Al risveglio il pensare afferra sensi e nervi, il sentire il sistema ritmico

O.O. 82 – Cultura e antroposofia – 11.04.1922


 

Sommario: Il corpo eterico è un organismo temporale, al di là di oggettivo e soggettivo. Al risveglio il pensare afferra sensi e nervi, il sentire il sistema ritmico. Volontà e sistema del ricambio. Il sogno e i suoi effetti. Pensare staccato dal fisico. Creazione e distruzione della materia. Uomo tripartito e animale bipartito.

 

Grazie a quel che si può raggiungere con i tre gradi della conoscenza soprasensibile che ho caratterizzato ieri, l’uomo si presenta all’occhio dell’anima come un essere completo, totale.

 

Ho già ricordato il primo grado della conoscenza soprasensibile,

il grado della conoscenza immaginativa.

Ieri ho detto appunto come, grazie alla conoscenza immaginativa

sia possibile vedere l’organismo temporale che è la prima entità soprasensibile in noi uomini,

appunto il corpo delle forze formative, esistente nel tempo, che ci organizza;

è un organismo soprasensibile che ci organizza nel tempo fra la nascita, o meglio la concezione, e la morte.

 

• Ho anche fatto notare che nel momento in cui inizia a operare in noi la conoscenza immaginativa in un certo senso cessa la differenza fra soggettivo e oggettivo; osservando cioè spiritualmente il nostro corpo delle forze formative siamo in pari tempo anche inseriti nel complessivo operare eterico del mondo e diveniamo per così dire un elemento dell’organismo eterico del cosmo; ci differenziamo, ci separiamo poco dall’organismo eterico del cosmo, diversamente da come facciamo col nostro organismo fisico rispetto agli altri fatti ed esseri naturali che ci circondano nel mondo fisico.

 

Quando saliamo alla conoscenza ispirativa ieri caratterizzata,

estendiamo il nostro sguardo al di là della nostra vita fra nascita e morte.

• Allarghiamo il nostro sguardo

su quello che si può chiamare il vero e proprio essere animico umano;

lo si impara a conoscere nell’evoluzione in cui era nella sfera spirituale-animica

prima di scendere in un corpo fisico umano.

 

• Sviluppando la conoscenza ispirativa in quella che ieri ho indicata come conoscenza intuitiva,

si conosce in immagine il fatto della morte,

il passaggio cioè del nostro organismo animico attraverso la porta della morte a un mondo spirituale-animico.

• Si riunisce così la visione dell’innatalità e dell’immortalità alla conoscenza dell’esistenza eterna dell’anima umana.

• Salendo alla conoscenza intuitiva vediamo in pari tempo la vera forma del nostro io, del nostro sé.

 

Soprattutto nella conferenza di domani parlerò ancora della visione del nostro sé. Da quel che ho detto si vede comunque che si arriva alla visione di un mondo puramente spirituale, anzitutto della nostra entità spirituale-animica e di quanto la circonda. Già durante la vita terrena prendiamo però senz’altro parte a quel mondo. Esso è sempre presente, sempre ci circonda, come già risulta da quel che ho detto ieri. Ne siamo parte con la nostra esperienza globale che si divide in stato di veglia e stato di sonno, con gli stati intermedi di sogno.

 

Quando si parla di veglia e di sonno già si tocca in effetti un importantissimo problema dell’esistenza umana. Esso è stato affrontato in vario modo anche da parte della ricerca fisica. Come per altri campi, anche per questo non va fatta alcuna dilettantesca opposizione contro ciò che con una certa ragione è stato presentato da parte della scienza. Sono in genere ipotesi quelle avanzate in questo campo, e non occorre enumerarle, perché nella mia esposizione oggi vorrei piuttosto attenermi all’aspetto positivo dei risultati antroposofici. Le ipotesi della scienza muovono comunque da determinate premesse che, si può dire, non si possono sostenere nella loro totalità, ma solo parzialmente, di fronte alle più semplici e oggettive osservazioni della vita. Così ad esempio, quando di solito si intende spiegare il passaggio dallo stato di veglia a quello di sonno, si dà molta importanza alla stanchezza. Si vede spesso proprio nella stanchezza (non sempre, perché nella scienza vi sono già giuste opinioni) una specie di causa per il passaggio allo stato di sonno.

 

Ho conosciuto redditieri che, senza poter dire che avessero avuto durante il giorno particolari ragioni di stanchezza, si sono addormentati alle prime parole di una mia conferenza serale, e non soltanto in questa comprensibile occasione, ma anche in occasione di concerti molto stimolanti. Così dunque una semplice e oggettiva osservazione può dire che la stanchezza non può essere la sola occasione, il solo motivo per passare allo stato di sonno.

 

Chi dunque si orienti un poco nell’osservazione dei fenomeni della vita, del tutto senza l’indagine soprasensibile che caratterizzerò più avanti, deve osservare che nel sonno e nella veglia vi è qualcosa che nell’essere umano, quale si presenta nel mondo fisico, è parte di un ritmo della vita. Come il pendolo passa da una parte all’altra, si deve assumere che la complessiva esperienza umana si ritrovi appunto in due stati, la veglia e il sonno, in un ritmo pendolare.

