Gnosi e antroposofia – Massime 159-161

Commento di Lucio Russo


 

Affronteremo stasera una nuova lettera, intitolata: Gnosi e antroposofia (15 febbraio 1925).

Ho ricordato, una sera, rispondendo a una domanda (lettera 9 novembre 1924), che il Dizionario di teologia di Karl Rahner ed Herbert Vorgrimler, alla voce “Antroposofia”, rimanda alle voci “Gnosi” e “Intuizione” (1), e ho fatto notare che si tratta di un errore, giacché l’antroposofia è, sì, una “via della conoscenza”, ma una “via” dell’anima cosciente, e quindi una “via” che non ha nulla a che fare con la “gnosi” dell’anima razionale-affettiva.

L’antroposofia è scienza (“scienza dello spirito”) e, come tale, supera non solo, come auspica Berdjaev (lettera 2 novembre 1924), lo “gnosticismo anticristiano”, ma anche lo “gnosticismo cristiano” (dell’anima razionale-affettiva) e l’”agnosticismo” (della scienza naturale).

 

• “Si scoprirà un giorno – afferma Steiner – che, se la si comprende veramente, essa [l’antroposofia] contiene un elemento di scienza molto più reale del sogno scientifico dei secoli passati” (2).

E’ però difficile capirlo, se non si è realizzato che cos’è che rende “scienza” la scienza, che cos’è che la rende “altro” dalla filosofia o dalla teologia.

Ascoltate, comunque, quanto dice lo stesso Steiner:

• “E’ un disconoscimento della moderna scienza dello spirito il confonderla con la gnosi: non si tratta di questo. La gnosi è qualcosa che visse nei primi secoli cristiani e che poi rimase sepolta, come un antico strato geologico: essa non può più rinascere nella forma antica, altrimenti assumerebbe un carattere luciferico. La scienza dello spirito odierna, o antroposofia, deve scaturire interamente dal nostro tempo; proprio essa deve tenere pienamente conto di tutti i grandi progressi scientifici del nostro tempo” (3).

 

Cominciamo dunque a leggere.

 

 

Allorché si compì il mistero del Golgota, la “gnosi” era il modo di pensare di quella parte dell’umanità

che era capace a tutta prima di portare incontro al massimo evento dell’evoluzione umana

una comprensione non soltanto del sentimento, ma della conoscenza.

Se vogliamo capire quale fosse l’atteggiamento dell’anima in cui la gnosi viveva negli uomini, dobbiamo renderci conto

che l’epoca di questa [notate, “di questa”] gnosi fu quella dello sviluppo dell’anima razionale o affettiva” (p. 181).

 

 

Volete un esempio di “quale fosse l’atteggiamento dell’anima in cui la gnosi viveva negli uomini”?

Bene, leggete allora, di Jean Daniélou, Origene. Il genio del Cristianesimo.

Vedrete così che Origene (185-254), “con Sant’Agostino, il più grande genio del Cristianesimo antico”, privilegiava “l’intelligenza spirituale”, sosteneva, come scrive Daniélou, che “il prete è il dottore. Perché la nuova Legge ha per altare le anime viventi che hanno sostituito gli altari di pietra”, distingueva l’“Adamo psichico” dall’“Adamo spirituale”, e affermava esplicitamente che “occorre inscrivere nella propria anima le parole della Scrittura in tre maniere: al fine che il semplice sia edificato con la lettera stessa della Scrittura – che è quello che noi chiamiamo il senso ovvio (πρόχειρον) -, che colui che è salito più in alto sia edificato con l’anima della Scrittura e che il perfetto lo sia con la Legge spirituale, che contiene l’ombra dei beni futuri. Infatti, come l’uomo è costituito di corpo, anima e spirito, così è anche la scrittura disposta da Dio, per la salvezza dell’uomo” (4).

Origene (condannato, nel 543, dal Concilio ecumenico di Costantinopoli) è stato, in effetti, un “genio del Cristianesimo”, ma per l’appunto un ”genio” dell’anima razionale-affettiva, e non un “genio” dell’anima cosciente.

 

 

In questo fatto si può anche trovare la causa della scomparsa quasi totale della gnosi dalla storia dell’umanità;

scomparsa che, finché non venga capita, è forse uno degli avvenimenti più stupefacenti nel divenire dell’umanità.

Lo sviluppo dell’anima razionale o affettiva fu preceduto da quello dell’anima senziente,

e questo dallo sviluppo del corpo senziente.

Se i fatti del mondo vengono percepiti dal corpo senziente, tutta la conoscenza dell’uomo vive nei sensi” (p. 181).

 

 

Un conto, come si sa, è spiegare a parole la differenza tra un cibo dolce e uno salato, altro sperimentarla, assaggiandoli.

