Conoscere se stessi – La relazione profonda fra i nostri pensieri, sentimenti e impulsi di volontà

O.O. 130 – Cristianesimo esoterico e la guida spirituale dell’umanità – 01.10.1911


 

Conoscere se stessi

è un’esortazione che in ogni tempo e in ogni aspirazione verso la conoscenza,

sia mistica, sia realistica, è stata rivolta all’anima umana.

• Come spesso è stato accennato, non è facile però assolvere questo compito,

come invece si immaginano anche molti antroposofi.

 

E appunto chi aspira alla conoscenza di se stesso

dovrebbe continuamente tener presenti le difficoltà che si presentano all’anima.

• Tale conoscenza, d’altra parte, è la cosa più necessaria per tutti coloro che vogliano raggiungere nel mondo

una meta degna di esseri umani, sia nel vivere che nell’operare.

• Se oggi ci chiediamo perché la conoscenza di se stesso sia tanto difficile per l’uomo,

dobbiamo considerare quanto egli sia complicato.

 

La vita interiore dell’anima umana è tutt’altro che semplice,

e occorre molta pazienza e tenacia per poter davvero penetrare sempre più a fondo

in quel meraviglioso organismo, creato dalle potenze cosmiche divino-spirituali, che è l’uomo.

 

Prima di immergerci nella essenza del conoscere, possiamo notare nella vita dell’anima una duplicità.

Come il magnete ha un polo nord e un polo sud,

come nel mondo esterno vediamo la luce nelle due gradazioni di chiaro e scuro,

così anche l’anima umana ha, per così dire, due poli animici della sua esistenza;

e noi li ravvisiamo se osserviamo l’uomo in due situazioni della vita.

 

Supponiamo di scorgere un uomo fermo in mezzo alla strada, totalmente immerso nella contemplazione di qualche bello e straordinario spettacolo naturale. Immobile in tutta la sua persona, non batte ciglio e non sa staccare lo sguardo dall’oggetto della sua ammirazione, così che noi ci avvediamo ch’egli è tutto occupato, nella sua interiorità, a formarsi delle immagini di ciò che gli sta davanti agli occhi, tutto perduto nella sua contemplazione.

 

Una tutt’altra situazione sarebbe quella di una persona che camminando per la strada venisse insultata e offesa da un’altra, e che, senza riflettere, cedesse alla propria collera e reagisse ammollando un tremendo ceffone. Qui ci si manifesterebbero tutt’altre forze: e precisamente forze derivanti dallo sdegno, dall’irritazione: impulsi di volontà non preceduti da pensieri e rappresentazioni, e che probabilmente non si sarebbero scatenati se quella persona avesse alquanto riflettuto prima di passare all’azione.

 

Abbiamo così posto dinanzi a noi due estremi; un’azione tutta di riflessione, nella quale il volere cosciente è posto a tacere: e un’altra azione in cui è posto invece a tacere il pensare, mentre l’uomo che la compie estrinseca immediatamente un impulso di volontà. Questi due esempi ci mostrano i due poli estremi della vita dell’anima umana: l’impulsività del volere, da un lato, e l’abbandono, privo di impulsi volitivi, alla contemplazione, alla rappresentazione, al pensare, mentre la volontà tace. In questo modo avremmo descritto i fatti del tutto exotericamente, quali ci si mostrano osservando la vita esteriore.

 

Ora possiamo però andare più a fondo e raggiungere quelle sfere nelle quali possiamo orientarci soltanto prendendo in aiuto l’indagine occulta. Qui ci si presenta un’altra polarità, quella di veglia e sonno.

Già sappiamo che cosa significhino la veglia e il sonno nel senso occulto; sappiamo che, secondo i concetti elementari della nostra conoscenza antroposofica, durante la veglia i quattro elementi costitutivi della natura umana: corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale e io, stanno organicamente l’uno dentro l’altro, operando l’uno entro l’altro. Nel sonno, però, mentre il corpo fisico e il corpo eterico giacciono addormentati, il corpo astrale e l’io sono come riversati in tutto il macrocosmo che confina in modo immediato con la nostra esistenza terrena.

Potremmo anche considerare diversamente questo fatto, e chiederci in quale rapporto stiano la veglia e il sonno con l’osservazione della vita, con la rappresentazione e il pensare da un lato e col volere e i suoi impulsi dall’altro.

