Pensiero e coscienza

O.O.2 – Linee fondamentali di una gnoseologia (C-9)


 

Il mondo del nostro pensiero è un’entità poggiante interamente su se stessa,

una totalità in sé completa e perfetta.

Qui vediamo quale dei due lati del mondo del pensiero sia l’essenziale:

il lato oggettivo del suo contenuto e non quello soggettivo del suo manifestarsi.

 

Questa comprensione della saldezza e perfezione interiore del pensiero appare nel modo più chiaro nel sistema scientifico di Hegel. Nessuno come lui ha attribuito al pensiero una potenza così completa da bastare di per se stesso a fondare una concezione del mondo. Hegel ha una fiducia assoluta nel pensiero; esso è anzi l’unico fattore della realtà nel quale egli abbia fiducia, nel vero senso della parola.

 

Per quanto in genere siano giuste le sue vedute, nondimeno è appunto lui che, per la forma troppo rigida in cui difende il pensiero, gli ha fatto perdere ogni apprezzamento. Il modo come egli ha presentato le sue vedute, è causa della funesta confusione in cui è caduto il nostro « pensare intorno al pensare ». Egli ha voluto rendere proprio evidente l’importanza del pensiero, dell’idea, identificando la necessità del pensiero con la necessità dei fatti. Con ciò ha suscitato l’errore che le determinazioni del pensiero non siano puramente ideali, ma effettive. In breve si interpretò la sua dottrina come se, nel mondo stesso della realtà sensibile, egli avesse cercato il pensiero come una cosa. Né egli ha mai spiegato del tutto chiaramente questo punto.

 

Deve quindi restar bene inteso che

il campo del pensiero è unicamente la coscienza umana.

Dopo di che si deve mostrare come, per questo fatto,

il mondo del pensiero nulla perda della sua obiettività.

 

Hegel rilevò soltanto il lato obiettivo del pensiero; gli altri invece rilevano quasi tutti, perché è più facile, solo il lato soggettivo; e pare ad essi che Hegel abbia trattato ciò che è puramente ideale come una cosa materiale, che abbia mistificato. Anche molti filosofi contemporanei non sono liberi da questo errore; condannano Hegel per un difetto che egli in sé non ha, ma che certamente gli si può attribuire perché egli ha troppo scarsamente chiarito il punto in questione.

 

Noi ammettiamo che questo è un punto difficile per il nostro giudizio.

Crediamo però che la difficoltà sia superabile per un pensare vigoroso.

 

Due cose dobbiamo tener presenti al tempo stesso:

• la prima è che noi portiamo attivamente a manifestazione il mondo ideale,

• l’altra è che quanto noi attivamente chiamiamo ad esistenza, riposa sulle sue proprie leggi.

 

Certamente noi siamo abituati a rappresentarci un fenomeno in modo che basti osservarlo passivamente; nondimeno questa non è una necessità assoluta. Per quanto ostica possa esserci l’idea che noi stessi portiamo attivamente a manifestazione qualcosa di obiettivo, che in altre parole noi non solo percepiamo un fenomeno, ma al tempo stesso lo produciamo, questa non è un’idea inammissibile.

 

Basta semplicemente abbandonare la solita opinione che esistano tanti mondi di pensiero quanti individui umani. Del resto quest’opinione non è altro che un vecchio preconcetto; viene dovunque tacitamente presupposta, senza aver coscienza che un’altra sarebbe per lo meno altrettanto possibile, e che le ragioni per la validità dell’una o dell’altra dovrebbero ad ogni modo essere prima vagliate.

 

Al posto di quell’opinione si pensi per un momento quest’altra: che esista un solo contenuto di pensiero, e che il nostro pensiero individuale sia veramente lo sforzo del nostro sé, della nostra personalità individuale, per penetrare nel centro del pensiero del mondo.

 

Non è qui il luogo di indagare se quest’idea sia giusta o no, nondimeno essa è possibile, e noi abbiamo raggiunto il nostro intento di mostrare che, ad ogni modo, è perfettamente lecito di far apparire anche come priva di contraddizione quell’oggettività del pensiero che noi poniamo come necessaria.

 

Riguardo all’oggettività, l’opera del pensatore si può benissimo paragonare a quella del meccanico. Come questi mette reciprocamente in giuoco le forze della natura, producendo così un’attività e un’energia rivolte a un fine, così il pensatore mette in un vivente giuoco d’azione le masse dei pensieri, ed essi si svolgono e formano i sistemi di pensieri che costituiscono le nostre scienze.

 

………

 

Tutte le operazioni del nostro pensare sono processi che si compiono sulla base della penetrazione intelligente nell’entità dei pensieri, e non sotto una costrizione. Una tale costrizione è contradditoria alla natura del pensare.

Potrebbe darsi tuttavia che fosse sì inerente alla natura del pensare di imprimere al tempo stesso il suo contenuto nella sua apparenza fenomenica, ma che nondimeno, per il modo in cui il nostro spirito è organizzato, non potessimo percepire immediatamente detto contenuto. Ma non è così.

 

Il modo come il contenuto di pensiero ci si presenta, ci è garanzia che abbiamo davanti a noi la cosa nella sua essenza.

Infatti noi siamo coscienti di accompagnare noi stessi col nostro spirito ogni processo svolgentesi nel mondo del pensiero.

 

Non si può dunque pensare altro se non che la forma dell’apparenza sia condizionata dall’essenza della cosa. Come potremmo riprodurre la forma dell’apparenza se non conoscessimo l’essenza della cosa? Possiamo ben pensare che la forma dell’apparenza ci si presenti come totalità compiuta, e che noi poi cerchiamo il suo nòcciolo. Ma non possiamo assolutamente ammettere che cooperiamo alla produzione dell’apparenza, senza operare questa produzione partendo dal suo nocciolo.