Alcune osservazioni sulle cose che dipendono dalla signoria di Michele

O.O. 240 – Nessi karmici Vol. VI – 21.08.1924


 

Sommario: Le forze solari attive nell’uomo attraverso Michele. L’intelligenza cosmica sfuggita a Michele è ora divenuta individuale. Michele deve ritrovarla nei cuori umani. L’azione delle forze solari a Tintagel, sede di re Artù. I suoi dodici cavalieri. La corrente del Gral. La scuola di Chartres si pone fra le due. Scambio fra platonici e aristotelici e la scuola di Michele.

 

Poiché ce ne viene ancora offerta la possibilità, vorrei dire qualcosa a completamento di quanto ho già esposto, per parlare di alcune cose che saranno oggi più facili da capire, poiché in parte nelle conferenze antimeridiane, in parte nelle ultime riunioni dei soci, già furono toccati gli argomenti preparatori. Stasera parleremo di argomenti che concernono il karma della Società Antroposofica. Ne parlerò poi ancora nei prossimi giorni a Londra.

 

Come ci è noto dalle conferenze tenute qui, nel nostro tempo dobbiamo sapere che la guida spirituale dell’umanità, dell’umanità civile è sotto l’impulso dell’entità che indichiamo con il nome cristiano di Michele. La sua signoria, particolare se così vogliamo chiamarla, sulla vita spirituale è cominciata negli anni Settanta del secolo scorso. Fu preceduta, come ho già detto, dalla signoria di Gabriele. Vorrei ora fare alcune osservazioni sulle cose che dipendono dalla signoria di Michele, come essa è oggi.

 

Quando nell’evoluzione dell’umanità Michele guida i suoi impulsi entro la vita terrena, egli è sempre lo spirito che introduce le forze solari, le forze spirituali solari nell’evoluzione umana. A questo è collegato che l’uomo, come è stato detto nella conferenza di stamane, riceve queste forze solari durante la veglia diurna nel suo corpo fisico e nel suo corpo eterico.

 

L’attuale signoria di Michele, che è iniziata da poco e durerà tre o quattro secoli, ci palesa che le forze cosmiche solari passeranno definitivamente nei corpi umani fisico ed eterico. Prima di ogni altra cosa dobbiamo quindi domandarci:

che forze sono, che impulsi rappresentano le forze cosmiche del Sole?

Michele è anzitutto spirito solare.

 

Quindi è anche lo spirito che nella nostra epoca ha il compito particolare di approfondire il cristianesimo secondo la sua verità; si può senz’altro dire che Cristo proviene dal Sole. L’essere solare del Cristo (l’ho spesso detto) visse sulla Terra nel corpo di Gesù e da allora vive soprasensibilmente insieme al mondo umano. L’umanità deve anzitutto a poco a poco maturarsi ad accogliere nell’anima l’intero mistero connesso al Cristo; una parte essenziale di questo approfondimento si avrà nella nostra epoca micheliana.

 

Le forze solari, quando operano sulla Terra, sono sempre legate a un’onda di impulsi che si riversa nella civiltà terrena e che possiamo caratterizzare come onda intellettuale, perché tutto l’intelletto umano, e in generale del mondo, per quanto riguarda il nostro mondo deriva dal Sole. Il Sole è la sorgente di tutta l’intellettualità.

Annunciando questa verità, si può forse percepire perfino qualche sentimento di opposizione presso i nostri contemporanei, poiché è del tutto giustificato non avere tanta stima dell’attuale forma dell’intelletto, e proprio chi conosce la vita spirituale non può attendersi molto dall’attuale intellettualità; essa è logicamente astratta, è qualcosa che riempie l’uomo di idee e di concetti indistinti, ben lontani da una realtà piena di vita, che sono freddi, asciutti e vuoti di fronte alla calda e luminosa vita che pulsa attraverso il mondo e attraverso gli uomini.

 

Ma questa è solo la condizione odierna dell’intelligenza, perché quella che abbiamo oggi, nella coscienza generale dell’umanità, è appunto soltanto all’inizio, così come siamo solo all’inizio dell’epoca di Michele.