Lo stesso vale per l’anima. Dobbiamo imparare in effetti ad “assaggiarla” se vogliamo afferrare davvero le diverse qualità (i colori, i profumi, i sapori o i suoni) dell’anima senziente, dell’anima razionale-affettiva e dell’anima cosciente, tenendo inoltre presente che, prima dell’esperienza dell’anima senziente, c’è stata quella del corpo senziente, ossia un’esperienza della realtà non mediata ancora dall’anima.

Dice appunto Steiner: • “Se i fatti del mondo vengono percepiti dal corpo senziente, tutta la conoscenza dell’uomo vive nei sensi”.

(Perfino la matematica, nel passaggio dalla fase evolutiva dell’anima senziente a quella dell’anima razionale-affettiva, presenta un carattere diverso. Sentite ciò che scrive Piergiorgio Odifreddi: “Nell’antico Egitto, certamente si conosceva bene la matematica. Si erano studiati molti poligoni regolari e scoperti alcuni dei solidi regolari. Ci restano papiri pieni di problemi: il più famoso è il papiro di Rhind, conservato a Mosca, che contiene un lungo elenco di problemi matematici con le relative soluzioni. Ma tra l’enunciato del problema e la sua soluzione, non c’era nulla. Si potrebbe dire che la matematica egizia [cioè quella dell’anima senziente o della terza epoca postatlantica] era totalitaria, impositiva: si annunciava un risultato, in maniera oracolare, senza dire come lo si fosse trovato, né perché fosse corretto. La vera novità introdotta dalla scienza greca [cioè quella dell’anima razionale-affettiva o della quarta epoca postatlantica], è quello che oggi noi chiamiamo “la dimostrazione”” [5].)

 

 

Si percepisce il mondo colorato, risuonante e così via, ma nei colori, nei suoni, negli stati di calore,

si sa esistere un mondo di entità spirituali. Non si parla di “materia” in cui appaiono colori, stati di calore, e così via;

si parla di entità spirituali che si rivelano attraverso ciò che i sensi percepiscono.

Uno sviluppo speciale del “raziocinio”, che viva nell’uomo accanto alle percezioni sensorie, non esiste ancora a quell’epoca.

L’uomo si abbandona con l’essere suo al mondo esteriore, e allora attraverso i sensi gli si manifestano gli dèi.

Oppure egli si ritira dal mondo esteriore entro la vita della sua anima,

e allora sente nella sua interiorità un senso ottuso di vita” (pp. 181-182).

 

 

Che cosa vuol dire che “uno sviluppo speciale del “raziocinio”, che viva nell’uomo accanto alle percezioni sensorie,

non esiste ancora a quell’epoca”?

Vuol dire che nell’epoca del corpo senziente, non essendosi ancora separati il pensare e il percepire,

• l’uomo godeva di un (incosciente) pensare nel percepire,

• così come un giorno godrà, se vorrà, di un (cosciente) percepire nel pensare.

 

 

Un rivolgimento notevole avviene quando si sviluppa l’anima senziente.

Impallidisce la rivelazione del divino attraverso i sensi. Subentra la percezione delle impressioni sensorie,

in certo modo vuotate del divino, dei colori, degli stati di calore e così via.

Nell’interiorità il divino si manifesta in forma spirituale, in idee-immagini.

E l’uomo percepisce il mondo da due lati: dall’esterno, attraverso le impressioni dei sensi;

dall’interno, attraverso le impressioni spirituali in forma di idee” (p. 182).

 

 

Abbiamo avuto l’evoluzione

• del corpo fisico durante la fase antico-saturnia,  • del corpo eterico durante la fase antico-solare,

• del corpo senziente durante la fase antico-lunare,  • e abbiamo quella dell’Io durante la fase terrestre.

Quando parliamo dell’antico-Saturno, dell’antico-Sole, e dell’antica-Luna,

parliamo dunque del corpo, e non ancora dell’anima.

 

Non ne parliamo perché l’anima è frutto, come sappiamo, del lavoro che l’Io compie sul corpo:

• è infatti sulla base del corpo senziente che l’Io sviluppa l’anima senziente;

• è sulla base del corpo eterico che sviluppa l’anima razionale-affettiva,

• ed è sulla base del corpo fisico che sviluppa l’anima cosciente.

 

E’ durante l’evoluzione terrestre che si verifica dunque il passaggio

• del corpo senziente    • a quella dell’anima senziente: vale a dire,  •  dalla percezione    • alla sensazione.

 

E’ importante sottolinearlo, perché oggi, al riguardo, si fa grande confusione.

Prendete, ad esempio, le previsioni del tempo: avrete visto che si usa distinguere la “temperatura” dalla “temperatura percepita”; ma è un errore, perché la seconda è una “sensazione”, e non una “percezione”.

