Con la nuova reggenza di Michele chi lo segue può rimettere ordine nel karma.

O.O. 237 – Nessi karmici Vol. III – 08.08.1924


 

Sommario: L’immortalità personale umana e l’anima cosciente. Intelligenza solare e intelligenza planetaria separatesi nel secolo IX. Il Concilio dell’869, segnale per la separazione fra gli Angeli e conseguente disordine nel karma umano. Con la nuova reggenza di Michele chi lo segue; può rimettere ordine nel karma.

 

Abbiamo visto come nelle vite terrene passate, e nel tempo fra morte e rinascita, il karma del singolo antroposofo sia stato plasmato in diversi modi. Specialmente nelle due ultime conferenze, abbiamo già potuto fare qualche accenno sull’importanza di ciò per il karma del singolo antroposofo. Abbiamo infatti visto che il karma dell’antroposofo è connesso con tutta l’evoluzione attraversata dall’impulso di Michele nel corso di lunghissime epoche.

 

In forma in un certo senso astratta, abbiamo anche visto come quella che chiamiamo la gestione dell’intelligenza cosmica sia sfuggita al dominio di Michele. Come già dissi, anticamente gli uomini non attribuivano a se stessi la facoltà intellettuale, ma traevano dall’ispirazione di potenze superiori tutto quanto poi esternavano in forma intelligente. Chi aveva cognizioni in questo campo, sapeva trattarsi di quelle potenze superiori che poi nella terminologia cristiana vennero appunto chiamate micheliane.

 

Indicai i secoli ottavo e nono come il periodo dell’evoluzione dell’umanità civile nel quale l’intelligenza cosmica prese gradualmente a discendere sulla Terra, per così dire in forma di gocce che poi continuarono a vivere nelle singole anime umane come intelligenza personale. Ho inoltre accennato che per tradizione, ma anche per una certa conoscenza, si era conservata la consapevolezza dell’antico dominio di Michele sull’intelligenza cosmica.

 

Se infatti osserviamo i dotti, per molti riguardi eccellenti, che operarono in collegamento con l’arabismo, con ciò che procedendo dalle spedizioni di Alessandro visse in Asia come aristotelismo e impregnò la mistica orientale rendendola per così dire intelligente, se guardiamo alla sapienza araba che dall’Africa trasmigrò verso la Spagna e vi operò attraverso una personalità eminente come quella di Averroè, nelle dottrine di quei sapienti arabo-spagnoli vediamo senz’altro un riflesso di vedute che si ricollegano all’intelligenza cosmica.

 

Cerchiamo di farci un’idea di come ciò si presentasse.

Vorrei a tale scopo abbozzare un disegno di ciò che quei dotti arabi insegnavano in Spagna ai loro discepoli nei secoli decimo, undicesimo, dodicesimo, nel tempo in cui in altre regioni d’Europa dominava per esempio la scuola di Chartres, della quale ho diffusamente parlato.

In Spagna dai sapienti arabi, e soprattutto da una personalità come Averroè, veniva insegnato che l’intelligenza domina ovunque, che tutto il mondo, tutto il cosmo è pervaso dall’intelligenza sovrana.

 

 

Gli uomini, giù sulla Terra, posseggono varie facoltà, ma non hanno un’intelligenza personale propria, e ogni volta che sulla Terra un uomo agisce, una goccia, un raggio dell’intelligenza si diparte dall’intelligenza universale e discende nella sua testa, nel suo corpo, colma il suo essere così che, quando vive sulla Terra, l’uomo ha in sé come una parte dell’intelligenza cosmica universale.

Quando poi l’uomo muore, quando varca la porta della morte, quella che ebbe quale intelligenza rifluisce nell’insieme dell’intelligenza universale. Pensieri, concetti, idee che l’uomo possiede durante la vita fra nascita e morte, rifluiscono nell’intelligenza universale, e quindi non si può dire che quanto l’uomo ha nella sua anima di più prezioso, la sua intelligenza, abbia immortalità personale.

 

I sapienti arabo-spagnoli insegnavano in effetti che l’uomo non ha immortalità personale. Egli, così dicevano, continua a vivere, ma la sua facoltà più importante è di potere sviluppare un sapere intelligente durante la vita, sapere che poi non lo accompagna, e pertanto non si può dire che l’essere intelligente abbia immortalità personale.