L’intelligenza sarà un giorno tutt’altra; per avere un’idea di come essa diverrà diversa nel corso dell’evoluzione dell’umanità, si deve pensare che ancora Tommaso d’Aquino, nella filosofia cristiana medioevale indicava gli esseri che abitano le stelle con il nome di intelligenze. Anche a fronte dell’attuale concezione materialistica, dobbiamo affermare che le stelle sono colonie di entità spirituali. Ciò appare strano all’uomo attuale, perché non pensa affatto che guardando le stelle egli scorga esseri che hanno qualcosa a che fare con la sua vita e che dimorano appunto sulle stelle, così come gli uomini dimorano in Terra.

 

Nel secolo tredicesimo Tommaso d’Aquino per quanto parli di una stella come di un essere unitario, indica gli esseri che la abitano, come si farebbe per l’umanità della Terra, se la si osservasse da una stella estranea. Sebbene egli non sempre dica se singoli oppure molti esseri dimorino sulle stelle, come noi già sappiamo tanto che dobbiamo indicarle come colonie del cosmo, se egli dunque parla di un essere stellare unitario, intende tuttavia le intelligenze delle stelle. Così questo maestro cristiano medioevale della Chiesa nel tredicesimo secolo era ancora entro la tradizione che stava allora spegnendosi, calando e decadendo, ma che indicava ancora distintamente che tutto quanto designiamo col nome di intelligenza era una volta diverso da quel che è oggi.

 

Se ritorniamo a tempi remoti dell’evoluzione dell’umanità (ne ho già accennato anche qui nelle conferenze) troviamo che l’essere umano non agiva generando i pensieri da se stesso, così da pensare sulle cose per propria forza. La capacità interiore animica del pensare, l’attività interiore formativa di pensieri, si è infatti sviluppata del tutto solo a partire dal secolo quindicesimo, con l’ingresso dell’anima cosciente nell’evoluzione dell’umanità.

Se riandiamo a epoche precristiane, a tempi antichi, troviamo che gli uomini non avevano affatto la coscienza di pensare da sé; non sentivano affatto di avere pensieri, ma sentivano che i pensieri si rivelavano loro dalle cose. L’intelligenza era diffusa cosmicamente dappertutto, era nelle cose stesse.

 

Come si percepiscono i colori, così si percepiva il contenuto intelligente, il contenuto di pensiero delle cose. Il mondo è pieno di intelligenza, ovunque vi è essenza intelligente.

L’uomo ha in certo modo fatta propria l’intelligenza nel corso dei tempi moderni.

Si potrebbe dire che l’intelligenza è qualcosa diffuso nell’ampio universo di cui l’uomo nei tempi moderni ha ricevuto una goccia; questo è l’uomo adesso (v. disegno).

 

 

L’uomo antico era consapevole in ogni attimo del suo pensare che i pensieri gli venivano ispirati, gli venivano rivelati. Egli ascriveva l’intelligenza solo all’universo, non a sé.

In tutti i tempi il ministro dell’intelligenza cosmica che si diffonde dal Sole, irraggiando come la luce sull’universo mondo, è appunto lo spirito che viene indicato col nome di Michele. Egli è il ministro dell’intelligenza cosmica.

Nella nuova epoca postcristiana subentrò però il fatto significativo che, dopo il mistero del Golgota, sfuggì a poco a poco a Michele la cura dell’intelligenza che andò perduta per lui.

 

Da quando esiste la Terra, Michele sempre gestì l’intelligenza cosmica. Quando un uomo sentiva in sé i pensieri, vale a dire contenuti intelligenti, ancora al tempo di Alessandro e di Aristotele, egli li considerava non propri contenuti di pensiero, ma pensieri rivelati dalla potenza di Michele, anche se nei tempi pagani lo si denominava altrimenti.

Solo a poco a poco sfuggì a Michele il contenuto dei pensieri; guardando nel mondo spirituale osserviamo la discesa dell’intelligenza dal Sole alla Terra, e la vediamo realizzarsi fin verso l’ottavo secolo postcristiano.

 

Nel nono secolo gli uomini cominciano già, si può dire quali precursori, a sviluppare intelligenza propria: l’intelligenza stabilisce la sua sede nelle anime umane. Michele e i suoi guardano dal Sole verso la Terra, e dicono: quella che abbiamo amministrata per eoni ci è lentamente sfuggita, è andata perduta per noi, è fluita giù e si trova adesso nelle anime degli uomini sulla Terra. Questo era lo stato d’animo entro la comunità di Michele sul Sole.