Oppure prendete questo libro, intitolato: La percezione. Sentite che cosa dice: “La percezione riguarda il modo in cui interpretiamo l’ambiente che ci circonda, e la sensazione riguarda i processi fondamentali di stimolazione degli organi di senso” (6).

Anche questo è sbagliato, poiché è la sensazione a “interpretare” (in prima istanza) l’ambiente che ci circonda, e non la percezione; questa, quale puro atto percettivo o immediata esperienza del dato, è infatti estranea all’“attività giudicante”.

 

Dobbiamo dunque distinguere    • la percezione (oggettiva)    • dalla sensazione (soggettiva),

e quindi distinguere la percezione (esteriore) degli Dèi del corpo senziente

• dalla sensazione (interiore) degli Dèi dell’anima senziente.

 

Ripeto: il passaggio dall’uno all’altra costituisce, come dice Steiner, “un rivolgimento notevole”, poiché

• al rapporto immediato con gli Dèi del corpo (senziente),

• subentra un rapporto mediato dall’anima (senziente):

in quanto, cioè, alla percezione degli Dèi subentra la sensazione degli Dèi.

Tale sensazione “si manifesta in forma spirituale, in idee-immagini”.

 

Di questo, a tutt’oggi, non si ha alcuna consapevolezza. Jung, ad esempio, è convinto che l’uomo antico proiettasse fuori di sé gli archetipi o gli Dèi che portava, al pari dell’uomo moderno, dentro di sé.

Ma è vero proprio il contrario: nella fase di sviluppo dell’anima senziente

non si esteriorizza l’interiorità,      • ma si interiorizza l’esteriorità.

(“Si può, per così dire, provare storicamente che gli uomini, ad un certo punto, hanno cominciato a parlare della coscienza. Questo momento lo si può toccare con mano: si situa tra i due tragici greci Eschilo ed Euripide, nati rispettivamente nel VI e V secolo a.C.. Prima di allora non troverete menzione alcuna della coscienza. In Eschilo non v’è nemmeno ciò che noi chiamiamo “voce interiore”, piuttosto una manifestazione figurata di carattere astrale riferita all’uomo: compaiono manifestazioni che si avvicinano all’uomo come esseri vendicativi, le Furie o Erinni. Solo successivamente subentrò il momento in cui la percezione astrale delle Furie venne sostituita dalla voce interiore della coscienza. Ancora nel periodo greco-latino era diffusa presso gran parte degli uomini una percezione crepuscolare di carattere astrale: chi aveva commesso un’ingiustizia poteva percepire come ogni ingiustizia creasse delle figure astrali intorno a lui che lo riempivano di angoscia e terrore. Tali figure erano allora educatrici, questo era l’impulso. E quando gli uomini persero gli ultimi residui della chiaroveggenza astrale, questa visione fu sostituita dalla voce invisibile della coscienza: ciò che prima era fuori entrò quindi nell’anima per divenire una delle sue forze” [7].)

 

Dice Steiner che l’uomo, in questa stessa fase, percepisce • “il mondo da due lati:

dall’esterno, attraverso le impressioni dei sensi;

dall’interno, attraverso le impressioni spirituali in forma di idee”.

 

Ciò avviene perché

• il pensare e il percepire costituiscono una dualità, e non più (come in precedenza) un’unità.

Il contenuto spirituale che fornivano prima i sensi, viene fornito adesso dall’anima,

in forma mitica, immaginativa o simbolica.

L’anima senziente è dunque un’anima “mitopoietica” o “mitologica”.

Potremmo anche dire, volendo, ch’è un’anima “teo-sofica”, ma non, si badi, nello stesso senso dato a questa parola dai vari seguaci, più o meno ortodossi, di Helena Petrovna Blavatsky (1831-1891).

 

 

L’uomo deve ora arrivare a percepire le impressioni spirituali in modo così determinato e configurato,

come prima percepiva le impressioni dei sensi permeate dal divino. Lo può finché perdura l’epoca dell’anima senziente.

Dall’intimo suo gli sorgono infatti le idee-immagini completamente plasmate.

Egli è interiormente riempito di un contenuto spirituale, libero dai sensi, che è una immagine del contenuto del mondo.

Se prima gli dei si manifestavano in veste sensibile, ora gli si manifestano in veste spirituale” (p. 182).

 

 

Non dimentichiamo, mi raccomando, che stiamo parlando,

non dell’attuale anima senziente,    • ma di una fase evolutiva in cui questa

(non essendosi ancora sviluppate l’anima razionale-affettiva e l’anima cosciente)

rappresentava il più alto grado di coscienza: un grado che permetteva all’uomo di essere “interiormente riempito – come dice Steiner – di un contenuto spirituale, libero dai sensi, che è una immagine del contenuto del mondo.

