Connessione fra la festa cristiana della Pasqua e certi culti misterici pagani.

O.O. 233a – Sedi di Misteri nel medioevo e festa di Pasqua – 19.04.1924


 

Sommario: Connessione fra la festa cristiana della Pasqua e certi culti misterici pagani. Cerimoniale e struttura del culto autunnale di Adone: morte, sepoltura, risurrezione. Il culto come immagine del processo iniziatico svolto nel segreto dei misteri; il processo di iniziazione come immagine di eventi cosmici spirituali reali. Presa di coscienza del segreto della morte. Il mistero del Golgota. Ciò che nell’iniziazione antica veniva sperimentato dall’anima, grazie al Cristo si compì nell’intera natura umana. Dopo il Golgota divenne visione temporale di un evento storico-terrestre ciò che prima era stato un sollevarsi spaziale verso l’essere del Sole. La nuova festa della risurrezione in primavera. Trasformazione della natura umana. Il pensiero della risurrezione materialistica e l’antroposofia.

 

Molti sentono che la festa della Pasqua è connessa da un lato con i più profondi sentimenti dell’anima umana, ma anche con certi segreti ed enigmi del mondo. Alla connessione della festa di Pasqua con certi segreti ed enigmi del mondo la nostra attenzione viene attirata dal fatto che essa è una cosiddetta festa mobile, la cui data deve venir calcolata anno per anno, in base a una situazione astronomica della quale parleremo in questi giorni. D’altra parte, osservando come nel corso dei secoli alla solennità pasquale si siano collegate usanze festive e azioni di culto profondamente sentite da innumerevoli persone, se ne può dedurre l’immenso valore attribuito a poco a poco a questa festa da parte dell’umanità, nel corso del divenire storico.

 

La solennità della Pasqua

divenne un’importante festa cristiana a partire dai primi secoli del cristianesimo,

anche se non proprio dalla sua fondazione:

una festa connessa col nucleo centrale, con l’impulso fondamentale del cristianesimo,

con quell’impulso cioè che nasce per il cristiano dal fatto della risurrezione di Cristo.

 

La festa di Pasqua è una festa della risurrezione, però risale a prima dell’era cristiana.

Essa richiama festività collegate all’equinozio di primavera,

(e tale data è a sua volta connessa con la datazione della Pasqua cristiana),

collegate quindi con il risveglio primaverile della natura, della vita scaturiente dalla terra.

 

Ci troviamo qui dunque al punto di trattare subito gli argomenti che debbono costituire il tema di queste conferenze pasquali: cioè la festa di Pasqua intesa come parte della storia dei misteri.

 

In quanto solennità cristiana, la festa di Pasqua è festa di risurrezioni.

La corrispondente solennità pagana cadeva suppergiù nella stessa stagione,

ed era una festa della risurrezione della natura:

vi si celebrava il riapparire-di tutto quanto durante l’inverno

era rimasto per così dire sopito in seno alla natura.

 

Qui però va messo in rilievo che la solennità della Pasqua cristiana

non si identifica affatto, per il suo significato e la sua essenza,

con le festività pagane dell’equinozio primaverile.

Se proprio vogliamo risalire agli antichi tempi pagani,

la solennità pasquale cristiana corrisponde a certe festività nate dai misteri antichi,

che cadevano nella stagione autunnale.

 

L’aspetto più singolare della datazione della festa di Pasqua (che per il suo contenuto è evidentemente connessa con certi misteri antichi) è che proprio la festa di Pasqua ci ricorda i profondi, radicali malintesi sorti, nel corso dell’evoluzione storica, su quanto concerne la comprensione di cose importantissime.

 

Infatti avvenne niente di meno che questo:

nei primi secoli cristiani la festa della Pasqua fu scambiata con una festa del tutto diversa,

e di conseguenza fu spostata dall’autunno alla primavera.

Questo fatto accenna ad eventi della più alta importanza, nell’evoluzione dell’umanità.

 

Proviamo a osservare il lato essenziale della festa di Pasqua.