Al tempo di Alessandro e secoli prima c’era stata in Terra la precedente signoria di Michele, ma al tempo del mistero del Golgota Michele si trovava con i suoi sul Sole. Allora non solo si vedeva il Cristo che abbandonava il Sole, i seguaci di Michele non vedevano l’avvicinarsi del Cristo, come potevano fare gli abitatori della Terra, lo vedevano mentre se ne andava dal Sole, e vedevano nel contempo come il dominio sull’intelligenza a poco a poco sfuggisse loro di mano.

 

Così nel corso dell’evoluzione moderna dell’umanità vediamo che dal mistero del Golgota l’evoluzione procede così:

vi è la linea spirituale celeste e la linea terrestre (nel disegno il rosso e il giallo);

il Cristo scende sulla Terra e continua a evolversi con essa,

mentre l’essenza intelligente discende a poco a poco in Terra fino all’ottavo, nono secolo (verde).

• Allora gli uomini cominciano, in quella che chiamano scienza, in ciò che sviluppano nei loro pensieri,

ad ascriversi la propria individuale intelligenza personale.

Michele vede tra gli uomini quella che aveva amministrato per eoni.

 

Nella comunità di Michele si pensava: nella nostra prossima signoria, che deve appunto iniziare nell’ultimo terzo del secolo diciannovesimo, quando di nuovo compenetreremo la civiltà terrena con i nostri impulsi, dobbiamo ritrovare in Terra l’intelligenza che vi era discesa dal cielo, per gestire nelle anime e nei cuori quella che avevamo amministrato per eoni dal Sole, dal cosmo.

 

 

Nel nostro tempo vi è così una preparazione da parte della comunità di Michele per ritrovare nei cuori degli uomini quanto in certo modo andò perduto per l’influsso del mistero del Golgota, percorrendo un viaggio piuttosto lungo dal cielo alla Terra.

Come andò poi che Michele e i suoi abbiano cercato di riconquistare nei cuori degli uomini l’intelligenza sfuggita loro nel Sole, a cominciare da questa epoca di Michele, dalla fine degli anni Settanta del secolo scorso, è quanto vorrei un po’ descrivere.

Michele, che dal Sole tendeva alla Terra per coloro che vedono lo spirito nel cosmo,

vuole in futuro eleggere la sua sede nei cuori, nelle anime degli uomini.

• Ciò deve cominciare nel nostro tempo, e portare il cristianesimo a profonde verità;

il Cristo, quale essere solare, deve essere compreso dall’umanità

ed entrare a vivere in essa per mezzo dello spirito solare, Michele,

che sempre amministrò il comprendere, vale a dire l’intelligenza;

egli intende in futuro gestirla non nel cosmo, ma nei cuori degli uomini.

 

Quando oggi s’incontra una qualsiasi manifestazione di intelligenza, e si vuole trovarne l’origine, si pensa alla testa perché l’intelligenza, discesa dal cielo in Terra, opera nell’anima umana, e si manifesta interiormente attraverso il capo, attraverso la testa.

Non fu sempre così quando si aspirava all’intelligenza che si manifestava, quale essenza intelligente, dal cosmo. Anche l’uomo, nello sviluppo della sua testa non tendeva anticamente all’intelligenza, ma vi tendeva ricercando l’ispirazione dalle forze del cosmo.

Vorrei dire che un esempio di come può essere ricercata l’intelligenza cosmica, quale oggi non si ricerca più, ma quale era ricercata un tempo, lo si trova quando si è, come ci fu possibile domenica scorsa, a Tintagel, nel luogo ove si ergeva una volta il castello di Artù, dove Artù esercitava la sua signoria, così singolare e importante per il mondo europeo, insieme ai suoi dodici compagni.

 

 

Da quanto riferiscono i documenti storici su Artù e sulla sua Tavola rotonda non sarà facile farsi un’idea dei loro compiti. La si ottiene sostando nel luogo e osservando con lo sguardo spirituale ove una volta vi era il castello e guardando verso il tratto di mare che si scorge di lassù, diviso in due parti da uno scoglio roccioso (v. disegno).