• Se prima gli dèi si manifestavano in veste   s e n s i b i l e,      •  ora gli si manifestano in veste   s p i r i t u a l e ”.

 

• La vera “gnosi” (quella che va dal IV al I millennio a.C.) è dunque la gnosi dell’anima senziente.

• Con l’avvento dell’anima razionale-affettiva sorge infatti la gnosi di cui parla la storia:

ossia una gnosi che si presenta,

• sul piano essoterico, in forma filosofica        •  e, su quello esoterico, in forma misteriosofica

(mirante a rivivificare la gnosi dell’anima senziente).

 

 

Questa è propriamente l’epoca della nascita e della vita della gnosi.

Vive una conoscenza mirabile di cui l’uomo si sa partecipe quando svolge in purità il suo essere interiore;

attraverso di esso gli si può così manifestare il contenuto divino.

Dal IV fino al I millennio prima del verificarsi del mistero del Golgota,

la gnosi domina nella parte dell’umanità che è maggiormente progredita nella conoscenza” (p. 182).

 

 

L’anima senziente, un tempo fonte di una “conoscenza mirabile”,

è oggi fonte (al pari di quella razionale-affettiva) di una “deprecabile incoscienza”

(giacché lo spirito viene ormai veicolato dall’anima cosciente).

 

La fase evolutiva dell’anima razionale-affettiva è stata una fase (medio-evale) di transizione,

giacché ha mediato • tra la fase evolutiva dell’antica anima senziente    • e quella della moderna anima cosciente.

E’ nel corso di questa fase che l’uomo approda al pensiero filosofico,

allontanandosi, da una parte, dalla immaginazione o dal mito,

• e avvicinandosi, dall’altra, al pensiero scientifico.

 

 

Poi comincia l’epoca dell’anima razionale o affettiva.

Le immagini delle divinità universali non sorgono più da sole, dall’interiorità dell’essere umano.

L’uomo deve adoperare forza interiore per trarle fuori dalla sua anima.

Il mondo esteriore, con le sue impressioni sensorie, diventa un enigma.

L’uomo riceve delle risposte se si vale della propria forza interiore

per estrarre da se stesso le immagini delle divinità universali” (pp. 182-183).

 

 

Per farsi un’idea della natura di questo passaggio è sufficiente mettere a confronto

• i filosofi cosiddetti “presocratici” (Talete, Eraclito, Parmenide, Empedocle o Anassagora)  • con Aristotele.

• I primi, per così dire, poggiavano ancora un piede sul terreno eterico-immaginativo,

• mentre il secondo poggia entrambi i piedi sul terreno dei concetti e della logica.

 

Dice Steiner che, in questa fase, “l’uomo riceve delle risposte se si vale della propria forza interiore per estrarre da se stesso le immagini delle divinità universali”.

Ne è un esempio Socrate che, per mezzo della “maièutica”, stimola l’interlocutore a valersi appunto “della propria forza interiore per estrarre da se stesso le immagini delle divinità universali”: per partorire ossia la verità.

L’uomo comincia dunque a essere attivo, poiché si rende conto che solo pensando può estrarre dalla propria interiorità, in forma di concetto, l’essenza di quanto percepisce esteriormente.

 

 

Ma le immagini sono sbiadite in confronto alla loro forma precedente.

È questa la disposizione d’anima dell’umanità, svoltasi in modo meraviglioso in Grecia.

Il greco si sentiva collocato nel mondo esteriore che cade sotto i sensi,

e sentiva in esso la potenza magica che dava alla forza interiore l’impulso a sviluppare le immagini universali.

In campo filosofico questa disposizione d’anima si sviluppò nel platonismo” (p. 183).

 

 

• Per mezzo del corpo senziente si davano dei “corpi” (spirituali);

• per mezzo dell’anima senziente si davano le loro vive immagini;

• per mezzo dell’anima razionale-affettiva si danno ancora le loro immagini,

ma sempre meno cariche di vita e di realtà.

 

Verso quale meta si sta infatti dirigendo l’umanità?

Verso quella dell’”astrazione” o di quel nominalismo

che Friedrich Engels (1820-1895) pone, a ragione, a fondamento del materialismo.

• “In campo filosofico – dice Steiner – questa disposizione d’anima si sviluppò nel platonismo”:

in Platone, infatti, è ancora presente il mito quale eco dell’anima senziente,

mentre, in Aristotele, è ormai del tutto assente.

 

 

Ma dietro a tutto questo stava il mondo dei misteri.

In esso si custodiva fedelmente quanto ancora esisteva della gnosi dall’epoca dell’anima senziente.

Le anime venivano educate a questa fedele custodia.

