Che cosa vuol dire, sentire moralmente il mondo?

O.O. 136 – Le entità spirituali nei corpi celesti e nei regni della natura – 03.04.1912


 

Cominciamo a volgere lo sguardo, innalzandolo dalla Terra, verso le vastità dello spazio cosmico, donde ci splende l’azzurro del cielo. Ammettiamo che sia un giorno perfettamente sereno, in cui neppure la più piccola nuvoletta bianca interrompa l’azzurro del cielo. Ammettiamo dunque di guardare quel cielo azzurro in tutte le direzioni. Non ha importanza che lo si riconosca come qualcosa di reale, in senso fisico, oppure no: quello che ora ci importa è l’impressione che fa su di noi quella vastità azzurra.

 

Supponiamo di poter prolungare molto e intensamente quell’abbandono all’azzurro del cielo; supponiamo di poterlo realizzare in modo tale da dimenticare tutto il resto, tutto quello che ci circonda nella vita. Supponiamo di poter dimenticare per un momento ogni altra impressione, tutti i ricordi, ogni preoccupazione, e abbandonarci interamente a quell’unica impressione dell’azzurro del cielo.

 

Questa che sto ora descrivendo può diventare un’esperienza per qualsiasi anima umana, purché ne crei le premesse: può proprio diventare un’esperienza umana generale. Se dunque un’anima umana guardasse in quel modo esclusivamente all’azzurro del cielo, verrebbe un momento in cui il blu del cielo cesserebbe, in cui non vedremmo più l’azzurro, non vedremmo più affatto qualcosa che si possa chiamare «azzurro».

E se in quel momento in cui il blu cessa di essere blu per noi, se in quel momento ci concentrassimo sulla nostra anima, vi scopriremmo uno stato d’animo ben determinato.

Il blu scompare, per così dire; davanti a noi si apre un infinito e in questo vuole riversarsi un ben determinato stato d’animo, un ben determinato sentimento della nostra anima, vuol riversarsi in quel vuoto che si è formato là dove prima c’era l’azzurro!

 

Se poi volessimo caratterizzare quel sentimento dell’anima che anela a espandersi nelle lontananze infinite,

non ci sarebbe che una sola parola per definirlo:

l’anima si sente colma di devozione, di devozione verso un che di infinito.

• In fondo, ogni sentimento religioso esistito nel corso dell’umanità

possiede una sfumatura che racchiude ciò che qui ora ho chiamato «devozione».

 

L’impressione dell’azzurra volta celeste

ha assunto il carattere morale di un senso religioso, di una pia devozione.

• Nella nostra anima l’azzurro esteso all’infinito ha destato un’impressione morale: mentre l’azzurro scompare,

nell’anima si risveglia un’impressione di natura morale nei riguardi del mondo esterno.

 

Ora vogliamo riflettere sopra un’altra sensazione, di fronte alla quale possiamo sviluppare, in modo diverso, un atteggiamento morale nei confronti della natura esterna.

• Quando gli alberi si rivestono delle loro fronde e i prati tornano a verdeggiare, proviamo a rivolgere il nostro sguardo su tutto quel verde che nelle sfumature più varie ricopre la terra e le piante.

Ancora una volta cercheremo di dimenticare ogni altra impressione che può agire sulla nostra anima, abbandonandoci interamente al verde che ci si presenta nella natura.

Se ancora una volta saremo capaci di concentrarci completamente su tutto quel verde che germoglia come una realtà, potremo anche qui giungere al punto che il verde come tale per noi sparisca, come prima era scomparso l’azzurro come tale.

Anche in questo caso non potremo più dire che al nostro sguardo si presenta un colore, ma al suo posto l’anima fa un’esperienza singolare (e sottolineo che sto parlando di qualcosa che ognuno può sperimentare, purché ne crei in sé le premesse).

 

Ecco che cosa prova l’anima:

ora comprendo quello che io sperimento quando penso,

quando creo una rappresentazione, quando in me sorge un pensiero, o una rappresentazione risuona in me!

Lo comprendo solo adesso, e me lo insegna soltanto il germogliare del verde tutt’intorno a me.

• Comincio a capire l’intimo della mia anima a contatto con la natura esterna,

nel momento in cui questa scompare come impressione esteriore,

e in cambio me ne rimane un’impressione morale.

