Coscienza immaginativa, ispirativa e intuitiva.

O.O. 66 – Spirito e materia, vita e morte – 17.02.1917


 

Come il sogno è una riproduzione della vita fisica,

così la stessa vita è la riproduzione di una vita spirituale

alla quale ci si può destare tramite la coscienza veggente nella quale ci si può inserire.

 

Nei miei diversi scritti chiamo coscienza immaginativa il primo modo di vedere la conoscenza spirituale, quello che consente di percepire nell’essere umano il corpo delle forze formatrici. Prego di non venir urtati da questa espressione. È molto facile esserlo perché di solito si pensa subito a quanto con ciò si rappresenta nella vita consueta. Non occorre comunque esserne urtati: si vuole solo intendere quanto è stato caratterizzato. La conoscenza immaginativa si manifesta in immagini che però non sono mere immagini della fantasia, ma si riferiscono a una realtà.

 

Invece ho chiamato nei miei scritti conoscenza ispirativa il pensare che si pone dinanzi all’anima e che si può paragonare alla vita morale delle relazioni poiché qui si presenta all’anima un elemento spirituale autonomo entro cui ora l’anima vive.

Il concetto dell’ispirazione, dal quale va allontanata ogni superstizione, è del tutto applicabile all’interiore percezione di un mondo spirituale che avviene quando l’anima si è elevata a una tale conoscenza; con la conoscenza ispirativa l’anima giunge a comprendere non solo il significato del sogno e del sonno, ma può abbracciare ora con lo sguardo la vita spirituale che si svolge al di là della vita tra nascita e morte; arriva a inserire il mondo spirituale autonomo nelle rappresentazioni della vita in cui visse prima di scendere nel mondo fisico attraverso la nascita, o la concezione.

L’anima arriva a rappresentarsi come la vita fluisca quando si attraversa la porta della morte. L’uomo, ne accennai già l’altro ieri e sarà l’argomento delle prossime conferenze, sperimenta le ripetute vite terrene e quindi anche il periodo che decorre tra morte e nuova nascita. In quel periodo, considerevolmente più lungo della vita tra nascita e morte, l’anima vive in un mondo puramente spirituale, e in esso ha attorno a sé le forze che la compenetrano come qui è attorniata dalle forze del mondo fisico.

 

Dal mondo spirituale l’anima trae le forze di cui si compenetra e che introduce in ciò che le viene portato incontro dal mondo della materialità fisica attraverso l’ereditarietà di padre, madre, nonni e nonne. Guardando in quel mondo si scorgono le forze fondamentali che orientano il destino interiore dei singoli. Poiché ciò che sulla base delle predisposizioni dell’anima portiamo incontro alla vita, così da essere costituiti in un certo modo e quindi avere la possibilità di sperimentare una cosa o l’altra, è opera del nostro destino interiore. Questo non si forma soltanto attraverso l’educazione (certo essa può far emergere certi elementi dall’individualità, anche se può far emergere soltanto quanto è già presente in essa) né può essere formato dalla vita fisica.

Noi portiamo il destino attraverso la concezione o la nascita dal periodo anteriore alla nascita, dalla vita nel mondo spirituale entro cui possiamo vedere con la coscienza veggente.

 

Indirizziamo così lo sguardo ai fondamenti del destino interiore umano per il quale vengono create le forze tra morte e rinascita. Vediamo tutto ciò che dall’interiorità dell’anima determina il nostro destino. Se siamo piuttosto inclini a meditare e riflettere, in certe situazioni la vita può riuscirci difficile. Dal periodo trascorso dall’ultima incarnazione alla nascita attuale portiamo in noi la predisposizione al meditare. Grazie a quella vita possiamo contessere la sostanzialità fisica, ricevuta attraverso la concezione o la nascita, con tutte le forze che, provenendo dall’interiorità, ci determinano secondo i disegni del destino.

 

A questo si aggiunge ora ciò che dall’esterno dà forma alla vita secondo destino, poiché il destino complessivo dell’uomo scorre in relazione a come noi stessi portiamo incontro le nostre forze al mondo esterno: se gliele portiamo incontro in modo ottuso e attraverso di esse sperimentiamo qualcosa, oppure se al mondo esterno portiamo incontro forze vigorose conducendo la vita in altro modo. Il destino si configura così in centinaia di modi é prende forma a partire dall’interiorità. Nei colpi del destino, che si estrinsecano in tristezza e felicità, in piacere e dolore, si trova l’altra parte del destino che nel suo decorso complessivo s’intreccia con quanto proviene dall’interiorità. Anche la comprensione di quanto proviene dall’esterno sotto forma di destino è raggiungibile solo se troviamo accesso al mondo spirituale con la coscienza veggente.

 

A questo deve però aggiungersi un terzo elemento e per indagarlo non sono sufficienti i due modi di conoscenza cui abbiamo accennato; si deve aggiungere la conoscenza intuitiva. Mi servo ora di questo termine non in senso oscuro e simbolico, ma nel significato che voglio appunto caratterizzare.

Ho esposto due gradi di avanzamento nella conoscenza spirituale.

Il primo è raggiunto quando il pensare sperimenta se stesso indipendente entro il complesso dei pensieri, e sperimentiamo in certo modo ciò che esiste tra i pensieri quando questi sono lasciati a se stessi. In seguito i pensieri entrano in una interiore scambievole relazione, divengono destino interiore, e cominciamo così a comprendere che il destino è predisposto nel mondo spirituale. Ora però può subentrare ancora dell’altro, lo sperimentare cioè interiormente, in modo vero e sincero, tutte le prove dell’anima attraversate durante l’esperienza dei due primi gradi del conoscere vivente; enormi sono infatti le tentazioni che in questo ambito ci seducono inducendoci ad essere falsi con noi stessi, facendoci credere di sperimentare realmente le cose più diverse.