Questo fu l’oggetto della violenta lotta degli scolastici dell’ordine domenicano, il furore di far valere l’immortalità personale dell’uomo.

 

A quel tempo i domenicani non potevano affermarlo altrimenti che sostenendo: l’uomo è personalmente immortale, e l’insegnamento di Averroè è falso, è un’eresia.

Oggi dobbiamo esprimerci in altro modo. Ma per quel tempo è comprensibile che un uomo che non ammetteva l’immortalità personale come Averroè in Spagna venisse dichiarato eretico.

Oggi dobbiamo considerare la cosa secondo la sua effettiva realtà.

Dobbiamo dire: l’essere umano ha conseguito l’immortalità relativamente alla sua anima cosciente, quindi la duratura coscienza della propria personalità pur dopo la morte, solo da quando un’anima cosciente penetrò nell’uomo terreno.

 

Se dunque si fosse domandato ad Aristotele o ad Alessandro che cosa pensassero dell’immortalità,

come avrebbero risposto?

Non si tratta ora delle precise parole,

ma se fosse stata loro rivolta quella domanda e avessero risposto con terminologia cristiana, essi avrebbero detto:

la nostra anima viene accolta da Michele, e continuiamo a vivere in comunità con lui.

Oppure si sarebbero espressi in termini cosmologici.

 

Proprio da una comunità come quella di Alessandro o di Aristotele, si sarebbe detto in senso cosmologico e in effetti si disse: l’anima dell’uomo è intelligente sulla Terra, ma quell’intelligenza è una goccia della pienezza di quanto Michele riversa sugli uomini come una pioggia d’intelligenza che li sommerge. Quella pioggia viene dal Sole, e il Sole riassorbe poi in sé l’anima umana, e l’anima umana, che qui vive fra nascita e morte, irradia dal Sole sulla Terra. La signoria di Michele sarebbe stata ricercata sul Sole. Così si sarebbe risposto in senso cosmologico.

Questa concezione trasmigrò in Asia, dall’Asia ritornò e fiorì ancora come concezione degli arabi in Spagna al tempo in cui gli scolastici entrarono in campo a difesa dell’immortalità personale. Noi non dobbiamo dire, come gli scolastici: è un errore, ma dobbiamo dire: l’evoluzione dell’umanità portò l’immortalità individuale, personale, e questa venne per la prima volta accentuata nella scolastica dei domenicani.

 

Nelle università condotte dagli arabi in Spagna, veniva esposta una antica verità che per l’evoluzione attraversata dal genere umano a quel tempo non era più vera.

Oggi dobbiamo essere tolleranti non solo verso i nostri contemporanei, ma anche verso coloro che trasmisero antiche dottrine. A quel tempo non era possibile.

È quindi importante che torniamo sempre a ripeterci che quello che gli scolastici dell’ordine domenicano chiamarono immortalità personale è in sostanza vero solo da quando, lentamente e gradualmente, l’anima cosciente incominciò a penetrare nell’umanità.

Questo può anche venir espresso in forma del tutto immaginativa. Quando oggi muore un uomo che durante la vita terrena ebbe davvero la possibilità di impregnare la propria anima d’intelligenza, di vera intelligenza, dopo che ha varcato la porta della morte egli guarda indietro alla propria vita terrena che si era svolta in modo indipendente.

 

In secoli passati, dopo aver varcato la porta della morte, l’uomo guardava indietro alla propria vita terrena, vedeva il suo corpo eterico dissolversi nel cosmo, vedeva se stesso attraversare la sfera animica, e viveva a ritroso le vicende sperimentate sulla Terra. Poteva quindi dirsi: dal Sole Michele governa quanto fu mio. Questa è appunto la grande differenza.

Ci si può render conto di tale evoluzione solo guardando dietro le quinte dell’esistenza e vedendo i fatti spirituali che stanno dietro a quelli materiali. È importante che si veda come gli eventi esteriori dell’umanità vengano configurati dal mondo spirituale.

 

Ed ora riportiamoci ancora una volta a tutto quanto dissi. Ricordiamo come nel secolo nono dopo Cristo avvenne la crisi: l’intelligenza cosmica discende nell’umanità terrena. Questo è il fatto oggettivo, quel che avvenne.