 

Se guardiamo più a fondo, vediamo che, in un senso speciale,

nella sua vita fisica presente l’uomo dorme sempre.

Solo che di notte dorme diversamente che di giorno.

 

Possiamo rendercene conto già esteriormente, sapendo che di giorno possiamo occultamente destarci, cioè diventare chiaroveggenti, guardare nel mondo spirituale. Di fronte a questo genere di osservazione, il nostro corpo fisico è addormentato, e si può dire che ha luogo veramente un risveglio, quando impariamo ad adoperare i nostri sensi spirituali. Quanto al sonno notturno, che l’uomo allora dorma è evidente.

 

Si può dunque dire:

• il dormire solito è sonno rispetto al mondo fisico esteriore;

la coscienza diurna attuale è sonno rispetto al mondo spirituale.

 

Ma, guardando bene, ci accorgiamo che, nello stato ordinario di veglia della sua vita fisica,

l’uomo ha di regola ben poco dominio sulla propria volontà.

Questa si sottrae notevolmente alla vita diurna.

 

Se osserviamo con attenzione ciò che chiamiamo volontà umana,

vediamo in che minimo grado l’uomo abbia potere sugli impulsi della propria volontà durante la vita diurna.

Ciò che facciamo dalla mattina alla sera

scaturisce in ben piccola parte dal nostro pensiero, da una decisione personale, individuale.

 

Se bussano alla nostra porta, e noi diciamo «avanti!», non possiamo attribuire questo a una vera decisione del nostro proprio pensare e volere. Così non possiamo dire, se abbiamo fame e ci sediamo a tavola, che questa sia una vera decisione della nostra volontà: è un atto determinato dalle condizioni del nostro organismo.

Ora, se passate in rivista la vostra giornata, vedrete in che scarsa misura la vostra volontà sia direttamente influenzata dal vostro centro umano. Qual è la causa di questo fatto? Ce lo insegna l’occultismo, mostrandoci come, effettivamente, di giorno l’uomo dorma riguardo alla sua volontà, vale a dire non viva affatto dentro i propri impulsi volitivi.

 

Noi possiamo, progredendo, arrivare a concetti e rappresentazioni sempre migliori,

diventare persone più morali e di gusto più raffinato, ma nulla possiamo fare nei riguardi della nostra volontà.

Se nutriamo in noi pensieri migliori, possiamo reagire indirettamente sul nostro volere,

ma direttamente la nostra vita diurna non può affatto influenzarlo, se non passando attraverso il sonno.

 

Quando dormiamo, non pensiamo: non abbiamo rappresentazioni. Invece la volontà veglia durante il nostro sonno, compenetra da fuori il nostro organismo e lo ravviva. II mattino ci sentiamo rinvigoriti appunto perché ciò che è penetrato nel nostro organismo è sostanza volitiva.

Se pensiamo che la nostra facoltà di rappresentazione dorme durante il nostro sonno, ci apparirà ovvio che non si percepisca questo lavoro della volontà, e che nulla se ne sappia.

 

Per ora vogliamo soltanto dare uno stimolo per un’ulteriore riflessione e meditazione, e vedrete che, quanto più procederete nella conoscenza di voi stessi, tanto più riconoscerete la verità seguente:

• l’uomo quando è sveglio, dorme riguardo al suo volere,

• e quando dorme, dorme riguardo al suo pensare.

Di giorno dorme il volere, di notte la vita di rappresentazione.

 

Che l’uomo non sia consapevole del fatto che di notte la volontà è desta,

è perché egli è capace di vegliare soltanto riguardo alla vita di rappresentazione.

 

La volontà di notte non dorme, ma opera veramente come in un elemento di fuoco,

e lavora a reintegrare nel corpo ciò che in esso è stato consumato durante il giorno.

Vi sono dunque nell’uomo due poli:

• quello degli impulsi volitivi,  • e quello della vita d’osservazione e rappresentazione:

e verso questi due poli egli si comporta in senso diametralmente opposto.

 

Questi sono però solo i due poli. Tutta la vita animica, con diverse sfumature, è situata tra questi due poli.

Cercheremo ora di esaminare più da vicino la vita microcosmica dell’anima

ponendola in relazione con ciò che già sappiamo dei mondi superiori.