 

Espongo questo non come una prova, ma come qualcosa a cui si potrebbe anche arrivare per una spiegazione. Questo comunque ci porta a presentare gli stati di sonno e di veglia sulla base della diretta visione animico-spirituale che si può raggiungere con l’aiuto dei tre gradi di conoscenza ieri caratterizzati.

 

• Quando siamo nella conoscenza immaginativa impariamo a conoscere il corpo eterico, il corpo delle forze formative. Vale a dire conosciamo la prima entità soprasensibile in noi. Conosciamo poi la vera e propria parte animica che attraverso la nascita o la concezione fluisce nel corpo fisico e anche nel corpo delle forze formative. Vediamo anche come con la morte essa esca di nuovo per entrare nel mondo spirituale. Conosciamo tutto ciò grazie alla conoscenza ispirativa. Con quella intuitiva conosciamo poi la vera entità dell’io, il centro più profondo dell’uomo.

 

Se ora indirizziamo le tre conoscenze all’osservazione del sonno e della veglia, ci si mostra che appunto solo durante lo stato di veglia, quando siamo immersi appieno nella vita delle rappresentazioni, abbiamo inseriti normalmente per la vita terrena il corpo fisico o corpo spaziale, il corpo eterico o corpo temporale, il vero e proprio essere animico, del quale ieri ho detto che si può anche chiamare corpo astrale, e l’io.

 

Quando dormiamo abbiamo nel corpo fisico solo il corpo delle forze formative. In sostanza dal corpo fisico e da quello delle forze formative, che possono essere osservati sia con i sensi normali, sia con la veggenza immaginativa, da queste parti costitutive dell’entità umana escono il vero essere animico, il corpo astrale, e l’io. Da quando ci si addormenta a quando ci si sveglia, questi ultimi sono ora nella stessa sfera nella quale si trovavano prima di discendere dal regno spirituale-animico in una incarnazione fisica terrena. Così le quattro parti costitutive dell’entità umana, e cioè il corpo spaziale fisico, il corpo temporale delle forze formative, l’io e il corpo astrale, la vera e propria parte animica, risultano divisi a due a due.

 

Volendo tuttavia comprendere come lo stato di sonno si rapporti rispetto a quello di veglia, occorrono i gradi di conoscenza già caratterizzati per avere un’idea di che cosa in realtà avvenga durante il sonno. Il corpo spaziale fisico esegue soltanto ciò che suggerisce il corpo temporale. Dall’addormentarsi al risveglio continuano i processi che il corpo eterico esegue nel corpo fisico. Sono tutti i processi legati con la formazione plastica dell’organismo, ad esempio durante la fanciullezza, quali l’alimentazione e il ricambio. Non possono invece venir eseguiti i processi che sono legati con il pensare, il sentire e il volere. Dormiamo cioè in uno stato nel quale la vita del pensare è smorzata, i sentimenti tacciono e la volontà è impotente a eseguire qualcosa col corpo fisico e quello eterico nel mondo fisico.

 

Se con la conoscenza soprasensibile si osservano, usciti dal corpo fisico e da quello eterico, l’io ed il corpo astrale, cioè i portatori di pensare, sentire e volere, si trova anzitutto che la cosciente attività della veglia è diventata inconscia. L’uomo è in uno stato di incoscienza. Di conseguenza è solo possibile dal di fuori, e con la conoscenza soprasensibile, vedere le parti costitutive uscite dal corpo fisico e da quello eterico.

 

Volendo caratterizzare che cosa in realtà vi è fuori del corpo fisico, occorre paragonarlo a qualcosa d’altro. È possibile paragonare un uomo sprofondato in un sonno senza sogni con l’attività che si ha da svegli nella volontà, negli impulsi volitivi.

 

Ho già detto ieri che gli impulsi volitivi si svolgono in modo che nella veglia la coscienza umana, la coscienza che vive nei pensieri, non ha conoscenza alcuna dell’intima natura della volontà. Ho detto che ci proponiamo ad esempio di sollevare un braccio. Formuliamo il pensiero relativo, ma per la coscienza ordinaria della vita di veglia non abbiamo idea alcuna di come il pensiero discenda nell’organismo, di come la volontà afferri il braccio, per esprimermi banalmente. Il braccio viene alzato, e noi vediamo solo il risultato. Formuliamo la nuova rappresentazione del risultato. Che cosa vi sia tra la rappresentazione del risultato e quella dell’intenzione all’impulso volitivo, per la coscienza ordinaria di veglia sappiamo altrettanto poco, quanto poco sappiamo nella coscienza usuale di quel che avviene nel sonno profondo senza sogni.

 

• Per l’osservazione soprasensibile l’io e il corpo astrale, quando sono fuori dal corpo fisico e da quello eterico

svolgono la stessa attività del volere durante la veglia. Si manifesta una decisa volontà.

• L’attività del pensare è smorzata, e più avanti vedremo perché è così.

Quel che già durante la veglia dorme in noi è molto vivace, solo che è al di fuori del corpo;

non può muovere le braccia e le gambe, non può servirsi del corpo come strumento per il volere,

ma la volontà è divenuta potente.

 

Ma quale è la principale caratteristica della volontà?