Riportiamoci nella sfera solare gestita, come ho detto, da Michele e dai suoi al tempo in cui essi videro il Cristo prendere congedo dal Sole e discendere sulla Terra attraverso il mistero del Golgota, videro e sperimentarono l’intelligenza cosmica discendere sempre più fino a diventare facoltà conoscitiva individuale umana.

Un evento importante e che fece una profonda impressione appunto sulle anime appartenenti a Michele (la volta scorsa dissi « micaeliti »), un importantissimo evento fu quello che in altra connessione già caratterizzai per il modo in cui si inserì nel corso dell’evoluzione della civiltà terrena. Ora però devo caratterizzarlo quale apparve ai micaeliti che lo vissero dal Sole, e cioè nella prospettiva in cui si presenta quando, dal regno di Michele, si volge lo sguardo verso la Terra.

Quell’importante, quel rilevantissimo evento si verificò nell’anno 869.

 

Parlo dell’ottavo Concilio ecumenico di Costantinopoli nel corso del quale venne dogmaticamente decretato che l’antica concezione della tricotomia, la concezione secondo cui l’uomo consisterebbe di corpo, anima e spirito, è eretica, che l’uomo consisterebbe solo di corpo e anima, e che quest’ultima avrebbe alcune proprietà spirituali.

Mentre, come oggettiva realtà, si svolgeva il trapasso dell’intelligenza nei singoli uomini sulla Terra, in maniera così irrevocabile che nessuno nella civiltà europea poteva osare contestarlo, sulla Terra si decretò che la concezione della tricotomia sarebbe falsa, eretica. Non era più lecito dire che l’essere umano consiste di corpo anima e spirito, si doveva solo parlare di corpo e di anima, e attribuire all’anima alcune qualità e forze spirituali.

Sulla Terra era per tal modo accaduto qualcosa di cui nei regni di Michele si poteva soltanto dire: ora nelle anime umane penetrerà la convinzione che lo spirituale sia una qualità dell’anima, che lo spirituale non sia l’essenzialità divina operante nel continuativo processo dell’evoluzione umana. « Guardate verso la Terra » così diceva Michele « ivi scompare la consapevolezza dello spirito ». La scomparsa della consapevolezza dello spirito era appunto connessa con ciò di cui oggi vogliamo soprattutto parlare.

 

Ho detto prima che finora avevo indicato solo in modo astratto come l’evoluzione del regno di Michele si fosse svolta dietro le quinte dell’esistenza terrena. Avevo detto che l’intelligenza cosmica era discesa nelle singole persone.

Ma questa è solo un’astrazione.

Che cosa è infatti l’intelligenza?

 

Non si deve naturalmente pensare che ascendendo ai regni spirituali

in essi si possa afferrare l’intelligenza come nel mondo fìsico si afferrano alberi e cespugli.

Che cos’è dunque l’intelligenza?

Simili concetti generali naturalmente non esistono nella realtà.

 

Intelligenza sono le reciproche norme di comportamento delle gerarchie superiori.

Quello che fanno, la condotta che adottano le une verso le altre, il loro vicendevole comportamento:

questo è l’intelligenza cosmica.

 

E poiché, in qualità di uomini, dobbiamo naturalmente volgere lo sguardo sul regno a noi più vicino, per noi l’intelligenza cosmica risulta in concreto essere la somma delle entità della gerarchia degli Angeli. Esprimendoci in modo concreto, non potremo parlare di una somma d’intelligenza, ma di una somma di Angeli: questa è la realtà.

Che nell’anno 869 i padri della Chiesa discutessero fra di loro se si dovesse parlare di spirito, fu la conseguenza dell’essersi un certo numero di entità angeliche separate dal regno di Michele al quale erano prima appartenute, avendo la visione di avere ormai solo a che fare con potenze terrene, di dover guidare l’umanità partendo unicamente da potenze terrene.

Vediamo dunque di quale evento si sia in realtà trattato!

 

Gli Angeli sono le entità che guidano gli esseri umani da una vita terrena all’altra. Essi, gli esseri più vicini che stanno sopra di noi nel mondo spirituale, guidano il nostro cammino fra morte e rinascita e di nuovo ci riconducono sulla Terra; essi fanno delle singole esistenze terrene una catena continua della vita complessiva umana.