 

In un tempo relativamente breve, si può scorgere un gioco meraviglioso di luce e aria, ma anche di esseri elementari che vivono nella luce e nell’aria. Si può scorgere come le entità spirituali, che ora si riversano con i raggi solari sulla Terra, ora si specchiano nello scintillante frangersi delle acque e del loro ricadere a pioggia, colgano nel loro rispecchiarsi quel che soggiace alla forza di gravità della Terra e si manifesta nell’aria nei più densi spiriti aerei. Si può anche vedere, quando la pioggia cessa e i raggi solari attraversano l’aria pura, come in tutt’altra maniera avvenga il gioco degli spiriti elementari. Si scorge allora l’azione solare nella sostanza terrestre. Guardando proprio da un luogo come quello, si diventa allora “paganamente devoti” (non si può proprio divenire “cristianamente devoti”, la devozione pagana è diversa dalla devozione cristiana), vale a dire ci si abbandona con tutta l’anima e con il cuore alle entità spirituali presenti nelle azioni della natura, alla pluralità delle entità spirituali presenti nelle azioni della natura.

 

Certo non è possibile per l’uomo attuale, con i suoi ordinamenti sociali, rilevare le azioni che si esplicano nel gioco delle forze della natura. Solo alla conoscenza iniziatica è possibile penetrare in queste cose. Di tutto quanto deve essere raggiunto nello spirito è sempre parte qualche condizione fondamentale.

 

Ho detto stamattina, a proposito dell’esempio col quale ho spiegato che cosa si deve fare per conoscere le apparenze esteriori, che deve operare l’azione armonizzante del karma di due uomini. Affinché nella missione, nel compito di re Artù e dei suoi potesse allora giustamente influire ciò che dal mare si manifestava spiritualmente in maniera tanto meravigliosa, doveva esservi qualcosa di speciale.

 

E’ senz’altro reale che ancora oggi continui il gioco che penetra, oltre le onde marine che si increspano e spumeggiano, nella regione aerea illuminata e risplendente di sole, che oggi ancora nella natura affiorino gli spiriti su quel mare e verso quelle rocce, ma per rilevare quali spiriti vi siano nelle azioni della natura era necessario che ciò venisse accolto non solo da un uomo. Occorreva un gruppo di uomini tra i quali uno si sentisse al centro come un sole e i suoi dodici compagni fossero stati sempre educati in modo che nel loro temperamento, nella loro anima, in tutto il manifestarsi del loro essere risultasse il dodici, che si potessero raggruppare dodici singoli uomini, proprio come le figure dello zodiaco si raggruppano intorno al Sole.

 

Così appunto anche la Tavola rotonda esisteva perché il re Artù vi aveva il seggio centrale e tutt’intorno erano disposti i dodici; là dove si riunivano a concilio, essi avevano sopra di sé i segni dello zodiaco come loro emblema, come loro segno, a indicare sotto quale influsso cosmico si trovavano. Da quel luogo si può dire che ebbe inizio la civiltà europea, da là il re Artù e i suoi dodici traevano le forze, che prendevano dal Sole, per fare le loro grandi spedizioni nella restante Europa, per combattere affinché uscissero dagli uomini le antiche potenze demoniache selvagge che allora si trovavano ancora in gran parte della popolazione europea. Quei dodici compagni di re Artù combattevano, diretti da lui, per la civiltà esteriore.

 

Se ora ci chiediamo: come si sentivano i dodici? chi pensavano di essere? comprendiamo come stavano le cose, se risaliamo a quanto ho appunto esposto. Gli uomini non sentivano in sé l’intelligenza, non dicevano: elaboro i miei pensieri, i miei pensieri intelligenti, ma sentivano l’intelligenza come rivelazione, e cercavano le rivelazioni attraverso un gruppo, come l’ho descritto, di dodici o tredici.

 

Così assorbivano l’intelligenza, quell’intelligenza che occorreva loro per formare gli impulsi civilizzatori. Si sentivano d’altra parte protetti dalla potenza che si può indicare con il nome cristiano-ebraico di Michele. La schiera dei dodici sotto la direzione di re Artù è nel senso più eminente (lo mostra perfino tutta la struttura del castello di Artù) una schiera micheliana, una schiera del tempo in cui Michele amministrava ancora l’intelligenza cosmica.

