Il mio sforzo è stato quello di mostrare il modo in cui la costituzione animica,

oppure lo stato di coscienza dell’umanità, nel corso delle epoche storiche e anche preistoriche, sia mutata,

e volevo mostrare ciò per il motivo che fosse più facile per l’uomo trovare la strada

che porta a riconoscere la necessità, per conquistarsi una conoscenza reale, essenziale,

di doversi sollevare ora di nuovo ad una condizione animica diversa.

 

Invero ad una condizione animica che diverge da quella a cui si è avvezzi, che si coltiva nella vita quotidiana e scientifica, che si riconosce come qualcosa di assoluto per quello che è in atto e finché ci saranno uomini, ovvero fino a che si sarà autorizzati a parlare di uomini che si aggirano sulla terra, ci sarà.

 

Vale a dire: se si riesce a vedere come già nel corso dello sviluppo storico dell’umanità l’anima abbia acquisito una costituzione interiore diversa, allora sarà più facile riconoscere l’esigenza di una modifica anche nella costituzione animica del presente.

 

Vorrei ora, per potermi riallacciare a quanto detto prima, ripetere ancora una volta in poche parole quanto si può evincere dalle ultime considerazioni.

 

Ho detto che l’umanità, fintanto che può venir considerata come l’umanità civilizzata,

è pervenuta realmente alla costituzione animica attuale solo a partire dal XV secolo,

e questa costituzione animica è caratterizzata interiormente da un lato

dal fatto che noi tendiamo ad una interpretazione intellettualistica del mondo,

dal fatto che, per comprendere ciò che chiamiamo il mondo, ci serviamo dell’intelletto.

 

• Ora, a questa disposizione intellettualistica verso il mondo corrisponde anche una ben precisa regione del mondo,

che può essere compresa in quanto colta per mezzo di essa.

• È il mondo dei fenomeni minerali e delle forme minerali, del mondo che non si è ancora sollevato al vivente.

 

L’uomo crede in vario modo

che anche nell’ambito di tendenze puramente intellettualistiche il vivente possa essere colto;

solamente che ciò avviene per il fatto che l’uomo

non riconosce l’affinità dell’intelletto con l’interiorità del non vivente col mondo esterno.

 

• Se noi risaliamo a prima del XV secolo e percorriamo lo spazio di tempo

che va press’a poco dal XV secolo fino all’VIII secolo avanti Cristo,

troviamo un’altra conformazione dell’essenza animica umana.

• E ciò che è più caratteristico è che questa conformazione ci viene incontro nell’essenza della civiltà greca.

 

Qui non abbiamo a che fare con una disposizione animica intellettualistica;

qui i concetti non vengono ancora rigorosamente separati dalle parole.

Il greco perveniva all’essenza della propria vita animica

per il fatto che non si rappresentava i concetti con una certa astrazione come facciamo noi,

ma percepiva in un certo qual modo la musica anche se esteriormente impercepibile,

egli sentiva interiormente il suono delle parole.

 

• Ciò che per noi vive nell’astrattezza dei concetti

per lui si colorava per mezzo del suono compreso spiritualmente;

se posso permettermi il paradosso: attraverso il suono privo di sonorità sperimentato soltanto interiormente.

• Proprio come noi viviamo in concetti astratti,

così il greco viveva in un’armonia di suoni non udibile esteriormente, etc.

• Ma proprio per questo gli era possibile concepire come vivente anche il mondo esterno.

 

E da ciò noi vediamo che dovunque il greco, partendo dai suoi presupposti, si voglia costruire – diciamo – delle rappresentazioni sull’universo, sul cosmo, non adopera, come noi oggi, rappresentazioni tratte dalla geologia, dalla fisica, dalla chimica, ma ciò con cui ha acquistato dimestichezza nella propria anima attraverso il crescere, il divenire, il rigogliare, il formarsi, il dissolversi di ciò che vive come esistenza vegetale.

 

Se risaliamo a tempi ancora più remoti, veniamo ad epoche che, a rigor di termini, appunto non possiamo più annoverare fra quelle storiche come sono apparse prima dell’VIII secolo a.C., in un periodo che va all’incirca fino all’inizio del terzo millennio a.C.

