Che cos’è il mistero Golgota?

O.O. 139 – Il Vangelo di Marco – 21.09.1912


 

Che cos’è dunque il mistero del Golgota?

Lo abbiamo già detto: non è altro che l’iniziazione

estratta dal profondo dei misteri e presentata sul piano della storia.

Naturalmente però esiste una grande differenza tra qualsiasi iniziazione e il mistero del Golgota,

e la differenza sta in quanto sto per esporre.

 

Chiunque era stato iniziato presso i diversi popoli era passato in certo senso per le stesse prove. Aveva dovuto soffrire, poi passare per una specie di morte apparente della durata di tre giorni, durante la quale il suo spirito dimorava fuori del corpo, nei mondi spirituali; poi il suo spirito veniva ricondotto entro il corpo, dove esso poteva ricordare le esperienze fatte nel mondo spirituale e diventare così un messaggero dei segreti di quel mondo.

Si può quindi dire anche che l’iniziazione era un andare alla morte, sia pure a una morte nella quale lo spirito rimaneva separato dal corpo fisico solo per un certo tempo, e non definitivamente.

 

L’iniziazione era un dimorare fuori del corpo, seguito da un ritorno entro il corpo, un diventare messaggeri dei segreti divini. Essa si svolgeva dopo un’accurata preparazione, dopo che il soggetto era giunto a rafforzare talmente le energie dell’anima, da poter vivere quei tre giorni e mezzo senza servirsi degli strumenti del suo corpo fisico. Dopo quel periodo doveva tuttavia ricongiungersi col suo corpo fisico: era passato per quelle esperienze, innalzandosi a un mondo superiore, lasciando per così dire da parte quel che nel frattempo si svolgeva sul piano storico.

 

Diverso nella sua essenza, ma simile nell’apparenza esteriore è stato il mistero del Golgota.

Gli eventi compiutisi durante la dimora del Cristo nel corpo di Gesù di Nazaret

condussero a questo: la morte avvenne realmente per il corpo fisico di Gesù di Nazaret,

lo spirito del Cristo dimorò per quei tre giorni fuori del corpo fisico,

ritornando poi non già, nel corpo fisico, bensì nel corpo eterico, condensato al punto

che i discepoli potevano percepirlo, come ci viene descritto nei Vangeli;

il Cristo poté cioè andare in giro ed essere visibile anche dopo il mistero del Golgota.

 

In tal modo dunque l’iniziazione si presentò sul piano storico, mentre prima era sempre stata sottratta alla vista esteriore, essendosi svolta nel profondo dei misteri: adesso era stata posta, per un’unica volta, dinanzi agli occhi dell’umanità intera.

Con ciò l’iniziazione era stata in certo senso tolta al segreto dei misteri e compiuta dal Cristo, da lui solo, al cospetto di tutti. Questo evento rappresenta però la conclusione del mondo antico, e segna l’inizio dell’era nuova.

 

Da quanto in precedenza abbiamo detto dei profeti è risultato che lo spirito del profetismo ebraico e ciò che tale spirito donò al popolo ebraico antico, è diverso dallo spirito dell’iniziazione degli altri popoli. Gli altri popoli avevano delle guide, che erano state iniziate nel modo che si è detto, mentre ciò non era il caso per il popolo ebraico antico.

Qui non si tratta di iniziazioni come presso gli altri popoli, ma di una elementare manifestazione dello spirito, nei corpi dei profeti: in costoro affiorava qualcosa che potremmo chiamare un genio della spiritualità.

 

Perché ciò potesse avvenire, nei profeti dell’età di mezzo del popolo ebraico

comparvero le anime che in incarnazioni precedenti erano state di iniziati appartenenti ad altri popoli:

essi vissero le loro vicende entro il popolo ebraico

come un ricordo di quanto avevano ricevuto nell’iniziazione passata.

 

In tal modo la luce della vita spirituale ebbe presso il popolo del Vecchio Testamento un carattere diverso da quello che presentò presso gli altri popoli. In questi ultimi essa si esplicò mediante l’azione iniziatica, presso il popolo ebraico mediante le doti proprie di coloro che operarono come profeti.