È la brama che può salire a desiderio e alle diverse altre sfumature che si conoscono, e proprio desiderio e brama sono vivaci dall’addormentarsi fino al risveglio in ciò che è al di fuori del corpo fisico.

Ci si dovrà anche chiedere verso che cosa tendano brama e desiderio. Se con la conoscenza soprasensibile si riesce a osservare lo scorrere, il vorticare e il fluttuare delle brame dell’anima umana al di fuori del corpo, si arriva bene alla domanda: a che cosa si indirizzano le brame? A null’altro che al corpo fisico, e a riprenderne il possesso. In sostanza durante il sonno l’uomo, poiché è fuori del corpo fisico e di quello eterico, vuole inconsciamente rientrare in essi.

 

Sorge ora un altro problema, naturalmente impiegando le tre forme di conoscenza superiore: immaginativa, ispirativa e intuitiva; sorge cioè il problema: come mai l’anima umana, che ora è al di fuori del corpo, non vi ritorna per soddisfare subito le sue brame? Il momento dell’addormentarsi ce ne dà la ragione, ed è perché, avendo l’essere animico umano, cioè l’io e il corpo astrale, afferrato nello stato di veglia il corpo fisico, che lo mette in relazione col mondo esterno, se ne stanca; è perché dopo un certo tempo per così dire si sazia del possesso, non del possesso solo dell’interno del corpo fisico che porta gli organi sensori. Con essi si entra in rapporto col mondo esterno.

 

Col proprio io e col corpo astrale ci si apre ai suoni e ai colori, ci si apre alle parole che si odono dagli altri uomini. Quando non ci si vuole aprire e non si ha la possibilità di sottrarsi in qualche modo alle impressioni che ci giungono dal mondo esterno, ci si sottrae ad esso appunto addormentandosi, come faceva il redditiere che ho ricordato.

Durante il sonno quindi nell’anima umana pulsano insieme sazietà del corpo fisico e brama verso lo stesso. Solo quando la sazietà è del tutto scomparsa, la brama vince sulla sazietà, e possiamo ritornare nel corpo fisico svegliandoci. Il tempo è ora troppo ristretto per descrivere ancora perché ci si desti quando suona una sveglia e in altri casi simili, o perché alcuni non riescano a dormire. Anche questi casi sono spiegabili, ma ora posso solo parlare in generale delle cose principali.

 

Quando osserviamo l’alternarsi degli stati di sonno e di veglia, abbiamo in effetti a che fare con un moto pendolare di un interiore tendere dell’anima umana ad essere nel corpo fisico, e a non esservi più; con la sazietà, e quindi con la tendenza a uscire dal corpo fisico, e il desiderio opposto di rientrarvi. Per la ricerca soprasensibile questa brama per il corpo fisico è molto interessante da studiare, perché si scopre la stessa brama per il corpo fisico in una intensissima misura nel tempo in cui l’anima, nella discesa dal mondo spirituale verso la terra, si avvicina di nuovo a un’incarnazione fisica. Fra la morte e una nuova nascita, cioè sulla via verso una nuova nascita, l’anima si evolve in modo che, movendo da tutte le condizioni da lei attraversate, forma anzitutto in sé una specie di vuoto di fronte a quanto la circonda spiritualmente e di contro un forte e intenso elemento volitivo, vale a dire la brama verso la terra fisica. Così nel periodo fra l’addormentarsi e il risveglio possiamo in un certo senso studiare di nuovo l’ultima condizione che l’anima attraversa quando tende a una nuova vita terrena.

 

Abbiamo così una spiegazione che semplicemente risulta dall’indagine soprasensibile e che non si basa sull’alternarsi fisico fra sonno e veglia, ma che risale alla sfera animica, che soprattutto spiega il risveglio come il soddisfacimento della brama per il corpo fisico, e l’addormentarsi come una sazietà dell’anima per il corpo fisico. Arriviamo alle caratteristiche dell’anima e spieghiamo l’alternarsi fra sonno e veglia movendo dall’anima.

 

Osserviamo ora i sogni che abbiamo al risveglio, sia pure in modo unilaterale, perché come abbiamo detto non possiamo spiegare tutto oggi. Osserviamo l’essere umano animico dall’addormentarsi fino al risveglio con l’essere volitivo in lui vorticante: nella stessa misura in cui l’uomo ritorna nel suo corpo eterico e nel suo corpo spaziale, il corpo fisico, cominciano a balenare in lui i pensieri.

 

In un normale e abituale risveglio avviene che relativamente alla svelta scivoliamo nei due corpi: eterico e fisico. In essi abbiamo gli strumenti per il pensare, il sentire e il volere. Il pensare, smorzato durante il sonno, si serve soprattutto come strumenti esterni dei nervi e del sistema nervoso, quando rientriamo nel corpo fisico. Il sentire, anch’esso smorzato durante il sonno, al risveglio si immerge nell’organismo fisico in tutti i ritmi, ad esempio del respiro, della circolazione sanguigna e anche del ricambio, dove pure esiste un ritmo. In genere il ritmo del ricambio influenza la circolazione.

