Contraddizione esistenziale tra costituzione morale interiore e causalità di natura

O.O. 206 – Il divenire dell’uomo, l’anima e lo spirito del mondo – II – 24.07.1921


 

Nell’ambito dell’animico-spirituale sperimentiamo l’elemento morale,

in quello fisico-corporeo la necessità di natura.

 

Tra i due, per il modo di vedere odierno, se si è onesti in entrambi i campi, non vi è proprio alcun ponte. E ieri ho fatto notare che, poiché non esiste tale ponte, la gente distingue tra il cosiddetto “puro sapere” che riguarda la causalità naturale e il mero contenuto di fede che si deve riferire al mondo morale, poiché si trovano sconnesse una accanto all’altro, da un lato, la causalità di natura, dall’altro, la vita animico- spirituale.

• Ma si tratta proprio di questo: per arrivare di nuovo a una piena coscienza dell’uomo, abbiamo bisogno di gettare un ponte tra l’una e l’altra.

 

A questo punto è necessario soprattutto tener presente che

• il mondo morale non può esserci senza la presenza della libertà,

• il mondo naturale non può esistere senza la necessità per cui un effetto scaturisce da una causa.

 

In fondo non potrebbe esserci affatto alcuna scienza se non ci fosse questa necessità.

Se nei nessi di natura non fosse necessario derivare un fenomeno dall’altro,

allora sarebbe tutto arbitrario e non potrebbe davvero esserci alcuna scienza.

 

Ebbene, tutto quello che non si può appunto sapere potrebbe risultare dall’altro, non è vero?

• È chiaro, quindi, che la scienza c’è innanzitutto quando con essa

si vuole vedere soltanto come una cosa scaturisca da un’altra, che un fenomeno derivi da un altro.

• Però se questa causalità di natura fosse del tutto universale,

una libertà morale sarebbe impossibile, non potrebbe esserci.

• Ma la coscienza di questa libertà morale all’interno dell’animico-spirituale

è presente in ogni uomo come un fatto direttamente sperimentabile.

 

La contraddizione

• tra quello che l’uomo sperimenta nella sua costituzione morale interiore    • e nella causalità di natura

non è una contraddizione logica, ma della vita.

 

Ce ne andiamo di continuo per il mondo con questa contraddizione. Essa fa parte della vita. In effetti le cose stanno così: se ammettiamo sinceramente quello che c’è qui, dobbiamo dirci che causalità e necessità di natura devono esserci, e noi stessi come uomini passiamo per questa necessità. Ma la nostra vita interiore, animico-spirituale, la contraddice.

 

Siamo consapevoli di poter prendere delle decisioni,

di poter seguire degli ideali morali che non ci sono dati nell’ambito della causalità naturale.

Questa è una contraddizione che è esistenziale.

E chi non può ammettere che tale contrasto si trova dentro la vita,

semplicemente non afferra la vita in tutti i suoi aspetti.

 

Ma se lo esprimiamo così è molto astratto. In fin dei conti, effettivamente, è sempre solo una specie di concezione che portiamo incontro alla vita. Passiamo attraverso la vita e, in realtà, ci sentiamo continuamente in contraddizione con la natura esterna. Sembra come se fossimo impotenti, come se ci dovessimo sentire, appunto, in contraddizione.

 

Oggi, ad esempio, in molti uomini si possono sperimentare queste contraddizioni in modo ben tragico. Ho conosciuto un uomo, per esempio, che davvero era del tutto soddisfatto che ci sia nel mondo una necessità nella quale anche l’uomo è inserito. È ovvio che si può riconoscere teoricamente tale necessità e con tutto il proprio essere non ci si dà molto pensiero; si va per il mondo, appunto, in modo banale e non si viene pervasi da un’interiore tragicità. Ma come detto, conobbi pur sempre un uomo che diceva: c’è sì necessità dovunque, e noi uomini vi siamo posti dentro. Non c’è altra possibilità, poiché la scienza ci costringe a riconoscere questa necessità. Ma questa necessità, allo stesso tempo, fa sorgere in noi bolle di sapone, bolle di schiuma che ci creano il miraggio di una vita animica libera. Dobbiamo renderci conto che sono bolle di sapone. Anche questa è una necessità.

