Causa ed effetto nei 4 regni della natura

O.O. 235 – Nessi karmici Vol. I – 16.02.1924


 

Vorrei ora incominciare a parlare delle condizioni e delle leggi del destino umano, di quello che siamo usi chiamare karma. Il karma può soltanto venir compreso se si cerca anzitutto di conoscere come si esplicano le leggi dell’universo. Oggi sarà quindi necessario trattare in forma alquanto astratta questi vari modi di esplicazione delle leggi, per poi ricavare da quanto avremo osservato la conoscenza del destino umano, del karma.

 

Parliamo di cause ed effetti così per i fenomeni del mondo esterno come per quelli della vita umana e oggi, specialmente in campo scientifico, siamo abituati a parlarne in senso del tutto generico. Così facendo incappiamo però nelle maggiori difficoltà, perché non teniamo conto della diversità di come si presentano cause ed effetti.

 

Possiamo guardare innanzi tutto la cosiddetta natura inanimata che si palesa chiaramente nel regno minerale, nelle rocce, in forme spesso meravigliose, e anche in quelle strutture senza forma che per così dire sono state prima ridotte in polvere e poi di nuovo configurate. Guardiamo ciò che in tal modo ci si presenta nel mondo come inanimato.

 

Se osserviamo il mondo inanimato 

troveremo che in esso le cause vanno ricercate nel mondo inanimato stesso.

Dove, come effetto, esiste un che d’inanimato,

le cause che lo produssero sono pure da ricercarsi nel regno dell’inanimato.

Si giunge a conoscerlo quindi veramente soltanto tenendone conto,

cercando cioè nel regno inanimato le cause degli elementi inanimati.

 

Per quanto belle siano le forme di un cristallo, le cause che le produssero saranno da ricercare nel regno dell’inanimato. Esso si palesa perciò come un tutto in sé concluso. Non possiamo a tutta prima dire dove siano i suoi limiti, in certi casi saranno lontanissimi nello spazio cosmico, ma le cause di un oggetto inanimato che ci si presenta saranno sempre da cercarsi nell’ambito di quanto non ha vita. Con questa affermazione, già poniamo accanto all’inanimato qualcosa di diverso, e in tal modo si aprono allo sguardo determinate prospettive.

 

Osserviamo l’uomo, osserviamolo quando varca le porte della morte. Tutto quanto era e agiva in lui prima che attraversasse la porta della morte è ora assente dalla tangibile e visibile forma rimasta, e perciò diciamo che quella forma è inanimata. Come parliamo di inanimato quando osserviamo le rocce con le loro forme cristalline, così dobbiamo parlare di inanimato osservando il cadavere umano, privo di anima e di spirito.

 

Il cadavere viene a trovarsi nella medesima condizione della restante natura inanimata.

• Prima del passaggio dell’anima per la porta della morte,

le cause degli effetti che si presentavano nella figura umana andavano cercate in altro campo.

 

Quando si alza un braccio,

invano si cercherebbero le cause di quel movimento nelle leggi fisiche inanimate

che stanno alla base della figura umana

e invano cercheremmo nelle forze fisiche e chimiche operanti in essa

le cause del battito del cuore, della circolazione del sangue

e di ogni altro processo pur fra quelli indipendenti dalla volontà.

 

Ma quando l’anima ha varcato le porte della morte,

nell’istante in cui la figura umana diventa cadavere, si manifestano in esso determinati effetti.

Muta il colore della pelle, le membra si irrigidiscono e avviene tutto quanto di solito si vede in un cadavere.

Dove cercare le cause?

Nel cadavere, nelle forze chimiche e fisiche inanimate del cadavere stesso.

 

Se pensiamo fino in fondo e in ogni direzione a quanto ho appena accennato, e basta accennarvi, potremo concludere: nel cadavere, dopo che l’anima ha varcato le porte della morte, l’uomo è divenuto simile alla natura inanimata; dobbiamo perciò ricercare le cause degli effetti, nel dominio stesso in cui si hanno gli effetti. È molto importante.

 

Ma proprio mentre consideriamo questa caratteristica del cadavere umano,

ci si presenta un altro fenomeno di grande rilievo.