Alcuni Angeli preposti a questo ufficio, prima congiunti con il regno di Michele, ne uscirono, lo abbandonarono, di modo che fu impossibile che il destino degli uomini non ne venisse influenzato.

Chi infatti partecipa all’evolversi del karma, a come le azioni terrene, i pensieri terreni, i sentimenti terreni vengono elaborati fra morte e rinascita? Sono gli Angeli.

Se dunque essi assumono una tutt’altra posizione nel cosmo, se per così dire abbandonano il regno solare e da Angeli celesti diventano Angeli terreni, che cosa dovrà accadere?

 

Per tutta l’evoluzione europea dietro i fatti esteriori, qui vi è in effetti un grande mistero. Alcuni Angeli rimasero peraltro nel regno di Michele. Nella grande scuola del principio del secolo quindicesimo erano anche presenti gli esseri angelici, sempre legati agli uomini, che a quel tempo erano nel regno di Michele. A tutte le anime umane del regno di Michele delle quali ho parlato, appartenevamo esseri angelici che rimasero in quel regno. Ma gli altri che ne erano usciti si identificarono con ciò che è terreno.

A questo punto si dirà: come può accadere che a un certo numero di Angeli micheliani venga a un tratto in mente di uscire dal regno di Michele, e che agli altri non venga in mente?

Devo riconoscere che questo è uno dei problemi più difficili che possano sorgere riguardo all’evoluzione dell’umanità nei tempi moderni. È in fondo un problema che deve porre in attività tutte le forze interiori dell’uomo che vi si dedichi, un problema profondamente e intimamente connesso con tutta la vita umana.

Alla sua base vi è in realtà un fatto cosmico.

 

Dalle conferenze che tenni in questo stesso luogo, sappiamo, che ciò che viene considerato un pianeta fisico è in realtà un’accolta di esseri spirituali.

Se leviamo lo sguardo verso una stella, quello che fisicamente ne appare è solo il suo lato esteriore. In realtà si tratta di un’accolta di esseri spirituali.

 

Da quando iniziò l’evoluzione terrena,

ci fu sempre un certo contrasto fra le intelligenze di tutti i pianeti e l’intelligenza solare.

Da un lato vi è l’intelligenza solare; dall’altro vi sono le intelligenze dei pianeti.

L’intelligenza solare fu sempre in prevalenza sotto la reggenza di Michele,

le altre intelligenze planetarie invece sotto altri Arcangeli:

 

Intelligenza solare:             •  Michele

 

Intelligenze planetarie:     • Mercurio: Raffaele      • Venere: Anaele      • Marte: Samaele

                                                     • Giove: Zaccariele          • Luna: Gabriele      • Saturno:Orifiele

 

Non si potè mai in senso assoluto dire che Michele da solo governasse l’intelligenza solare. Il complesso dell’intelligenza cosmica si differenzia in intelligenza solare e nelle intelligenze planetarie di Mercurio, Venere, Marte, e così via; le singole entità della gerarchia degli Arcangeli partecipano alla gestione dell’intelligenza cosmica, ma sopra tutti gli Arcangeli domina ancor sempre Michele, così che si può dire che il complesso dell’intelligenza cosmica viene retto da Michele.

 

Ogni uomo, ben s’intende, era un uomo anche prima, quando Michele governava l’intelligenza cosmica e solo un raggio ne penetrava nella singola persona, per cui ognuno sulla Terra poteva tuttavia sentirsi « uomo » e non semplice involucro dell’intelligenza cosmica. Ciò proveniva dal Sole. Tutta l’intelligenza umana proveniva da Michele nel Sole.

Con l’affacciarsi dei secoli ottavo, nono, decimo, le intelligenze planetarie si resero conto che la Terra era mutata ed era mutato anche il Sole. Quello che avviene esteriormente, quello che descrivono gli astronomi è in realtà solo il lato apparente delle cose.

Sappiamo che ogni undici anni circa abbiamo un periodo di macchie solari; il Sole risplende sulla Terra in modo che certi suoi punti appaiono scuri, macchiati.

Non fu sempre così.

 

In remotissimi tempi il Sole splendeva come un disco uniforme, non vi erano macchie solari. Fra migliaia e migliaia di anni, ve ne saranno molte di più che non oggi, ve ne saranno sempre di più. Quelle macchie sono la manifestazione esteriore dell’affievolirsi della forza di Michele; la forza cosmica dell’intelligenza si affievolisce sempre più.

