Spiriti luciferici o della menzogna sviluppano una vita interiore autonoma

O.O. 136 – Le entità spirituali nei corpi celesti e nei regni della natura – 08.04.1912


 

Si è detto che una caratteristica delle entità della terza gerarchia

è che in essa la manifestazione (o rivelazione) corrisponde a ciò che per l’uomo è la percezione,

mentre in loro è pienezza di spirito ciò che nell’uomo è vita interiore.

 

Già negli Angeli (che si trovano di un solo gradino più in alto degli uomini, nei ranghi dell’universo) troviamo la caratteristica che essi propriamente percepiscono ciò che manifestano (o rivelano) di se stessi; quando poi si raccolgono in se stessi, questi esseri non hanno l’esperienza di qualcosa di tanto autonomo, di tanto separato, quanto lo ha l’uomo nella sua vita interiore.

Al contrario essi sentono allora accendersi e fiorire in sé forze ed entità delle gerarchie superiori, si sentono riempiti e ispirati dallo spirito delle gerarchie superiori, dalle entità che stanno sopra di loro.

 

Cosicché nelle entità della terza gerarchia (per esempio negli Angeli)

non esiste affatto una vita interiore autonoma, quale esiste nell’uomo.

Se esse vogliono esplicare la propria natura, se vogliono per così dire

pensare, sentire o volere al modo dell’uomo ciò che esse sono,

tutto si manifesta subito all’esterno; non è come nell’uomo,

il quale può rinchiudere in se stesso i suoi pensieri e i suoi sentimenti,

e può non attuare i propri impulsi di volontà.

 

I pensieri che vivono in quegli esseri, come pensieri da loro stessi prodotti,

sono al tempo stesso la loro manifestazione verso l’esterno.

Se poi essi non vogliono manifestarsi, non possono rientrare nella loro interiorità altrimenti

che riempiendosi a loro volta del mondo spirituale che sta sopra di loro.

Nell’interiorità di quelle entità vive dunque il mondo spirituale sovrastante,

e quando invece esse sperimentano se stesse, si manifestano oggettivamente verso l’esterno.

 

Queste entità non possono dunque nascondere in sé nessun frutto del loro pensare o del loro sentire,

dato che qualunque cosa esse elaborassero in se stesse, si manifesterebbe all’esterno.

Come ho accennato in una delle conferenze precedenti, esse non sanno mentire:

ciò che pensano o sentono non può non essere convalidato dal mondo esterno.

 

Esse non possono concepire una qualsiasi rappresentazione che non coincida con un qualsiasi mondo esterno, dato che le rappresentazioni da loro concepite vengono poi percepite da quegli stessi esseri come la manifestazione (o rivelazione) di loro stessi.

Ammettiamo però per un momento che quelle entità avessero voglia di rinnegare la propria natura: che cosa accadrebbe allora?

 

Si è già detto che nel caso delle entità che abbiamo denominate Angeli, Arcangeli e Spiriti dei tempi (o Archai) tutto ciò che possono percepire, che si rivela loro, è la loro propria natura. Se volessero mentire, dovrebbero sviluppare in loro stesse qualcosa di incompatibile con la loro natura.

 

• Ogni menzogna sarebbe un rinnegare la loro natura, cioè in realtà niente altro che uno stordimento, un annientamento della propria entità. Se tuttavia vogliamo proprio immaginare che tali entità abbiano voglia di sperimentare interiormente qualcosa che esse non manifestino direttamente all’esterno, allora esse dovrebbero per l’appunto assumere una natura diversa.

 

Il fatto che ho ora definito, cioè il rinnegamento della natura delle entità della terza gerarchia,

con l’assunzione di una natura diversa dalla loro, è realmente accaduto, nel corso dei tempi.

 

Nelle successive conferenze avremo ancora occasione di vedere perché ciò dovette accadere.

Intanto però vorrei far osservare che il fatto si è verificato:

• fra le entità della terza gerarchia ve ne furono che provarono la voglia

di fare delle esperienze interiori senza essere obbligati a manifestarle all’esterno:

cioè, in sostanza, la voglia di rinnegare la propria natura.

Quali conseguenze ne risultarono, per quelle entità?

 

Ne risultò qualcosa che non poterono invece avere le altre entità della terza gerarchia,

che avevano conservato la loro natura;

queste entità non possono disporre di un’autonomia interiore, come ad esempio è quella dell’uomo.

Abbiamo già detto che per vivere nella propria interiorità,

esse debbono riempirsi del contenuto del mondo spirituale sovrastante.

 

Un certo numero di entità della terza gerarchia ebbe voglia di provare un’esperienza interiore

che non le si presentasse subito nel mondo esterno, come una percezione,

cioè come manifestazione della propria natura.

Con ciò divenne necessario rinnegare la loro natura, assumendone una diversa.

 

Per poter sviluppare una vita propria, un’autonomia interiore, un certo numero di entità della terza gerarchia dovette rinunciare alla propria natura, rinnegandola: esse dovettero per così dire fare in modo che certe loro esperienze interiori non si manifestassero all’esterno.

 

Possiamo qui domandarci quali fossero le ragioni che possono avere indotto quelle entità a provare quella voglia.

Osservando la natura delle entità della terza gerarchia

(dotate di quella loro «manifestazione» e della loro «plenitudine di spirito»),

notiamo che in fondo esse si trovano interamente al servizio delle entità delle gerarchie superiori:

esse non hanno in realtà una vita propria.