 

Quando si muore si espelle per così dire il proprio cadavere e se, con la facoltà atta a percezioni spirituali, osserviamo che cosa a quel punto è diventato l’essere umano vero e proprio, l’essere umano animico-spirituale che è di là della porta della morte, dobbiamo dire che per noi quel cadavere non ha più alcuna importanza.

 

Il cadavere è stato espulso, e per l’uomo animico-spirituale che ha varcato le porte della morte,

esso non ha più importanza, è qualcosa che ha buttato lungi da sé.

 

Altra cosa è per la natura esterna inanimata, come risulta anche a un’osservazione superficiale. Osserviamo un cadavere umano, meglio ancora se è stato esposto all’azione dell’aria. In certi vani sotterranei che un tempo servivano da sepoltura a talune confraternite, i cadaveri venivano semplicemente appesi; così si prosciugavano; il prosciugamento andava tanto oltre che bastava poi toccarli leggermente con la punta delle dita perché cadessero in polvere.

 

È un fenomeno diverso da quelli che troviamo nella natura inanimata attorno a noi. La natura inanimata plasma forme, genera figure cristalline attraverso molte singolari trasformazioni. Se poi prescindiamo dalla sostanza solida e guardiamo agli altri elementi inanimati, all’acqua e all’aria, in essi vedremo svolgersi vivaci trasformazioni e metamorfosi.

 

Abbiamo dunque posto davanti all’anima

l’identità del corpo umano abbandonato dall’anima con la natura inanimata extra umana.

Osserviamo ora il regno vegetale, passando così nel campo del vivente.

 

Le cause di quel che si esplica in una pianta non potremo mai trovarle nel solo regno vegetale, nel regno cioè dove si manifestano gli effetti. Certo oggi esiste una scienza che ricerca in quella direzione, ma essa è evidentemente fuori strada, tant’è vero che finisce con il confessare che si possono studiare e sfruttare le forze e le leggi fisiche e chimiche attive nel vegetale, ma che qualcosa sfugge all’indagine. A questo punto sorgono contrasti d’opinione. Qualcuno dice che quanto rimane inosservato è semplicemente una combinazione di elementi, una forma, ma che attive sono le sole leggi fisiche e chimiche. Altri sostiene invece che nella pianta agisce qualcosa che l’uomo non ha ancora scoperto, ma che un giorno scoprirà.

 

Così la scienza parlerà ancora per gran tempo, ma la realtà è diversa: non si potrà mai comprendere la pianta se non attraverso un’indagine che abbracci tutto l’universo. Non si potrà comprenderla se non si dirà: le forze attive nella pianta giacciono in grembo al vasto universo. Tutto quanto in essa si svolge ha le proprie cause nell’universo. Bisogna che il Sole sia in una determinata posizione perché nella pianta si palesino dati effetti, e altre forze devono agire dall’universo per conferirle la sua forma, le sue forze propulsive interiori.

 

Tuttavia, anche se potessimo recarci sulla Luna, e non solo alla maniera di Giulio Verne, ma in realtà, se anche potessimo recarci sul Sole, non apprenderemmo nulla di più su quelle cause che stando sulla Terra, con le forze che già possediamo. Non concluderemmo nulla se volessimo dire: nel regno vegetale della Terra non ci sono le cause degli effetti che si producono nella vita vegetale, quindi andiamo sul Sole, là le troveremo. E invece non le troveremmo. Elevandoci alla conoscenza immaginativa, a una tutt’altra conoscenza troveremo quelle cause pur senza accedere alla Luna o al Sole, le troveremo nello stesso dominio terrestre.

 

Allora vedremmo che, per scoprire le cause degli effetti che si esplicano nel regno vegetale,

è necessario passare dal mondo fisico ordinario al mondo eterico,

e che ovunque nello spazio opera da lontano l’etere universale con le sue forze.

 

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Volendo risalire dagli effetti alle cause nel regno vegetale,

occorre dunque realmente passare a una seconda sfera del mondo.

Anche l’uomo vi partecipa, e le forze che dal mondo eterico agiscono sui vegetali, agiscono anche su di lui.

L’uomo ha in sé forze eteriche, ed alla somma delle forze eteriche che sono in lui diamo il nome di corpo eterico.

