666 – il numero della bestia

O.O. 346 – Apocalisse ed agire sacerdotale – 11.09.24


 

Se ci rendiamo giustamente coscienti di come certi punti di vista dominavano ancora nello scrittore dell’Apocalisse e al suo tempo dominavano interiormente nelle anime, acquisiremo la possibilità di gettare uno sguardo all’interno della sua anima profetica, che poteva scorgere il futuro a larghi tratti, per capire come egli allora esaminava ciò che si riversa attorno l’anno 666 nel Cristianesimo che decadeva, in due direzioni, verso un Cristianesimo fittizio.

Qui, il suo sguardo profetico cade su quell’insegnamento che ora nasce in Oriente, – intorno l’anno 666 -, che retrocede in quell’essere dei misteri che nulla sa del Figlio: L’insegnamento mussulmano.

 

L’insegnamento maomettano non conosce questa struttura del mondo di cui vi ho parlato,

non conosce i due Regni, il Regno del Padre ed il Regno dello Spirito, conosce solo il Regno del Padre.

Conosce solo un rigido insegnamento: Vi è solo un Dio, Allah,

e null’altro che gli sia vicino, e Maometto è il suo profeta.

 

Da questo punto di vista l’insegnamento mussulmano è in forte polarità con il Cristianesimo

poiché possiede la volontà di emarginare tutta la libertà nel futuro,

la volontà al determinismo, come non può essere altrimenti, se ci si rappresenta il mondo nel senso del Dio Padre.

 

E lo scrittore dell’Apocalisse percepisce: Qui, l’uomo non può trovare se stesso.

Qui, l’uomo non può venire cristianizzato.

Qui, l’uomo non può afferrare in se la sua umanità, afferrando solo questo insegnamento più antico del Padre.

E per una visione del mondo così interiormente rigida e chiusa la configurazione esteriore dell’uomo diviene parvenza.

 

L’uomo, infatti, diviene uomo solamente per il fatto di cogliere se stesso, rendendo vivo il Cristo in se stesso.

Diviene uomo per il fatto di congiungersi all’interno dei Regni dello Spirito

interamente liberi dalla natura, nell’ordinamento spirituale.

Non diviene uomo, se ritorna alla visone che ha a che fare solo con il Dio Padre.

 

In fin dei conti, lo scrittore dell’Apocalisse dice che, dopo che dall’anno 333 l’Io penetra nell’uomo,

l’umanità è minacciata dal fatto di venire confusa nella compenetrazione di questo con il Figlio di Dio, con il Cristo.

A questo punto sorge qualcosa, dopo un periodo della stessa durata del tempo dal mistero del Golgota,

qualcosa che minaccia di tenere l’uomo al gradino dell’animalità. 666 è il numero della bestia.

 

Lo scrittore dell’Apocalisse previde interiormente in maniera decisiva, ciò che minacciava l’umanità.

Il Cristianesimo decadrà in un Cristianesimo fittizio prendendo due direzioni,

– o meglio detto, andrà a finire in un Cristianesimo velato da una nebbia;

e ciò che lo minaccia sovrastandolo, si caratterizza attraverso l’anno 666

che, nel mondo spirituale, fu l’anno importante in cui entrò tutto ciò che vive nell’arabismo e nel musulmanesimo.

 

Descrive con precisione quest’anno.

Coloro che possono leggere apocalitticamente, lo capiscono.

Lo scrittore dell’Apocalisse previde come avrebbe agito ciò che qui irrompe,

caratterizzando in parole potenti il numero 666 come il numero della bestia.

 

In fin dei conti così anticipa in maniera apocalittica quanto segue:

L’irrompere dell’arabismo in Europa,

il fatto che il Cristianesimo venga compenetrato da un insegnamento

che ha potuto condurre a non riconosce l’uomo nella sua umanità

mentre l’insegnamento del Padre ha condotto alla concezione dei tempi più moderni,

che si potesse spiegare l’evoluzione dell’uomo seguendo lo sviluppo di una sequenza di animali sino all’uomo.

 

Nel darwinismo non è poi accaduto che, nel sorgere del numero della bestia, il 666,

l’uomo non abbia più potuto capire se stesso come uomo,

bensì rappresentare se stesso come una specie di animale superiore?

• Non vediamo nell’impregnazione da parte del Cristianesimo con la forma materialistica del Dio Padre,

agire delle opposizioni arimaniche, contro il Dio Figlio?

E ciò non agisce ancora sino al nostro tempo?

 

Ho dovuto dire spesso: Dalla nuova letteratura teologica si consideri l’”Essere del Cristianesimo” di Harnack; in questo libro potete sostituire ovunque sta il nome del Cristo con il nome del Padre, perché l’“essere del Cristianesimo” di Harnack è soltanto un insegnamento del Dio Padre, non un insegnamento concreto del Cristo. È piuttosto una negazione dell’insegnamento del Cristo, perché al posto del Cristo si pone il generico Dio Padre senza che venga fatto un passo in avanti in ciò che è la Cristologia.

Lo scrittore dell’Apocalisse, vede giungere questo tempo. E vedendolo arrivare, vede in ciò, in fin dei conti, essenzialmente già quello che – desidero dirlo con una espressione umana che non copre giustamente l’elemento spirituale, ma non ve ne sono altre – si pone sulla sua anima: la difficoltà con la transustanziazione.

Miei cari amici, lo sapete da voi stessi come le vostre anime hanno combattuto con la difficoltà della transustanziazione, e quanti fra voi si dibattono con le difficoltà nel comprendere la transustanziazione. Possiamo pensare ad alcune delle ore di discussione sulla transustanziazione che hanno avuto inizio in ogni stanza a partire dall’incendio del Goetheanum.

 

Perché nella transustanziazione è contenuta proprio tutta la questione del Figlio e del Padre.

E si desidererebbe dire che, nella disputa sulla transustanziazione, nel modo in cui è stata sollevata nel medioevo,

si trova qualcosa di quella oppressione che l’umanità ha visto nella disputa tra arianismo e atanasianismo.

 

Nella transustanziazione si tratta che essa può avere, in effetti, una importanza

soltanto se si pone come base ad essa una reale concezione che corrisponde allo spirituale della Cristologia:

il modo in cui il Cristo è legato all’umanità e alla Terra.