 

È la schiera che assicurò più a lungo a Michele la signoria sull’intelligenza cosmica. Si potrebbe dire che quando oggi si guardano le rovine del castello di Artù, traendone l’immagine dalla cronaca dell’akasha, si sentono ancora cadere le pietre di quelle che furono un tempo le possenti porte del castello, e nella caduta di quelle pietre si sente come un’immagine terrena della discesa dell’intelligenza cosmica dalle mani di Michele entro le anime degli uomini.

 

Accanto alla corrente micheliana di Artù si forma una controcorrente polare, in un altro luogo ove si è poi rifugiato il cristianesimo interiore: è la corrente del Gral, un messaggio che si trova accennato nella saga di Parsifal. Anche in essa troviamo i dodici intorno all’uno, ma ora non si manifesta più l’intelligenza che fluisce dal cielo in terra con pensieri intelligenti; ciò che fluisce si manifesta come il puro folle — Parsifal — di fronte ai pensieri terreni; fluisce dunque dal cielo e fa affidamento sull’intelligenza solo ancora entro l’elemento terrestre.

 

Qui al nord abbiamo il castello di Artù, dove si pensa ancora all’intelligenza cosmica, dove si vuole introdurre l’intelligenza dell’universo per civilizzare la Terra.

Altrove vi è il contro-castello, il castello del Gral, dove non si cerca più l’intelligenza che scende dal cielo, dove si stima che ciò che è saggio per l’uomo, è folle per Dio, e ciò che è saggio per Dio, è folle per l’uomo.

Dal castello più a sud fluisce quello che solamente con esclusione dell’intelligenza vuol riversarsi nell’intelligenza.

 

In tempi più antichi, che però arrivano fino a quando si ebbe in Asia il mistero del Golgota, osservando giustamente quanto succede, abbiamo da un lato la forte tendenza ad assicurare la signoria cosmica di Michele sull’intelligenza mediante il principio di Artù, dall’altro, dalla Spagna, nel principio del Gral, la tendenza a tener conto che in futuro l’intelligenza debba venir trovata sulla Terra, perché non fluisce più dal cielo. L’intera saga del Gral respira il senso di quanto ho testé detto.

 

Confrontando queste due correnti, abbiamo così il grande problema che si impose agli uomini nella situazione storica di allora, quello degli effetti successivi del principio di Artù e di quelli del principio del Gral.

Il problema si poneva così: come trova, non solo un uomo come Parsifal, ma come trova Michele stesso la via dai cavalieri di Artù, che vogliono assicurare il suo dominio cosmico, ai cavalieri del Gral che vogliono spianargli la via verso i cuori ed entro le anime degli uomini, affinché ivi egli possa afferrare l’intelligenza?

 

Si mette così a fuoco per noi il grande problema della nostra epoca: che mediante la signoria di Michele il cristianesimo venga compreso in un senso più profondo. Questo problema sta imponente davanti a noi, inscritto in entrambe le opposte tendenze: nelle rovine visibili a Tintagel, e nel castello non facilmente accessibile allo sguardo umano, perché è da ogni parte coperto dai rami del bosco che si estende per sessanta miglia all’intorno. Tra questi due castelli sta il potente enigma: come diverrà Michele il nuovo ispiratore di impulsi per la comprensione della verità del cristianesimo?

 

Ora non si può dire che i cavalieri di Artù non abbiano combattuto per il Cristo e nel senso dell’impulso del Cristo. Solamente c’era in loro la tendenza a cercare ancora il Cristo nel Sole, né volevano smettere di farlo: in ciò consisteva il loro sentimento di portare il cielo in Terra, di condurre i loro combattimenti micheliani per il Cristo operante dai raggi del Sole.

In un altro senso operava poi l’impulso del Cristo nella corrente del Gral, con la piena coscienza che Egli è disceso sulla Terra, che deve esser portato dai cuori umani, che in certo modo unisce la parte più spirituale del Sole con l’evoluzione terrena degli uomini.

 

Ho avuto modo in questi giorni di raccontare delle individualità o personalità che nel secolo dodicesimo operarono nella scuola di Chartres, guidata dalla più alta spiritualità. Ho ricordato i maestri della scuola di Chartres, quali furono Bernardus Sylvestris, lo stesso Bernardus di Chartres, Alanus ab Insulis, e anche alcuni altri che ivi insegnarono a un gran numero di discepoli.

