Comprensione del mistero del Golgota

O.O. 139 – Il Vangelo di Marco – 23.09.1912


 

Il mistero del Golgota è un evento compiuto sì sul piano fisico, ma che ha potuto essere contemplato soltanto in seguito chiaroveggentemente. Questa è una realtà alla quale occorre prestare la massima attenzione: il mistero del Golgota è certo un evento fisico-sensibile, la cui comprensione però deve essere cercata non con mezzi fisici, ma solo por via soprasensibile; non solo, ma deve essere cercata malgrado i documenti, i testi che ci sono pervenuti.

 

Chi non comprende questa realtà, potrà disputare sulla validità maggiore o minore dell’uno o dell’altro Vangelo. Tali problemi invece non esistono per chi conosce come stanno le cose: costui sa che è necessario guardare a ciò che sta dietro alle tradizioni, talora lacunose, che i Vangeli ci presentano, mirando a ciò che l’indagine chiaroveggente può mostrarci anche oggi.

 

Se in tal modo s’indaga la verità di quanto avvenne allora, ricostruendola con i dati tratti dalla cronaca dell’akasha, si apprende in che modo i Vangeli vadano interpretati, e come si debbano leggere i loro singoli passi; si impara a riconoscere la vera dignità dell’uomo, la sua vera essenza che allora si presentò agli occhi dell’umanità caduta al punto più basso dalla sua originaria altezza.

 

Le potenze divino-spirituali conferirono all’uomo la sua figura, la sua immagine esteriore; ma quel che visse in tale figura esteriore, a partire dall’antica epoca lemurica, si trovò sempre sotto l’influsso delle forze luciferiche e più tardi anche di quelle arimaniche. Sotto gli influssi di tali forze venne in seguito sviluppandosi ciò che gli uomini chiamarono scienza, conoscenza, intendimento.

 

Non è quindi da meravigliarsi che, essendo stata presentata all’umanità proprio in quell’epoca la vera essenza, l’essenza spirituale dell’uomo, gli uomini non fossero in grado di riconoscerla e di comprendere che cosa fosse diventato l’uomo nel corso dei tempi.

 

Il sapere umano, l’umana conoscenza si erano andati impigliando sempre più nell’esistenza sensibile, diventando così sempre meno capaci di accostarsi alla vera natura dell’uomo.

 

Di questo si tratta, di questo dobbiamo tener conto se ancora una volta volgiamo lo sguardo al figlio dell’uomo abbandonato, alla figura che ci si presenta nel vangelo di Marco, là dove il Cristo cosmico si trovava ormai in una connessione molto allentata col figlio dell’uomo.

 

Al cospetto dell’umanità si trovava lì «l’uomo», nella figura conferitagli dalle potenze divino-spirituali:

nobilitata però e spiritualizzata dalla triennale presenza del Cristo in Gesù di Nazaret.

• Così «l’uomo» si trovava in quell’ora davanti agli occhi di tutti gli altri uomini.

 

Per quanto riguarda la comprensione e la conoscenza di questo mistero,

gli uomini avevano potuto conquistarne soltanto quanto lo consentiva la loro intelligenza

sottoposta al millenario influsso di Lucifero e di Arimane.

• Ed ecco che ai loro occhi si presentò l’uomo

che durante tre anni aveva espulso da sé gli influssi luciferici e arimanici,

l’uomo ripristinato nella condizione precedente a Lucifero e ad Arimane.

 

Solo grazie all’impulso del Cristo cosmico l’uomo era ritornato

quale era stato posto nel mondo fisico, proveniente dal mondo spirituale.

• Lo spirito dell’umanità, il figlio dell’uomo

stava dinanzi a coloro che in quel momento erano giudici o carnefici, a Gerusalemme;

si presentava però quale era divenuto

per il fatto di avere eliminato dalla propria natura tutto ciò che aveva trascinato l’uomo verso il basso.

 

Così, al compiersi del mistero del Golgota l’uomo si presentava in immagine a tutti gli altri uomini;

gli uomini avrebbero dovuto stare davanti a lui, venerandolo e pregando:

ecco lì la mia vera essenza umana, ecco il mio ideale più sublime,

ecco lì la figura che io dovrei assumere con il più strenuo sforzo dell’anima mia.

 

Dinanzi a me vedo ciò che solo è venerabile, e degno di adorazione nella mia natura, vedo il divino che è in me.

• Di quella figura, gli apostoli avrebbero dovuto dire

(se fossero stati in grado, allora, di esplicare una vera autoconoscenza):

in tutto il mondo non esiste nulla che sia confrontabile, per valore e grandezza,

a questo figlio dell’uomo che sta dinanzi a noi.

 

L’umanità avrebbe dovuto disporre di questo grado di autoconoscenza in quel momento storico.

Cosa fece invece?

Sputò sul figlio dell’uomo, lo flagellò, lo trascinò al calvario.

 

Questo è il drammatico punto di svolta fra ciò che avrebbe dovuto avvenire (cioè il riconoscimento che ci si trovava di fronte a qualcuno di assolutamente incomparabile con qualunque cosa al mondo) e quello che avvenne realmente e che ci viene descritto subito dopo.

 

I Vangeli ci descrivono che l’uomo, incapace di discernere,

invece di riconoscere se tesso calpestò il meglio di se stesso, lo uccise:

solo mediante questa tragica lezione cosmica l’uomo poté accogliere l’Impulso

a conquistarsi a poco a poco la sua vera essenza, in tutto il corso dell’ulteriore storia della Terra.

 

Tale fu quel momento storico unico, e così dev’essere caratterizzato, se si vuol farlo nel modo giusto, quale risulti anche dai grandiosi, scultorei versetti del vangelo di Marco. Tutto questo non va solamente compreso, ma dev’essere profondamente sentito.

