandosi inoltre di gettare il ponte verso la conoscenza dei rimedi. Nella letteratura medica omeopatica incontriamo però un altro inconveniente. Soprattutto in quella di argomento terapeutico vien fatto di disperarsi, perché nel lungo elenco dei rimedi si scopre che ognuno di questi sarebbe efficace contro un numero enorme di malattie. Non è facile nella letteratura omeopatica scoprire azioni terapeutiche specifiche dei singoli farmaci: ognuno serve per moltissime malattie. Sp bene che per ora questa situazione non può cambiare; tuttavia, anche questa è una via sbagliata. Questo difetto di orientamento può essere corretto solamente procedendo nel modo in cui ho cercato di farlo in questo mio corso, almeno in termini elementari e per accenni. È per questa ragione che ho cominciato scegliendo le nozioni elementari, e non partendo per così dire dall’ultimo piano! I risultati potranno poi venir migliorati, ascendendo da questa osservazione interiore della natura umana ed extraumana fino alla delimitazione della sfera d’azione del singolo medicamento. Non ci si potrà però accontentare di studiare quel che accade con un dato farmaco nell’uomo sano o nel malato. Bisognerà sforzarsi di studiare il mondo intero come una grande unità e (come ho cercato di illustrare qui ieri, con un esempio) per studiare l’uomo si dovrà seguire l’intero processo dell’antimonio nella natura esterna, per poi apprendere a collegarlo con quanto l’antimonio stesso può fare all’interno dell’uomo. Procedendo in tal modo si giunge a circoscrivere determinati ambiti del mondo esterno e a scoprirne le relazioni con l’uomo.

 

Come ho già detto, è stato questo genere di considerazioni a indurmi a mettere in evidenza, in queste venti conferenze, le conoscenze elementari. La medicina naturista segue un certo istinto, cioè quello di riportare l’uomo in modo naturale nel campo d’azione delle proprie forze di guarigione: diventa quindi necessario conoscere su che cosa poggino tali forze di guarigione, e abbiamo mostrato che si fondano in verità sulla reciproca azione dell’elemento terrestre e di quello extraterrestre. La medicina naturista deve certo fare attenzione a non cedere troppo all’andazzo materialistico, al quale indulgono oggi tutte le più diverse correnti della medicina. Ciò che conta è quindi la spiritualizzazione dell’intera sfera di cui ci stiamo occupando. Bisogna però riconoscere con chiarezza che al giorno d’oggi il mondo è fieramente avverso a questi pensieri. Sarà quindi necessario che il rimedio contro il materialismo venga proposto anche e proprio da parte dei competenti e degli operatori nel campo medico terapeutico. Quello che è stato da me tentato di sviluppare in queste settimane, e che forse sta solo muovendo i suoi primi passi, non deve infatti venire scambiato per un incentivo al dilettantismo. Io apprezzerei moltissimo che coloro i quali si rendono conto che qui d si sforza di lavorare proprio scientificamente, contribuissero a combattere il dannosissimo preconcetto che in questa sede si svolga un’attività dilettantesca. Dobbiamo certo tener conto e valerci anche di ciò che proprio la scienza moderna può offrire. Ma in genere non si è disposti a riconoscere quello che qui realmente si vuole. Perciò càpitano sempre di nuovo situazioni come quella che, prima di concludere, vorrei esporvi come esempio. Vedete, in fondo è solo al medico che si può veramente spiegare l’importanza, ad esempio, dell’euritmia per la costituzione umana. Anche la ragione per cui qui sorge l’edificio del Goetheanum si può spiegare chiaramente soltanto al medico che abbia compreso l’alterno processo di interiorizzazione e di esteriorizzazione, quale si svolge nell’organismo umano ed è stato descritto in queste conferenze. Oggi è necessario parlare fondandosi su idee e conoscenze che ripugnano profondamente appunto al materialismo degli incompetenti e alle correnti di pensiero tradizionali e superate. Si tratta qui di un atteggiamento che dovrebbe essere combattuto proprio da parte dei competenti, perché non abbiano a ripetersi episodi come quello che vi citerò ora. Il nostro buon amico M., partito ieri da qui, ha voluto mostrare la sua buona volontà, indirizzando alla « Neue Zuercher Zeitung » un articolo sul Goetheanum, qui a Dornach, e sull’euritmia: credeva di portare così un utile contributo. Ha ricevuto la risposta seguente: « Egregio Signore, anche solo come oltraggio al paesaggio, la costruzione teosofico-antroposofica intitolata a Goethe sfugge ecc. Quanto all’euritmia, ne abbiamo avuto qui a Zurigo alcune prove che non consentono appello. Grazie per la sua lettera. H. Trog, redattore dell’Appendice letteraria. »

 

Vedete dunque come certi truogoli materialisti si oppongono a ciò che dallo spirito ha da venire nel mondo! Questa è la condizione che ci troviamo di fronte: e bisognerebbe pur prestare qualche attenzione al puzzo appestante che penetra nei nostri nasi, dal contenuto marcio di tali truogoli materialisti.

 

Ho voluto menzionare questo aspetto della situazione alla fine del mio ciclo di conferenze. Un fatto come quello citato dovrebbe giustificare la mia preghiera di voler considerare questo ciclo di conferenze con un certo riguardo: esso ha segnato un inizio, e al suo inizio io mi son detto che era difficile cominciarlo, per le ragioni che ho esposte poco fa. Ora però, che siamo alla fine, dico che ancor più difficile è smettere! Mi dà infatti maggior dolore il non poter dire tutto quello che avrei ancora da dire. Difficile è stato cominciare, più difficile è oggi il porre fine. Vi prego di accogliere nel vostro indulgente giudizio tutto quanto è connesso ai pensieri espressi in queste parole, nel vostro giudizio indulgente su quanto ha potuto essere espresso con l’inizio che abbiamo qui posto. Vi prego anche (poiché con la vostra presenza personale avete mostrato quanto interesse portate all’inizio che abbiamo posto) di voler accogliere come espressione di una cordialità non solo soggettiva, ma assolutamente oggettiva, e diretta anche ad altri qui non presenti, il mio « Arrivederci a una prossima simile occasione! »

 

Risposta conclusiva di Rudolf Steiner

alle parole di ringraziamento di un partecipante al corso

 

Questa che ho scelto, miei cari amici, è l’unica via per la quale io vorrei che la scienza dello spirito riuscisse utile anche all’arte medica. Per certe ragioni che voi certo apprezzerete, anche in avvenire mi atterrò sempre alla condotta che ho fin qui seguito: desidero che la scambievole azione che deve effettuarsi tra la scienza dello spirito e l’attività terapeutica si realizzi soltanto fra me e coloro che alla terapia sono addetti. Ovviamente io non vorrei mai intervenire in alcun modo di persona in qualsiasi attività terapeutica pratica, come non l’ho mai fatto sinora. Questo deve restare riservato ai medici. Invece dovranno esplicarsi in un rapporto fra la scienza dello spirito e i medici gli impulsi che potranno scaturire dalla scienza dello spirito. In questo modo sarà più facile eliminare tutti i preconcetti correnti ai quali non si potrà così aggiungere anche l’accusa che io svolga un’attività di guaritore. Ho sempre cercato di evitarlo. Vi ringrazio!