L’essenziale ne è che il Cristo Gesù, l’essere che si trova al centro della coscienza cristiana,

passa per l’esperienza della morte, così come ci viene ricordato dai riti del Venerdì Santo.

Il Cristo Gesù riposa nel sepolcro durante tre giorni

e questo periodo significa il congiungersi del Cristo con l’esistenza terrestre.

 

In seno al cristianesimo i giorni che vanno dal Venerdì Santo alla domenica di Pasqua vengono celebrati come giorni di lutto. Quest’ultimo giorno è poi quello in cui l’entità centrale del cristianesimo risorge dal sepolcro, è il giorno in cui si celebra il ricordo di questo evento.

Abbiamo così esposto il contenuto essenziale della festività pasquale:

• morte riposo nel sepolcro risurrezione del Cristo Gesù.

 

Ed ora consideriamo la corrispondente antica festività pagana, in una qualunque delle sue forme.

Solo procedendo così potremo giungere a comprendere intimamente il nesso fra la festa pasquale e i misteri antichi.

 

In molti luoghi, presso molti popoli troviamo antiche feste pagane che presentano una struttura del culto

assolutamente analoga a quella del contenuto della festa pasquale cristiana.

Fra le diverse festività antiche possiamo prendere in considerazione quella di Adone:

presso certi popoli dell’Asia Minore essa fu celebrata per lunghi periodi di tempo, nell’antichità precristiana.

Al centro della celebrazione si trovava un simulacro, quello di Adone,

il rappresentante spirituale della rigogliosa forza giovanile e della bellezza dell’uomo.

 

Certo i popoli antichi confondevano spesso il significato reale di un’immagine con la sua raffigurazione simbolica; proprio per questo le religioni antiche hanno spesso il carattere del feticismo.

 

Erano numerosi coloro che nel simulacro ritenevano reale la presenza stessa del dio della bellezza,

della forza giovanile dell’uomo, della forza germinativa, manifestantesi luminosamente in modo visibile:

di quella forza che rivela all’esterno, nella luminosa esistenza sensibile,

il valore interiore, la dignità, la grandezza interiore che l’uomo racchiude o può racchiudere in sé.

 

Accompagnato da canti e da azioni cultuali che rappresentavano il lutto più profondo, il più sentito dolore,

il simulacro del dio veniva immerso nel mare (se la cerimonia si svolgeva in prossimità del mare)

e vi doveva rimanere immerso tre giorni; in altri luoghi l’immersione avveniva in un lago.

 

Talora si scavava perfino uno stagno artificiale in prossimità del tempio

per immergervi per la durata di tre giorni l’immagine della divinità.

Per tre giorni, in tutta la comunità che partecipava a quel culto regnava la più profonda gravità, il silenzio più completo.

Dopo tre giorni l’immagine veniva tolta dalle acque.

I canti lamentosi si tramutavano in inni di giubilo per il dio risuscitato e ritornato alla vita.

 

Questa cerimonia esteriore commuoveva profondamente vaste cerchie di persone. Essa riproduceva appunto sotto forma di un’azione esteriore, di un culto, quello che nelle profondità dei sacri misteri si verificava per ogni uomo avviato all’iniziazione.

Chiunque nei tempi antichi dovesse pervenire all’iniziazione, veniva condotto entro le sedi dei misteri in una camera particolare, le cui pareti erano nere; il locale era tetro e oscuro e non conteneva altro che una bara. Qui, intorno alla bara, coloro che accompagnavano l’iniziando intonavano canti funebri, canti di morte.

 

L’iniziando veniva trattato come chi sta per morire, e gli veniva spiegato che, dopo essere stato posto nella bara, egli avrebbe dovuto sperimentare le vicende dell’uomo che passa per la porta della morte e quelle dei tre giorni successivi alla morte. Venivano effettivamente prese disposizioni affinché l’iniziando potesse acquistare piena chiarezza interiore sulle esperienze che si fanno nei primi tre giorni dopo la morte.