Sulla via dell’evoluzione comune sorge l’anima razionale o affettiva.

Mediante una disciplina speciale veniva vivificata l’anima senziente.

Così, dietro alla vita culturale solita, appunto nell’epoca dell’anima razionale o affettiva,

esisteva una vita dei misteri intensamente sviluppata.

Nei misteri vivevano le immagini delle divinità universali anche in quanto venivano fatte oggetto di culto.

Guardando nell’intimo dei misteri, si ravvisa il mondo rispecchiato nelle più meravigliose funzioni del culto.

Gli uomini che sperimentavano questo, furono gli stessi che, al compiersi del mistero del Golgota,

penetrarono anche di esso il profondo nesso cosmico.

Ma nei misteri si coltivava una vita che si appartava completamente dai rumori mondani,

per sviluppare in purezza il mondo delle immagini spirituali.

E per le anime degli uomini ciò divenne sempre più difficile” (p. 183).

 

 

Si sa che anticamente sono esistiti i misteri (o le “religioni misteriche”), ma non si ha la minima idea di quale fosse il loro contenuto: non si ha la minima idea, cioè, di quanto rivela qui Steiner.

Nel mondo dei misteri, scrive,

• “si custodiva fedelmente quanto ancora esisteva della gnosi dall’epoca dell’anima senziente”.

 

Come vedete,

il passaggio dall’anima senziente all’anima razionale-affettiva,

così come quello dall’anima razionale-affettiva all’anima cosciente,

rappresentanoper un verso, una involuzione, e, per l’altro, una evoluzione;

o, se volete,

una involuzione della nostra coscienza del mondo

che è al tempo stesso una evoluzione della nostra coscienza dell’Io.

 

Un tempo, insomma, c’era la saggezza, ma non c’era l’Io,

mentre oggi c’è l’Io (l’ego), ma non c’è la saggezza.

Solo se faremo quanto siamo chiamati a fare, ci saranno dunque, un giorno, la saggezza e l’Io,

o ci sarà, il che è lo stesso, la saggezza dell’Io (la Sophia del Cristo).

 

 

Scesero allora dal cosmo spirituale, nelle sedi dei sommi misteri [detti, nella Scienza occulta, “solari”],

degli esseri spirituali che vennero in aiuto agli sforzi degli uomini lottanti per la conoscenza.

Così gli impulsi dell’epoca dell’anima senziente si svilupparono ulteriormente sotto l’influsso degli “dèi” medesimi.

Nacque una gnosi dei misteri di cui pochissimi non ebbero che un lontano sentore.

Accanto a questa esisteva ciò che poteva venir accolto dagli uomini con l’anima razionale o affettiva.

Era la gnosi exoterica, della quale è arrivato ai posteri qualche frammento” (pp. 183-184).

 

 

E’ di questi “frammenti” della gnosi essoterica che parla, come ho detto, la storia. Si tratta di frammenti che potevano ancora essere accolti dagli uomini dell’anima razionale-affettiva, ma che non possono più esserlo da quelli della prima fase evolutiva dell’anima cosciente (quella scientifico-naturale).

 

 

Nella gnosi esoterica dei misteri gli uomini diventarono sempre più incapaci di elevarsi allo sviluppo dell’anima senziente.

Questa sapienza esoterica passò sempre più sotto la sola cura degli “dèi”.

E questo è un segreto dell’evoluzione storica dell’umanità: che, dai primi secoli cristiani fino al medioevo,

in certo modo in essa agirono dei “misteri divini”. In questi “misteri divini”

entità angeliche custodivano entro l’esistenza terrena ciò che gli uomini non erano più in grado di custodire.

Così operava la gnosi dei misteri, mentre si lavorava ad estirpare la gnosi exoterica” (p. 184).

 

 

Come sappiamo, gli Angeli custodiscono la memoria delle nostre precedenti vite terrene

dal momento che il nostro attuale livello di autocoscienza non ci consente di farlo.

Il grado della loro autocoscienza ordinaria è quello immaginativo e il grado del loro Io è quello del “Sé spirituale”.

Rivestendo un grado gerarchico superiore al nostro

è per loro quindi “ordinario” ciò che per noi è viceversa “straordinario” (extraordinario).

 

Se pensiamo a questo, ci risulterà meno difficile realizzare che alle “entità angeliche” è possibile custodire anche quei “misteri divini” che gli uomini di allora “non erano più in grado di comprendere”, e che gli uomini di oggi non sono ancora in grado di comprendere, giacché, per farlo, dovrebbero portare il loro grado di coscienza al livello angelico.

 

 

Ma il contenuto di immagini del mondo che nella gnosi dei misteri venne custodito in modo spirituale da esseri spirituali,

per tutto il periodo durante il quale doveva operare nel corso del divenire dell’umanità,

non poté venir conservato per la comprensione cosciente dell’anima dell’uomo.