Ricordando tutto quanto avevo caratterizzato e che era proprio di quei grandi maestri, si può dire che essi avevano ancora in sé le antiche tradizioni di una natura essenziale e vivente, non della natura astratta e materiale. Perciò si può dire che ancora aleggiava sulla scuola di Chartres quel cristianesimo solare che i cavalieri di Michele, gli eroi della Tavola rotonda di Artù, cercavano di portare come impulso nel mondo.

 

La scuola di Chartres è meravigliosamente situata nel mezzo, tra il principio nordico di Artù e il principio-Cristo meridionale. Le ombre del castello di Artù e quelle del castello del Gral fanno agire gli invisibili impulsi soprasensibili non tanto nel contenuto dell’insegnamento, quanto assai più nel tono complessivo, nel comportamento, nello stato d’animo imperanti negli appassionati discepoli che si trovavano — come si direbbe oggi — nelle aule di Chartres.

Era il tempo in cui, proprio da parte dei maestri di Chartres, il cristianesimo veniva presentato in modo da vedere soprattutto nel Cristo, apparso in Gesù di Nazareth, il sommo essere solare. Parlando del Cristo, si vedeva così nello stesso tempo il suo impulso che continua ad operare nell’evoluzione della Terra nel senso della concezione del Gral, e in pari tempo anche lo scorrere dell’impulso solare nel Cristo.

Il tono fondamentale della dottrina di Chartres che si offriva alla visione spirituale non si può acquisire oggi dagli scritti disponibili dei singoli maestri di quella scuola. A chi li legge oggi appaiono quasi come dei cataloghi di nomi, ma chi li legge con intendimento spirituale, proprio nelle brevi frasi intercalate che si trovano tra i nomi, le definizioni e i termini così riccamente riportati, vede la profonda conoscenza spirituale che quei maestri avevano ancora.

 

Verso la fine del secolo dodicesimo i maestri di Chartres passarono poi attraverso la porta della morte, e nel mondo spirituale si incontrarono con l’altra corrente che si collegava con l’antica epoca di Michele, che faceva pieno affidamento sul cristianesimo, cioè sull’impulso del Cristo disceso dal cielo sulla Terra. Ivi incontrarono tutto ciò che gli aristotelici avevano realizzato per preparare il cristianesimo, grazie anche alla spedizione di Alessandro in Asia; incontrarono anche gli stessi Aristotele e Alessandro che si trovavano allora nel mondo spirituale. Ciò che i due portavano in sé non poteva allora essere in Terra, perché si basava sull’assoluta rinuncia all’antico cristianesimo naturalistico del quale si trovava ancora un riflesso nella dottrina di Chartres, dove agiva ancora qualcosa di simile, vorrei dire, al cristianesimo pagano, al cristianesimo precristiano, presente anche nella Tavola rotonda di Artù. Nel tempo in cui operavano i maestri di Chartres non potevano essere in Terra gli aristotelici, quelli che fondarono e promossero l’alessandrinismo. Il loro tempo giunse un po’ più tardi, a partire dal secolo tredicesimo.

 

Ma nel frattempo avvenne qualcosa di molto significativo: i maestri di Chartres e tutti i loro seguaci, subito dopo esser passati per la porta della morte e ascesi al mondo spirituale, si trovarono insieme a coloro che stavano proprio preparandosi a discendere nel mondo fisico; secondo il loro karma tendevano all’ordine domenicano che coltivava di preferenza aristotelismo e alessandrinismo. I maestri di Chartres si incontrarono così con le anime che si preparavano a discendere. Alla svolta tra il dodicesimo e il tredicesimo secolo, se posso esprimermi con termini correnti oggi in uso, si ebbe una specie di discussione tra le anime appena arrivate e quelle che discendevano; vi fu il grande accordo perché dovevano unificarsi l’azione del cristianesimo solare, come si manifestava per esempio nel principio del Gral e poi anche nelle dottrine di Chartres, con l’alessandrinismo e l’aristotelismo.