 

Da questa estrema umiliazione della propria entità umana deriva il cosiddetto fantoma dell’uomo, da me descritto nel ciclo di conferenze Da Gesù a Cristo, tenuto a Karlsruhe. In quanto l’uomo trascinò nella polvere la propria essenza, l’immagine visibile della divinità si trasformò infatti nel fantoma che nel corso ulteriore dell’evoluzione si moltiplica, riuscendo a penetrare, così moltiplicato, nelle anime.

 

Considerando le cose in questo modo, risulta evidente la grande differenza tra quello che il vangelo di Marco vuole realmente descrivere e quello che oggi spesso gli si vuol far dire. Chi comprende un vangelo, e in particolare quello di Marco, tenendo veramente conto della sua composizione artistica e del suo profondo contenuto, come è stato detto, acquista un sentimento che diventa la reale necessità interiore per conseguire un vero rapporto col Cristo Gesù.

 

L’anima deve proprio sapersi aprire anche a un’osservazione sorretta dalle forze del sentimento, per ricavare da un testo com’è quello del vangelo di Marco questa idea: quanto erano irretiti nell’errore i miei simili che si trovavano accanto al figlio dell’uomo, incapaci di scorgere in lui il più alto ideale di loro stessi!

 

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E’ solo l’indifferenza per la verità

a impedire agli uomini di percorrere la via dalla sfera terrestre alla sfera cosmica,

via che si apre con l’indagine sul Cristo cosmico operante in Gesù di Nazaret.

Una vera comprensione del vangelo di Marco spalanca proprio questa via.

 

Aprendosi alla comprensione degli uomini grazie all’indagine scientifico-spirituale, i testi dei Vangeli parleranno sempre più a tutta l’umanità. Nei Vangeli si riconosceranno sempre più le parole essenziali che, talora anche in contrasto col senso apparente, sono state scoperte con la visione chiaroveggente retrospettiva del mistero del Golgota. Gli autori stessi dei Vangeli descrissero gli avvenimenti accaduti sul piano fisico, mediante l’osservazione chiaroveggente retrospettiva.

 

Questo è un fatto che occorre comprendere, e bisogna scoprire perché esso sia stato necessario: perché i contemporanei del Cristo Gesù non erano in grado di comprendere quello che avvenne allora, in quanto solo l’evento del Golgota poteva dare l’impulso alla sua stessa comprensione.

 

Prima che quell’evento avesse avuto luogo, non poteva esistere nessuno che fosse in grado di comprenderlo. Doveva prima esplicarsi la sua azione; per effetto di questa esso poté successivamente venir compreso. La chiave del mistero del Golgota è infatti il mistero del Golgota stesso.

 

Prima il Cristo dovette esplicare l’opera sua fino al mistero del Golgota,

e solo in seguito, per effetto della sua azione,

poté scaturire da lui stesso la capacità di comprenderlo.

Solo allora in virtù di quello che egli era, poté anche illuminarsi un suo detto,

una parola che al tempo stesso è l’espressione della sua vera essenza.

 

Così si accese grazie al Cristo una parola fondamentale che ci viene trasmessa e che può essere riscoperta nella contemplazione chiaroveggente, un motto che annuncia al tempo stesso la vera essenza del mistero del Golgota. E anche quel detto possiamo ricordare, quando ripensiamo alle parole pronunciate dal Cristo stesso: parole che egli non soltanto ha pronunciate, ma che ha accese nelle anime di coloro che potevano comprenderlo, sì che essi furono in grado di designare e descrivere la natura di lui.

 

Gli uomini accoglieranno gli impulsi del mistero del Golgota finché sussisterà la Terra. Seguirà poi un intervallo fra la «Terra» e «Giove». In un tale tempo intermedio non solo il singolo pianeta, ma tutto quanto lo circonda si trasforma sempre, passando per uno stato di caos, per un cosiddetto pralaya. Nel prossimo pralaya non solo la Terra, ma anche il cielo che le appartiene si trasformerà. La vera essenza della Terra però è ciò che è stato donato alla Terra dalla parola detta dal Cristo, dalla parola che egli ha accesa nei cuori di coloro che lo hanno riconosciuto e che continuerà a vivere in quelli che lo riconoscono.

 

Comprendendola giustamente si scopre la verità di quella parola: essa accenna al divenire cosmico, al modificarsi della Terra e dell’aspetto del cielo, veduto dalla Terra, dopo che essa avrà raggiunto la sua mèta, dopo che cielo e Terra saranno scomparsi. Quelle parole del Cristo però, che annunciano la scomparsa del cielo e della Terra, permarranno.

 

Comprendere rettamente i Vangeli significa sentire i più profondi impulsi che da essi scaturiscono. Non si apprezza solamente la verità di quelle parole, ma anche la loro forza: forza che si comunica a noi stessi, che ci consente di stare saldi sul suolo terrestre, mentre innalziamo lo sguardo al disopra del globo terrestre verso il cielo e accogliamo con piena comprensione le parole:

«Il cielo e la Terra passeranno, ma le mie parole non passeranno» (Matteo, 24, 35).

 

Le parole del Cristo non passeranno mai, anche se passeranno il cielo e la Terra. La conoscenza occulta permette di affermarlo, poiché non saranno venute meno le verità enunciate intorno al mistero del Golgota. Il vangelo di Marco accende nei nostri cuori la conoscenza che cielo e Terra passeranno, mentre quanto possiamo apprendere sul mistero del Golgota ci accompagnerà in epoche future, anche se cielo e Terra saranno scomparsi.