Dovette piuttosto esser conservata la capacità di sentimento.

E nel giusto momento cosmico dovette essere data all’umanità a ciò preparata affinché, sotto il suo calore animico,

l’anima cosciente potesse penetrare più tardi nei mondi dello spirito in modo nuovo.

Esseri spirituali costruirono così il ponte tra l’antico contenuto del mondo e il nuovo” (p. 184).

 

 

“Il contenuto di immagini del mondo che nella gnosi dei misteri venne custodito in modo spirituale da esseri spirituali” fu dunque riposto nel subconscio (nel sentire), e non nel conscio (nel pensare) dell’umanità.

Dice appunto Steiner: • “Dovette piuttosto esser conservata la capacità di sentimento”.

• Nel nostro subconscio vive dunque una saggezza che può agire nel sentimento, ma non nel pensiero (riflesso).

 

Nel corso della nostra vita (di veglia o di sogno) possiamo pertanto fare delle esperienze che risvegliano in noi

un autentico, forte e profondo sentimento del “sacro” (8).

Ma al risveglio di tale sentimento fa di rado seguito la volontà d’intraprendere un cammino conoscitivo

che consenta al conscio (al pensare) di portare alla luce il tesoro di saggezza

custodito dalle “entità angeliche” nel subconscio (nel sentire).

 

Pensate, ad esempio, a Parsifal: quando viene introdotto nel luogo in cui si celebra il mistero del Graal, non comprende ciò che vede; ma è lo stesso Parsifal che, poco prima, al cospetto del cigno che ha ucciso, è scoppiato a piangere, proprio perché si è risvegliato in lui quel sentimento di compassione che lo porterà in seguito, in qualità appunto di ”Eroe pietoso”(Wagner), a compiere la sua missione redentrice.

Considerate che la compassione è un sentimento ben poco apprezzato dal mondo arimanico (“maschile” o “paterno”), e facilmente distorto, al pari di tutti gli altri sentimenti, dal mondo luciferico (“femminile” o “materno”).

Per questo, i Rosacroce affermano, come ho già ricordato: Cristus verus Lucifer. “Vero Lucifero” è dunque il Cristo, ma “vero Lucifero” è anche, in prima istanza, la Vergine, in quanto Mater (“gaudiosa”, “luminosa”, “dolorosa” e “gloriosa”).

 

C’è una poesia di Scaligero, a me molto cara, che s’intitola: Canto alla luce. Ve ne leggo alcuni versi: “Ed io non sono stanco di aspettare / e sembro quasi un misero demente / che lungi da ogni creatura / attende con lo spirito sospeso / una cosa che mai possa venire. / Credono dunque ch’io mi sia un folle, / ma io sorrido / perché il mio core gioisce / ch’io sia un misero folle / nell’immensità savia degli uomini / sperduto e solo” (9).

In questi versi, c’è tanto dolore, ma anche tanta luce: un dolore e una luce che tutti quelli che procedono seriamente sulla “via della conoscenza” sono chiamati, prima o poi, a sperimentare.

 

Il richiamo della saggezza viene dunque avvertito, inizialmente, nel sentimento,

in quanto è a questo livello che le entità angeliche, tagliate fuori, come abbiamo detto e ripetuto, dal pensare (riflesso),

possono operare.

Questa “capacità di sentimento”, dice Steiner, “nel giusto momento cosmico dovette essere data all’umanità a ciò preparata affinché, sotto il suo calore animico, l’anima cosciente potesse penetrare più tardi nei mondi dello spirito in modo nuovo. Esseri spirituali costruirono così il ponte tra l’antico contenuto del mondo e il nuovo”.

E’ il “calore animico” (il fervore) di questa “capacità di sentimento” a preparare dunque il passaggio

• dalla fase di sviluppo “scientifico-naturale”    •  a quella “scientifico-spirituale” dell’anima cosciente.

 

 

Di questo segreto si hanno degli accenni nell’evoluzione umana.

La sacra coppa di diaspro del Gral, di cui il Cristo si servì quando spezzò il pane, e nella quale Giuseppe d’Arimatea

raccolse il sangue dalla ferita di Gesù, la coppa dunque che celava il segreto del Golgota fu presa in custodia dagli angeli

– come narra la leggenda – fino al momento in cui essi poterono farla scendere fra gli uomini a ciò preparati,

dopo che Titurel ebbe costruito il castello del Gral” (p. 184).

 

 

Verrebbe da dire: “Quanta storia nelle leggende, e quante leggende nella storia”. Ma andiamo avanti.