Già altre volte dissi che pochi giorni dopo la morte il corpo eterico va dilatandosi sempre più

e infine si dissolve nel cosmo, così che l’uomo rimane solo formato di corpo astrale e di io.

Confrontiamo ora quel che si può vedere dell’uomo che ha varcato la porta della morte

con quanto si vede nel regno vegetale.

 

Le forze operanti nel regno vegetale irradiano sulla Terra dalle ampiezze dello spazio.

Del corpo eterico umano dobbiamo invece dire che quando l’uomo muore

le forze del suo corpo eterico muovono verso le stesse ampiezze

da dove provengono le forze che determinano la crescita del vegetale.

 

Così il problema diventa più chiaro. Se osserviamo semplicemente il cadavere umano e diciamo che è inanimato, ci diventa difficile arrivare alla restante natura inanimata.

Se osserviamo il vivente regno vegetale e vediamo che le cause, le forze determinanti di esso provengono dall’etere spaziale, immergendoci immaginativamente nell’osservazione dell’essere umano, scopriamo che dopo la morte il corpo eterico dell’uomo si dirige là donde provengono le forze eteriche del regno vegetale.

 

Un’altra caratteristica va rilevata: l’azione delle forze che operano sulla pianta è relativamente rapida. Infatti sulla pianta che sorge dal suolo, che fiorisce e dà frutto, il Sole di ieri l’altro non ha più una grande influenza, non può più agire molto come causa.

 

Il Sole deve splendere oggi, proprio oggi.

È importante notarlo, e nel corso delle prossime considerazioni ne vedremo il motivo.

 

• I vegetali, con le loro cause eteriche, hanno sì entro l’elemento terrestre le loro vere forze fondamentali, ma le hanno in ciò che nell’universo è contemporaneo con la Terra.

Quando l’uomo, come essere animico-spirituale, varca le porte della morte, e il suo corpo eterico si dissolve, tale processo di dissolvimento dura solo breve tempo, pochi giorni, che commisurati al corso degli eventi universali sono un nulla; possiamo così dire che anche qui regna contemporaneità.

 

Anche osservando il corpo eterico, che risale alla sfera da cui provengono le forze eteriche del vegetale,

possiamo dunque dire che, non appena l’uomo vive nell’etere,

il modo in cui si esplica non è più limitato dalle leggi della Terra

e il corpo eterico si sviluppa con caratteri di simultaneità.

• Possiamo dire: regno minerale: simultaneità di cause ed effetti nel campo fisico.

 

Si potrebbe osservare che per taluni fenomeni nel campo fisico le cause sono da ricercarsi in tempi anteriori. Ma non è realmente così: perché quegli effetti possano verificarsi bisogna che le cause perdurino, continuino ad agire. Se queste non agiscono più, cessano anche gli effetti.

 

Possiamo dunque dire:

• regno minerale: simultaneità delle cause nel campo fisico.

Se procediamo a osservare il regno vegetale e quanto nell’uomo è di natura vegetale,

ci troviamo di fronte a simultaneità nella sfera fisica e in quella soprafisica.

• Regno vegetalesimultaneità delle cause operanti nel campo fisico e in quello soprafisico.

 

Passiamo ora al regno animale:

finché vive, sarebbe vano cercare nell’animale stesso le cause di quello che in lui si manifesta.

Anche se un animale semplicemente si aggira alla ricerca di cibo,

ne cercheremo invano le cause nei processi chimici e fisici del suo corpo.

 

Anche nella vastità dello spazio eterico, dove troviamo le cause della vita vegetale,

cercheremo invano le cause del movimento e delle sensazioni animali;

ivi troveremo invece le cause di quanto nell’animale ha natura vegetale,

e alla sua morte vedremo che anche il suo corpo eterico si espande nelle vastità dell’etere universale.

Le cause della sensazione non le troveremo invece né entro la sfera terrestre fisica né in quella soprafisica eterica;

non ve le potremmo trovare!