Nell’accrescersi delle macchie solari nel corso dell’evoluzione cosmica si palesa il decadimento del Sole, sempre più si palesa l’offuscarsi, l’invecchiamento del Sole nel cosmo.

Dalla comparsa di un numero abbastanza rilevante di macchie solari le altre intelligenze planetarie compresero di non voler più essere dominate dal Sole. Si proposero di far sì che la Terra non dipendesse più dal Sole, ma direttamente dall’intero cosmo. Ciò avvenne per decreto planetario degli Arcangeli.

 

L’emancipazione delle intelligenze planetarie dall’intelligenza solare avvenne soprattutto sotto la guida di Orifiele. Fu una separazione totale di potenze universali fino ad allora unite. L’intelligenza solare di Michele e le intelligenze planetarie vennero gradatamente a trovarsi in vicendevole opposizione cosmica.

Pur se agli esseri della gerarchia degli Angeli dobbiamo attribuire un genere di forza animica, di configurazione interiore del tutto diversa, anche a loro vanno tuttavia attribuite decisioni, considerazioni su quanto accade.

Noi uomini prendiamo le nostre decisioni osservando quello che succede esteriormente, lasciando che i fatti ci parlino; sotto l’influsso dei fatti eseguiamo poi le diverse azioni. Solo che nel tempo fra nascita e morte sono per noi determinanti i fatti terreni, mentre per le entità della gerarchia angelica sono determinanti fatti come la scissione che avvenne nella vita planetaria.

Una schiera aderì all’intelligenza terrena e così in pari tempo all’intelligenza planetaria. L’altra schiera si conservò fedele alla sfera di Michele per trasmettere per tutto il futuro i valori eterni da lui amministrati.

 

Il problema decisivo è se ora, quando tutto il potere è fra gli uomini e quel che si presenta nel Sole fisico si oscura e a poco a poco scompare, Michele riuscirà a portare nel futuro ciò che del suo operare è eterno.

Provocata da eventi cosmici, vediamo dunque una scissione fra gli Angeli prima uniti a Michele. Gli Angeli cooperano però all’evoluzione karmica.

Ora consideriamo quanto si svolge nella vita fra morte e rinascita: non è che ogni anima umana possa procedere per conto proprio, e neppure lo può il singolo Angelo che guida gli uomini; tutta la gerarchia angelica opera insieme poiché il karma si attua nella cooperazione.

 

Se in una vita terrena annodo con una persona un legame che porterò nella successiva esistenza, i nostri due Angeli devono incontrarsi; deve avvenire una collaborazione, e spesso fu così.

Quanto di sconvolgente, direi di lacerante si svolse sulla Terra nel Concilio ecumenico dell’anno 869 fu il segnale di un fatto immane avvenuto nel mondo spirituale. Per chi si mantiene saldo nel giusto uso dell’intelligenza cosmica, saldo di fronte a una predominante concatenazione di eventi come quella che ho indicato,

è addirittura sconvolgente ciò che già avvenne e sempre più avverrà:

che l’Angelo di un’anima umana, karmicamente congiunta in precedenza con un’altra anima,

non procede più con l’Angelo di quest’ultima.

 

L’Angelo di una delle anime legata karmicamente con l’altra rimase presso Michele, l’altro discese verso la Terra.

Quale dovette esserne la conseguenza?

Nel tempo intermedio tra la fondazione del cristianesimo e il periodo dell’anima cosciente, tempo che soprattutto si segnalò col secolo nono, con l’anno 869, dovette avvenire che nel karma degli uomini subentrasse disordine. Con ciò si è detta una delle più gravi parole che sia possibile enunciare in relazione alla storia recente dell’umanità. Nel karma dell’umanità moderna subentrò disordine. Nella successione degli anni sulla Terra le esperienze non furono più tutte giustamente inserite nel karma.

Quel che vi è di caotico nella storia moderna, quel che sempre più introduce il caos nel campo sociale e in altri ancora, che introduce il caos nella civiltà, che impedisce che si arrivi a una mèta, ha per causa il disordine apportato nel karma dalla scissione avvenuta nella gerarchia degli Angeli che facevano parte della sfera di Michele.