La sacra coppa del Graal fu presa dunque “in custodia dagli angeli (…)

fino al momento in cui essi poterono farla scendere fra gli uomini a ciò preparati”.

 

Ebbene, domandiamoci: qual è, dal punto di vista dello sviluppo animico-spirituale di ciascuno di noi, questo momento? E’ presto detto: quello in cui si passa, varcando la soglia, dalla coscienza immaginativa a quella ispirata, e quindi dal mondo (michaelita) della lotta, che eleva, al mondo (sofianico) della grazia, che discende.

E’ questo, ad esempio, il momento in cui Parsifal, dopo aver vinto Klingsor e riconquistato la sacra lancia, torna al castello del Graal e, deposti lo scudo, la spada e l’elmo, s’inginocchia in preghiera; oppure quello in cui Galgano “rinfodera” nella roccia la spada (sfoderata a suo tempo da Artù), trasformandola così in una croce.

 

 

Entità spirituali custodirono le immagini universali in cui vivevano i segreti del Golgota.

E quando il tempo fu venuto, essi immersero negli animi umani non già il contenuto di immagini,

perché ciò non era possibile, ma la capacità di sentimento.

Solo uno stimolo, ma uno stimolo energico, può essere questa infusione del contenuto di sentimento dell’antica conoscenza,

affinché nell’epoca nostra, alla luce dell’attività di Michele, si sviluppi dall’anima cosciente

una comprensione nuova e completa del mistero del Golgota” (pp. 184-185).

 

 

L’abbiamo detto: alcune profonde esperienze del sentire (di fronte, ad esempio, al male o alla morte)

costituiscono uno “stimolo energico” o una “chiamata”.

Quanto mai chiara si fa, a questo punto, la missione di Michele.

 

Infatti, la “capacità di sentimento” o l’”infusione del contenuto di sentimento dell’antica conoscenza” costituisce, sì, uno “stimolo energico”, ma uno stimolo che agisce su un’anima cosciente che, attardandosi (colpevolmente) nella sua fase di sviluppo scientifico-naturale, non può comprenderlo né tantomeno assecondarlo.

E’ solo con l’aiuto di Michele che l’anima cosciente può dunque svilupparsi nella direzione scientifico-spirituale, dando così modo al sentimento di armonizzarsi col pensiero, e al pensiero di armonizzarsi col sentimento.

 

 

L’antroposofia tende a questa nuova comprensione. Dall’esposizione che precede risulta che l’antroposofia

non può essere un rinnovamento della gnosi, che ebbe per contenuto il modo di conoscenza dell’anima senziente;

deve invece trarre dall’anima cosciente un contenuto ugualmente ricco in modo del tutto nuovo”.

 

 

Per “trarre dall’anima cosciente un contenuto ugualmente ricco in modo del tutto nuovo”, bisogna cominciare a studiare, non, lo abbiamo detto, in modo scolastico o passivo, al solo scopo di sapere e memorizzare, bensì in modo attivo, a mo’ di ricerca.

“Vi è un intendimento che si basa sopra un sentimento di verità e un’intelligenza chiara, sana e universalmente critica; esso permette di penetrare in questi insegnamenti [in quelli della scienza dello spirito] anche quando ancora non si vedono le cose spirituali” [10];

• “Per conoscere è necessario un lavoro, un atteggiamento animico interiormente attivo, un andare di ispirazione in ispirazione, di immaginazione in immaginazione, di intuizione in intuizione” [11].

 

Quali sono, infatti, i “sette gradini” della iniziazione rosicruciana? “1) lo studio; 2) la conoscenza immaginativa; 3) la conoscenza ispirata o lettura della scrittura occulta; 4) la preparazione della pietra filosofale; 5) la corrispondenza fra macrocosmo e microcosmo; 6) la vita entro il macrocosmo; 7) la beatitudine divina” (12).

 

• “Lo studio quale primo gradino dell’iniziazione – nota giustamente Prokofieff –

è qualcosa di completamente nuovo nello sviluppo dell’occultismo” (13);

è “completamente nuovo” perché nessun processo d’iniziazione ha mai dovuto prendere le mosse, come oggi

(ossia nell’epoca dell’anima cosciente), dalla coscienza intellettuale o rappresentativa.

 

Ascoltate quanto dice Giovanni Colazza: • “Nella zona centrale della testa vi è un punto specialissimo [il cakra o “fiore di loto” a due petali] in cui il corpo eterico e il corpo fisico sono uniti (…) Per preparare l’irradiare di correnti dal fiore di loto a dodici petali [quello del cuore] verso gli altri cakra, occorre prima predisporre un centro provvisorio nella testa, e questo perché lo stato attuale dell’evoluzione – contrariamente a quanto avveniva in antico, allorché era possibile muovere anche da altri centri – richiede al discepolo uno sviluppo interiore condotto in piena coscienza di veglia. La testa oggi rappresenta la parte del corpo dove più la coscienza esplica la sua condizione di veglia, onde la necessità di predisporre qui un centro provvisorio che, successivamente, potrà essere trasferito nella sua vera sede presso il cuore. Dal centro della testa dunque, per mezzo degli esercizi di concentrazione e meditazione, progressivamente si discenderà al centro della laringe [al cakra a sedici petali] e poi a quello del cuore” (14).