 

Anche qui la concezione moderna è del tutto fuori strada. Di fronte a molti fatti che si palesano nell’animale, quali sensazioni e movimenti, essa dovrebbe dire: osservando le forze fisiche e chimiche attive nell’animale, non trovo le cause di quei fatti, ma non le trovo neppure nelle vastità dell’universo, né nelle ampiezze eteriche. Se voglio spiegarmi un fiore devo uscire nel vasto universo, nell’universo eterico, e vi troverò la spiegazione del fiore.

 

Dall’universo eterico trarrò anche una spiegazione dei fenomeni della vita animale che sono simili ai fenomeni vegetali, ma non potrò spiegarmi né il movimento né la sensazione.

 

Se il 20 giugno osservo un animale riguardo alle sue facoltà di sensazione in tutto quanto in quel giorno agisce dallo spazio terrestre e da quello extra-terrestre, nello stesso giorno io non ne troverò le cause. Non le troverò nello spazio neppure risalendo a ritroso nel tempo, neppure risalendo a maggio o ad aprile.

 

Questo viene anche sentito dalla concezione moderna, e perciò di fronte ai fenomeni che le rimangono inspiegabili, o almeno a molti di essi, la concezione moderna parla di ereditarietà. Li spiega cioè con una parola: «ereditato», proviene dagli antenati. Naturalmente non applica tale giudizio a tutto, sarebbe troppo grottesco.

 

Che cosa significa ereditato? Il concetto dell’ereditarietà conduce alla fine all’idea che quanto si presenta come un complicato essere animale, già era racchiuso nell’ovulo materno.

 

La concezione moderna tende a considerare esteriormente il bove nella sua complessa costituzione, per poi dire: ecco, il bove proviene dall’ovulo germinale; ivi erano racchiuse le forze che poi crescendo condussero al bove. Quindi l’ovulo è un corpo complicatissimo. Dovrebbe essere davvero molto complicato per racchiudere tutto quanto plasma e forma e agisce nelle varie direzioni perché ne derivi il bove nella sua complessità.

 

Comunque si giri la cosa (esistono molte teorie al riguardo: teoria dell’evoluzione, dell’epigenesi e altre), non si può se non pensare l’ovulo come qualcosa di complicatissimo; e poiché oggi si parla sempre di molecole costituite in modo complicato da atomi, taluni immaginano il primo germe dell’ovulo come una complicatissima molecola. Questo però non concorda neppure con l’osservazione fisica.

 

Domandiamoci: l’ovulo è davvero una così complicata molecola, un così complicato organismo?

In realtà la caratteristica dell’ovulo non è di essere complicato, bensì di risospingere la materia nel caos.

Nel corpo materno, l’ovulo germinale non è una complessa struttura,

ma è sostanza materiale del tutto polverizzata, frammista, alla rinfusa, disorganizzata.

È materia divenuta disorganizzata, polverizzata.

Non potrebbe esservi riproduzione se la materia disorganizzata inanimata

che tende a configurarsi, a formare strutture cristalline, appunto nell’ovulo non ricadesse nel caos.

 

La proteina non è il più complesso, bensì il più semplice dei corpi, in sé privo di ogni tendenza.

Da quel piccolo caos che è il germe, non potrebbe mai formarsi un bove.

Perché esso si forma tuttavia?

Si forma perché entro l’organismo materno, tutto il mondo agisce sull’ovulo germinale.

Appunto perché privo di una sua destinazione, perché è divenuto caos, il mondo tutto può agire sull’ovulo.

 

La fecondazione ha solo lo scopo di ricondurre la materia nel caos, nell’indeterminato privo di destinazione.

Entra allora in azione l’universo.

Le cause non sono da ricercarsi nell’organismo materno e neppure fuori,

nell’etere o nei fatti che abbiamo contraddistinti come simultanei.

 

Occorre risalire a prima della nascita dell’animale, se vogliamo trovare le cause

delle disposizioni che formano un essere capace di sensazioni e di movimento.

Dobbiamo risalire a prima dell’inizio della vita.

 

Ciò significa che le cause determinanti dello sviluppo di un essere dotato di movimento e di sensazione

non sono da ricercare nella contemporaneità, bensì in qualche cosa di anteriore.

Qui sta la differenza.

Le cause di una pianta debbo ricercarle in fatti simultanei che si svolgono nell’universo.

