Come l’uomo sperimenta Michele–Cristo

O.O. 26 – Massime antroposofiche – Lettera del 9.11.1924 – massime n° 115-117


 

Chi accoglie nell’anima sua una visione interiore,

sorretta da profondo sentimento, dell’essere e delle azioni di Michele,

vede sorgere in sé la giusta comprensione di come l’uomo debba trattare un mondo

che non è entità divina, o manifestazione divina, o effetto operante, ma che è opera compiuta degli dèi.

 

Guardare questo mondo con conoscenza vuol dire

avere davanti a sé forme e configurazioni che dovunque parlano forte del divino,

nelle quali però, chi non si illude, non trova essere divino per sé vivente.

 

Ma non si dovrà guardare solo alla conoscenza del mondo.

Ad essa si manifesta sì, nel modo più chiaro, la configurazione del mondo che oggi circonda l’uomo.

Ma per la vita quotidiana è più essenziale il sentire, il volere e il lavorare in un mondo

che nella sua costituzione può sì venir sentito come divino, ma non sperimentato come vivificato dal divino.

 

Per introdurre in questo mondo una vera vita morale,

occorrono gli impulsi etici che ho disegnato nella mia Filosofìa della libertà.

• In questo mondo dell’opera compiuta può risplendere per l’uomo dal sentimento verace

l’essere e il presente mondo d’azioni di Michele.

Michele, come presenza, non entra nel mondo fisico.

 

Con tutto il suo operare, egli rimane in una regione soprasensibile

immediatamente confinante col mondo fisico della fase attuale di evoluzione del mondo.

Perciò non può mai verificarsi che, per le impressioni che ricevono dall’essere di Michele,

gli uomini portino la concezione della natura al fantastico, o vogliano configurare la vita morale pratica,

in un mondo creato dagli dèi, ma non da loro vivificato,

come se fosse possibile l’esistenza di impulsi non siano eticamente e spiritualmente portati dall’uomo stesso.

 

Sia pensando sia volendo,

si dovrà sempre, per giungere a Michele, trasferirsi nel dominio dello spirito.

Così facendo si vivrà spiritualmente nel modo seguente:

si prenderanno la conoscenza e la vita come appunto vanno prese ormai dal secolo quindicesimo in poi.

 

Ma ci si atterrà alla rivelazione di Michele;

la si lascerà risplendere come una luce entro i pensieri che si ricevono dalla natura,

la si porterà nel cuore come calore mentre si vivrà conformemente al mondo divino dell’opera compiuta.

• Allora ci si porrà dinanzi agli occhi non solo l’osservazione e l’esperienza del mondo presente,

ma anche ciò che Michele trasmette: una condizione passata del mondo,

una condizione del mondo che appunto Michele, col suo essere e con le sue azioni, trasporta nel presente.

 

Se fosse altrimenti, se Michele agisse in modo da introdurre le sue azioni nel mondo che al presente l’uomo deve conoscere e sperimentare come mondo fisico, l’uomo di oggi non apprenderebbe dal mondo ciò che in realtà vi è in esso, ma ciò che vi fu. Se questo avviene, una simile illusoria comprensione del mondo conduce l’anima umana fuori dalla realtà adatta ad essa, e precisamente in una realtà luciferica.

 

Il modo in cui Michele porta ad effetto il passato nella vita umana attuale,

è quello conforme al vero progresso spirituale del mondo, che non contiene nulla di luciferico.

 

È importante che, nella concezione dell’anima umana, viva una giusta rappresentazione

di come, nella missione di Michele, venga evitato tutto ciò che è luciferico.

Prendere questa posizione di fronte alla luce di Michele che sta sorgendo nella storia dell’umanità,

vuol dire anche poter trovare la giusta via al Cristo.

 

Michele darà il giusto orientamento

quando si tratta del mondo che circonda l’uomo, quale campo per la sua conoscenza o la sua azione.

La via al Cristo dovrà venir trovata nell’interiorità.

 

È del tutto comprensibile che, nell’epoca in cui la conoscenza della natura ha la forma che gli ultimi cinque secoli le hanno data, anche la conoscenza del mondo soprasensibile sia diventata quale viene ora sperimentata dall’umanità.

 

La natura deve venir conosciuta e sperimentata, riconoscendo che tutto vi è vuoto di divinità.

Perciò, in una relazione simile col mondo, l’uomo non sperimenta più se stesso.

• In quanto l’uomo è un essere soprasensibile,

la posizione del suo sé nei confronti della natura, una posizione adatta ai tempi,

non gli dice nulla del suo proprio essere.

• Se considera soltanto quella posizione, l’uomo non può vivere eticamente in modo adeguato alla sua umanità.