 

I seguaci di Alessandro così discesero e fondarono la Scolastica, spiritualmente significativa e oggi non abbastanza apprezzata, entro la quale venne conquistato quanto soltanto mediante il radicalismo di un estremo poteva venir ottenuto: la conoscenza dell’immortalità personale dell’uomo in senso cristiano, quell’immortalità personale che i maestri di Chartres non sostenevano con molto rigore.

Questi avevano ancora in sé qualcosa che faceva loro dire: quando l’anima passa attraverso la porta della morte, ritorna in grembo alla divinità. Parlavano dell’immortalità individuale, personale, assai meno dei maestri domenicani, degli scolastici.

 

Molte cose notevoli avvennero allora: ad esempio che uno degli scolastici era disceso dal mondo spirituale per diffondere l’aristotelismo in senso cristiano, e in quell’occasione — così voleva il karma — non era ancora possibile in senso pieno collegare con l’anima il profondo contenuto del principio del Gral. Di conseguenza la concezione del Gral di Wolfram von Eschenbach operò relativamente tardi.

Anche un altro discese più tardi e portò ciò che era necessario, entrando poi nell’ordine dei domenicani, ove venne dibattuto da un più vecchio e un più giovane domenicano il collegamento completo fra aristotelismo e un cristianesimo più naturalistico, quale viveva attorno a re Artù.

 

Poi anche le individualità dei maestri domenicani ascesero al mondo spirituale. Vi fu allora l’intesa realmente grande sotto la direzione di Michele stesso che, guardando in basso all’intelligenza ora sulla Terra, radunava i suoi: entità spirituali del mondo sopraterreno, un gran numero di esseri elementari e molte, moltissime anime umane disincarnate, il cui impulso interiore animico le spingeva verso un rinnovamento del cristianesimo; ciò non poteva subito avvenire nel mondo fisico, perché i tempi non ne erano ancora maturi.

 

Venne però fondata sotto la direzione di Michele stesso una grande e potente istituzione di saggezza soprasensibile; in essa erano riunite tutte le anime ancora in odore di paganesimo, ma aspiranti al cristianesimo, e anche le anime che nei primi secoli cristiani avevano vissuto già una volta sulla Terra con in cuore il cristianesimo di allora. Nelle regioni soprasensibili, nel mondo spirituale si formò una schiera di Michele che accolse le dottrine dei maestri micheliani del tempo di Alessandro, dei maestri micheliani della tradizione del Gral, e anche dei maestri micheliani che seguivano impulsi come quello di Artù.

 

Tutte le possibili sfumature di anime cristiane si sentirono attirate in quella comunità di Michele, ove si insegnavano elementi importanti sugli antichi misteri, su tutti gli antichi impulsi di genere spirituale, ove però si accennava anche al futuro, all’ultimo terzo del secolo diciannovesimo, quando Michele avrebbe di nuovo operato in Terra, e quando tutti gli insegnamenti, che si erano per così dire sviluppati in una scuola celeste sotto la guida di Michele nei secoli quindicesimo e sedicesimo, dovevano essere riportati in Terra.

 

Cercando le anime che allora si schierarono attorno alla scuola di Michele stesso, per prepararsi al suo successivo periodo terreno, si trovano tra di loro numerose anime che oggi sentono l’impulso verso il movimento antroposofico. Il karma conduce quelle anime che allora, nella vita tra morte e nuova nascita, si schierarono con Michele per portare in Terra nuovamente un cristianesimo cosmico.

Dato che il karma ha riunito un gran numero di anime, quelle che con sincerità sono venute nel movimento antroposofico con tali antecedenti e con tali premesse, ciò rende il movimento antroposofico l’autentico movimento di Michele, il vero rinnovatore del cristianesimo. Questo è il karma del movimento antroposofico e anche il karma di molti singoli che sono venuti in maniera sincera al movimento antroposofico.

 

L’impulso di Michele, che in tal modo può venir afferrato concretamente, che si può rintracciare in numerosi segni qui sulla Terra, che ci viene anche incontro meravigliandoci, quando vediamo i magnifici giochi naturali intorno alle rovine del castello di Artù, tale impulso va portato nel mondo, deve infatti nel corso dei secoli entrare nella civiltà, se questa non vuole incorrere nella completa rovina; questo è in particolare il compito del movimento antroposofico.

Questo volevo ancora una volta inscrivere nei cuori degli ascoltatori con la conferenza che ci è stata donata.