 

Questa è la tremenda illusione dell’uomo. È la motivazione del pessimismo nella natura umana. Chi ha scarse idee di come qualcosa possa agire così profondamente nell’anima di un uomo, non potrà avvertire come a questo punto la contraddizione assolutamente reale dell’esistenza può smuovere tutta l’interiorità umana e portare persino alla concezione che vivere attraverso la propria natura sia una disgrazia.

 

È solo la mancanza di pensiero e l’insensibilità, di fronte a quello che oggi ci vogliono dare da un lato la certezza scientifica e dall’altro la certezza della fede, che non fanno andare gli uomini a tale interiore tragicità. Poiché di fronte alla possibile condizione animica odierna dell’umanità questa tragicità esistenziale sarebbe proprio lo stato interiore adatto.

 

Ma da dove deriva l’incapacità che conduce a tale tragicità esistenziale? Deriva dal fatto che da secoli ci siamo appunto infilati, come umanità civilizzata, in certe astrazioni, in un intellettualismo. Questo intellettualismo può tutt’al più dirsi: «La necessità di natura, per delle strane direzioni, ci fa credere in una sensazione di libertà; ma essa non c’è. È presente solamente nelle nostre idee. Siamo impotenti di fronte alla necessità di natura».

 

Sorge la grande questione: siamo veramente così? Ed ora rendiamoci conto come le conferenze che ho tenuto qui da settimane tendano proprio tutte alla domanda: siamo così in realtà? Siamo realmente così impotenti con questa contraddizione?

 

Ricordiamoci, come dissi,

• che nella vita umana non abbiamo solo un’evoluzione ascendente,

ma anche una discendente,

• che la nostra vita intellettuale non è legata alle forze di crescita,

bensì a quelle del morire, all’evoluzione morente,

• che ci occorre il morire proprio per sviluppare l’intelligenza.

 

Rammentiamoci come abbia qui mostrato da alcune settimane che tipo di importanza ha che elementi che stanno nel mondo con determinate affinità e forze di valenza, come il carbonio, l’ossigeno, l’idrogeno, l’azoto e lo zolfo, si uniscono alla sostanza proteica; come vi abbia mostrato su che cosa si basi questo legame, come non si basi proprio sull’impiego della chimica, bensì sul divenire caotico, e vedremo che tutte queste considerazioni tendono a metter in luce quanto ho accennato, non solo come una contraddizione teorica, ma come un processo nella natura umana.

 

Vivendo quali uomini non siamo arrivati solo a questo, a sentire un tale contrasto, ma

• la nostra vita interiore  è un continuo processo di distruzione

di quello che si sviluppa fuori nella natura come causalità naturale.

In noi uomini estinguiamo, in realtà, la causalità di natura.

Quello che i processi fisici, i processi chimici rappresentano all’esterno

viene revocato in noi, viene sviluppato verso l’altro lato.

 

Ovviamente, ci si rende conto di questo solo se prendiamo in considerazione l’uomo inferiore e quello superiore, se consideriamo quello che nell’uomo inferiore vien su dal metabolismo, nella sua smeccanizzazione, defisicizzazione, dechimizzazione, grazie all’uomo superiore.

 

Se cerchiamo di considerare la smaterializzazione nell’uomo,

allora non abbiamo solo una contraddizione logica, teorica in noi, bensì abbiamo il processo reale:

• abbiamo il processo del divenire uomo    •  e il processo di evoluzione dell’essere umano

come ciò che in noi combatte addirittura la causalità naturale,

 e la vita umana come tale che consiste in una lotta contro di essa.

 

E l’espressione di questa lotta,

l’espressione di quello che in noi allenta continuamente la sintesi fisica, la sintesi chimica, analizzata di nuovo,

• l’espressione della vita analitica in noi si riassume nel sentimento: io sono libero.

 

Miei cari amici, quanto vi ho ora presentato in poche parole, dunque

la considerazione dell’uomo nel suo processo del divenire

• come un processo di lotta contro la causalità di natura,

• come un processo opposto ad essa,

vogliamo prenderlo qui in esame nelle prossime conferenze.