 

Da quanto è stato detto abbiamo visto che la vita di rappresentazione è uno dei poli della vita della nostra anima. La vita del pensiero appare al materialista come qualcosa di irreale. Quante volte si sente dire: “Oh, non sono che idee!” Un pezzo di pane o di carne è per la gente una realtà: ma i pensieri non si possono mangiare, sono “soltanto” pensieri! Ma perché le idee, i pensieri, sono solo pensieri?

 

Lo sono perché ciò che l’uomo chiama i suoi pensieri sta, rispetto a ciò che i pensieri sono veramente,

come l’immagine d’ombra rispetto all’oggetto di cui è proiezione.

Se abbiamo qui un fiore che getta un’ombra,

sappiamo che quell’ombra è la proiezione di una realtà, appunto della realtà del fiore.

Così è anche dei pensieri.

 

Il pensiero umano è la proiezione di rappresentazioni e di entità esistenti in un mondo superiore,

quello che si chiama piano astrale.

E ci rappresentiamo giustamente il pensiero, se immaginiamo in questo modo

(naturalmente il disegno è solo uno schema) il nostro capo tutto riempito di pensieri.

 

Testo alternativo generato dal computer: 4 piano a *rate capo

 

I pensieri che sono nel capo, sul piano astrale sono esseri viventi.

Sul piano astrale operano le più diverse entità e rappresentazioni

che gettano le loro ombre nell’uomo, riflettendosi nel suo capo come pensieri.

 

Ci facciamo una giusta rappresentazione se pensiamo che, dal nostro capo, emaniamo verso il piano astrale continue correnti che sono le ombre adibite a trasmettere al nostro capo la vita del pensiero. (Vedere lo schema qui accanto)

Ma, oltre alla vita del pensiero, nell’anima umana si svolge anche un’altra vita. Di solito, si distingue tra sentimento e pensiero (ciò non è detto proprio esattamente, ma solo con riferimento ai concetti della vita solita). Tra i sentimenti distinguiamo quelli che ci danno piacere, che destano la nostra simpatia, e quelli che ci sono antipatici, che ci dispiacciono. I primi si destano in noi di fronte ad azioni ispirate dalla giustizia, dalla benevolenza; l’antipatia sorge davanti all’ingiustizia, alla malvagità. Qui abbiamo qualcosa di più e di diverso dalla semplice rappresentazione. La rappresentazione può aver luogo anche di fronte a cose indifferenti; ma queste esperienze animiche della simpatia e dell’antipatia le abbiamo solo di fronte al bello e al bene, o al male e al brutto.

 

Come tutto ciò che nell’uomo si svolge quale pensiero riconduce al piano astrale,

così tutto quello che ci riallaccia a simpatie e antipatie

ci riconduce a quello che chiamiamo il devacian inferiore.

 

Potrei prolungare fino al devacian, o mondo celeste, i tratti che ho qui disegnato fino al mondo astrale. Portiamo effettivamente nella nostra anima delle ombre, delle proiezioni del mondo celeste, o devacian inferiore, in tutti i processi svolgentisi nel nostro petto come sentimenti di simpatia per il bello e il bene, o di antipatia per il brutto e il male; in una parola, i nostri sentimenti di fronte al mondo etico-estetico.

 

Vi è inoltre un terzo elemento nella vita dell’anima umana,

che occorre distinguere esattamente dalla semplice predilezione per le azioni benevoli.

Passa infatti una grande differenza

tra il provar piacere davanti a un’azione bella e benevola a cui assistiamo,

e il porre noi stessi in attività il nostro volere per compierne una.

 

• Vorrei denominare elemento estetico

il piacere o dispiacere che si prova dinanzi alle azioni belle o brutte, buone o malevoli;

• ed elemento etico quello che spinge l’uomo a operare il bene.

 

La moralità sta più in alto della semplice estetica;

il provare attrazione o repulsione per una data azione è meno che non il sentirsi spinti a fare il bene o il male.

Gli impulsi etici che spingono l’anima a compiere azioni morali

sono proiezioni, ombre del devacian superiore, del mondo celeste superiore.