Il terzo giorno, in un punto sul quale poteva posarsi lo sguardo di colui che giaceva nella bara, si sollevava un ramo che rappresentava la vita che torna a nascere. Ai lamenti funebri di prima si sostituivano inni, canti di gioia. Il soggetto si alzava dal sepolcro con la coscienza trasformata: gli diveniva accessibile un nuovo linguaggio, una nuova scrittura, il linguaggio e la scrittura degli spiriti. Adesso gli era concesso di vedere, era effettivamente in grado di scorgere il mondo anche dal punto di vista dello spirito.

 

Confrontando tutte queste pratiche, che riguardavano l’iniziando nel chiuso dei misteri, con le azioni di culto che si compivano pubblicamente, risulta evidente che il contenuto del culto era certo solo una riproduzione in immagini, ma nella sua struttura generale era del tutto simile a quanto avveniva per gli eletti in seno ai misteri.

 

Il culto (prendiamo pure come esempio quello di Adone) al momento giusto veniva anche spiegato ai presenti.

Abbiamo già detto che esso aveva luogo d’autunno, e i partecipanti venivano istruiti circa nel modo seguente.

Si diceva: vedete, siamo in autunno; la terra perde le sue piante, perde il suo verde ornamento; tutto appassisce.

In luogo della rigogliosa vita verdeggiante che in primavera aveva ricoperto la terra, subentrerà la neve,

o per lo meno l’aridità invernale.

 

La natura va morendo: ma mentre intorno a voi tutto sta morendo,

dovete fare l’esperienza di quanto nell’uomo è per metà simile al morire che si osserva nella natura circostante.

Anche l’uomo muore, anche per lui arriva l’autunno.

Quando la vita umana finisce, è giusto che le anime dei superstiti si riempiano di profondo dolore.

 

Perché le vostre anime possano realizzare tutta la gravità del passaggio per la morte, perché non sperimentiate la morte soltanto quando toccherà a voi stessi morire, ma possiate ricordarvi di essa sempre di nuovo, ecco perché ogni autunno vi viene mostrato come l’essere divino che rappresenta la bellezza, la giovinezza, il vigore dell’uomo, come proprio quell’essere muoia, percorrendo la via che tutta la natura percorre.

 

Ma proprio quando la natura diventa arida e muore, dovete pure ricordare qualcosa d’altro.

Dovete ricordare che l’uomo passa per la porta della morte, e che mentre qui nell’esistenza terrena

non ha sperimentato che cose effimere, simili a quelle che periscono ad ogni autunno,

dopo la morte egli viene sollevato dalla Terra per espandersi vivo nelle vastità dell’etere;

egli si avvede di diventare sempre più grande, di comprendere in sé il mondo intero.

Per tre giorni si espande vivo in tutto il vasto universo.

 

Poi, mentre l’occhio terreno è tutto rivolto all’immagine della morte, a quel che perisce,

dopo tre giorni l’anima umana si risveglia nello spirito.

Essa risorge nell’aldilà; risorge tre giorni dopo la morte, rinasce per il mondo spirituale.

Nelle profondità dei misteri tutto questo si compiva sul corpo stesso dell’iniziando,

realizzando un’intensissima trasformazione interiore.

 

L’impressione squassante, la formidabile scossa comunicata da quell’antico modo di iniziazione (e vedremo che oggi le cose non possono più svolgersi così, ma ben diversamente), risvegliava forze animiche interiori, risvegliava la veggenza, portava all’uomo la certezza di non trovarsi più soltanto nel mondo dei sensi, ma ormai nel mondo dello spirito.

 

Altri insegnamenti che al momento opportuno venivano comunicati ai discepoli dei misteri si possono riassumere così:

• quel che avviene nei misteri è un’immagine di quanto ha luogo nel mondo spirituale, nel cosmo,

• e a sua volta il culto è un’immagine di quanto avviene nei misteri.

 

Chi veniva ammesso ai misteri era infatti pienamente convinto che in essi si svolgevano in Terra, nei riguardi dell’essere umano, dei processi che erano esatte riproduzioni di eventi sperimentati dall’anima nelle vastità del cosmo astrale-spirituale, in condizioni diverse di esistenza. In quei tempi antichi chi per la sua immaturità non veniva ammesso ad attingere nei misteri la contemplazione diretta del mondo spirituale, riceveva invece nel culto un’immagine adeguata di ciò che aveva luogo in seno ai misteri.

