Abramo fu di fatto il primo nel quale si sviluppò perfettamente lo strumento fisico del pensiero

O.O. 123 – Il Vangelo di Matteo – 03.09.1910


 

Che Abramo sia stato il primo in cui le forze della chiaroveggenza si svilupparono non più verso l’esterno, ma verso l’interno, come forze organizzatrici destinate a creare la coscienza interiore di Dio, questo fatto, questa inversione totale delle forze, ci viene indicata nella leggenda dicendo che il bambino, nei tre anni in cui fu allevato nella caverna, per grazia divina succhiò il latte dal dito della sua mano destra.

 

Nella leggenda di Abramo, del capostipite del popolo ebraico,

ci viene meravigliosamente indicato questo nutrirsi da se stesso,

questa compenetrazione con le forze che in passato avevano prodotto l’antica chiaroveggenza.

 

Leggende come questa, ove se ne apprenda il senso reale, ci fanno capire perché gli antichi narratori di tali contenuti nascosti non potevano esprimersi che per mezzo di immagini. Quelle immagini erano però atte a suscitare se non la coscienza, almeno i sentimenti per i grandi fatti che dietro ad esse si nascondevano. E questo, nei tempi antichi, bastava.

 

Abramo fu dunque il primo ad elaborare in modo del tutto umano il pensiero di Dio,

il riflesso umano interiore della saggezza divina, della visione della divinità.

Abramo (o Abraham, come fu chiamato più tardi) possedeva realmente

un’organizzazione interiore diversa da tutte quelle che esistevano intorno a lui;

l’indagine occulta ha il dovere di mettere sempre in evidenza questo fatto.

 

Gli uomini che lo circondavano non erano organizzati in modo da poter sviluppare un pensiero autonomo, per mezzo di uno strumento fisico particolare.

Potevano esplicare il pensiero, quando si liberavano del corpo, quando sviluppavano certe forze nel loro corpo eterico; quando invece si trovavano immersi nel loro corpo fisico, non avevano ancora sviluppato lo strumento del pensiero.

 

Abramo fu di fatto il primo

nel quale si sviluppò perfettamente lo strumento fisico del pensiero.

 

Per tale ragione non a torto egli passa per essere stato l’inventore dell’aritmetica

(ma naturalmente anche questa nozione va presa col solito grano di sale!),

cioè della scienza del pensiero fondata essenzialmente sullo strumento del corpo fisico.

 

L’aritmetica è qualcosa che, per la sua forma interiore,

per la certezza interiore che essa conferisce,

si avvicina molto al sapere ottenuto mediante la chiaroveggenza;

però è condizionata da uno strumento corporeo.

 

Ci troviamo dunque qui di fronte a un intimo nesso

fra quanto in precedenza forze esteriori usavano per la chiaroveggenza

e quello che invece adopera ora un organo interno per pensare.

• È questo il fatto al quale accenna la tradizione che vuole Abramo inventore dell’aritmetica.

 

Dobbiamo vedere in lui la personalità che per prima ricevette l’organo fisico del pensare,

l’organo cioè mediante il quale l’uomo potè innalzarsi al pensiero di un Dio.

 

In precedenza gli uomini potevano apprendere qualcosa di Dio e dell’esistenza divina

solamente per mezzo dell’osservazione chiaroveggente:

tutta la conoscenza di Dio e dell’esistenza divina proveniente dai tempi più antichi

derivava dall’osservazione chiaroveggente.

 

Per innalzarsi al divino mediante il pensiero

era necessaria l’esistenza di uno strumento fisico,

e questo appunto venne per così dire conferito ad Abramo.

 

E poiché si trattava di un organo fisico,

divenne anche del tutto diverso il rapporto di questo pensiero di Dio (afferrato mediante un organo fisico)

nei riguardi del mondo oggettivo e dell’entità umana oggettiva.

 

Nel passato si era concepito il pensiero di Dio nelle scuole segrete della sapienza, e si poteva trasmetterlo a chi ne era divenuto capace, per aver conseguito la possibilità di percepire nel corpo eterico, libero dal corpo fisico. Se poi l’organo fisico deve trasmettersi ad altri uomini, non v’è altro mezzo che l’eredità entro l’organizzazione corporea.

 

La parte più importante di Abramo, la più essenziale, cioè quell’organo fisico del pensare,

per potersi conservare sulla Terra doveva potersi trasmettere di generazione in generazione,

appunto perché si trattava di un organo corporeo fisico.

Comprendiamo così l’importanza tutta speciale che ebbe per il popolo ebraico

l’eredità di questa disposizione fisica attraverso le successive generazioni.

 

Ciò che in Abramo era stato dapprima una disposizione fisica, cioè la elaborazione, la preparazione di un organo atto a concepire il divino, dovette affermarsi gradualmente; trasmettendosi poi di generazione in generazione, essa penetrò sempre più a fondo nella natura umana, compenetrandola sempre di più col passare delle generazioni.

 

Possiamo quindi affermare:

quello che Abramo aveva ricevuto, ai fini della missione del popolo ebraico,

doveva andare perfezionandosi sempre più, passando da uomo a uomo mediante l’ereditarietà.

E il solo mezzo mediante il quale un organo fisico può perfezionarsi, è appunto la trasmissione ereditaria.

 

Se dunque l’individualità di Zaratustra aveva da conseguire il corpo più perfetto possibile, cioè un corpo fisico dotato anche degli strumenti organici atti ad afferrare il pensiero di Dio, allora era necessario che lo strumento fisico a suo tempo donato ad Abramo fosse portato al massimo grado di perfezione.