Invece le cause delle sensazioni e dei movimenti che agiscono nell’animale non posso cercarle in nulla di simultaneo,

ma devo risalire a quel che precedette la sua vita.

 

In altre parole la posizione delle stelle dev’essere un’altra, dev’essere cambiata.

Sulle forze formatrici dell’animale non ha influenza la costellazione che gli è contemporanea,

ma quella precedente la sua nascita.

 

Volgiamoci ora all’uomo.

Dopo aver varcato la porta della morte

e aver deposto il suo corpo eterico che si dirige verso le ampiezze cosmiche

da cui provengono le forze di crescita dei vegetali, le forze eteriche, egli deve risalire fino alla nascita.

• A quel punto col suo corpo astrale egli ha ripercorso a ritroso tutto quanto aveva sperimentato durante la vita.

 

In altre parole: col suo corpo astrale l’uomo, dopo la morte,

non rimane nel contemporaneo, ma risale fino al tempo pre-natale;

risale là donde provengono le forze che conferiscono capacità di sensazione e movimento all’animale.

Tali forze non provengono dallo spazio, dal raggruppamento stellare operante in quello stesso tempo,

ma da un altro precedente.

 

Per il regno animale non possiamo parlare di contemporaneità delle cause fisiche e soprafisiche operanti,

ma dobbiamo parlare di cause soprafisiche precedenti

che in un tempo posteriore producono effetti nel campo fisico (si veda lo schema che segue).

Regno animale: cause soprafisiche passate determinano effetti attuali.

Entriamo di nuovo in un concetto di tempo; se così lecito dire, dobbiamo camminare nel tempo.

 

•  Per rintracciare le cause di ogni fatto del mondo fisico ci muoveremo nel fondo fisico stesso, non occorre uscirne.

•  Per rintracciare le cause operanti nel regno vegetale vivente

dobbiamo invece andare molto lontano, scrutare il mondo eterico,

e solo ai suoi confini là dove con termine fiabesco diremo che “il mondo è limitato da uno steccato”,

troveremo le cause della crescita vegetale.

 

Ma per quanto investigassimo quel mondo non vi troveremmo le cause delle facoltà di sensazione e di moto.

Per rintracciarle dovremmo camminare nel tempo, percorrere a ritroso il tempo,

uscire dallo spazio e procedere nel tempo.

 

Riguardo alle cause determinanti possiamo porre

• il corpo fisico umano inanimato accanto alla natura inanimata,

• il corpo eterico umano, nella sua vita e nel suo allontanarsi dopo la morte negli spazi eterici,

accanto al corpo eterico delle piante che proviene da quegli spazi,

da costellazioni contemporanee del soprafisico, del sopraterrestre,

• e possiamo infine porre l’organizzazione astrale umana a lato del regno animale.

 

Procediamo così dal regno minerale ai regni vegetale e animale

e arriviamo infine al regno umano che abbiamo già prima considerato,

ma non nella sua totalità bensì solo in quanto l’uomo ha un corpo fisico, poi un corpo eterico e poi un corpo astrale.

 

• Se avesse solo il corpo fisico, l’uomo sarebbe un cristallo, un cristallo molto complicato, ma pur sempre un cristallo.

•  Se al corpo fisico si fosse unicamente aggiunto un corpo eterico,

egli sarebbe una pianta, forse una bella pianta, ma pur sempre una pianta.

• E con l’aggiunta del corpo astrale, l’essere umano camminerebbe su quattro zampe,

avrebbe magari delle corna oppure altre appendici, ma non sarebbe che un animale.

 

L’uomo però non è così.

Egli ha la figura eretta per il fatto che, oltre alle organizzazioni fisica eterica e astrale,

possiede l’organizzazione dell’io.

Solo dell’essere che possiede l’organizzazione dell’io

possiamo dire che è un essere umano che appartiene al regno umano.

 

Ritorniamo ancora una volta su quel che già abbiamo osservato.

• Per cercare le cause di quanto è fisico possiamo restare nell’ambito del fisico.

• Per cercare quelle del vegetale dobbiamo uscire nella vastità del regno eterico,

rimanendo ancora nello spazio; lo spazio diventa però qualcosa di ipotetico,

tanto è vero che si deve ricorrere a termini fiabeschi per caratterizzarlo,

e dire ad esempio: “Là dove il mondo è limitato da uno steccato”.

