Con ogni sonno abbiamo l’occasione di accostarci al nostro karma.

O.O. 236 – Nessi karmici Vol. II – 22.06.1924


 

Abbracciare in modo del tutto adeguato i fatti che si svolgono quando ci addormentiamo e ci risvegliamo rappresenta una delle indagini scientifico-spirituali più difficili.

Le cose si presentano come cercherò ora di mostrare con un disegno.

Se consideriamo tutto quello che si presentò finora alle nostre anime con l’antroposofia, avremo l’impressione di poterlo capire, ma per trovarlo realmente dobbiamo riferirci a un campo d’indagini scientifico-spirituali difficilissimo.

 

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Se traccio una specie di schema dell’uomo, entro la linea disegnata è delimitato il suo corpo fisico nel quale vivono il corpo eterico (lilla), il corpo astrale (giallo) e l’io (blu).

Osserviamo ora l’uomo che si sta addormentando. Il corpo fisico e il corpo eterico rimangono nel letto. Che cosa accade del corpo astrale e dell’io? Il corpo astrale e l’io, che voglio anche schematicamente indicare, escono dal capo, in realtà da tutto il sistema sensoriale; in certo modo essi escono dal corpo tutt’intero, ma principalmente dal capo, e si trovano quindi nel disegno fuori dell’essere umano.

 

Prescindendo ora dall’io, possiamo dunque dire: nel sonno il corpo astrale abbandona l’uomo attraverso il capo. In realtà lo abbandona attraverso tutti gli organi di senso, ma siccome gli organi di senso sono principalmente situati nel capo, la parte più rilevante del corpo astrale abbandona l’uomo attraverso il capo. Tuttavia, siccome per esempio il senso del calore e anche il senso del tatto sono sparsi sull’intero corpo, deboli raggi astrali si effondono in ogni parte; il tutto suscita l’impressione che il corpo astrale nel suo insieme, quando l’uomo si addormenta, esce dal capo. Anche l’io che, esprimendosi ora in senso spaziale, è un po’ più grande del corpo astrale e non è interamente racchiuso nell’interiorità, esce ora dall’essere umano. Questo è lo stato dell’uomo che si sta addormentando.

 

Osserviamo ora la condizione al risveglio. Se osserviamo l’uomo che si va destando, vediamo che il corpo astrale rientra in lui attraverso gli arti, anzitutto attraverso la punta delle dita di mani e di piedi per poi gradualmente, attraverso gli arti, diffondersi in tutto il corpo. Esso torna dunque indietro dal lato opposto a quello da cui era uscito. Anche l’io ritorna dalla parte opposta, solo che ora non circonda il corpo astrale, ma nel ritornare piuttosto ne è circondato (blu nel disegno).

Ci destiamo, e mentre ci destiamo l’io e il corpo astrale fluiscono in noi attraverso la punta delle dita di mani e di piedi. Per arrivare a colmare l’essere tutt’intero su fino al capo, hanno in sostanza bisogno dell’intera giornata; quando sono arrivati al capo, è tornato il momento in cui abbandonano di nuovo il corpo. Da ciò si vede che l’io e il corpo astrale in realtà sono sempre in un flusso.

 

A questo punto si può sollevare il quesito se in tal caso, mezz’ora dopo che ci siamo destati, il nostro corpo astrale, e intendo sempre anche l’io, sia solo avanzato fino al polso, e in basso fino alla caviglia.

È infatti così: il corpo astrale di una persona che sia tanto per bene da svegliarsi alle 7 e poi rimanga desta, alle 7 e mezzo sarà appena arrivato alla caviglia e forse al polso. Così avanzerà poi lentamente fino a sera.

Si potrà osservare: ma allora, com’è che ci svegliamo interamente? Abbiamo l’impressione d’essere desti in tutto il nostro essere, e invece alle 7 e un quarto sono deste solo le dita delle mani e dei piedi, e a mezzogiorno la massima parte delle persone, intendo quelle per bene, sono nel loro corpo astrale come sarebbero per esempio in un semicupio. È realmente così.

 

Al quesito posto si deve rispondere che nel mondo spirituale dominano altre leggi che non nel mondo fisico.