 

Prendendo dunque ancora una volta come esempio di celebrazione misterica il culto di Adone, possiamo affermare che, mentre la natura d’autunno rende evidente l’appassire, il perire di tutto il terrestre come segno della transitorietà di ogni cosa terrena, essa risvegliava nei presenti la certezza o per lo meno il pensiero seguente: la morte che discende in autunno su tutta la natura colpisce anche l’uomo, colpisce anche il rappresentante della bellezza, della giovinezza e della grandezza dell’anima umana, come appaiono in Adone.

Anche il dio Adone muore, dissolvendosi nell’acqua che raffigura sulla Terra l’etere cosmico.

Ma come il dio si risolleva dalle acque, così verrà salvata dalle acque del mondo, cioè dall’etere cosmico, anche l’anima umana, circa tre giorni dopo che l’uomo qui sulla Terra avrà attraversato la porta della morte.

 

Il segreto stesso della morte doveva venire simboleggiato in quegli antichi misteri mediante la corrispondente festività autunnale.

Doveva risultare evidente che

• da un lato il culto si identificava nella sua prima parte col processo del morire, con il declino della natura,

• mentre dall’altro ne voleva raffigurare l’opposto, cioè l’aspetto essenziale della natura umana.

• Si metteva in evidenza la morte della natura, perché l’uomo si rendesse conto

che la sua morte è invece parvenza esteriore,

mentre per quanto concerne la sua natura più profonda, egli risorge, anzitutto nel mondo spirituale.

Il senso di quell’antica festa pagana, scaturita dai misteri,

era proprio di svelare la verità sulla natura della morte umana.

 

Ora nel corso dell’evoluzione avvenne un fatto significativo:

quello che l’iniziando sperimentava a un certo livello in seno ai misteri, cioè la morte e la risurrezione dell’anima,

si compì nel Cristo Gesù fino a livello del corpo.

Infatti, come si presenta il mistero del Golgota a chi conosca l’essenza dei misteri?

Egli vede che l’anima dell’iniziando veniva condotta attraverso la morte fino alla risurrezione,

cioè fino al risveglio di una coscienza più alta entro l’anima stessa.

L’anima dunque moriva, per risorgere a un grado superiore di coscienza.

 

• Qui va ricordato che non il corpo moriva,

ma che solo l’anima moriva per poter essere ridestata a una più alta coscienza.

• Ciò che ogni iniziando aveva sperimentato nell’anima,

il Cristo Gesù lo sperimentò fino nel corpo, cioè semplicemente a un diverso livello.

 

• Non essendo il Cristo Gesù un uomo terreno, ma un essere solare entro il corpo di Gesù di Nazaret,

egli fu in grado di sperimentare sul Golgota con l’intera sua struttura umana

quanto l’antico iniziando dei misteri poteva sperimentare solo con l’anima.

 

Coloro che meglio di ogni altro furono in grado di comprendere ciò che era avvenuto sul Golgota furono quelli che ancora conoscevano l’essenza degli antichi misteri: e ciò vale anche per oggi. Infatti il conoscitore dell’essenza dei misteri antichi sa che per millenni un certo numero di uomini era stato guidato verso i segreti del mondo spirituale, passando per la morte e per la risurrezione dell’anima.

Durante l’azione iniziatica, l’anima veniva portata alla vita eterna attraverso la morte.

Ciò che era stato in tal modo sperimentato da alcuni uomini eletti, fu sperimentato fin entro il corpo fisico da un essere che, durante il battesimo compiuto da Giovanni nel Giordano, era disceso dal Sole e aveva preso dimora nel corpo di Gesù di Nazaret.

 

È così diventata realtà storica l’esperienza iniziatica che per tanti anni si era ripetuta nei misteri.