 

E se diamo uno sguardo in giro a quei popoli che allora si potevano considerare civili, troviamo che l’essenziale della vita dell’anima non veniva cercato nelle parole sperimentate interiormente, ma nella configurazione immaginativa della struttura delle parole, della struttura della lingua.

 

Ritmo e tematicità – quindi ciò che giustappone suono a suono, ciò che penetra nel mondo dei suoni e anche nel mondo dei rumori, in modo che lo rendiamo ancora vivente nella nostra anima quando giungiamo alla configurazione poetica del parlato – questo era il vero elemento vitale dei popoli – se posso usare il termine – coltivato allora.

 

E non in quanto, come i Greci, attraverso la parola esprimevano un qualsiasi oggetto o evento esterno si trovavano soddisfatti, ma in quanto essi in una certa misura percepivano ciò che essi credevano vivesse dappertutto nel mondo come ritmo, come armonia.

Così il ritmo interiore, l’armonia interiore era ciò che costituiva la conformazione animica in quel periodo di tempo particolare.

 

E se ci chiediamo quale regione poi potesse essere compenetrata esteriormente da una tale disposizione animica interiore, scopriamo che è la regione che ha una essenza tale da poter sperimentare in sé il sentimento.

Quindi ciò che è mondo animale, ciò che è mondo senziente, ciò che vive nella sensazione dell’oggettivo, ciò si ravvivava interiormente per gli uomini di quel tempo antico nella costituzione animica della quale ho parlato.

 

E se risaliamo a epoche ancora più antiche,

potrete intuire che allora deve essere esistita da un certo punto di vista una conoscenza dell’uomo stesso.

Nella nostra epoca noi abbiamo una conoscenza della natura morta;

prima di questa esisteva una conoscenza della natura vivente.

 

E quando risaliamo ad un tempo anteriore a quest’epoca, allora arriviamo a quei tempi dei quali effettivamente oggi da certe profondità ancora parlano quelle rappresentazioni relative alla concezione del mondo che sono scaturite dal cattolicesimo più o meno illuminato.

 

Proprio quelle nature di pensatori che si sono familiarizzate naturalmente non con lo stato di decadenza del cattolicesimo, ma con ciò che in tempi più antichi era la filosofia cattolica, parlano di una rivelazione primordiale dell’umanità.

 

E se si vogliono giudicare tali cose nel modo appropriato, è soprattutto lì che bisogna guardare nella giusta luce più di una cosa.

La chiesa cattolica è certamente diventata qualcosa di diverso da ciò che era, mettiamo, ai tempi dei Padri della Chiesa cattolici.

 

Basta che soltanto una volta si dia un’occhiata a Origene per scoprire come già attraverso Origene si sia cercato di introdurre nel pensiero cristiano tutto ciò che ai suoi tempi si sia potuto conquistare in fatto di approfondimento filosofico.

 

E allo stesso modo troviamo poi anche nei Padri della Chiesa più antichi una coscienza assoluta del fatto che una volta ci sia stata nell’umanità una rivelazione primordiale; e quegli scrittori cattolici che hanno conservato per sé le migliori forze del Cattolicesimo parlano anche oggi delle rivelazioni primordiali, che soltanto più tardi si sono disperse in un paganesimo che andava sempre più incontro alla decadenza.

 

Cosicché andò perduta la consapevolezza che in queste rivelazioni primordiali di un’umanità istintiva si era manifestato ciò che poi in seguito era stato trasmesso attraverso il Cristianesimo nella sua forma evoluta.

 

È interessante il modo in cui scrittori, come ad esempio Otto Willmann, parlano della rivelazione primordiale; se si risale fino ai misteri e a prima dei misteri si fa riferimento ad una tale rivelazione primordiale dalla quale gli uomini erano ispirati proprio a quei tempi nel terzo e precedentemente al terzo millennio secondo il computo a.C.

 

Non è necessario che ci addentriamo ora in una descrizione più precisa di ciò che viene detto a proposito della rivelazione primordiale. Ma vogliamo caratterizzare in senso scientifico spirituale ciò che si può scoprire allorché si torna indietro a queste epoche preistoriche della civiltà umana, quanto può essere ora investigato attraverso quella che inizialmente denominerò disposizione animica istintiva, non solo il senziente, ma l’essere umano stesso: quel qualcosa dunque che passando per l’animale vive nell’uomo, il tipicamente, specificamente umano.