 

Ciò dà l’occasione di non far penetrare quella conoscenza e quella maniera di vita in nessuna cosa relativa all’entità soprasensibile dell’uomo e, in genere, al mondo soprasensibile. Questo campo viene separato da quello accessibile alla conoscenza umana. Di fronte al conoscibile si stabilisce un campo extrascientifico, o al di là della scienza, di rivelazioni religiose.

 

Ma di fronte a ciò sta l’attività puramente spirituale del Cristo.

Il Cristo, dal mistero del Golgota in poi, è raggiungibile per l’anima umana.

 

E non occorre che i rapporti dell’anima col Cristo rimangano indeterminati e oscuri sentimenti mistici;

possono divenire esperienza umana pienamente concreta, chiara e profonda.

• In tal caso, da questo vivere in unione col Cristo,

fluisce nell’anima umana ciò che essa deve sapere sulla sua entità soprasensibile.

• Allora, nella rivelazione religiosa si deve sentir continuamente fluire la vivente esperienza del Cristo.

 

La vita potrà venir cristianizzata dal sentire nel Cristo

l’essere che dà all’anima umana la veggenza della propria natura soprasensibile.

Potranno così stare l’una accanto all’altra l’esperienza di Michele e l’esperienza del Cristo.

Per mezzo di Michele l’uomo troverà nel giusto modo la via al soprasensibile di fronte alla natura esteriore.

 

La concezione della natura, senza venir falsificata in sé stessa,

potrà collocarsi accanto ad una concezione spirituale del mondo e dell’uomo, in quanto essere cosmico.

Mercé il giusto atteggiamento di fronte al Cristo,

l’uomo potrà sperimentare, in una relazione vivente dell’anima col Cristo,

quello che altrimenti potrebbe ricevere soltanto come rivelazione religiosa tradizionale.

• Sperimenterà il mondo interiore dell’anima come illuminato dallo spirito,

così come gli apparirà portato dallo spirito il mondo esteriore della natura.

 

Se l’uomo volesse aver nozione della propria entità soprasensibile senza l’unione con l’entità del Cristo,

ciò lo toglierebbe dalla propria realtà per condurlo in quella arimanica.

Cristo porta in sé gli impulsi avvenire dell’umanità in modo cosmicamente giustificato.

• Unirsi con Lui vuol dire per l’anima umana

accogliere in sé in modo cosmicamente giustificato i propri germi avvenire.

 

Appartengono invece alla sfera arimanica altri esseri i quali, già presentemente,

mostrano configurazioni che cosmicamente saranno giustificate per l’uomo soltanto in avvenire.

Unirsi nel giusto modo col Cristo vuol anche dire preservarsi nel giusto modo dall’elemento arimanico.

 

Chi severamente richiede che le rivelazioni della fede siano preservate da ogni ingerenza della conoscenza umana, è spinto dall’inconscia paura che l’uomo, per tal via, possa cadere sotto gli influssi arimanici.

Bisogna comprenderlo; ma bisognerebbe anche comprendere che è proprio ad onore ed a vero riconoscimento del Cristo, se all’unione col Cristo viene attribuito il fluire, pieno di grazia, dello spirito nell’anima umana.

In avvenire potranno così stare accanto l’una all’altra l’esperienza di Michele e l’esperienza del Cristo. In tal modo l’uomo troverà in libertà la sua giusta via fra il traviamento luciferico nelle illusioni del pensiero e della vita, e la seduzione arimanica nelle strutture dell’avvenire atte a soddisfare il suo orgoglio, ma oggi non ancora atte ad essere sue.

 

Cadere in illusioni luciferiche

vuol dire non diventare pienamente uomo, non voler procedere fino alla tappa della libertà,

ma volersi fermare prematuramente, come uomo-dio, a un gradino troppo precoce dell’evoluzione.

Cadere nelle seduzioni arimaniche vuol dire non voler aspettare il giusto momento cosmico

per sviluppare un dato grado di umanità, ma volerlo anticipare.

 

Michele-Cristo sarà in avvenire la parola direttiva scritta all’inizio della via

per la quale, in modo cosmicamente giusto,

l’uomo potrà passare fra le potenze luciferiche e quelle arimaniche,

per giungere alla sua mèta universale.

 


 

115L’uomo percorre il suo cammino nel cosmo

in modo che la visione del passato gli possa essere falsata da impulsi luciferici,

e che nel presagio del futuro egli possa essere ingannato da seduzioni arimaniche.

 

116Di fronte ai falsamenti luciferici l’uomo assume la giusta posizione

se compenetra il suo intendimento per la conoscenza e la vita

con l’entità e la missione di Michele.

 

117Con ciò stesso però l’uomo si preserva anche dalle seduzioni arimaniche,

poiché la via spirituale che Michele lo stimola a seguire nella natura esteriore,

lo porta a collocarsi giustamente di fronte all’elemento arimanico,

facendogli trovare la giusta esperienza col Cristo.