Ora possiamo dire qualcosa di importantissimo che è connesso col karma della Società Antroposofica e che solo, direi, gli conferisce il giusto colorito, perché in definitiva tutto quanto si può caratterizzare in merito agli eventi descritti non esaurisce ciò che si svolge dietro le quinte, nel dominio spirituale. I pensieri attinti dall’esame delle condizioni terrene sono deboli e scialbi; dopo una preparazione adeguata dobbiamo ricorrere a ciò che caratterizza l’elemento puramente spirituale.

 

Qui bisogna dire: certo, tutto ciò che onestamente e per impulso interiore animico conduce le anime a raccogliersi insieme nella Società Antroposofica conserva la propria validità. Ma da che cosa proviene che esistano anche le forze per cui persone, che altrimenti nel mondo odierno sarebbero estranee le une alle altre, si trovino insieme sotto l’azione di principi puramente spirituali? dove risiedono le forze che portano a ciò?

Sono un effetto dell’avvento della reggenza di Michele, dell’epoca micheliana in cui viviamo; come conseguenza del sostituirsi dell’epoca di Michele a quella di Gabriele, Michele introduce sulla Terra le forze che devono ristabilire ordine nel karma di coloro che gli sono rimasti fedeli.

 

Possiamo così chiedere: che cosa unisce i soci della Società Antroposofica?

Li unisce il dover portare ordine nel proprio karma. Se nel corso della sua vita qualcuno da un lato osserva di essere a volte entrato in rapporti non conformi al suo impulso interiore, rapporti che in qualche modo forse escono dalla giusta armonia insita nell’uomo fra bene e male, e da un altro lato quella persona sente costantemente l’impulso a progredire nel campo dell’antroposofia, la realtà è che essa anela a rientrare nel proprio karma, nel suo vero karma, anela a vivere il suo vero karma. Questo è il raggio cosmico che, per chi lo discerne, si effonde con chiarezza nel movimento antroposofico: ristabilire la verità del karma. A questo è legato molto di quanto è destino del singolo nella Società Antroposofica, come anche di quanto è destino della Società stessa, perché naturalmente le due cose confluiscono.

 

Dobbiamo ora considerare qualcos’altro:

le persone unite con gli esseri della gerarchia angelica rimasti nel regno di Michele, hanno difficoltà a trovare forme intellettive rispondenti a quel che devono comprendere.

Certo, esse tendono a conservare anche all’intelligenza personale un carattere che possa essere collegato con la devozione a Michele.

Le anime delle quali dissi che parteciparono alle preparazioni dei secoli quindicesimo e diciannovesimo scendono sulla Terra ancora legate con un profondissimo impulso verso Michele e la sua sfera.

Conforme ai principi evolutivi dell’umanità, esse debbono tuttavia accogliere l’intelligenza individuale, personale. Ciò genera una disarmonia, ma una disarmonia che deve risolversi mediante una evoluzione spirituale, mediante il confluire dell’attività individuale con quanto i mondi spirituali fanno fluire sulla Terra nell’attuale periodo dell’intelligenza.

 

Le altre persone, quelle i cui Angeli discesero, cosa naturalmente connessa con il karma di quelle persone stesse, perché l’Angelo discende quando è collegato con un karma umano corrispondente, le altre persone accolgono l’intelligenza individuale come una cosa ovvia, del tutto ovvia; di conseguenza essa agisce però in loro automaticamente, attraverso la corporeità, agisce in maniera che quelle persone pensano, pensano in modo intelligente, ma non si impegnano col pensiero.

 

Questa fu la grande lotta che per molto tempo si protrasse fra domenicani e francescani.

• I domenicani non potevano evolvere il principio dell’intelligenza personale, se non conservando la massima fedeltà possibile alla sfera di Michele.

• I francescani, i seguaci di Duns Scotus, non di Scotus Eriugena, divennero del tutto nominalisti. Essi dicevano: l’intelligenza è in sostanza solo una somma di parole. Tutte le discussioni che si svolsero fra gli uomini furono in realtà l’immagine delle poderose lotte fra una schiera di Angeli e l’altra.

 

In sostanza dal nono decimo secolo gli esseri della gerarchia angelica che si congiunsero col principio terreno vivono sulla Terra. E la realtà sconvolgente è che il materialismo sulla Terra aumenta.