 

“Per mezzo degli esercizi di concentrazione e meditazione”  si    s c e n d e   dunque

• dal centro della testa al centro della laringe (al centro del sentire, della coscienza ispirata e della “illuminazione”)

• e poi a quello del cuore (al centro del volere, della coscienza intuitiva e della “iniziazione”),

mentre per mezzo dello studio (attivo), quale parte integrante della “preparazione”,  si    s a l e,

nel centro stesso della testa (del pensare),

• dal corpo fisico, dal “pensare passivo” e dalla coscienza rappresentativa,

• al corpo eterico, al “pensare attivo” e alla coscienza immaginativa

 

• “Il pensare può liberarsi già mediante un semplice appello interiore

– senza ricorrere ad alcuna meditazione -,

acquistando coscienza della propria vera essenza e volendosi liberare dalla dipendenza dal cervello;

in questo caso si tratta piuttosto di un pensare attivo” (15).

 

Leggiamo adesso le massime.

Massime 159/160/161 (15 febbraio 1925)

 

 

159 – “La gnosi si sviluppa nella sua forma vera e propria nell’epoca dell’anima senziente

(dal quarto al primo millennio prima del verificarsi del mistero del Golgota).

In tale epoca il divino si manifesta all’uomo nell’interiorità come contenuto spirituale,

mentre nella precedente epoca del corpo senziente

si era manifestato nelle impressioni sensorie del mondo esterno”.

 

160 –  “Nell’epoca dell’anima razionale o affettiva il contenuto spirituale del “divino”

può venir sperimentato solo in modo sbiadito.

La gnosi è rigorosamente custodita nei misteri, e quando gli uomini non possono più custodirla

perché non sono più in grado di vivificare l’anima senziente,

entità spirituali trasportano nel medioevo non già il contenuto di conoscenza,

ma la capacità di sentimento (la leggenda del Gral ne serba traccia).

Nel tempo stesso viene estirpata la gnosi exoterica che penetra nell’anima razionale o affettiva”.

 

161 –  “L’antroposofia non può essere un rinnovamento della gnosi,

perché questa era legata allo sviluppo dell’anima senziente.

L’antroposofia deve svolgere dall’anima cosciente, alla luce dell’attività di Michele,

una nuova comprensione dell’universo e del Cristo.

La gnosi era il modo di conoscenza, conservato da tempi antichi,

il quale meglio poteva far comprendere all’uomo il mistero del Golgota al suo verificarsi”.

 

 

 


 

Note:

  1. K.Rahner-H.Vorgrimler: Dizionario di teologia – TEA, Milano 1994;
  2. R.Steiner: Impulsi evolutivi interiori dell’umanità. Goethe e la crisi del secolo diciannovesimo – Antroposofica, Milano 1976, pp. 182-183;
  3. ibid., pp. 325-326;
  4. cfr. J.Daniélou: Origene. Il genio del Cristianesimo – Arkeios, Roma 1991, pp. 9, 189 e 229;
  5. P.Odifreddi: Pitagora, Euclide e la nascita del pensiero scientifico – La Biblioteca Di Repubblica, Gruppo Editoriale L’Espresso, Roma 2012, p. 95;
  6. P.Rookes-J.Willson: La percezione – il Mulino, Bologna 2002, p. 7;
  7. R.Steiner: L’impulso-Cristo e la coscienza dell’Io – Tilopa, Roma 1994, p. 8;
  8. cfr. Intelletto d’amore, 20 giugno 2004;
  9. M.Scaligero: La pietra e la folgore – Tilopa, Teramo-Roma 1985, p. 28;
  10. R.Steiner: L’iniziazione – Antroposofica, Milano 1971, p. 127;
  11. R.Steiner: Vita da morte a nuova nascita – Psiche, Torino 1997, p. 17;
  12. R.Steiner: La saggezza dei Rosacroce – Antroposofica, Milano 1959, pp. 157-158;
  13. S.O.Prokofieff: L’essere Antroposofia – Arcobaleno, Oriago di Mira (Venezia) 1996, p. 9;
  14. G.Colazza: Dell’iniziazione – Tilopa, Roma 1992, pp. 91-92;
  15. R.Steiner: Verso il Mistero del Golgota – Antroposofica, Milano 2012, p. 51.