 

Si osserva cioè che la disposizione animica del pensare, la forza del pensare, si immerge nel sistema dei nervi, mentre ciò che è legato al sentire si immerge nel sistema ritmico. Invece per la natura volitiva, che soprattutto è attiva durante il sonno ed è legata con l’attività del ricambio, direi che non vi è confine fra dentro e fuori. Durante il sonno siamo certo fuori dal nostro corpo fisico; tutto quanto è fuori è volontà, ma essa attraversa i confini del corpo rispetto al ricambio, penetra nel corpo e anche durante il sonno si estende al sistema del ricambio. L’attività della volontà esula da quella dei sensi e del pensiero, e con la sua natura volitiva l’uomo si immerge completamente nel sistema del ricambio.

 

Si può qui osservare come per così dire l’uomo discenda col suo essere animico nel corpo eterico e in quello fisico. Quando tuttavia, a seguito di una qualsiasi anormalità (e può avvenire, anche se spazialmente coincidono) càpita che sia afferrato il corpo eterico prima di quello spaziale, non si entra subito nel proprio corpo fisico, ma solo appunto in quello eterico. Questo allora occupa le parti liquide del corpo, e quindi l’elemento animico rimane veramente fuori soltanto dalle parti solide.

 

• Quando non si è ancora afferrato appieno il corpo fisico, ma solo quello eterico,

è il momento in cui la parte animica che proviene dallo stato di sonno

riesce a servirsi solo in parte del corpo fisico e di quello eterico: si formano allora i sogni.

• Il pieno stato di veglia si ha quando il corpo fisico viene del tutto afferrato,

quando cioè vengono afferrati tutti gli organi della volontà e in particolare gli organi dei sensi.

• Il presentarsi del sogno dipende quindi da una parziale presa del corpo fisico.

 

Si possono osservare molto bene i sogni con la conoscenza immaginativa; essa stessa non è un sogno, ma una forma di conoscenza più cosciente della normale e usuale coscienza di veglia; grazie alla conoscenza immaginativa è possibile osservare in modo speciale che cosa in effetti avvenga oggettivamente nel sogno.

Nell’indagine soprasensibile si può dunque osservare il passaggio attraverso i sogni e il modo in cui l’anima afferri l’apparato fisico, perché nella vita attuale, quando essa ne è lontana, non è abbastanza forte per esercitare l’attività del pensare. Le occorre per così dire il sostegno dello strumento fisico per esercitare l’attività pensante. Così nel momento in cui si entra nello strumento fisico, il pensare può veramente essere esercitato grazie appunto allo strumento fisico.

 

Quando con la conoscenza ispirativa si osserva anche il sentire, sia il sentire smorzato durante lo stato di sonno, sia anche il sentire dello stato di veglia che è come intessuto nel sogno, perché i sentimenti non sono altrettanto coscienti dei pensieri, si arriva a importanti differenze fra pensare e sentire. Solo ora le notiamo. Nel pensare avviene in effetti che, osservando con la conoscenza immaginativa un uomo mentre pensa allo stato di veglia, si vede che nel pensare è di continuo attivo il sistema dei nervi. Esso è in una mobile plasticità, e quindi in sostanza quasi tutta l’anima si immerge nel sistema dei nervi.

 

Passando dallo stato di sonno a quello di veglia scompare la parte dell’anima che ci rende capaci di pensare,

scompare nel sistema dei sensi e dei nervi. Non è così nell’essere umano che sente.

• La parte dell’anima che ci rende capaci di sentire

si immerge nel nostro organismo ritmico, non però completamente.

• Sia pure in modo approssimativo, si può dire che la parte dell’anima che rimane fuori

equivale a quella che si immerge nel corpo fisico e in quello eterico.

 

Nell’attività del sentire si ha un continuo ondeggiare fra la parte animica e quella corporea.

Tale continuo ondeggiare si manifesta appunto nel sistema ritmico.

• Anche la parte volitiva della natura dell’anima durante la veglia si immerge nel corpo fisico,

non lo fa tuttavia nella misura in cui il pensare si immerge nel sistema dei nervi.

• Si immerge sì nell’organismo fisico e nel corpo delle forze formative, ma non si lega con essi.

Sebbene per così dire si unisca col corpo fisico, rimane a sé, rimane un essere separato.

 

Si può quindi dire che nello stato di veglia abbiamo in noi una strana polarità: se guardiamo soprattutto all’organismo dei nervi e dei sensi lo troviamo fatto in modo che quando siamo svegli l’anima vi si è immersa del tutto; in quanto anima pensante è quasi del tutto scomparsa nell’organismo. Se invece osserviamo il comportamento della volontà durante la veglia, la vediamo in effetti accanto ai processi fisici nell’organismo fisico. Essi svolgono la loro attività nello stesso spazio, ma sono due attività ben separate l’una dall’altra. Grazie a questi metodi di indagine si comprende come, in quanto esseri della volontà, siamo animicamente inseriti nel corpo in modo diverso da come lo siamo in quanto esseri pensanti.

 

Il fenomeno diviene molto evidente quando si osservi l’essere umano sveglio con una conoscenza immaginativa sviluppata e con la conoscenza intuitiva Quando si siano fatti gli esercizi dei quali abbiamo parlato ieri, si è senz’altro in grado di osservarsi da fuori. Il pensiero è rafforzato e di conseguenza diviene indipendente dal corpo fisico. Nel normale stato di coscienza ci immergiamo del tutto nel corpo fisico, vale a dire nell’apparato dei nervi e dei sensi. Il raggiungimento della conoscenza soprasensibile comporta appunto che ora si impara a pensare senza l’apparato fisico, ed è questo l’essenziale. Mentre dormiamo, con la coscienza normale siamo troppo deboli perché nel sonno si possa raccogliere quanto di animico nell’attività pensante possa svilupparsi senza il sostegno del corpo. Il successo degli esercizi indicati ieri è appunto che l’anima diviene tanto forte da arrivare a pensare senza il corpo.