Appunto le persone più progredite, le più intelligenti, negano lo spirito, si fanno beffa dell’idea che intorno a loro vi siano esseri spirituali, così come vi sono persone fisiche.

 

In questo tempo, in cui il materialismo si diffonde, un sempre maggior numero di Angeli discende e vive sulla Terra. Quegli Angeli partecipano a quanto si svolge quaggiù e in certi momenti, in cui la coscienza umana è offuscata, essi s’incorporano e agiscono sulla Terra. Un gran numero di entità angeliche se ne astiene, ma quelle che per il loro karma angelico sono più vicine alle potenze arimaniche, non se ne astengono: s’incorporano in esseri umani, s’immergono in loro in certi periodi.

Accade allora ciò che la volta scorsa indicai dicendo: sulla Terra vive un uomo del genere, egli ha doti umane, intelligenza umana che forse esplica con genialità, ma per un certo periodo, in cui la sua coscienza è offuscata, un’intelligenza angelico-arimanica s’insedia in lui.

Può allora presentarsi questa condizione: davanti a noi sta un uomo, sembra un uomo comune che attingendo alla propria umanità scriva qualcosa. L’elemento arimanico può però avvicinarsi all’uomo proprio attraverso quello che oggi si accoglie in forme intelligenti.

Bisogna far valere la propria personalità se non si vuole venir sommersi da tutto ciò a cui ho accennato nel corso di queste conferenze. Per questo Arimane può presentarsi come scrittore. Egli si vale naturalmente di un essere angelico e può farsi scrittore.

 

Mentre siamo qui uniti sotto il segno del nostro Convegno di Natale, non si possono tacere queste cose, e perciò vorrei ancora comunicare dell’altro.

Prima che comparissero i suoi ultimi lavori, era ancora possibile sentirsi disposti in modo diverso nei riguardi di uno dei più brillanti, dei maggiori scrittori del nostro tempo. Quando scrissi il mio libro: Friedrich Nietzsche, lottatore contro il suo tempo, secondo l’opinione pubblica si aveva a che fare con l’abbagliante scrittore che aveva elevato al sommo le facoltà umane.

Solo più tardi si venne a conoscenza delle opere scritte da Nietzsche al tempo del suo decadimento, e tra queste soprattutto due: L’Anticristo e Ecce homo. Questi due lavori furono scritti da Arimane, non da Nietzsche: furono scritti da uno spirito arimanico incorporato in lui. Allora Arimane comparve per la prima volta sulla Terra in qualità di scrittore, e continuerà a farlo. Nietzsche ne fu spezzato.

 

Si rifletta a quali impulsi ci si trova di fronte nel considerare idee vissute in Nietzsche nel tempo in cui, attingendo allo spirito di Arimane, egli scrisse quei brillanti, ma demoniaci lavori: L’Anticristo e Ecce homo. Opere intelligenti!

Della grande, vasta intelligenza di Arimane ho già parlato. In quanto a grandiosità, a splendore, chiamando arimanica un’opera non la si denigra, come potrebbero credere gli ingenui che ignorano quale grandezza possa risiedere in Arimane. Quando si parla di Arimane non si biasima né si loda; moltissime cose sulla Terra dipendono da lui.

 

Chi sanguinò, intendo dire nell’anima, come io sanguinai quando per la prima volta lessi lo scritto di Nietzsche La volontà di potenza, che poi venne pubblicato in una forma per cui la gente non potè farsene un giusto concetto, chi al contempo può immergere lo sguardo nel regno che, dalla reggenza di Michele, e cioè dagli anni Ottanta del secolo scorso, solo una sottilissima parete separa dai regni terreni fisici, chi è consapevole che quel regno confina direttamente col regno fisico così che si può dire che è somigliante al regno che l’uomo attraversa dopo la morte, chi conosce gli sforzi fatti in questa direzione, sa anche come siano stati quegli sforzi a dare l’impulso ad opere quali Ecce homo e L’Anticristo. Basta pensare alle osservazioni di natura arimanica ne l’Anticristo.

Non so se nelle nuove edizioni quel passo sia stato reso allo stesso modo, ma in un certo punto, scrivendo di Gesù, Nietzsche dice che Renan considerò Gesù un genio, ma lui, Nietzsche, non lo considera tale, e scrive (non riporto alla lettera): « Parlando con l’esattezza del fisiologo, ci si dovrebbe qui valere di un tutt’altro termine… ».