Nel mondo fisico un corpo è solo presente là dove esso in effetti si trova. Non così nel mondo spirituale. Nel mondo spirituale, anche se il corpo astrale ha solo penetrato le dita delle mani e dei piedi, esso agisce già nello spazio di tutto il corpo. È singolare, lo si può già sentire. Appena arriva lo si può già sentire in tutto il corpo. La sua realtà, la sua sostanza vera e propria si effonde tuttavia solo lentamente. A questo fenomeno e alla sua comprensione si collegano molte cose. Vi si collegano principalmente la valutazione dell’organizzazione umana in merito alla sua condizione di salute o di malattia.

 

Riflettiamo: per tutta la durata del sonno, nella parte di noi che giace nel letto e che non è in realtà l’essere umano ma solo il corpo fisico e il corpo eterico, si svolge una specie di attività vegeto-minerale, sia pure entro l’organizzazione umana. Essa può essere normale oppure anormale, sana oppure malata.

Quando il corpo astrale comincia a penetrare nel corpo attraverso gli arti, proprio nelle ore mattutine le manifestazioni malsane vengono irradiate e diventano percepibili in una forma particolare. Per diagnosticare le malattie è perciò sommamente importante conoscere le sensazioni dei paziente al risveglio, quando il suo corpo astrale spinge in su quanto vi è in lui di malsano.

 

Ma andiamo oltre. Quando ci addormentiamo, con l’io e il corpo astrale noi usciamo dal corpo fisico e dal corpo eterico ed entriamo nel mondo spirituale. Ivi rimangono ancora le conseguenze di quanto sperimentammo durante il giorno. I pensieri non vi rimangono tuttavia nella forma in cui li abbiamo pensati e neppure in forma di parole. Tutto ciò non rimane; vorrei dire che quando il corpo astrale esce dalla corporeità essi vi aderiscono solo come residui.

Subito dopo che il corpo astrale è uscito dal corpo fisico, comincia a formarsi il karma, sebbene dapprima solo come immagine. Il karma comincia a formarsi. Quando ci addormentiamo, quello che abbiamo fatto di bene o di male durante il giorno, quello che a tutta prima abbracciamo nelle nostre rappresentazioni abituali, passa subito nella corrente evolutiva karmica, e questo continua per un certo tempo dopo che siamo entrati nel sonno. Quella trasposizione delle cose vissute nel karma si sovrappone a quant’altro avviene di noi durante il sonno.

 

Poi, nell’ulteriore decorso del sonno (le frecce nel disegno precedente), l’uomo comincia a immergersi anzitutto nelle esperienze della sua ultima vita terrena, poi in quelle della penultima, della terz’ultima e così via; quando si desta, egli è anche passato vicino alla prima vita terrena individuale. Arriva con la sua esperienza a quando non era ancora scisso dall’universo, e di vita terrena individuale non si sarebbe ancora potuto parlare. Solo dopo raggiunto quel margine, egli può rientrare nella sua organizzazione fisica e nell’eterica.

 

A questo punto sorge di nuovo un quesito, un quesito importante. Che cosa succede se facciamo un sonnellino, per esempio il sonnellino pomeridiano? Oppure, se durante una conferenza ci appisoliamo un momento, ma in quel momento dormiamo davvero sebbene solo per due o tre minuti, o anche per un minuto o per mezzo minuto soltanto?

In tal caso, se abbiamo davvero dormito, per un minuto o per mezzo minuto siamo stati nel mondo spirituale.

Durante quel brevissimo sonno, anche se durante una conferenza, si verificano esattamente i medesimi processi che hanno luogo durante il sonno notturno di chi abbia il sonno profondo come un ghiro.

 

Il fatto è che nel momento in cui ci addormentiamo anche per il sonno più breve, il sonno tutt’intero è un’unità; il corpo astrale è un profeta inconscio e, naturalmente in prospettiva, abbraccia il sonno tutt’intero fino al risveglio. Le cose più lontane appariranno forse talvolta indistinte, come quando un miope guarda un viale e non vede gli ultimi alberi; così anche il corpo astrale, parlando ora figurativamente, nell’inconscio può essere miope. Può non vedere fin dove sono le prime vite terrene individuali. Sono fatti particolari. Ma nell’insieme si può dire che con estrema, con folle velocità anche nel più breve sonno attraversiamo tutte le nostre vite terrene, ed è importantissimo.