 

Il verde delle piante mi dice quali dovrebbero essere i miei sentimenti,

quando la mia anima riceve la grazia di produrre dei pensieri, di coltivare delle rappresentazioni.

Anche in questo caso dunque un’impressione naturale esteriore si trasforma in una sensazione di qualità morale.

 

• Oppure guardiamo una superficie bianca di neve: allo stesso modo come la cosa è stata descritta per l’azzurro del cielo e per il verde del manto vegetale, quella superficie bianca di neve può provocare in noi una sensazione morale. Si tratterà in questo caso della sensazione morale legata a tutto ciò che possiamo chiamare la manifestazione della materia nel mondo.

Solo se guardando al bianco manto nevoso si giunge a dimenticare tutto il resto,

se si sente a fondo quel bianco e poi lo si fa scomparire,

si acquista la comprensione per ciò che riempie il mondo come materia.

• Si riesce a sentire come la materia si estenda operando nel mondo.

• In tal modo si possono trasformare in sentimenti morali tutte le impressioni esterne, tanto visive quanto uditive.

 

Supponiamo di udire un certo suono musicale e subito dopo la sua ottava.

Anche qui ora l’anima si sforzi di dimenticare ogni altra cosa, eliminando ogni altra impressione e abbandonandosi interamente a quell’accordo fra la tonica e la sua ottava, fino a non udire nemmeno più quei due suoni simultanei dai quali ha distolto l’attenzione: si scoprirà ancora una volta che nell’anima è stato suscitato un sentimento morale.

In questo caso, noi cominciamo ad avere una comprensione spirituale per l’esperienza che si fa quando, in presenza di un desiderio che tende verso qualcosa, la nostra ragione agisce sul desiderio.

 

• L’esperienza di un suono musicale e della sua ottava

suscita nell’anima l’esperienza dell’accordo fra desiderio e ragione,

fra pensiero e brama, quali si esplicano nell’anima.

 

Potremo così far agire su di noi le più svariate impressioni sensoriali:

potremmo cioè far scomparire ciò che percepiamo intorno a noi nella natura,

sì da sollevare per così dire questo velo sensibile:

in tal caso emergerebbe una quantità di sensazioni morali di simpatia o antipatia.

 

Se dunque ci si abitua a eliminare in tal modo

• quel che i nostri occhi vedono,

• quello che odono i nostri orecchi,

• quello che le nostre mani toccano,

• quello che comprende il nostro intelletto legato al cervello,

conservandoci tuttavia desti di fronte al mondo,

allora in noi opera qualcosa di più profondo della capacità visiva dei nostri occhi,

di quella uditiva degli orecchi, della forza dell’intelletto legato al cervello:

veniamo a trovarci di fronte al mondo esterno con una parte più profonda del nostro essere.

 

Allora le vastità infinite suscitano in noi un atteggiamento religioso;

il verde manto vegetale agisce su di noi in modo che ci sentiamo fiorire spiritualmente nella nostra interiorità;

il bianco tappeto nevoso risveglia in noi la comprensione per il significato della materia nel mondo.

 

In noi il mondo afferra qualcosa di più profondo di ciò che lo comprende di solito.

Perciò in questo modo si perviene anche a qualcosa di più profondo di ciò che abitualmente si comprende del mondo.

Il velo esterno della natura risulta per così dire allontanato,

e si perviene a un mondo che si trova dietro a quel velo esterno.

 

• Proprio come si perviene al corpo eterico o vitale dell’uomo, se si penetra con lo sguardo dietro al corpo fisico,

così si giunge (procedendo nel modo indicato) ad una sfera nella quale a poco a poco ci si rivelano le svariate entità

che stanno dietro al regno minerale, a quello vegetale e a quello animale, e che in essi operano.

A poco a poco ci si mostra il mondo eterico, differenziato in tutti i suoi particolari.

 

• Nella scienza occulta si è sempre chiamato col nome di mondo elementare

ciò che a quel modo si rivela gradualmente all’uomo.

• E le entità spirituali alle quali perveniamo per la via ora indicata

sono gli spiriti elementari che stanno nascosti dietro a tutto ciò che è fisico e sensibile.