L’essenziale era sapere questo:

poiché un essere solare aveva preso possesso del corpo di Gesù di Nazaret,

ciò che per gli antichi iniziandi riguardava solo l’anima e le esperienze animiche,

potè compiersi sin dentro l’esistenza corporea.

 

Malgrado la morte del corpo, malgrado l’annientamento in Terra del corpo di Gesù di Nazaret, potè compiersi nel Cristo una risurrezione, in quanto il Cristo ascese più in alto di quanto poteva ascendere l’anima del comune iniziando.

Quest’ultimo non era in grado di portare il corpo in regioni tanto profonde del subsensibile, quanto potè farlo il Cristo Gesù. Proprio per questo l’iniziando non poteva poi salire con la propria risurrezione altrettanto in alto quanto il Cristo; tuttavia, salvo questa differenza riguardante l’ampiezza cosmica del fatto, è appunto l’antica azione iniziatica stessa a manifestarsi come realtà storica nel sacrario del Golgota.

 

Furono del resto in pochi, nei primi secoli del cristianesimo,

a sapere che in Gesù di Nazaret era vissuta un’entità solare, un’entità cosmica,

e che la Terra era stata fecondata dal fatto che il Cristo era realmente disceso dal Sole,

mentre in precedenza poteva venire veduto dalla Terra solo mediante le procedure iniziatiche in uso nei misteri.

 

L’essenziale del cristianesimo, in quanto potè essere accolto

anche da quelli che conoscevano veramente i misteri antichi, è proprio questo:

il Cristo, a cui potevamo innalzarci mediante l’iniziazione,

mediante la nostra ascesa alla sfera del Sole negli antichi misteri,

il Cristo è disceso in un corpo mortale, nel corpo di Gesù di Nazaret.

Egli è disceso sulla Terra.

 

Le anime di coloro che al tempo del mistero del Golgota possedevano una certa comprensione per quell’evento erano in uno stato d’animo festoso, anzi più che festoso, in uno stato d’animo solenne e sacro. E quello che allora fu il contenuto vivo della loro coscienza diventò a poco a poco, per tramite di certi eventi di cui parleremo più avanti, una festività commemorativa dell’evento storico compiutosi sul Golgota.

Sennonché, mentre andò formandosi questo ricordo, si perdette gradualmente sempre più la consapevolezza che il Cristo era stato un essere solare. I conoscitori degli antichi misteri non potevano avere alcun dubbio sulla natura del Cristo. Essi infatti sapevano che i veri iniziati, in quanto resi indipendenti dal loro corpo fisico, sperimentavano con l’anima la morte, innalzandosi fino alla sfera solare, nella quale incontravano il Cristo e da lui ricevevano l’impulso alla risurrezione dell’anima; sapevano chi era il Cristo, in quanto si erano innalzati fino a lui.

 

I veri iniziati antichi riconobbero dall’evento del Golgota

che il medesimo essere che prima doveva venir ricercato nel Sole,

era ormai disceso fra gli uomini sulla Terra. E perché lo riconobbero?

Perché la procedura che in passato si svolgeva nei misteri

affinché l’iniziando potesse raggiungere il Cristo nella sfera del Sole,

adesso non si poteva più compiere allo stesso modo,

in quanto la natura umana nel corso del tempo si era modificata.

 

L’antica cerimonia iniziatica era divenuta impossibile per effetto dell’evoluzione subita dall’umanità;

l’antica cerimonia iniziatica non avrebbe più consentito di ricercare il Cristo nel Sole.

Perciò egli discese, per compiere sulla Terra un’azione alla quale potesse ormai rivolgersi lo sguardo degli uomini.

Ciò che sta racchiuso in questo mistero fa parte delle cose più sacre che si possano esprimere qui sulla Terra.

 

Come si presentava infatti la situazione per gli uomini, nei secoli successivi al mistero del Golgota?

Volendo disegnare schematicamente quei rapporti, dovrei farlo nel modo seguente (cfr. il disegno seguente). Nella parte inferiore si immagini raffigurata la Terra. A destra, disegnata in rosso, è accennata un’antica sede di iniziazione da cui bisognava alzare lo sguardo spirituale verso l’alto, verso la sfera solare, per potervi percepire (grazie all’iniziazione) il Cristo. Per potersi mettere in contatto col Cristo bisognava volgere lo sguardo fuori, nello spazio.

