Conoscere profondamente il mondo

O.O. 129 – Meraviglie del creato – 27.08.1911


 

Nel corso delle nostre conferenze abbiamo indicato come gli uomini nei tempi più diversi formarono pensieri su quanto realmente vi è nelle entità e negli eventi del mondo. Formandosi così certe rappresentazioni e concetti, appropriandosi di certe sensazioni e sentimenti sugli eventi e sulle entità del mondo, l’uomo giunge a qualcosa che gli dà soddisfazione e di cui deve dirsi che gli crea un nesso necessario con le cose, sia che gli dia una spiegazione per i segreti del mondo, sia che gliene risulti in qualche altro modo una soddisfazione.

 

L’uomo mostra così di non porsi di fronte al mondo semplicemente come egli è, ma di voler aspirare, oltre a quel che appare ai suoi sensi ma anche alla sua conoscenza chiaroveggente, a un sapere relativo alle realtà profonde e in un primo tempo nascoste, per poter stare nella giusta armonia con il mondo. Mostra così di aspirare soprattutto a una spiegazione del mondo che gli presenta enigmi, e che il suo rapporto con esso non è concluso con il modo in cui da principio egli deve stargli di fronte.

 

In tempi antichi lo si espresse considerando il sentimento che si prova proprio di fronte ai più appariscenti fatti ed entità del divenire del mondo. Si disse che di fronte a tali realtà si prova in primo luogo il sentimento della meraviglia da cui scaturisce ogni filosofia, tutto ciò cui si tende come a una spiegazione del mondo. Partendo dalle esperienze che ciascuno può fare, è però permesso dire che l’anima umana, dal sentimento della meraviglia, tende a qualcosa che attutisce e allontana proprio questo sentimento. L’anima non può rimanere ferma alla meraviglia, altrimenti il mondo intero consisterebbe per lei solo di prodigi.

 

Davanti alle meraviglie del creato non può rimanere ferma ad essa, deve per così dire allontanare quelli che appaiono prodigi trovando in se stessa una specie di spiegazione, una risposta agli enigmi e alle meraviglie dei fenomeni e delle entità del mondo.

 

Abbiamo visto per esempio come l’antica anima greca abbia smorzato in modi diversi la meraviglia, intuendo la spiegazione del mondo che era presente per un’antica coscienza chiaroveggente ed esprimendola nelle figure dei suoi dèi. Non appena il Greco fu cosciente che nei fatti cosmici, nelle realtà del mondo agiscono esseri spirituali che vengono rappresentati nelle forme e nelle entità della mitologia, subito il suo sentimento di meraviglia si trasformò in una specie di armonia tra la propria anima e le meraviglie del creato. Nel mondo odierno, materialistico rispetto a quello greco, si pensa in modo diverso. Si è infatti avversi a dare una risposta agli enigmi del mondo con figure di immagine quando si stimi necessario smorzare il sentimento, la meraviglia. Il nostro tempo riterrebbe una risposta fantasiosa dare una simile spiegazione alle cose del mondo. Si aspira a rispondere agli enigmi del mondo in modo conforme alla ragione, in un modo che si possa definire scientifico. Tuttavia dalle sensazioni più svariate che si poterono suscitare nel corso di queste ed altre conferenze, si può dedurre che il modo oggi consueto, quello razionale, asciutto, scarno e scientifico è solo una fase, un’epoca, negli sforzi di mitigare la meraviglia verso i prodigi del creato.

 

Se dal suo modo, che dice scientifico, l’uomo odierno guarda alla forma greca di spiegazione del mondo, la chiama infantile e ha la sensazione che sia scaturita solo dalla fantasia e nulla abbia a che fare con le realtà; se poi crede di aver trovato oggi quel che resterà scientifico per tutti i tempi, gli si deve rispondere che è molto miope. Proprio come l’evoluzione dell’umanità è progredita oltre la spiegazione greca, e nel nostro tempo ha l’esigenza di un’adeguata spiegazione scarna e intellettuale, così si supererà tale forma intellettualistica e materialistica, e se fino ad allora non si sarà più intelligenti di quello che oggi è la scienza, se ne penserà in futuro quello che pensiamo a proposito dell’antichità greca.

 

Le leggi di Keplero, le attuali leggi biologiche appariranno ai nostri posteri mitologia

proprio come appare a noi la mitologia greca,

se essi non comprenderanno, grazie ad una più ampia visione del mondo,

che ogni tipo di spiegazione si pone accanto all’altra come altrettanto legittima.

 

Sarà superata l’infinita superbia del nostro tempo, la quale dice che la mitologia è una fantasticheria e la scienza è finalmente una spiegazione, e si comprenderà che anche il nostro tempo è soltanto una fase che deve essere superata, così come fu nei tempi precedenti. Proprio considerando il nostro modo di spiegazione del mondo, scarno e razionale, che ufficialmente si chiama scienza, ci si deve però dire che

la nostra spiegazione con le sue forme e le sue idee razionali

è quella che meno di tutte è adeguata ad afferrare le realtà vere.