 

In modo molto indistinto, si capisce, se durante una conferenza qualcuno si addormenta, il conferenziere, o chi altri osservi la persona dormente, ha davanti a sé l’intera evoluzione terrena di chi dorme con tutte le vicende che si svolsero nella vita precedente. Solo che, anche in un sonno durante una conferenza, tutto si svolge con una velocità tale da essere indistinto, ma pur presente con le cose che si snodano una nell’altra.

 

Ne deriva che il karma è sempre presente.

Esso è in certo senso inscritto nella cronaca universale.

Con ogni sonno abbiamo l’occasione di accostarci al nostro karma.

Questo è uno dei grandi segreti dell’esistenza.

 

Chi è in grado di abbracciare spassionatamente queste cose con la scienza iniziatica, da un lato guarda con un senso d’infinita devozione, direi con devota conoscenza, a quanto può vivere nei ricordi di un essere umano, ai pensieri compenetrati di ricordi che possono affiorare nelle profondità dell’anima. Quei ricordi parlano solo delle esperienze della vita terrena appena trascorsa, ma in essi vive tuttavia un io umano. Se quei ricordi non ci fossero, già vi ho accennato in precedenti conferenze, l’io umano non sarebbe compiutamente presente. Nel profondo vi è qualcosa che può sempre tornare a suscitare quei ricordi in noi.

 

Mentre siamo in relazione col mondo esterno attraverso l’intelletto e i sensi, noi ci formiamo idee, rappresentazioni del mondo, rappresentazioni che ci danno le immagini di quanto esso racchiude.

 

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Possiamo tratteggiare una figura schematica e dire: dalla testa l’essere umano guarda nel mondo (v. disegno). In lui, nei suoi pensieri, sorgono immagini (lilla nel disegno) di quello che vede nel mondo esterno nel quale egli vive col proprio corpo. Dal corpo sorgono in lui pensieri che racchiudono il suo tesoro di ricordi. Guardando al patrimonio dei nostri ricordi, possiamo dire che secondo la nostra organizzazione spirituale-animico-corporea, esso rappresenta quanto abbiamo attraversato nell’attuale vita terrena.

 

Ma guardiamo ora a ciò che si presenta dall’altro lato.

Di solito non riflettiamo che in quanto sta dall’altro lato abbiamo solo una certa parte dell’esistenza terrena,

una parte della Terra e del cielo che ci circonda.

 

Se una persona è nata a Danzica, i suoi occhi e tutti i suoi sensi cadono sopra cose e fatti diversi da quelli su cui cadrebbero se fosse nata ad Amburgo oppure a Costantinopoli, e ciò continua per tutta la vita. Possiamo dire che il mondo ci presenta le parti più diverse, e non ci sono due persone che le vedano in ugual modo, neppure se sono nate e morte nello stesso posto, se sono vissute vicine. La parte di vita che si presenta a una è del tutto diversa da quella che si presenta all’altra.

 

Cerchiamo di chiarirci che cosa significhi. Il mondo offre al nostro sguardo una parte di sé; non ne vediamo un’altra, non la percepiamo. È importantissimo dirigere i pensieri in questa direzione e considerare come il mondo offra a una persona una data somma di impressioni su cui poggiano le esperienze della sua vita. Chi non pensa con profondità se la sbriga in fretta, non però chi pensa con profondità. Costui, riflettendoci, deve dirsi che ciò lo sconcerta al punto da non trovare nemmeno espressioni adeguate ad esprimerlo. Non può neppure esprimere questa condizione. Come trovare, infatti, espressioni adeguate a significare che il cosmo, il mondo presenta a ognuno una particolare sezione più o meno concatenata nelle sue parti, tale da distinguere gli uomini? come esprimerlo?

Parlando astrattamente, come sto ora facendo, presento naturalmente solo i fatti immediati. Ma con questo non ho in realtà ancora detto nulla, non ho espresso nulla di particolare. Devo davvero esprimere, formulare questi fatti. Come posso farlo?

 

Ecco, arriviamo a una formulazione, a un modo di esprimerla se torniamo a guardare i ricordi. Che cosa sorge mnemonicamente dalle profondità della nostra costituzione quando ricordiamo? che cosa ne sorge? Sorge quello che fu sperimentato dalla nostra entità umana. Nel profondo, in qualche punto dove non la possiamo afferrare, vi è la nostra entità umana. Essa irradia dall’intimo sui nostri pensieri compenetrati dai ricordi. Ciò dall’interiorità irradia nella nostra coscienza.