 

Gli Angeli non hanno vita propria: la loro vita è rivelazione, esiste per il mondo intero,

e appena essi non manifestano più se stessi, la loro interiorità

è occupata dalla vita delle gerarchie superiori che getta la sua luce in loro.

Fu un senso di forza, di autonomia, di libertà a indurre alcuni di loro a rinnegare la propria natura.

A un certo momento, parte delle entità della terza gerarchia provarono l’impulso

a non dipendere più soltanto dalle entità delle gerarchie superiori, ma a sviluppare invece una vita propria.

 

Ciò ebbe un’influenza assai notevole sull’intera evoluzione del sistema planetario.

Infatti, quelle entità (che potremmo chiamare i ribelli della terza gerarchia)

provocarono niente di meno che la preparazione dell’autonomia dell’uomo stesso:

della possibilità cioè che l’uomo sviluppi una vita autonoma

che non si manifesti direttamente all’esterno, una vita interiore indipendente dalla manifestazione esterna.

 

Di proposito mi dilungo a caratterizzare la condizione di cui qui si tratta: lo faccio perché è straordinariamente importante definirla con precisione. Si tratta di questo:

 

• in un certo numero di entità della terza gerarchia sorse l’impulso a sviluppare una vita interiore,

e tutto il resto non fu che il seguito, la conseguenza di quell’impulso.

Quale conseguenza?

In fondo, la conseguenza fu qualcosa di terribile: il rinnegamento della propria natura, il falso, la menzogna.

Si tratta proprio di comprendere che gli spiriti della terza gerarchia, i quali giunsero a sviluppare questo impulso,

non fecero quello che fecero al fine di mentire, bensì per conseguire lo sviluppo di una vita propria.

Sviluppando una vita propria, essi dovettero però prendere su di sé

la conseguenza di diventare spiriti della non verità,

spiriti del rinnegamento della propria natura, in altre parole spiriti della menzogna.

 

Proprio come chi si proponga di fare un viaggio a piedi e incappi in una giornata di pioggia, necessariamente dovrà sopportare la pioggia e bagnarsi, mentre non era questo che si era proposto! Similmente gli spiriti di cui stiamo parlando non si erano in alcun modo proposti di tuffarsi nella menzogna. La loro azione nacque dall’intenzione di sviluppare un’attività interiore, una vita interiore, ma la conseguenza che ne scaturì fu che essi divennero al tempo stesso spiriti della non-verità.

Ora, tutti gli spiriti che sorsero nel modo descritto (quasi come una seconda categoria) a fianco degli spiriti della terza gerarchia, per effetto del rinnegamento della loro natura, vengono chiamati in occultismo spiriti luciferici.

 

Il concetto di spiriti luciferici è caratterizzato essenzialmente

dalla loro volontà di sviluppare una vita interiore autonoma.

Rimane da chiedersi che cosa abbiano dovuto fare quegli spiriti per raggiungere la loro mèta.

 

Abbiamo già veduto quale conseguenza dovettero affrontare; un’altra considerazione ci mostrerà quello che essi dovettero fare, al fine di conseguire il loro scopo, di sviluppare appunto una vita interiore autonoma.

 

Che cosa volevano superare quegli spiriti?

Essi volevano superare la condizione di «pienezza di spirito»,

dell’essere ricolmi della sostanza delle gerarchie superiori.

Essi aspiravano ad essere ricolmi non solo delle entità delle gerarchie superiori, ma della loro propria essenza.

A questo fine, invece di colmarsi dello spirito delle gerarchie superiori,

conservando in tal modo per così dire la vista aperta verso queste gerarchie,

essi non poterono a meno di separarsi dalle entità delle gerarchie più elevate,

per procurarsi in questo modo sostanza propria dalla sostanza delle gerarchie superiori.

 

 

Ci si potrà raffigurare in modo preciso il carattere di questi rapporti, considerando quanto segue.

• Proviamo a rappresentare in simboli grafici le entità della terza gerarchia:

esse manifestano la propria natura verso l’esterno quasi come fosse la loro pelle,

e ogni volta che sviluppano al loro interno dei pensieri o dei sentimenti

è come se si accendesse una manifestazione, una rivelazione della loro natura.

• Appena esse non manifestano se stesse, accolgono la luce delle gerarchie superiori che fluisce in loro:

esse si riempiono dello spirito delle gerarchie superiori, ed è come se si aprissero interamente a queste.

 

Invece le entità spirituali della terza gerarchia, delle quali ho parlato,

non vogliono essere ricolme di spirito,

non vogliono rimanere connesse con la sostanza spirituale delle gerarchie;

al contrario, aspirano a una vita spirituale autonoma.

Perciò si separano, in modo che l’essenza delle gerarchie superiori aleggia al di sopra di loro.

 

Esse dunque eliminano quella connessione, separandosi come entità autonome;

conseguono così al loro interno una luce propria,

impadronendosi per così dire violentemente di qualcosa

che avrebbe dovuto solo colmarle e tendere verso le gerarchie superiori.

Esse se ne impadroniscono, ne riempiono la propria interiorità, sviluppando in tal modo una loro autonomia.

 

• Questa concezione può illuminarci certi processi nel cosmo,

senza i quali non saremmo in grado di comprendere con la nostra coscienza fisica

né un sistema stellare, né in genere la natura degli astri.

• Senza queste rappresentazioni non si può comprendere affatto la vita delle stelle, dei corpi celesti.

Ho così cercato di accennare al modo in cui

certe entità della terza gerarchia divennero qualcosa del tutto differente, cioè spiriti luciferici.