 

Perfino chi ragiona secondo le attuali scienze fisiche si è ormai accorto che si può realmente dire qualcosa di simile. La detta espressione è sì inadeguata, possiamo tuttavia ricordare la rappresentazione puerile condivisa da molti: lassù, essi dicono, vi è il Sole che manda i suoi raggi sempre più lontano e quei raggi s’indeboliscono sempre più, ma la loro luce irradia lontano, lontano, sempre più lontano, appunto all’infinito.

 

Ho già altre volte detto che è un’assurdità pensare che la luce si diffonda all’infinito. La diffusione della luce soggiace alla legge di elasticità. Se si comprime una palla di gomma, la pressione arriva fino a un certo punto, ma poi finisce e la palla rimbalza. Così è anche per la luce: essa non si effonde all’infinito, ma dopo aver raggiunto un dato limite essa ritorna; anche il fisico Oliver Lodge ha sostenuto in Inghilterra che la luce non si propaga all’infinito, ma solo fino a un certo limite, e vediamo così che già oggi su questo punto la scienza fisica è arrivata a riconoscere quel che la scienza spirituale insegnava già da tempo. Un giorno essa arriverà a riconoscere ogni singolo insegnamento della scienza dello spirito.

 

Si può quindi dire che, dopo aver col pensiero seguito la luce molto lontano, non si può continuare nella rappresentazione di uno spazio senza fine, ma bisogna tornare indietro.

Lo spazio infinito è semplice fantasticheria, ed è per di più una fantasticheria che non si può afferrare.

 

Nella mia autobiografia ho detto come, mentre frequentavo un corso di geometria sintetica moderna, fui molto colpito nell’apprendere attraverso calcoli geometrici che non dobbiamo figurarci la retta come una linea che continui all’infinito, ma che prolungandosi in una direzione torna indietro dall’altra. La geometria si esprime dicendo che il punto dall’infinito verso destra è lo stesso del punto all’infinito verso sinistra. Può essere calcolato. Non è solo un’analogia che muovendo lungo una circonferenza si ritorna dalla parte opposta a quella da cui si era partiti e che se il semicerchio fosse infinito, esso diverrebbe una retta. Se fosse un’analogia, chi sa veramente pensare in modo esatto non vi darebbe alcun peso.

 

Quello che mi colpì non furono simili grossolane analogie, ma il fatto di poter davvero dimostrare in base a calcoli che il punto all’infinito a destra è lo stesso del punto all’infinito a sinistra, e che se qualcuno cominciasse a correre partendo da un punto e si dirigesse sempre sulla medesima retta, non s’immergerebbe nell’infinito, ma, purché corresse abbastanza a lungo, tornerebbe indietro dall’altra parte.

 

Al pensiero ordinario questo appare grottesco;

ma non appena si abbandoni tale modo di pensare, diventa una realtà

poiché il mondo non è infinito, ma come mondo fisico è limitato.

 

•  Considerando il regno vegetale e quanto nell’uomo è eterico, si arriva ai confini dell’eterico.

•  Volendo spiegare l’animalità e ciò che nell’uomo è astrale

si deve uscire dallo spazio e procedere nel tempo, uscire dal contemporaneo e risalire nel tempo.

• Poi si arriva all’umano: entrando nel tempo si trascende in doppio modo il campo fisico.

 

Per descrivere l’animale occorre già entrare nel tempo;

questo concetto non va però afferrato in modo astratto, e vedremo ora come lo si possa concepire in modo concreto.

 

Come abbiamo osservato, comunemente si pensa: quando il Sole irradia la sua luce, questa si effonde all’infinito.

Oliver Lodge ha però mostrato che un tal modo di pensare va abbandonato,

e che fin d’ora si può riconoscere che la luce arriva fino a un dato limite e poi torna indietro.

Il Sole torna a ricevere, sebbene in forma mutata, la propria luce che torna verso di esso.