Non si riesce a chiarire soltanto con una dimostrazione logica o comunque dialettica attraverso che cosa si giunge alla realtà. Dev’esserci sincerità e veridicità nei confronti di se stessi. Diversamente si può solo dire: si sperimenta la realtà in una diretta esperienza, ma non si può dimostrare. Come non si può dimostrare a qualcuno che esiste la balena se non lo vuol credere, come la balena può essere dimostrata soltanto attraverso l’esperienza, così è pure per le esperienze spirituali: si può dimostrare che esistono solo attraverso la coscienza veggente.

Con la coscienza veggente si può essere certi di avere a che fare con una realtà spirituale e non con una creazione della fantasia, come nel mondo dei sensi si può essere certi di trovarsi di fronte a un vero animale e non a uno di cartapesta. Come in questo caso non occorre alcuna dimostrazione, ma ci si convince per diretta esperienza, così si è pure convinti delle realtà spirituali grazie a un’esperienza interiore.

 

Ma poi, avanzando sempre di più, quando con interiore pazienza e perseveranza si portano avanti gli esercizi citati, si giunge a un determinato punto in cui da lì in poi il conoscere per esperienza diviene esso stesso destino, diviene un avvenimento del destino. In queste cose occorre essere davvero chiari e sinceri: quanto poco cioè il conoscere ordinario, spesso teorizzante e puramente logico, diventi per la maggior parte della gente un avvenimento del destino. Davvero poco! Si conosce perché si ha l’anelito alla conoscenza, ma tuttavia si porta il sapere con sé come qualcosa che scorre accanto alla vita.

 

Ma quando, da indagatore dello spirito, si progredisce nel modo descritto, giunge un momento, sarà presto o tardi ma arriverà, in cui il conoscere stesso diventa destino, in cui si è interiormente pervasi di forza grazie allo spirito, e in cui mediante lo spirito stesso si è immersi nell’universo spirituale nel quale un tale evento, per quanto si abbia interiore onestà e sincerità, diviene l’avvenimento più importante. È lecito dire: nella vita questo significa qualcosa di profondamente incisivo.

 

Gli uomini sperimentano certo nella vita, tutti lo sanno, eventi di destino assai determinanti che spesso conducono l’intera esistenza per altre vie, esperienze che scuotono profondamente l’anima, e che vanno dalla più elevata felicità alla più profonda tragedia. Ma volendo raggiungere la vera conoscenza spirituale per indagare lo spirito dev’essere possibile che la conoscenza stessa divenga esperienza di destino di fronte alla quale le altre, pure significative, sono messe un po’ nell’ombra.

 

Per il vero ricercatore spirituale il più grande cambiamento, il più grande colpo della vita può e deve avvenire in modo che da quel momento in poi, riconoscendosi nello spirito, egli sappia che quell’esperienza di destino soverchia tutte le altre. Il suono che emana da quell’esperienza si riflette poi nell’anima così che da quel momento si sappia dove tessono nel mondo spirituale le forze che intrecciano il corso della vita, per molti in apparenza casuale, che lo compenetrano .affinché non ci sia connessione solo con ciò che prende forma dall’interno, ma abbiano una relazione anche gli avvenimenti del mondo esterno sia nella loro connessione attuale, sia anche perché costituiscono il fondamento per nessi che si attueranno nella vita successiva. Nel conoscere spirituale molto dipende infatti dal poter sperimentare gli effetti che emergono.

 

Come conseguenza del vivere una tale esperienza, descritta come esperienza di destino legata al conoscere e prima ancora come esperienza della coscienza conoscitiva, e non solo di osservarla, ma di averne gli effetti nell’anima così che essa ne risulti cambiata nella sua specificità, come conseguenza appunto, l’anima diventa veggente.

Ora essa arriva a penetrare con lo sguardo non solo nella vita che trascorre tra morte e nuova nascita, ma a farsi rappresentazioni sulle forze che provengono dalle vite precedenti. Esse riemergono nella vita terrena attuale e si intrecciano con gli elementi nuovi che entrano nella nostra vita, tutte insieme in un destino complessivo che forma le sue forze dall’esterno diventando il fondamento per le vite successive. Ciò che proviene dall’interno rappresenta dunque l’effetto della vita che decorre tra morte e nuova nascita. Quanto invece giunge dall’esterno mostra che sono attivi in questa vita i fondamenti posti in precedenti vite terrene.

 

So benissimo quanta avversione ha la coscienza odierna, che giustamente si è andata formando dalla concezione scientifica, di fronte alle idee esposte ora riguardo al destino esteriore e interiore.

 

Occorrerà ancora molto tempo prima di poter chiarire, attraverso una continua ripetizione a coloro che dalle convinzioni della scienza credono di dover respingere la concezione della scienza dello spirito, che quest’ultima è in piena armonia con tutto quanto di ammirevole, grazie alla scienza, è venuto oggi alla superficie del pensare umano. A chi dal punto di vista di una solida concezione scientifica contraddice la scienza dello spirito si può sempre dimostrare che in effetti non sa di che cosa parla, poiché non ha la pazienza e la perseveranza di studiarla.