Nella mia edizione delle opere di Nietzsche a questo punto ci sono tre puntini. Non so se anche nelle edizioni più recenti sia così, ma nel manoscritto è messa per esteso la parola «idiota». Qualificare Gesù come «idiota» mostra la mano di Arimane.

 

Nel libro vi sono altre espressioni dello stesso genere. Chi potrebbe dubitare che in Nietzsche, il quale al tempo in cui scriveva così, sentiva nell’anima l’impulso di entrare nel cattolicesimo (le due cose andarono parallele, non bisogna dimenticarlo), chi potrebbe dubitare che in Nietzsche si nascondesse un profondo enigma? e con quali parole termina L’Anticristo? Termina con queste parole (non posso citarle alla lettera): « Su tutti i muri vorrei scrivere, e ho materiale di scrittura che risplende lontano, su tutti i muri vorrei scrivere che cosà è il cristianesimo: il cristianesimo è la più grande maledizione dell’umanità! » Così termina il libro.

 

In tutto questo ci sta davanti un problema. Si tratta per noi di vedere come il regno in cui si svolsero tutte le battaglie spirituali al termine del kali-yuga e ancora un po’ dopo, si tratta di vedere come il regno, che solo una sottile parete separa dal nostro, voglia penetrare nel regno fisico terreno.

Su queste cose dobbiamo riflettere se vogliamo capire quale posizione l’umanità possa prendere di fronte a ciò che deve avvenire nella civiltà con l’inizio dell’epoca di Michele. Al momento del trapasso dal kali-yuga, del passaggio dall’epoca oscura a quella luminosa, occorre davvero limpidezza di visione nel campo fisico e in quello spirituale se, come feci nella prefazione del mio libro I mistici all’alba della vita spirituale dei tempi moderni, si vuole caratterizzare la disposizione interiore necessaria di fronte alle cose, spirituali e a quelle materiali.

 

Si vorrebbe in realtà prendere da ogni parte la possibilità di descrivere il grandioso trapasso che avviene con l’inizio del periodo micheliano, nel quale dobbiamo sentirci inseriti con tutto il movimento antroposofico. Infatti quelle grandiose, quelle immani vicende si esplicano anzitutto nell’ambito del karma umano caduto in disordine.

Se si considera che nei nessi karmici risiede verità universale e che il mondo è tuttavia tale che nel corso di secoli perfino in tali nessi karmici universali poterono prodursi eccezioni, se si pensa inoltre come si presenti la necessità di ricondurre quelle eccezioni cosmiche nella giusta regola, allora (poiché questo è il compito, la missione del movimento antroposofico) si avvertirà la grande importanza e portata del nostro movimento.

 

Questo deve risiedere nelle nostre anime quando ci diciamo: coloro che con questa conoscenza sentono l’impulso a partecipare alla vita antroposofica, alla fine del secolo ventesimo saranno chiamati a nuovo affinché, in quel momento culminante, il movimento antroposofico raggiunga la massima diffusione possibile. Ciò potrà verificarsi soltanto se queste cose possono vivere in noi, se in noi può vivere la percezione di quanto di cosmico-spirituale penetra nel fisico-terreno, se nella stessa intelligenza terrena, nella concezione umana si riconosce l’importanza di Michele.

 

Questo impulso deve essere l’anima dell’aspirazione antroposofica; l’anima stessa deve volersi inserire nel movimento antroposofico. Troveremo così la possibilità non solo di custodire nelle nostre anime per un certo tempo pensieri di grande portata, ma anche di renderli in noi viventi; in tal modo, attraverso tali pensieri, le anime si evolveranno ulteriormente in senso antroposofico; così l’anima diventerà realmente ciò che deve diventare dopo l’impulso inconscio a entrare nell’antroposofia e potrà quindi venir afferrata dalla missione dell’antroposofia.

 

Affinché questo essere afferrati dalla missione dell’antroposofia agisca per un certo tempo in tranquillità in noi, ho in quest’ultima conferenza detto queste serie parole. Quando ai primi di settembre ci ritroveremo insieme, queste considerazioni verranno proseguite. Nel frattempo vorrei che nei nostri cuori vivesse appunto ciò che questa sera ho dovuto dire in connessione col karma dei singoli antroposofi e della Società Antroposofica.