In questo stato l’anima può vedere il corpo. Come si vede ogni cosa che ci è esterna, come si sa che si vede una tavola con i propri occhi, così con le conoscenze superiori si vedono il corpo fisico e quello eterico. In quanto anima ora si è in sé, si è coscienti di quanto non lo si è altrimenti nel sonno.

 

Ora avviene però qualcosa di molto particolare, e cioè che del corpo fisico non si vede tutto, ma diventa in effetti oggettivamente visibile, visibile per l’anima, solo il sistema dei nervi. Visto del tutto da fuori, l’uomo si presenta come un tutto dei nervi e dei sensi. Il suo sistema dei nervi, unito ai sensi, diviene visibile da fuori.

 

Non per la conferenza di questa sera, ma spesso per le conferenze tenute nel corso della giornata, va tenuto presente, e lo sottolineo perché la cosa ha una sua funzione, che ora non diventano visibili solo i nervi chiamati sensitivi, ma anche i cosiddetti nervi motori, e che proprio a questo livello della conoscenza si arriva per visione diretta a osservare che non vi è alcuna differenza sostanziale fra i nervi chiamati sensitivi e i cosiddetti nervi motori. Attraverso i sensi, i nervi sensitivi trasmettono le percezioni del mondo esterno; quelli motori, che sono anch’essi nervi sensitivi, hanno la funzione di farci percepire nella nostra interiorità la posizione e l’esistenza dei nostri arti. I nervi motori ci trasmettono una percezione di noi stessi, e in questo senso sono anch’essi sensitivi. Sono risultati che si presentano lungo il cammino della ricerca animica.

 

Ora si è così conseguito di avere davanti a sé, come una cosa oggettiva, ciò che in senso lato fa parte dell’apparato nervoso umano. Non si ha invece oggettivamente davanti a sé tutto quanto fa parte del sistema del ricambio. Lo si ha davanti a sé con l’intuizione come puro essere spirituale. Scompare ora la materia e si conosce il particolare processo di quando siamo svegli, un processo totale che ora si svolge. Si vede cioè: quando a poco a poco ci si orienta con la conoscenza immaginativa, si nota come si esca dal corpo fisico, ora però non privi di coscienza come all’addormentarsi, ma coscienti di come per così dire si avverta il nostro sollevarci dal cervello. Passando poi alla conoscenza ispirativa, si arriva a notare che, al di là del sollevarsi dal cervello, il cervello stesso diventa qualcosa al di fuori di noi. Si perviene poi all’intuizione e ad avere oggettivamente davanti a sé l’apparato dei sensi e dei nervi. Ora si vede appunto anche tutto il processo del pensare abituale.

 

Ieri ho detto che ha molta importanza che, mentre con la ricerca antroposofica si sviluppa la seconda personalità, quella veggente, permanga il sano intelletto umano. La prima, quella abituale, rimane intatta; in caso diverso non si acquisterebbe una conoscenza soprasensibile, ma si sarebbe soggetti ad allucinazioni.

 

Mentre si osserva come si esce da se stessi, rimane nel cervello il pensiero logico che di solito si attiene al mondo sensibile. Ci si eleva al di sopra del cervello soltanto con la parte superiore del proprio essere animico. Per questo non si vede nell’apparato dei nervi e dei sensi una specie di ceppo, ma un processo che si svolge di continuo, che è continuamente in divenire. Lo si vede guardando indietro. Si presenta così qualcosa di molto notevole che getta una luce fondamentale su tutta la nostra conoscenza del mondo.

 

Prego subito di scusarmi se ora dirò qualcosa di molto eretico; lo è però solo in apparenza, perché in effetti risulta come una diretta e conseguente continuazione del pensiero scientifico nel mondo spirituale. Risulta cioè che nel sistema dei nervi e dei sensi, anche al risveglio, quando alla mattina l’anima rientra nel corpo fisico, vengono di continuo prodotte dallo spirito, fra quelle che si riferiscono solo alla materia anche delle parti materiali che direttamente derivano dallo spirito stesso. Si è testimoni del formarsi della materia, persino della formazione plastica della materia nell’apparato dei sensi. Sostanza si forma dallo spirito.

 

• Col nostro elemento spirituale-animico non siamo solo titolari di un apparato dei nervi e dei sensi,

ma diventiamo creatori di sostanza in quanto accumuliamo sostanza che si forma direttamente dallo spirito.

 

Quanto ho detto non è solo eretico perché cozza contro un principio che la scienza di oggi non porta fino alle sue ultime conseguenze che si estendono a tutti gli esseri, perché il mondo è formato da tutti gli esseri e non solo da fatti e da esseri inanimati.