Che cosa vi irradia? L’uomo è a tutta prima così piccolo quando tutto ciò vi irradia, e tutto quanto è nel cosmo fuori dell’uomo è tanto grande, immenso! Ma nell’uomo penetrano sempre tali parti del mondo. Il risultato ne è che in lui sorgono pensieri.

 

Solo perché abbiamo sperimentato i relativi fatti

sappiamo che i pensieri provengono dalle nostre esperienze.

• Come i ricordi, così da fuori muovono verso di noi i pensieri.

Come penetrano in noi?

 

In basso vi è l’essere umano (v. disegno precedente) e in alto vi è tutto il mondo delle gerarchie. Ci invade una particolare impressione di grandezza quando, attraverso la scienza dell’iniziazione, cominciamo a dirci: intorno a noi si dispiegano tali parti della conoscenza del mondo, e dietro a tutto ciò che dall’esterno desta un’impressione in noi, vivono le gerarchie, così vere come dietro a quello che sorge in noi quale ricordo vive il singolo essere umano.

 

Come la possibilità di trarre una data cosa dalla memoria dipende dalla vivezza con cui essa fu sperimentata, e dall’esservi un’occasione atta a richiamare alla mente proprio quel dato pensiero e non un altro, così è anche ora. Chi lo comprende, sa che quando si presenta una data cosa essa è un essere della gerarchia degli Angeli; quando se ne presenta un’altra, essa è un essere della gerarchia degli Exusiai, e così via.

 

Arriviamo così ad affermare che nella vita terrena vediamo

quello che agli esseri spirituali piace di mostrarci (v. disegno precedente).

 

Mentre durante la nostra vita terrena ci si manifesta una data parte del mondo, impariamo a riconoscervi che, dall’infinita copia di possibilità racchiuse nel cosmo, proprio quella parte venne scelta da un essere delle gerarchie per mostrarcela dalla nascita fino alla morte; a una persona viene mostrato un dato aspetto della vita, a un’altra un aspetto diverso: sono deliberazioni delle gerarchie.

 

Le gerarchie ricordano come l’uomo stesso ricorda.

Che cosa forma la base del ricordo delle gerarchie?

La base di tale ricordo è formata dalla visione delle nostre vite terrene precedenti.

Le gerarchie guardano le nostre vite passate, e secondo le singole cose che vi scorgono

presentano alla nostra anima la corrispondente parte del cosmo.

Già in quello che vediamo del mondo è contenuto il nostro karma,

il karma che ci assegna il mondo delle gerarchie.

 

In noi vi è il ricordo della nostra breve vita terrena attuale,

fuori di noi vi è il ricordo che le gerarchie hanno di tutto quanto gli uomini fecero attraverso il tempo,

l’affiorare di pensieri compenetrati di ricordi,

l’imprimerli nella forma di quanto l’uomo abbraccia del cosmo, la formazione del karma umano,

tutto ciò è un pensiero di sconvolgente chiarezza perché ci insegna che

tutto il cosmo è al servizio dell’operare delle gerarchie rispetto all’uomo.

 

Visto sotto questo aspetto, a quale scopo esiste il cosmo?

Esiste perché le divinità nel cosmo abbiano un mezzo

per avvicinare all’essere umano la prima forma del karma.

 

Perché le stelle, perché le nubi, perché Sole e Luna? perché gli animali della Terra, le piante, le pietre?

perché i fiumi, i torrenti, i ruscelli? perché le rupi e i monti? perché esiste tutto quello che ci attornia nel cosmo?

Tutto ciò è materiale degli dèi allo scopo di mostrarci la prima forma del nostro karma

secondo le azioni da noi compiute.

Il mondo è la dispensa per la dimostrazione nel karma da parte degli dèi.

 

Questa è la nostra condizione nel mondo, e così possiamo conquistarci un nesso con i veri segreti della nostra esistenza in relazione con il mondo. Vedremo anche come sia possibile percorrere le diverse forme del karma.

 

Si potrebbe dire: anzitutto ci si avvicina il karma cosmico.

Poi esso si fa sempre più individuale.