 

Queste tre attività dell’anima, disposte a tre diverse altezze l’una sull’altra, e cioè

• quella puramente intellettuale del pensare, rappresentare, osservare,

• quella estetica del piacere e dispiacere,

• e quella morale degli impulsi verso il bene o verso il male,

se le consideriamo come esperienze dell’anima tra loro separate,

sono immagini microcosmiche di tre sfere macrocosmiche

disposte l’una sopra l’altra nei tre mondi, e cioè:

• il mondo astrale, che si rispecchia nel mondo del pensiero, nel mondo intellettuale;

• il mondo devacianico, che si proietta a guisa di ombra

nel mondo estetico del piacere e dispiacere;

• e il mondo del devacian superiore, che si proietta come ombra nella moralità.

 

 

Se colleghiamo ciò che ora si è detto con quanto è stato esposto prima sui due poli dell’anima umana, dobbiamo sentire ciò che è intellettuale come uno dei poli, quello che domina specialmente la vita diurna di veglia, in cui siamo desti relativamente alla vita intellettuale, mentre durante il sonno siamo svegli relativamente alla nostra volontà. Ma siccome in questo caso l’uomo dorme riguardo al suo intelletto, non è cosciente di ciò che intraprende con la volontà. Quelli però che chiamiamo princìpi e impulsi morali agiscono direttamente nella volontà. All’uomo infatti la vita del sonno è necessaria, affinché gli impulsi morali ch’egli accoglie attraverso la vita del pensiero possano giungere a un’effettiva azione.

 

• Vero è che l’uomo, qual è oggi nella vita ordinaria,

è capace di attuare qualcosa di giusto soltanto nel piano intellettuale;

lo può assai meno sul piano morale: qui egli deve poter contare sull’aiuto da parte del macrocosmo.

Ciò che è già in noi può aiutarci a progredire di un tratto nell’intellettualità;

quanto invece al progredire di un passo nel miglioramento morale, devono venirci in aiuto gli dèi.

 

Per questo cadiamo nel sonno, per poterci immergere nel volere divino,

dove non siamo presenti col nostro impotente intelletto

e dove forze divine trasformano in forza volitiva ciò che accogliamo in noi come princìpi morali,

innestando nella nostra volontà quel che altrimenti siamo in grado di accogliere soltanto nei nostri pensieri.

 

In mezzo tra questi due poli, quello della volontà, che veglia di notte, e quello dell’intelletto, che veglia di giorno,

sta la sfera estetica, sempre presente nell’uomo.

Infatti l’uomo, di giorno, non è del tutto sveglio; solo i più pedanti son sempre desti nella loro veglia.

 

In fondo gli uomini, anche di giorno, debbono sempre sognare alquanto, devono poter sognare un poco durante la veglia, abbandonandosi all’arte, alla poesia o ad altre occupazioni che trascendano la nuda e cruda realtà.

L’abbandonarsi a queste occupazioni crea legami che reagiscono su tutta l’esistenza in un modo che rinfresca e ristora, è ciò che come un sogno penetra dentro la vita di veglia; e di questo tutti gli uomini hanno bisogno se non vogliono condurre una vita prosaica, arida, malsana.

Circa i sogni che ci visitano spontaneamente durante lo stato di sonno, noi già li conosciamo senza che facciamo nulla per provocarli. Il sognare notturno e il sognare diurno costituiscono la sfera media tra i due poli menzionati, e ci offrono il destro di vivere alquanto nella nostra fantasia.

 

Abbiamo così, anche a questo proposito, tre elementi nell’anima: quello intellettuale, grazie al quale siamo veramente desti e portiamo in noi le ombre del piano astrale quando di giorno ci apriamo ai nostri pensieri che producono in noi sia le escogitazioni più feconde della vita d’ogni giorno, sia le grandi invenzioni. E durante il sonno, quando sogniamo, quando nel nostro sonno s’intessono questi sogni, veramente si rispecchiano in noi come ombre le immagini del mondo celeste o devacian inferiore. Quando poi, nel sonno, lavoriamo a imprimere nel nostro volere la moralità (questo non possiamo percepirlo direttamente, ma solo nei suoi effetti), e siamo in grado, durante la notte, di introdurre nel nostro pensare questo influsso delle potenze divino-spirituali, gli impulsi che così percepiamo sono ombre proiettate dal devacian superiore, dal mondo celeste superiore.

 

Sono i sentimenti e gli impulsi morali viventi in noi che ci fanno dire che, in sostanza,

la vita umana è giustificata solo se poniamo i nostri pensieri al servizio del buono e del bello,

e se lasciamo compenetrare la nostra azione intellettuale

dall’intima linfa della vita divino-spirituale, dagli impulsi morali.