La scienza ha ricavato la cosiddetta legge della conservazione dell’energia e della sostanza dai processi del mondo inorganico e al massimo da quelli del mondo vegetale. Come se la sostanza fosse formata in una sola e unica volta e poi distribuita. In un certo senso è così per tutti gli altri regni della natura, ma

• nell’uomo vi è in effetti una vera creazione di sostanza attraverso l’apparato dei nervi e dei sensi.

Tuttavia, leggendo anche solo le prime pagine dei testi di psicologia, scritti oggi in base a una incompleta conoscenza, si vede che in essi si sostiene la legge della conservazione della sostanza anche per l’uomo.

 

L’affermazione si basa su un’illusione. La legge è valida, ma come? Osservando con la conoscenza intuitiva l’operare della volontà nell’organismo umano, vale a dire nell’organismo del ricambio, si vede che la materia viene continuamente distrutta attraverso un processo che vorrei chiamare processo organico di combustione.

 

Mentre dunque nella normale coscienza sviluppiamo il pensare,

ha luogo una creazione di materia,

e vi è invece una distruzione di materia quando sviluppiamo il volere.

 

Su questo si basa tutta la sana vita umana, come vi è un pareggio fra i due piatti di una bilancia. Sembra quindi che la legge della conservazione della sostanza sia valida anche per l’organismo umano, perché viene sempre creata altrettanta sostanza quanta ne risulta distrutta. Continuando dunque ad applicare all’uomo la legge della conservazione della sostanza, in sé giusta, armati con i mezzi della conoscenza soprasensibile arriviamo a capire veramente il comportamento specifico della natura umana nei suoi rapporti con la parte fisica e con quella animico-spirituale.

In un certo senso l’entità umana diviene così comprensibile. Ma che cosa ne consegue?

 

Io non contesto i metodi della fisiologia di oggi, grazie ai quali sono stati conseguiti grandi vantaggi e risultati, ma a questi seguono a loro volta domande e misteri. Se però con i metodi odierni di ricerca si studia l’organismo umano, si vede solo un lato dell’uomo e si devono formulare ipotesi su come in realtà si svolgano i processi nel ricambio e nei nervi. Tali ipotesi tendono in effetti a presumere qualcosa di sconosciuto che forse consiste soltanto in un complesso di norme. Almeno così credono i materialisti. Con tali ipotesi non si perviene in realtà a ciò da cui dipendono i processi del ricambio e dei nervi; cosa che è solo possibile con la diretta veggenza dell’elemento spirituale-animico.

Vediamo così che per quanto riguarda l’uomo la ricerca totale, che non contrasta con la ricerca sulla natura, ma semplicemente la continua, riesce a gettare una giusta luce su quanto scoprono la fisiologia e la biologia, perché prende in considerazione l’uomo nel suo complesso. Grazie a questa forma di ricerca si perviene all’importantissimo risultato che esposi qualche anno fa nel mio libro Enigmi dell’anima, frutto di una ricerca durata più di trent’anni, al risultato che l’uomo è un essere tripartito.

 

L’apparato dei nervi e dei sensi è soprattutto il portatore della vita dei pensieri nello stato di veglia.

Poi l’uomo è un essere ritmico (respirazione, circolazione e altri ritmi)

e questo è il portatore della vita del sentimento.

Infine l’uomo è un essere del ricambio; di questo organismo fanno parte anche gli arti.

 

Il ricambio è solo una continuazione verso l’interno di quel che avviene negli arti.

Il ricambio è il portatore dell’elemento della volontà.

Quest’ultimo nulla ha a che fare col sistema dei nervi, ma solo con i processi del ricambio.

Si arriva così a conoscere l’uomo come un essere tripartito.

 

La vera e propria entità umana consiste nell’essere tripartita, nell’avere nel suo apparato dei nervi e dei sensi ciò in cui la parte pensante dell’anima si immerge completamente: infatti possiamo essere materialisti al massimo riguardo al pensare. La psicologia oggi corrente arriva a vedere nel cervello, nelle diverse strutture del cervello, fedeli immagini della vita del pensiero. Come essa stessa ammette, non vi arriva per la vita del sentimento e della volontà. Si vede che riguardo alla vita del pensare si può essere materialisti in massima misura, ma non si arriva a comprendere il puro materialismo. Non vi si arriva pensando da un lato il cervello come un organo in sé finito, e dall’altro l’anima che si serve del cervello per formare i pensieri.

Non è così: i pensieri hanno piuttosto una propria essenza che è soltanto troppo debole per attivarsi, ad esempio quando la parte pensante dell’anima non dispone del cervello, come è nel sonno.

 

Quando però l’anima afferra il cervello, non lo utilizza come un organo in sé finito, ma forma di continuo in esso il processo che vi si svolge. I solchi sono in un processo continuo, e questa è in pari tempo l’attività dell’anima.

 

Quando studiamo il cervello

siamo nel giusto solo pensando che esso sia un’immagine della vita animica,

perché questa è un elemento pensante.

 

Ciò è più importante di quanto non si creda; d’altra parte ne troviamo diretta conferma

aprendo un testo di fisiologia del cervello, perché si vede come davvero oggi le cose siano studiate.

 

Osservando gli effetti delle diverse parti del cervello, esse non mostrano che l’anima se ne possa servire,

sono comunque tali da riflettere in sostanza la vita dell’anima: sono immagini della vita animica.