 

Occorre ora rispondere seriamente alla domanda: da dove proviene tutto ciò? Riandando allo spirito delle conferenze finora tenute e a quanto dicemmo nel corso del tempo, dobbiamo tener presente che il modo in cui si è guardato il mondo si è variamente modificato durante i tempi. L’essere umano è cambiato, e rispetto a oggi negli antichi tempi della chiaroveggenza si richiedevano forze molto maggiori e possenti dalla totalità dell’entità umana. Con la spiegazione solo materialistica l’anima espelle da sé, con lo strumento del cervello, le formazioni più sottili e umbratili in forma di idee razionali, per dare così una spiegazione del mondo. Le spiegazioni antiche, dei tempi più o meno chiaroveggenti, erano molto rigogliose, molto più reali.

 

Ieri abbiamo visto come il nostro cervello sia una specie di strumento

che porta a fermare, ad arrestare il corpo astrale le cui formazioni,

poiché non vengono lasciate passare dal cervello,

portano a coscienza i nostri pensieri sul mondo.

Nei tempi dell’antica coscienza chiaroveggente

venivano trattenute non soltanto le formazioni del corpo astrale,

ma anche quelle del corpo eterico.

La conseguenza era che nella conoscenza, si faceva scorrere in maggior misura

la propria entità, il proprio sé, la propria sostanza animica.

 

In modo un po’ schematico possiamo dire che la chiaroveggenza antica e anche l’antica visione dei Greci, molto più incline alla fantasia, erano tali che, quando nell’anima dell’antico Greco vi era un pensiero diretto a Zeus, a Dioniso, esso era rigoglioso, molto reale, preso soprattutto dalla stessa sostanza animica umana, e poiché essa era attinta dalle profondità del mondo, la rappresentazione che l’antico Greco si faceva dei suoi dèi aveva in sé molta più realtà delle immagini di pensiero dell’epoca moderna. Se indico il pensiero dell’antico Greco con un cerchio, dovrei disegnare il pensiero dell’uomo odierno ricolmo in modo molto più sottile di sostanza animica. (Viene fatto un disegno.)

 

Quando dà forma alle idee e alle rappresentazioni odierne,

l’anima umana trae da se stessa sostanza in quantità minore e molto più sottile,

e quindi nell’immagine del mondo fatta con la coscienza di oggi

è contenuta molto meno realtà, rispetto al passato.

 

La verità è dunque proprio il contrario di quel che per lo più immagina l’odierna superbia degli eruditi filosofi che pensano che i Greci avessero nei loro dèi creazioni fantasiose senza realtà e che solo nelle odierne leggi di natura con le loro astrazioni vi sia realtà. No, non è così.

Le creazioni della conoscenza greca erano molto più densamente ricolme di realtà vera, mentre le conoscenze che oggi derivano dalle leggi naturali sono come limoni spremuti. L’anima lo può sentire, se non è prevenuta dalla superbia dotta e scientifica del nostro tempo, ma ha sete di colmare la coscienza di realtà. Quando l’anima sente di aver sete di realtà, di fronte a quanto le offre oggi in particolare quella che si chiama scienza rigorosa, ha il sentimento che proprio lì essa è irretita al massimo nell’illusione, nella maya.

Mai ci fu al mondo un tale intreccio con la maya

come nelle creazioni della filosofia o della scientificità odierne.

 

Perché si è giunti a questo? Perché nel corso del suo divenire terreno l’uomo doveva sviluppare la sua attuale coscienza dell’io! A tal fine doveva essere del tutto solo, autonomo nel suo io; doveva venir staccato dal legame col mondo esterno. I forti contenuti sostanziali che gli davano la possibilità di immettere molta sostanza animica nelle sue creazioni, come nelle figure degli dèi greci, gli avrebbero reso impossibile giungere alla coscienza dell’io, perché sarebbe stato riversato troppo nel mondo.

 

Affinché potessimo rafforzare la coscienza dell’io,

dovemmo venir strappati, isolati dalle realtà del cosmo,

così che la nostra anima di fronte alle realtà cosmiche si indebolisse,

fosse estremamente debole per l’obiettiva conoscenza del mondo.

 

Come anima conoscente e cosciente rispetto alla coscienza del mondo,

la nostra anima, particolarmente adatta a sviluppare la coscienza dell’io,

è al suo punto più debole in confronto alle condizioni da lei attraversate un tempo.

 

Le idee più rarefatte, meno reali, e le leggi razionali di natura sorgono nella nostra coscienza odierna

a causa della debolezza alla quale dovemmo arrivare.

 

Chi oggi sulla base dell’erudizione o di altre fedi nell’autorità del nostro tempo, è educato alla scientificità che vive solo nelle astrazioni, non arriverà comunque fino a sentire l’infinito impoverimento rispetto alla vera realtà. Chi invece sente in sé la sete di unirsi alla realtà del mondo, sa che a un certo punto della sua vita ha il sentimento di come in tutte le idee odierne ci si senta lontani dalla vera realtà, ci si senta in schemi soltanto esteriori, in immagini d’ombra.