 

Sì, è esistita un’epoca siffatta, in cui la relativa conoscenza era in verità istintiva, non qualcosa che l’uomo riterrebbe oggi valido come conoscenza, ma in cui c’era una specie di sperimentare ottusamente sognante, tuttavia uno sperimentare che conteneva del tutto in sé qualcosa dell’essenza umana; in maniera tale che, attraverso una dimestichezza interiore con questa essenza dell’uomo, si poteva realizzare ciò che l’uomo è realmente.

 

In effetti quest’epoca non può venire esaminata storicamente, anche se ne sono rimaste dappertutto testimonianze storiche. Il modo in cui si è guardato a queste testimonianze storiche vi risulterà palese da ciò che ora mi accingo a esporre come la caratteristica propria di quell’epoca.

 

Vedete, quando parliamo di quella costituzione animica, che ora è la norma nell’umanità, quella intellettualistica, parliamo di qualcosa che per l’esperienza comune, per lo sperimentare abituale appartiene all’animico, per quel poco che noi oggi, con più o meno chiarezza o più o meno banalità, siamo in grado di descrivere l’animico.

 

Anche quando spingiamo lo sguardo in quell’epoca dove è tipica la concezione greca, parliamo di un’esperienza interiore della parola, quindi sempre di qualcosa che si trova nell’ambito dell’animico.

 

E anche quando andiamo indietro al IX, X secolo a.C., al secondo millennio, agli ultimi tempi del terzo, parliamo sempre nel considerare il ritmo degli eventi e delle esperienze tematiche della vita dell’anima, di qualcosa che avviene nell’anima; anche se deve essere ammesso da colui che conosce esattamente queste cose per propria visione diretta, che nel momento in cui lo sperimentare dell’anima esce dalla parola ed entra in questo sperimentare ritmico, in questo vivere armonie e temi musicali-immaginativi, allora, insieme a ciò che viene vissuto animicamente, vibra sempre leggermente il corporeo.

 

Così come può essere sentito che, ogni volta che l’uomo fa un sogno vivo, nel suo corpo avviene qualcosa, che porta alla formazione del sogno, allo stesso modo l’uomo di quell’epoca caratteristica sapeva che, quando egli rendeva vivente in sé l’armonico, il ritmico, il tematico, per lui era come se si schiudessero o si manifestassero i segreti del mondo, allora si muoveva leggermente anche qualcosa di corporeo.

 

Possiamo escogitare teorie su ciò che potrebbe accadere all’incirca nel sistema nervoso umano, allorché si svolge il pensare logico-intellettualistico. Ma tali teorie, appunto, sono soltanto pensate, non sono nulla di vivente, nulla di vissuto.

In modo analogo dobbiamo parlare ancora dell’anima greca, quando ci richiamiamo alla memoria il modo in cui la parola viveva in quest’anima.

 

Ma, come già detto, quando risaliamo al periodo di tempo precedente,

usciamo già dal puramente animico  per entrare in una leggera partecipazione del corporeo.

Ed usciamo ancora di più da ciò che oggi chiamiamo l’animico per entrare nel corporeo,

se arriviamo all’antica conoscenza istintiva operante nei primi secoli del III millennio a.C. e ancor prima.

 

Allora c’era uno sperimentare animico immediato

che aveva del tutto il carattere di uno sperimentare corporeo.

Allora l’uomo viveva un fatto, che oggi descriviamo come corporeo

– non voglio discutere ora se con piena ragione o torto parziale –

un fatto descritto corporalmente, nella sede in cui più tardi è stato sperimentato l’animico, come noi lo chiamiamo.

 

Faccio notare espressamente che, quando si perviene a tali esperienze umane, così diverse dalle nostre, si ha anche difficoltà nell’uso della parola. Le cose stesse diventano molto dissimili da ciò che si sperimenta oggigiorno. Le nostre lingue sono costruite per le nostre esperienze di oggi, e bisogna che si cerchi di utilizzare le lingue in modo tale che si possa ritornare a qualcosa che oggi non è più esperienza presente immediata, che perciò con le abitudini di parola che abbiamo oggi si può tastare appena debolmente.

 

• Perciò devo dire: ciò che oggi consideriamo animico

non viveva esattamente nella costituzione animica interiore di questi uomini antichi.