Volendo ora descrivere schematicamente come si sia svolta l’evoluzione, occorre invece tener d’occhio il divenire del tempo sulla Terra, il corso degli anni quale viene sperimentato qui in Terra. La Terra esiste naturalmente anche nello spazio, ma l’attenzione va rivolta al t e m p o che scorre. Il mistero del Golgota si è compiuto. Per mettersi in contatto col Cristo, una persona mettiamo dell’ottavo secolo, non doveva guardare al Sole, ma doveva rivolgersi alla svolta dei tempi verificatasi all’inizio dell’era cristiana, doveva rivolgersi al mistero del Golgota compiutosi nel tempo (freccia gialla nel disegno). Si poteva così ritrovare il Cristo in un’azione compiutasi sulla Terra, nel mistero del Golgota.

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 Per effetto del mistero del Golgota,

quella ch’era stata una visione spaziale divenne una visione temporale:

questo appunto è l’importante cambiamento.

 

Se ora riflettiamo profondamente su quanto avveniva nelle iniziazioni antiche, sull’immagine della morte e della risurrezione dopo la morte, se teniamo presente che la struttura dei culti antichi (per esempio la festa di Adone) era a sua volta un’immagine di ciò che avveniva nei misteri, allora tutto questo, tutti e tre i livelli di esperienza coinvolti in quei fatti, si ritrovano riuniti ed esaltati al più alto grado, si ritrovano concentrati nell’evento storico del Golgota.

Compare qui esteriormente, sul piano storico, qualcosa che prima si era compiuto nel più profondo segreto, entro il sacrario dei misteri. Esiste ora per tutti gli uomini ciò che prima esisteva solo per gli iniziati. Non è più necessario che un simulacro risorga simbolicamente dal mare. Bisogna invece coltivare il pensiero, il ricordo di quello che sul Golgota è realmente accaduto.

 

Al posto del simbolo materiale che si riferiva a un processo sperimentato nello spazio,

subentra il ricordo interiore e immateriale,

la commemorazione immateriale, sperimentata solo nell’anima, dell’azione storicamente compiuta sul Golgota.

 

Nei secoli seguenti poi si verifica uno sviluppo singolare.

La penetrazione degli uomini nella spiritualità va sempre più diminuendo. Il contenuto spirituale del mistero del Golgota non riesce più ad affermarsi nelle anime umane. L’evoluzione procede verso la concezione materialistica. Si va perdendo l’intima comprensione del cuore per lo spirito; non si riconosce più che proprio quando la natura si mostra nella sua veste effimera, arida e sterile, proprio allora può manifestarsi la vivezza dello spirito. Si va perdendo anche la comprensione per la festività esteriore, per la festa che proprio dietro al declino autunnale addita quanto vivamente si affermi la risurrezione dello spirito, in contrapposizione alla morte della natura terrestre.

 

Così l’autunno perde la possibilità di essere la stagione adatta alla festa della risurrezione,

perde la possibilità di additare l’eternità dello spirito partendo dalla caducità della natura.

Ormai si ha bisogno di appoggiarsi all’aspetto materiale,

cioè a quanto nella natura non sta morendo, ma al contrario va fiorendo e germinando,

portando a risurrezione i semi deposti in terra durante l’autunno.

 

Ora si prende ciò che è materiale come simbolo per lo spirituale,

perché non si è più capaci di giungere a sentire lo spirituale nella sua realtà, partendo dall’esperienza del materiale.

L’autunno non ha più la forza di rivelare, grazie all’energia interiore dell’anima umana,

l’immortalità dello spirito di fronte alla natura mortale.

Occorre ormai appoggiarsi alla natura visibile, alla risurrezione esteriore.

Si vuol vedere con gli occhi come le piante spuntino dalla terra, come il Sole vada crescendo di potenza,

come si accrescano di giorno in giorno le forze della luce e del calore.