 

Applichiamo dunque questo modo di pensare a quanto or ora abbiamo considerato. Ci troviamo nello spazio. Lo spazio terrestre rimane indietro, e noi usciamo nell’universo. Non basta, entriamo nel tempo. Qualcuno potrebbe dire: bene, anche nel tempo ci allontaniamo sempre di più. No, non è così: torniamo indietro. Dobbiamo continuare il nostro modo di pensare. Torniamo indietro nel tempo, come anche nello spazio eravamo arrivati a un limite dopo il quale eravamo tornati indietro. Se abbiamo cercato nel tempo le passate cause soprafisiche, dobbiamo di nuovo ritornare nel fisico.

 

Ciò significa che dobbiamo uscire dal tempo e tornare indietro nel campo fisico sulla Terra.

Ricercando le cause dell’umano, dobbiamo ridiscendere sulla Terra.

Siamo ritornati indietro nel tempo.

Se percorrendo a ritroso il tempo ridiscendiamo sulla Terra, troviamo naturalmente una precedente vita terrena.

 

• Per quanto riguarda l’animale, le cause si dissolvono nel tempo

come il nostro corpo eterico si dissolve ai limiti dello spazio.

• Ma quel che è umano non si dissolve nel tempo: seguendo l’umano

ridiscendiamo sulla Terra fino ad una precedente vita terrena.

 

Per l’uomo dobbiamo dunque dire: cause fisiche passate producono effetti nel fisico.

Regno minerale: contemporaneità di cause e dei loro effetti nel campo fisico.

Regno vegetale: contemporaneità delle cause nel campo fisico e soprafisico.

Regno animale: cause soprafisiche passate determinano effetti attuali.

Regno umano: cause fisiche passate determinano effetti attuali nel campo fìsico.

 

Ci è costata una certa fatica entrare, come preparazione, in questo schema di astrazioni, ma era necessario per mostrare che anche nel campo spirituale regna una logica. Solo che essa non concorda con la logica grossolana attinta ai soliti fenomeni fisici, la sola alla quale gli uomini di solito credono.

 

Ricercando le concatenazioni causali e procedendo con la pura logica, si risale alle passate vite terrene anche col semplice nesso logico del pensiero, ed è necessario osservare che il pensare stesso deve trasformarsi se vuole cogliere i fatti spirituali.

 

Generalmente si pensa che la mente non possa afferrare le rivelazioni del mondo spirituale. Essa può afferrarle, ma occorre che allarghi i confini della propria logica. Anche per comprendere un pezzo di musica o ogni altra opera d’arte è necessario possedere interiormente le condizioni per poterle seguire, altrimenti non le si comprenderà; la musica trascorrerà davanti all’anima come un semplice rumore, e ogni altra opera d’arte sembrerà avere forme prive di significato.

 

Anche alle comunicazioni provenienti dal mondo spirituale si deve portare incontro un pensare adatto a quel mondo. Esso però si presenta già al semplice pensare logico. Studiando la diversa natura delle cause si arriva davvero a poter comprendere anche come deduzione logica la realtà delle passate vite terrene.

 

Rimane ancora il grande enigma che si presenta osservando il cadavere. Esso è divenuto inanimato. La natura inanimata ci attornia nelle sue diverse forme cristalline. Sorge il problema: come si comporta la natura inanimata rispetto al cadavere umano?

 

Forse già ci avviciniamo a una soluzione se consideriamo quanto osservammo al secondo gradino, se diciamo: il mondo vegetale porta in sé, traendolo dall’universo eterico, le forze verso le quali dopo la morte torna il mio corpo eterico. Là fuori nello spazio eterico è l’origine causale delle piante, là andrà il mio corpo eterico dopo esser servito per la mia vita. Io vado là donde dallo spazio eterico sgorga la vita vegetale, sono imparentato con essa. Posso addirittura dire: il mio corpo eterico va là da dove proviene il verdeggiante, germogliante, lussureggiante mondo vegetale.

 

Vi è però una differenza: io restituisco il mio corpo eterico, le piante ricevono l’etere per poter crescere. Io restituisco il mio corpo eterico dopo la morte come un residuo, esse ricevono il loro come ciò che dà loro la vita. Le piante traggono il loro principio da ciò a cui io giungo con la mia fine: il principio della pianta si riallaccia alla fine del corpo eterico umano.