• Si può quindi dire che il cervello è in effetti come una realizzata immaginazione della vita animica,

come un’immaginazione divenuta sostanza.

• È un’immagine, mentre l’organismo ritmico non è giunto a divenire immagine.

Ancor meno vi è giunto l’organismo del ricambio che è senz’altro qualcosa di non formato, non divenuto immagine.

 

Si ha la possibilità di comprendere il cervello nella sua struttura, vedendolo come immagine riflessa della vita dell’anima. Solo allora la fisiologia del cervello si porrà su una base sana quando sarà in grado di intendere il cervello in questo modo, come un’immaginazione materializzata.

 

Ad esempio invece non si dovrà assolutamente intendere l’organismo ritmico nel senso di vederlo come un’immaginazione divenuta sostanza; qui si ha infatti a che fare con un processo, un’ispirazione in divenire, un processo nel quale l’elemento spirituale e quello fisico si interpenetrano di continuo nel ritmo.

Nel ricambio abbiamo un continuo passaggio della sostanza nello spirito e dello spirito nella sostanza, verso l’uno e l’altro polo.

 

Va detto che oggi è ancora piuttosto difficile esporre queste cose, perché naturalmente si vedono in esse fantasticherie, se non ancora peggio, ove si rimanga appunto entro quanto oggi mettono in luce biologia e fisiologia non ancora coerenti con se stesse. D’altra parte quando si diventa coscienti dei problemi si ha senz’altro il dovere di difendere la verità acquisita.

Partendo dall’uomo, sarà poi possibile conquistare le rimanenti parti del nostro complessivo essere universale. Scendendo ad esempio dall’uomo all’animale, il primo problema sarà di conoscerne veramente l’essere, di non parlarne solo dall’esterno, ma davvero di conoscerlo.

 

Volendo organicamente capire sul serio l’uomo secondo la sua essenza, dobbiamo parlarne come di un essere tripartito, solo che le sue parti non sono le une accanto alle altre. Un maligno professore, volendo dileggiare la tripartizione dell’uomo, ebbe a dire che io distinguevo nell’uomo la testa, il busto e la pancia, come se queste parti fossero le une accanto alle altre, come cassette accatastate. La cosa non va intesa così. La testa è soprattutto apparato dei nervi e dei sensi, ma in essa intervengono i sistemi del ritmo e del ricambio; il busto è soprattutto organismo ritmico, ma intervengono in esso anche le altre parti organiche; altrettanto avviene nel ricambio. Le tre parti si compenetrano e non sono separate fra loro. Non è nel giusto chi le descrive come separate fra loro, sia egli sostenitore o avversario.

 

Il problema cambia subito appena si passa dall’uomo all’animale. Quest’ultimo non è un organismo tripartito, e ciò si mostra specialmente osservandolo con le tre conoscenze superiori. L’animale va senza dubbio inteso come un organismo bipartito. Nell’animale l’organismo ritmico interviene di continuo nell’organismo dei nervi e dei sensi, e quindi nel polo della testa dell’animale non esiste un organismo dei sensi altrettanto differenziato come nell’uomo. Il sistema dei nervi e dei sensi è meno differenziato, meno separato dall’apparato ritmico: è sempre compenetrato dal sistema ritmico.

 

A sua volta l’organismo del ricambio è compenetrato da quello ritmico. Quest’ultimo non è quindi così distinto dagli altri due sistemi, come lo è nell’uomo. Noi abbiamo l’organismo del pensiero, cioè dei nervi e dei sensi, l’organismo ritmico e quello del ricambio. I tre sistemi organici sono relativamente differenziati fra loro. Nell’animale esistono certo sia il sistema dei nervi e dei sensi, sia quello del ricambio, ma essi costituiscono una diretta polarità. L’organismo ritmico non è così nettamente separato, ma interpenetra piuttosto gli altri due sistemi; nell’animale si ha quindi una specie di bipartizione dell’organismo.

 

Essenziale nell’uomo non è in effetti che la testa tenda ad avere una formazione particolare; in lui tende invece ad avere una speciale formazione il suo sistema ritmico che si rende così autonomo. Di conseguenza, da un lato il sistema della testa è più differenziato che non nell’animale, e dall’altro lo è anche l’organismo del ricambio. Così nell’uomo vi è un ricambio più intenso che nell’animale nel quale l’organismo ritmico interviene di continuo nel ricambio.

 

Studiando in questo modo gli organismi umani e animali, si scopre che l’uomo, nel suo organismo del ricambio è un essere diverso rispetto a quello dei nervi e dei sensi. In quest’ultimo la sua anima è del tutto immersa. Di conseguenza di che cosa siamo soltanto coscienti? Delle nostre rappresentazioni, dei nostri pensieri. Tuttavia nei pensieri avvertiamo una certa irrealtà. Essi sono soltanto immagini.

 

L’organismo della testa è la nostra parte più perfetta, e quella animico-spirituale è immersa nel modo più profondo nella corporeità. Per la nostra organizzazione possiamo essere materialisti al massimo rispetto al pensare, all’organismo dei nervi e dei sensi. Quel che ci rimane dello spirito sono infatti solo immagini. Nei pensieri abbiamo immagini della realtà. Chi comprende come lo spirito sia diluito, se così posso dire, fino all’immagine, e come viva in noi da svegli, vedrà nella vita dei pensieri una precisa dimostrazione che nell’uomo vi è spirito.