Si ha bisogno della risurrezione della natura, per celebrare il pensiero della risurrezione.

 

Con ciò scompare però anche il rapporto diretto che congiungeva gli uomini con la festa di Adone, il rapporto che poteva stabilirsi anche col mistero del Golgota. Va perdendo forza un’esperienza che può realizzarsi alla morte terrena di qualunque persona, purché l’anima sia consapevole di questi fatti: certo in quanto essere terrestre, l’uomo passa per la porta della morte, e fa certe esperienze che possono suscitare in noi uno stato d’animo grave; ma poi l’anima deve riempirsi di letizia, di un’intima festosità, poiché sa che proprio dalla morte l’anima umana si solleva dopo tre giorni, spiritualmente immortale.

 

La forza che si trovava assistendo al culto di Adone è andata perduta. In origine era previsto che quella forza dovesse rinascere con sempre maggiore intensità. Si guardava alla morte del dio, di tutto ciò che nell’umanità è bello, è grande, è pieno di forza giovanile. Quel dio veniva immerso nel mare, nel giorno del lutto; qui predominava lo stato d’animo della tristezza, perché si voleva sottolineare la caducità di tutta la natura.

Poi però quello stato d’animo, suscitato dal perire di ciò ch’è naturale, doveva trasformarsi nell’anima umana in un sentimento adeguato alla risurrezione spirituale dell’anima dopo tre giorni. Quando il simulacro del dio veniva risollevato dalle acque, i fedeli correttamente istruiti vi scorgevano l’immagine dell’anima umana qual è alcuni giorni dopo la morte: ecco, all’anima tua si presenta quello che avviene per lo spirito del defunto, nell’immagine del dio della bellezza e della giovinezza, che ora è risorto.

Ad ogni autunno veniva ridestato direttamente nello spirito degli uomini ciò che è tanto intimamente congiunto col destino umano. In quei tempi non sarebbe stato possibile riallacciarsi agli eventi della natura esteriore.

 

Nell’azione del culto, nell’azione simbolica si rappresentava quanto poteva venire sperimentato spiritualmente.

Quando però dovette essere cancellata l’immagine del tempo antico, quando dovette affermarsi la forza del ricordo

(il ricordo interiore, privo d’immagini, sperimentato nell’anima,

il ricordo del mistero del Golgota che rappresenta la medesima vicenda dei misteri antichi),

allora l’umanità non possedette subito la forza di realizzare un ricordo siffatto,

in quanto lo spirito era profondamente sommerso nell’anima umana.

Perciò fino ai nostri giorni le cose son rimaste così: bisogna appoggiarsi a quanto si svolge nella natura esterna.

 

La natura esterna però non offre un simbolo completo del destino dell’uomo nella morte.

Il pensiero della morte potè continuare a sussistere,

mentre andò sempre più scomparendo il pensiero della risurrezione.

Anche se della risurrezione si parla come di un articolo di fede,

il fatto reale della risurrezione non vive più nell’umanità moderna.

Quella realtà deve però ridiventare vivente,

e potrà diventarlo se la concezione antroposofica ridesterà negli uomini

il senso per il vero pensiero della risurrezione.

 

Se dunque è stato detto a suo tempo che l’anima del cultore dell’antroposofia deve aprirsi all’idea di Michele come annunziatore, se la sua anima deve approfondire l’idea del Natale, anche l’idea della Pasqua deve però poter acquistare un carattere particolarmente festoso.

 

L’antroposofia deve infatti aggiungere al pensiero della morte quello della risurrezione;

deve anzi divenire essa stessa un’intima festa di risurrezione dell’anima umana.

Deve portare in tutta la concezione che si ha della vita uno stato d’animo pasquale.

E potrà riuscirvi, se si comprenderà come l’antico impulso dei misteri possa continuare a vivere

nel pensiero della Pasqua veramente compreso;

se si giungerà a una retta concezione del corpo, dell’anima e dello spirito umani,

e del destino che corpo, anima e spirito hanno

nel mondo fisico, nel mondo animico e in quello spirituale celeste.