• Qualcosa che oggi descriviamo senz’altro come fisico, perfino come corporeo,

viveva in essi così come oggi vive nell’uomo il pensare o l’udire interiore della parola.

 

Così quest’uomo antico non sperimentava l’inspirare, il trattenere il respiro, l’espirare come facciamo noi che siamo usciti dallo sperimentare i processi del respiro nel fisico; egli sperimentava nel fisico questo respirare così come noi facciamo ancora soltanto in situazioni abnormi, quando viviamo press’a poco stati di angoscia nel sogno e poi ci svegliamo e notiamo che il nostro respiro è perturbato.

 

Qui noi notiamo nel patologico qualcosa di questo

cooperare del processo respiratorio col subentrare di immagini nella coscienza.

 

Dalle immagini che si presentano davanti alla coscienza quando si svolge il normale processo respiratorio ci siamo affrancati, poiché siamo arrivati alla percezione del ritmico nella lingua, dell’armonico nella lingua, del tematico nella lingua, alla colorazione interiore della parola, perché nella nostra epoca siamo pervenuti completamente al rappresentare astratto, al rappresentare intellettualistico del mondo.

 

Ma a queste tre epoche precedette l’altra, quella in cui l’uomo – se mi è consentita l’espressione – viveva in basso,

in quella che oggi chiamiamo la sua fisicità,

col suo processo conoscitivo viveva in ciò che era inspirare, trattenere il respiro, espirare.

E che cosa sperimentava l’uomo con l’inspirare?

 

Oggi questo ce lo può insegnare solo la conoscenza immaginativa, della quale ho parlato nel mio libro

Come si conseguono le conoscenze dei mondi superiori? e nella mia Scienza Occulta.

Perché quanto in quell’antica epoca è stato sperimentato nell’inspirare,

era in sostanza una immaginazione: l’immaginazione dell’uomo stesso,

l’immaginazione dell’uomo come forma veniva sperimentata nell’inspirare.

 

L’uomo sentiva ciò nell’inspirare, naturalmente doveva porvi l’attenzione, e nella quotidianità non sempre vi poneva attenzione, ma egli poteva in un certo qual modo trattenere la vita animica quotidiana e quindi poteva viverla. Egli la sperimentava in maniera particolare nei momenti in cui la coscienza quotidiana era alquanto abbassata.

Ciò era necessario a quell’uopo.

 

Oggi diremmo: in condizioni che si avvicinano all’addormentarsi o al risveglio,

lì egli viveva la figura dell’uomo nella fase inspirativa del processo respiratorio;

nel trattenere il respiro egli sperimentava il coincidere di questa figura con i contenuti animici interiori.

 

Egli aveva per così dire avanti a sé la possibilità di sperimentare

• nell’inspirare la figura umana,

• nella sospensione del respiro quella di sperimentare l’annebbiarsi di questa figura

e il convergere di questo oscurarsi aurico della figura con l’animico;

• poi, nell’espirare, egli sperimentava l’abbandonarsi dell’animico al mondo esterno,

la consonanza dell’uomo col mondo esterno.

 

Ho detto espressamente che l’uomo poteva fare queste esperienze in particolari momenti.

• Egli poteva in un certo senso dirigere la propria attenzione al processo respiratorio e poi percepiva questa cosa.

• Egli conseguiva quindi realmente una conoscenza istintiva  – se la si vuol chiamare conoscenza –

mediante l’osservazione del proprio processo respiratorio,

specialmente quando egli pilotava ancora in qualche modo interiormente questo processo respiratorio,

cosa che egli otteneva con gli esercizi; egli conseguiva la conoscenza dell’entità umana.

 

Era quindi in un certo senso uno scendere nella corporeità,

attraverso cui l’entità umana poteva essere portata a conoscenza.

 

Naturalmente non bisogna immaginare che in quei tempi antichi l’uomo praticasse la conoscenza di sé per tutto il giorno dalla mattina alla sera. Perciò ho detto: quando vi dirigeva l’attenzione. Ma questa attenzione si poteva ricavare facilmente proprio dalla costituzione globale dell’uomo.

 

Ora, come ho detto, ciò risale assolutamente a tempi molto lontani;

ma dal punto di vista storico di quei tempi si è conservato

ciò che in certe scuole dell’India è diventato il metodo conoscitivo, il metodo della respirazione, il respirare Yoga,

che si è tramandato ad un’epoca successiva, essendo in un’epoca anteriore elementare e naturale.