 

Tuttavia i pensieri non ci parlano direttamente come spirito, ma come immagini prodotte dallo spirito mentre esso si immerge per la sua maggior parte nell’apparato dei nervi e dei sensi, rimandando e rispecchiando soltanto ciò che rimane nelle immagini e che si presenta alla coscienza appunto come pensiero. Si impara così appunto a capire bene la natura umana e di conseguenza anche quella animale.

 

Quando poi, grazie a immaginazione, ispirazione e intuizione, si arriva così a conoscere l’uomo e a osservarlo come essere spirituale-animico quando è fuori dal suo organismo, quando dorme; quando si arriva all’autoconoscenza grazie alle tre conoscenze superiori, a riconoscersi al di fuori del corpo fisico, cessa anche la differenza fra soggettività e oggettività.

 

Fuori dal corpo siamo allora parte del cosmo. Possiamo guardare indietro a noi stessi e riconoscerci; possiamo guardare nel cosmo. Ci si presentano così le osservazioni che configurano una vera cosmologia, una cosmosofia, quale ho cercato di presentare nel mio libro La scienza occulta. Sono risultati di dirette osservazioni fatte grazie a immaginazione, ispirazione e intuizione al di fuori del corpo fisico. Il risultato è la completa conoscenza dell’uomo.

 

Sarebbe ora interessante estendere le nostre osservazioni anche al regno vegetale e a quello minerale. Oggi però ce ne manca il tempo. Vorrei invece accennare ad alcuni altri campi, sia pure solo con degli esempi. Comincerei cercando di seguire la metamorfosi dell’organismo umano, rilevando cioè come da un lato l’uomo dei nervi e dei sensi sia nella sua organizzazione materiale il risultato della vita animico-spirituale, e come dall’altro, nell’organismo del ricambio, non vi sia alcun risultato simile.

 

La vita spirituale brucia infatti di continuo la materia, soprattutto quando è attiva appunto come vita spirituale. Vediamo come l’essere umano si metamorfosi, materializzandosi e spiritualizzandosi in continua alternanza. Se con la conoscenza soprasensibile si è in grado di seguire questo metamorfosarsi degli organi, lo si segue non solo nel loro stato sano, ma anche in quello malato. Vorrei indicare solo una direzione.

 

Nel momento in cui, con la coscienza vuota ieri ricordata, si vede il mondo spirituale attorno a sé, tutto ciò che prima era solo oggetto dell’osservazione dei sensi, diviene ora oggetto dell’osservazione spirituale. Come l’essere umano appare spiritualizzato a tale osservazione, così risulta spiritualizzato, ricolmo di anima, tutto il mondo, il cosmo, davanti al nostro sguardo spirituale. Così ad esempio vediamo il sole secondo la visione corrente e anche secondo la scienza come un corpo ben limitato e definito; esso ci si presenta nel suo aspetto fisico, come organismo fisico. Vi è però anche un solare elemento spirituale che non è limitato alla precisa parte spaziale che vediamo con gli organi fisici, ma che riempie tutto il cosmo a noi accessibile. L’elemento solare compenetra tutti i regni della natura e anche l’uomo; è qualcosa che opera in noi.

 

Proprio come studiando la fisica sappiamo in che modo la luce eterica del sole penetri in noi attraverso gli occhi, come studiamo gli effetti della luce attraverso l’apparato visivo fisico o altro del genere, così possiamo anche studiare la parte spirituale, l’elemento solare, la parte spirituale dell’attività solare che comunque incontriamo in tutti gli organi interni umani.

Diventiamo consapevoli che una gran parte degli organi (in effetti tutti, in misura maggiore o minore) tendono verso un unico polo con una vita germogliante, tesa alla crescita, una vita che sale. Questo inizia con una limitata forza germogliante che aumenta poi nella crescita, nella richiesta di alimenti, e anche nella digestione, nel mangiare e così via.

 

Di contro in tutti gli organi vi è una vita in discesa, degenerante.

Ad ogni evoluzione si contrappone una involuzione.

 

Alla vita della crescita negli organi, che abbiamo in noi, lavora l’elemento solare che è diffuso nel cosmo. Soprattutto nel cervello si osserva la decrescita. Poiché di continuo con l’attività del pensiero si elimina materia cerebrale, deve esservi di continuo un processo distruttivo movendo appunto dal cervello.

L’elemento lunare ha a che fare con le forze distruttive. La luna non è infatti solo ciò che ci appare fisicamente, ma questa parte è l’incarnazione fisica dell’elemento lunare che compenetra tutto il cosmo a noi accessibile; compenetra noi e tutti i regni della natura.

 

Noi comprendiamo i singoli organi partendo dal cosmo perché possiamo studiare ad esempio nei reni, nel cuore, nei polmoni e in ogni singolo organo il processo solare e quello lunare, le forze di crescita e di decrescita, ciò che si evolve o degenera.

Non si arriverà a una completa e totale fisiologia, se prima non si comprenderanno tutti gli organi umani partendo dallo spirito del cosmo con la loro vita che si evolve e che degenera.