 

Grazie all’azione dei suoi profeti l’antico popolo ebraico fu preparato a vivere quell’unica specialissima iniziazione, non già di un uomo, ma di un’individualità cosmica (ammesso che nel caso del Cristo si possa ancora parlare di iniziazione, ciò che in fondo non è esatto). Il popolo ebraico antico era stato dunque preparato a ricevere quello che doveva sostituire l’antica iniziazione, cioè a contemplare nel giusto modo il mistero del Golgota.

 

Da ciò risulta però anche che gli apostoli, in quanto appartenenti al popolo ebraico, non riuscivano a comprendere le parole di Gesù che si riferivano all’iniziazione. Il Cristo Gesù allude all’iniziazione, quando usa termini come: minaccia di morte, soggiorno nella tomba per tre giorni, risveglio o risurrezione. Questa è la descrizione dell’iniziazione.

 

Se egli avesse parlato ai suoi discepoli in termini diversi, essi lo avrebbero capito; invece i dodici non compresero a tutta prima quel modo di parlare, in quanto non era familiare al popolo del Vecchio Testamento. Perciò il vangelo ci mostra con ragione lo stupore degli apostoli i quali non comprendono le parole del Cristo, quando egli parla loro della passione, della morte e della risurrezione del Figlio dell’uomo.

 

Il racconto evangelico concorda dunque pienamente con lo spirito dei fatti. Quando l’antico iniziato passava per le esperienze dell’iniziazione, mentre dimorava fuori del suo corpo si trovava in un mondo superiore, non in quello della comune esistenza materiale; si trovava unito ai fatti di un piano superiore, stando al di fuori del proprio corpo. Quando poi vi rientrava, quello che aveva sperimentato nel mondo spirituale era divenuto ricordo.

 

Egli doveva esprimersi così: come di solito ci si ricorda di quel che si è fatto ieri o l’altro ieri,

così io ricordo le esperienze da me compiute fuori del corpo.

Egli era in grado di darne testimonianza.

 

Gli iniziati non giungevano molto al di là di questo: portavano nell’anima i segreti dei mondi spirituali, come l’anima umana porta in sé il ricordo delle esperienze fatte il giorno prima. Come l’anima si trova unita ai suoi ricordi, così gli iniziati portavano in sé i segreti dei mondi spirituali, rimanendo uniti ad essi.

Ciò avveniva perché fino al tempo del mistero del Golgota l’anima umana sulla Terra non era atta, in genere, a far penetrare nell’io il regno dei cieli, cioè i mondi soprasensibili.

 

Tali contenuti non potevano pervenire fino al vero io dell’uomo, non potevano congiungersi all’io.

Solo guardando al di là di se stessi, ovvero mediante presagi dovuti all’antica chiaroveggenza,

quando (si vorrebbe dire) si sognava uscendo da se stessi,

o si usciva dal proprio io con l’iniziazione,

solo in tali condizioni si poteva penetrare nei mondi soprasensibili.

 

Invece entro i confini dell’io non era presente nessuna possibilità di comprensione,

nessuna facoltà di giudizio per i mondi superiori. Le cose stavano proprio così.

Prima del mistero del Golgota, l’uomo non poteva congiungersi con i mondi spirituali

mediante tutte le forze che appartengono all’io.

 

Il segreto che il battesimo operato da Giovanni doveva rivelare alla gente

era che adesso era giunto il tempo in cui i regni dei cieli

dovevano penetrare fin dentro l’io, fino all’io terrestre dell’uomo.

 

Sempre di nuovo era stato accennato nei tempi antichi

che con la sua vita psichica personale l’uomo non poteva ascendere ai mondi superiori.

C’era una specie di disarmonia, nei tempi antichi,

fra l’esperienza della vera patria dell’uomo nel mondo spirituale

e quello che si sperimentava nella propria anima

(che solo impropriamente si può definire per quel tempo come un io).

 

L’interiorità umana era separata dal mondo spirituale

al quale sapeva congiungersi solo in condizioni eccezionali.