 

Per un’epoca successiva divennero necessarie certe preparazioni, certi controlli del processo respiratorio.

In un’epoca anteriore questi controlli del processo respiratorio si producevano come qualcosa

che l’uomo apprendeva semplicemente nel corso della propria vita, così come oggi impara a parlare.

 

• Ciò che viene chiamato il respirare yogico è un’eredità di un’epoca antecedente,

nella quale anche l’intera costituzione animica era diversa da ciò che divenne in seguito,

e l’uomo, a motivo di questa diversa costituzione animica, stava di fronte al mondo in una maniera istintiva.

• Poiché naturalmente era un fatto molto istintivo

che nel respirare, non nel pensare e nel parlare interiore, ma nel respirare,

si comprendesse ciò che era l’essenza, il segreto della cosa.

 

Laddove oggi ci scervelliamo a furia di pensare, per far rientrare i singoli fatti nei fenomeni complessivi,

e per trovare le leggi della natura attraverso un intelletto calcolatore e così via,

l’uomo incamerava col respiro ciò che doveva presentarsi

come l’essenza stessa dell’uomo, quale conoscenza istintiva entro la natura umana.

 

È di grande importanza divenire consapevoli del fatto che non tutto si addice nello stesso modo a ogni epoca umana.

Così come è mutata la costituzione animica dell’uomo,

è cambiata pure la sua costituzione fisica, anche se esteticamente in meglio.

 

E inoltre bisogna dire: coloro i quali oggi credono di poter in qualche modo suscitare di nuovo una penetrazione nei segreti del mondo attraverso il processo respiratorio, in maniera analoga a quella in cui un simile processo respiratorio si effettuava nei tempi antichi, e quale si è mantenuto in nature che hanno una costituzione del tutto diversa dalle nature europee moderne, sono su una falsa strada.

 

È proprio assolutamente necessario che, oltre a studiare la storia dell’evoluzione dell’umanità,

che ha assunto un interesse speciale del XIX secolo,

ci si abitui ora ad uno studio interiore di ciò che si è compiuto quale evoluzione dell’animico

parallelamente a questa evoluzione fisica esteriore.

• Si farà maggiore giustizia alla rappresentazione dell’esteriore-fisico,

se si riuscirà a guardare dall’altra parte all’animico-spirituale.

 

Sarete in grado di sentire in che modo colui per il quale

questi quattro tipi di costituzione animica dell’uomo sono ora pienamente oggettivi

consideri l’anima in una maniera particolare.

 

• Abbiamo all’inizio una costituzione animica che in realtà è poco più di una costituzione animica,

ma una costituzione corporea, che vive nel processo respiratorio;

• poi quella che vive nel processo ritmico-armonico, nell’immaginativo-tematico;

• poi quella dello sperimentare della parola senza il suono;

• ed infine quella che vive nel processo intellettualistico;

e quando tutto ciò lo si possiede in maniera concreta, allora si guarda proprio all’anima

in modo da doverle attribuire le più svariate possibilità di porsi di fronte al mondo.

 

Ed è questo che il presente deve sapere, che esistono tali svariate possibilità, tali diversi tipi di coscienza,

e che per ogni stato di coscienza compaiono altri gradini della vita cosmica e dell’esistenza cosmica.

 

Oggi si ritiene in vario modo che esista solo quell’unico stato di coscienza, che poi ci sforziamo di descrivere come qualcosa che può essere accettato in maniera assoluta soltanto ora. Ma fintanto che ci si limiterà ad un tale stato di coscienza ci si limita allo stesso tempo ad un unico gradino dell’esistere cosmico e dello sperimentare cosmico.

 

• E dello stato di coscienza odierno possiamo realmente affermare

che si trova lontano dalla conoscenza del vero essere dell’uomo:

si aggrappa a ciò, a costruire un essere umano partendo dalla fisiologia, dalla biologia.

• Poiché ciò che noi chiamiamo oggi fisiologia è sostanzialmente un concentrato di parole trite

per indicare qualcosa per cui non esistono più contenuti animici reali.

 

L’umanità deve prima progredire nuovamente verso una comprensione

• del vivente accanto al morto,

• del senziente accanto al vivente,

• del conoscere umano accanto a quello puramente senziente.